A PROPOSITO DI MEDITAZIONE E SONNOLENZA (di R. Steiner)

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La caratteristica principale del pensiero ordinario è che ogni singolo atto di pensiero ferisce il sistema nervoso, e soprattutto il cervello; distrugge qualcosa nel cervello. Ogni pensiero significa che un minuto processo di distruzione avviene nelle cellule del cervello. Per questo motivo il sonno è necessario per noi, affinché questo processo di distruzione possa essere risolto; durante il sonno ripristiniamo ciò che durante il giorno è stato distrutto nel nostro sistema nervoso pensando. Ciò di cui siamo consapevolmente consapevoli in un pensiero ordinario è in realtà il processo di distruzione che sta avvenendo nel nostro sistema nervoso.
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Ora cerchiamo di praticare la meditazione dedicandoci alla contemplazione, ad esempio, del detto: La saggezza vive nella Luce. Questa idea non può avere origine da impressioni senso-senso perché secondo i sensi esterni non è così.
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In questo esempio, per mezzo della meditazione tratteniamo il pensiero così lontano da non collegarsi con il cervello. Se in questo modo svolgiamo un’attività interiore di pensiero che non è connessa con il cervello, attraverso gli effetti di tale meditazione sull’anima sentiremo di essere sulla strada giusta. Come nel pensiero meditativo nessun processo di distruzione viene evocato nel nostro sistema nervoso, questo tipo di pensiero non provoca sonnolenza, per quanto possa essere continuato, come il pensiero ordinario può fare facilmente.
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È vero che spesso accade il contrario quando qualcuno sta meditando, perché spesso si lamenta che quando si dedica alla meditazione si addormenta subito. Ma questo perché la meditazione non è ancora come dovrebbe essere. È del tutto naturale che nella meditazione si debba, per cominciare, usare il tipo di pensiero cui siamo sempre stati abituati; solo gradualmente ci si può abituare a rinunciare a pensare alle cose esterne. Quando sarà raggiunto questo punto il pensiero meditativo non ci farà più assonnare, e sapremo allora di essere sulla strada giusta.
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Rudolf Steiner – GA 152 – Scienze dell’occulto e sviluppo dell’occulto: Lecture 1
Londra, 1° maggio 1913
Tradotto da Dorothy S. Osmond

IL CAMMINO VERSO L’INDIVIDUALISMO (M. Scaligero)

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La produzione pratica del materialismo è qualcosa che soprattutto si perpetra sul piano politico. Il materialismo dell’attuale cultura, ossia il parossistico sistematismo, il dialettismo irrefrenabile, la possibilità dei mediocri di vincere la loro personale battaglia letteraria o artistica, l’arrangiamento e il conformismo continuo dell’intellettuale a ragioni politiche ed economiche, e la sua impotenza a muovere dalle ragioni da cui unicamente dovrebbe muovere, quelle ideali, certamente si debbono spiegare con la mancanza di spirito negli spiritualisti, o di intelletto negli intellettuali, o di arte negli artisti.

Ma, se ben si guarda, è la situazione che riconduce all’intervento dello Stato nella cultura, onde si dà la dipendenza della cultura da tattiche ed esigenze politiche, o da fatti economici. L’amministratore, o il politico, o il contabile controlla ciò che dovrebbe essere il lavoro dello Spirito e perciò non può piú esserlo: perché lo Spirito dovrebbe controllare l’amministrazione, la contabilità, la politica. Lo Spirito non può avere sorveglianti, essendo colui che solo può sorvegliare.

Il lavoro intellettuale non potrebbe mai essere comprato senza venir snaturato: per esempio, lo scrittore non dovrebbe scrivere per guadagnare: dovrebbe scrivere in quanto abbia veramente da dire qualche cosa. In un organismo culturale libero, il vanitoso non ha nulla o poco da dire, sarebbe subito scoperto. Lo scrittore vero potrebbe dare il meglio di sé alla società, al mondo, non stimolato dalla necessità del guadagno ‒ perché alla sua vita economica dovrebbe provvedere l’organismo economico, esplicando esso parimenti la propria autonoma funzione ‒ ma da necessità umane piú profonde e piú vere: che è la sua possibilità di essere d’aiuto all’umanità.

Esaminando come la metafisica della materia si traduca in una concezione di vita, si può non soltanto scoprire come nasca una tale metafisica, ma soprattutto come essa sia indice di una condizione mentale che non può essere se non alimentata dall’attuale cultura: ma può esserlo proprio perché, in sostanza, essa è l’attitudine da cui questa nasce. Si alimentano reciprocamente, cosí da recare all’uomo l’inevitabilità della loro correlazione e della loro alternativa.

Che uno non sia se stesso è forse l’ipotesi e l’imagine che può spiegare l’enigma materialistico. È possibile che ci siano creature umane, individui, che non siano se stessi? Che questa possibilità si dia, forse è la spiegazione di molti fenomeni di questo tempo. Alla base della marcia mondiale verso materialismo e meccanicismo, può essere veduta una sorta di “possessione” contagiosa: una malattia mentale che tende a essere collettiva e dalla quale in molti la difesa si manifesta sotto forma di nevrosi periodicamente affiorante. In altri tale difesa non riesce a funzionare, e allora il caso è grave. Ce ne stiamo accorgendo ogni giorno.

Come mostrano la scienza e la filosofia della storia, l’uomo evolve da una condizione di “gruppo” verso l’individualità. Il lungo cammino dell’uomo è il procedere da una società di tipo collettivistico, di cui ciascun individuo si sente membro, verso una società individualistica, in cui la possibilità di associarsi – almeno come ideale da conseguire – non è piú l’antica dipendenza dal gruppo, bensí la relazione dell’uomo libero: onde in generale la società comincia a valere in quanto è formata da individui, ciascuno avente con l’altro un rapporto cosciente e autonomo.

Massimo Scaligero

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Tratto da: Il marxismo accusa il mondo, Tilopa, Roma 1964.

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L’ARCHETIPO-NOVEMBRE 2025

Anno XXX n. 11

Novembre 2025

CONFERENZA DI ALFRED MEEBOLD

(Nota introduttiva. Questa conferenza, venuta in possesso di un nostro gentile e affezionato lettore, porta qualche refuso nel dattiloscritto, refusi che noi, nella trascrizione abbiamo voluto correggere in minima parte, quelli più ovvii, però lasciamo il resto com’è, perchè prendere appunti durante un conferenza apporta sempre qualche rinuncia alla scorrevolezza del testo, e vogliamo rispettarne l’originalità. Ringraziamo di cuore dunque il sig. Giovanni Fravili che ha desiderato condividere il documento con i lettori di Ecoantroposophia.)

*

Gli Elohim sono Spiriti della Forma. Occupano il terzo posto nella seconda Gerarchia formata dagli Spiriti della Saggezza, del Movimento, della Forma. Sono gli Elohim che dall’antico Sole portano abbasso l’impulso, come mostrai ieri sera, e danno perciò alla terza Gerarchia l’ispirazione a formare sul modello degli archetipi. Ecco perché, durante l’epoca dell’antica Luna formano tra loro una collaborazione basata sulla loro comprensione della vita nell’antico Sole (etere). È dunque una collaborazione che vuol mantenere per tutta l’ epoca lunare, questa integrità dell’impulso etere, come l’hanno preso dal Cristo sull’ antico Sole. Questa integrità di vita sull’antico Sole è sintetizzata nel numero sette, ed il Dottore ci dice che il numero degli Elohim è sette.

Bisogna ricordare che questi spiriti della Forma sono individualità di cui ciascuna ha il suo particolar modo di ricevere l’impulso Cristo, non sono uguali, ma sono in armonia nel modo di seguire il piano divino del Cristo e di sorvegliare la vivificazione della vita nell’etere astrale. Si può dire rappresentano una unità intera in quanto a volontà  e vita ma non nel modo di attuarle. Sull’antica Luna si è formata l’ astralità e qui l’ attività degli Elohim si sarebbe formata se l’umanità non avesse dovuto passare sulla terra a quel nuovo impulso per il quale doveva esse individualizzata.

Quando giunge quest’epoca una differenziazione comincia a manifestarsi. Gli Elohim ricevono l’impulso a dotare l’umanità dell’ Io (Io non la manifestazione dell’ Io). Come lo faranno? Essi appartengono alla seconda Gerarchia, si dovrebbe immaginare logicamente che l’Io che esse danno all’umanità corrisponda alla qualità solare a cui essi appartengono. Sarebbe un Io che apparterrebbe al Cristo nella sua qualità di Figlio sul Sole. Ma non è così. Gli Elohim non si regolano sul fatto che appartengono al Sole, ma sul fatto che questa umanità che dovrà essere individualizzata riceve l’ Io sotto l’impulso di Lucifero, già preparato astrattamente dalla terza Gerarchia; Cristo nella sua qualità di Spirito Santo.

È l’impulso di Cristo sull’antica Luna, non sull’ antico Sole. Si arriva così a un concetto dell’ Io  che sarebbe l’ Io dell’ umanità dello Spirito Santo o in corrispondenza all’impulso del Cristo entro la terza Gerarchia. Questo Io dell’ umanità si appoggerà sugli Angeli, Arcangeli e Arcai fin ché sarà in sviluppo nell’ umanità e nell’ uomo; più tardi sarà non ristretto a queste ma in contatto con queste. Tale questione entra nella nostra considerazione. Possiamo andare più oltre. Queste questioni verranno con quelle di Caino e Abele, col dramma di Steffen.

Una leggenda dice che Adamo prima di essere il marito di Eva aveva avuto un’ altra moglie, Lilith, l’aspetto femminile di Lucifero. Un’ altra leggenda dice che Eva prima di Adamo ebbe un’ altro marito: il primo Eloha. Riuniamo queste due cose e comprenderemo meglio. Eva è la questione interessante. Adamo prima di essere con lei, ha un’ esperienza di ciò che è femminile per mezzo di Lucifero; riconosce di essere maschile, lo riconosce lucifericamente, cioè puramente e castamente. Eva deve riconoscere di essere femminile non per mezzo di Lucifero ma per mezzo del più alto degli Elohim. Riconosce di essere femminile attraverso la vita solare che è amore puro e saggezza; il risultato è un figlio che si chiama Caino, non figlio di Adamo ma del più alto degli Elohim. Tale figlio avrà in sé l’ eredità del padre e dovrà conoscere la vita nel suo aspetto solare coscientemente non attraverso il padre o la madre ma attraverso sé stesso, nel suo proprio Io. Il padre gli dà questa volontà. Poi si uniscono Adamo ed Eva. Allora Eva non può più rivolgersi al più alto degli Elohim, si entra nella corrente luciferica vera e si produce qualche cosa fra gli Elohim.

Siamo sulla Terra nella qualità solare. Gli Elohim discendono con l’ umanità, con l’ involuzione, ma uno, il primo, discende di più; dal Sole va sulla Luna: È Jahvè. L’ultimo rimane dov’è, è il più alto Elohim di cui non si sa il nome. I cinque rimangono normali; uno è anormale discendendo Jahvè, l’altro è anormale nel senso più alto. Abele nato da Adamo ed Eva, ha regolare sviluppo. Avrà direzione verso Jahvè sulla Luna. Ecco perché Jahvè opera nello Spirito Santo essendo di contrappeso a Lucifero. Abele non cede a Lucifero; molto meno vuol andare a conoscere la vita solare attraverso l’io terrestre, vuol conservare il connesso con Jahvè. Caino ignora Jahvè, non vuole un contrappeso con Lucifero che gli offre occasione di salire; fumo in alto (Abele), fumo lungo la terra (Caino), fumo del sacrificio ed egli commette il delitto, contro la vita per conoscere la vita, si associa con le forze che più tardi sotto Arimane saranno forze di morte; collera. Assassina Abele e così Adamo si mette in connessione e deve discendere verso Arimane; ecco perché la leggenda lo condanna ad andare nel centro della terra con Arimane e con gli Elohim. Jehova s’ è fatto lunare; il più alto Eloha si è fatto solare, gli altri cinque sono frammezzo.

Noi siamo partiti da una domanda: se possiamo stabilire un rapporto con il più alto che con la terza Gerarchia. Possiamo stabilire  un rapporto col più alto Elohim che si porterà sul Sole.  Sviluppo del Sé spirituale.

Come avviene la redenzione di Abele e Caino?

Abele in noi è Luciferico.

Abele e Caino non sono uomini nel nostro senso; il loro dramma non è terrestre ma astrale quindi è astrale tutto quello che da loro segue. Caino continua, Abele non ha avvenire. Ciò che Caino produce è lavoro della terra; arti e mestieri. Caino produce nell’ astrale per preparare l’uomo a ricevere Arimane sulla Terra. Senza l’azione di Caino non si può conoscere Arimane, né il Cristo risorto né l’ arimanicità della terra. Abele apre la strada per ritornare a Jehova.

In questa leggenda è compresa tutta la storia dell’umanità.

L’immagine si svolge in due dimensioni, ma non bisogna pensare che l’immagine sia piana. L’amore della vita nell’etere solare è una dimensione. Quando si ha l’immaginazione si ha l’impressione di avere la vita; perché la terza dimensione è l’amore.

Sulla Luna l’aspetto del Cristo è Spirito Santo. Il Signor Meebold immagina il padre e lo Spirito Santo come entità differenti. Il signor Mebold risponde che il Padre è un’entità per sé a cui non possiamo arrivare che attraverso il Figlio. L’Io dell’umanità, essendo di natura Spirito Santo si ha la tendenza a personificare. Le persone della Trinità sono l’ Io stesso. Quel concetto di Padre, Figlio, Spirito Santo si conserva sino al Mistero del Golgota. Dopo si deve realizzare il Cristo in sé, prima attraverso l’anima senziente (Graal), secondo attraverso l’Antroposofia (Figlio); terzo in un epoca futura attraverso l’anima cosciente. Questo ci da la base per la grazia.

 Si domanda: perché la Genesi comincia – In principio erano gli Elohim –

Risp. Si tratta della creazione dell’uomo in rapporto agli Elohim. L’astralità si forma nell’antica Luna in dodici grandi gruppi che sarebbero le dodici parti del corpo fisico. In queste forme astrali gli Elohim fanno entrare l’ Io che unisce i dodici modelli e ne forma uno che è il corpo fisico dell’uomo.

 Si chiede se i pensieri antroposofici sono ombre, ma se si vedono le ombre questo significa che c’è il Sole. Finché non si arriva all’immaginazione non c’è realizzazione. Questi pensieri pensati che sono una realtà in quanto ai pensieri  nella coscienza della notte danno la spinta all’immaginazione e lo stesso avviene dopo la morte; ma non fanno la realizzazione. L’azione imprime degli impulsi nella terra. Il pensiero pensato aiuta gli esseri spirituali, ma non serve per la terra; se non è seguito dall’azione non ha influenza sulla Terra per quello che è la sua preparazione alla fase su esposta di evoluzione nel ciclo Giove. Ogni pensiero che noi avviamo è un’ evocazione alle Gerarchie; un pensiero egoistico evoca gli spiriti luciferici, un pensiero materialista evoca le potenze arimaniche, dipende dai pensieri e dai sentimenti che conducono all’azione.

Fare il bene per il bene, oppure, se guardando i miei vestiti penso al lavoro che li ha prodotti li guardo con rispetto sono già questi due modi  che conducono a Giove. L’impulso del pensiero si svolge nel mondo astrale; per compiere l’azione dobbiamo adoperare il corpo fisico; la volontà.

Spesse volte le condizioni in cui siamo non ci permettono di dare le idee antroposofiche, ma se siamo come dobbiamo essere, e cioè la nostra moralità è nella linea evolutiva, produrremo l’effetto voluto. Fortunatamente gli esseri spirituali non sono severi; vale anche lo sforzo per poter pervenire a tanto anche se non si riesce. Occorre per questo la tecnica morale che un giovanetto non può avere; occorre mettere il discernimento al di sopra dei pensieri.

L’ARCHETIPO-OTTOBRE 2025

Anno XXX n. 10

Ottobre 2025

AUREO SIGNORE DELLE FOLGORI (29 sett. 2024)

 

 AUREO SIGNORE DELLE FOLGORI

(29 SETT. 2024)

 

 

1/18071

SILENZIO LUMINOSO DELLA GIOVENTU’

 

 

EMERGONO DENSE NEBBIE DALLE SPINE DORSALI

E ALEGGIA IN ESSE:

OLTRE ALLA BLASFEMIA SOLFUREA:

OLTRE ALLA NEGAZIONE DEL COSMICO E DEL SOVRUMANO:

OLTRE ALLA VOLONTÀ PUERILE DEL BESTEMMIARE:

IL PARLOTTIO AUTOMATICO DEL SENZA PENSIERO.

 

I PESANTI VIRGULTI DELLO ZOLFO OPACIZZANTE.

 

MA PER DECIFRARE E VIVERE E DISVELARE TUTTO CIÒ:

OCCORRE CHE IN ALTO L’IDEA POSSA SFIORARE

L’ELEMENTO UNITIVO CHE È INDENNE E LIBERO.

 

OCCORRE TANTA IMMATERIALITÀ CHE POSSA

TAGLIARE IL DENSO E LIBERARSENE.

 

LA VOLONTÀ CHE PERSEGUE E SOSTIENE L’ATTO DELLA SINTESI:

PUÒ SFIORARE IL CONSACRARE.

 

–        TANTA INTENSITÀ DA PERCUOTERE UN INFERNO –

 

SI RACCOLGONO ESSENZE INCONTAMINATE

OVE L’ALTO UNIRE MANTIENE L’EVIDENZA

DI UN SIGNIFICATO CHE È IL CUORE DELLA SINTESI.

 

AVE LONTANISSIMA FOLGORE

INTERNA AL POTERE LOGICO DELL’INTELLIGENZA.

 

OVE LA SANITÀ ALBEGGIA NELLA LUCE ESTREMA DEL RICORDO E CREA.

 

ATTO DELL’ASCESI IN CUI PUÒ RINNOVARSI IL COSMO MORALE

E PUO’ RINVERDIRE IL SILENZIO IDEALISTICO

DELL’ETERNA GIOVENTÙ.

 

OVE L’ESSENZA DELLA FOLGORE È OPERATIVA PRESENZA SOVRUMANA

POICHÈ VI È CHI SPERIMENTA LA SOLA VERITÀ

NEI CIELI DELL’IDEA.

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 2/18072

NEL FUOCO DELL’IDEA

 

 

ZOLFO CARNEO DELL’ELASTICO INSUPERBIRE

NEI MEANDRI DELLA BASSA CEREBRALITÀ

IN CUI LE ENERGIE CORPOREE SONO ANIMATE

DA UNA SUBUMANA INTELLIGENZA CHE BRAMA IL CAOS.

 

MANDRIE DI INSUPERBITI NEL NULLA ANIMICO

IN CUI NON VI SONO SENTIMENTI

MA SOLO TENACI LAMPI DI MALIGNITÀ VOLITIVA.

 

NELLA SPONTANEITÀ DEI SENZA IO.

 

LA VOLUTTÀ DEL LACERARE A TRADIMENTO

SUPERA DI MOLTO LE RECITATE APPARENZE UMANE

ORMAI PALESEMENTE INCRINATE E CROLLATE E ABBANDONATE.

 

I SERVI MAGGIORI DI ARIMANE

NON HANNO PIÙ RITEGNO

E INFRANGONO I LIMITI DEL SEMPLICE MENTIRE

MOSTRANDO INFINE LE PROPRIE INFERNALI DEFORMITÀ.

 

MA È SOLO LA DEBOLEZZA CHE LI SPINGE A DISVELARE QUANTO NASCONDEVANO NELLA PERFIDIA MILLENARIA.

 

LA MOSTRUOSITÀ RESA PALESE

PERDE PROSELITI NEI CUORI DELLE GENTI

E NON PUÒ PIU’ FARE TENDENZA.

NON PUÒ PIÙ CONVINCERE MENTENDO.

 

UNA MISTERIOSA LUCE CONSUMA I MOSTRI

E LI SPINGE ALLA DISFATTA.

 

IN ALTO

FRA LE FORZE FORMANTI

CHE PLASMANO I DESTINI

SI CREANO SQUARCI DI VIVENTE VERITÀ

CHE APRONO BRECCE FRA LE MURA DEL MENTIRE.

 

POTENZE UNITIVE NELL’ALTO PENSARE

ATTUATE IN PIENA LIBERTÀ

PERMETTONO DI OPERARE VIVENTEMENTE OVE NON ESISTONO OPINIONI

MA SOLO VOLUTI ATTI DI LUCIDITÀ NEL RICORDARE.

 

FRA LE PURE ESSENZE DEL LOGICO BENE.

 

E IL MENTIRE È DISSOLTO O CONTRASTATO

OVE PRIMA OPERAVA SOLITARIO E DOMINANTE.

 

FOLGORE E FERRO CELESTE

POSSONO MINIMAMENTE RECIDERE

LE RADICI DEL MALEDIRE

IMPRIMENDO LA PURA ESSENZA LOGOS.

 

POTENZE DELLA SOLA VERITÀ

CHE È ANCHE UN VALORE OPERANTE :

PREPARANO ARMONIE E LE IMPRIMONO.

 

NEL FUOCO DELL’IDEA VOLUTA CONTEMPLANDO.

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 3/18073

VALORE OPERATIVO

 

 

IL TEMPO IL FUOCO L’ORO LA SPERANZA.

 

IL TEMPO RISALITO NEL FUOCO DELL’IDEA

E’ ORO CHE RIACCENDE LA SPERANZA

POICHÈ IN ALTO SFIORA I PALPITI DI FORZE

CHE PRECEDONO I DESTINI

E NE INTACCANO I VELENI.

 

RISANANDO.

 

SPIRE RAGGELANTI NEI SOLFUREI MARI

DEL PULVISCOLO CHE ODIA ENERGIZZANDO:

VENGONO SQUASSATE DALL’URTO DELL’ALTO UNIFICARE NEL PENSARE CHE GIUNGE A FARSI ESSENZA DI UN SEMPLICE RICORDO.

 

NEGLI APICI IN CUI LA SINTESI VOLUTA È MANTENUTA:

È VERITÀ

PUREZZA

EDIFICAZIONE DI POTENZE.

GLORIA.

 

STRENUO L’OPERARE INNANZI AL PROFONDO OTTENEBRARE:

OTTIENE COMUNQUE VITA DI VERITÀ REALE E AGENTE.

 

NEL CUORE DEL SANARE E DEL RIEDIFICARE.

 

ED È AUREO SUGGELLO DI VITA SOVRAMENTALE NELL’AURA INTELLETIVA DELLE GENTI.

 

E LA VITA DELLE SENSIBILITÀ INTERIORI

CHE È DIRE LA VISTA PROFONDA DELLE ANIME

NELL’INTENSISSIMO RIUNIRE LE EVIDENZE DELL’IDEA:

PALPITA NEL RISORGERE E NEL RETTIFICARE AUREO DELLA VERITÀ

CHE È VALORE OPERATIVO.

 

IL SOLO FONDAMENTO.

L’ULTIMA FRONTIERA LOGICA

IN CUI È PRESENTE L’ESSENZA LOGOS

DELL’AUREA INTELLIGENZA.

 

FOLGORE ARCANGELICA

E CUORE DI METEORA.

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 4/18074

SINCERI NEL VIVENTE

 

 

OVE LA MALVAGITÀ È PROFONDA

ED È UNA CORRENTE ESTRANEA ALLA COSCIENZA DELL’INDIVIDUO:

LÀ FRA IMPERCETTIBILI SFUMATURE

DILAGANO POTENZE CHE PRECLUDONO L’ACUME

E L’INTELLIGERE VERO.

 

A CIÒ NON VI È ARGINE NÈ DIFESA

SE NON LO STRENUO AGIRE NEL CENTRO DELL’ASCESI.

NEL CUORE DELLA SINTESI.

 

OVE L’ATTO COSCIENTE CONTEMPLA IL PROPRIO

UNIRE I SIGNIFICATI DELL’ANALISI.

 

NEL CENTRO DEL CONTEMPLARE:

AVVIENE IL DENUDARSI DELLA MENZOGNA

CHE ALTROVE

–        AI BORDI DELLA COSCIENZA –

ESTRANEA OSTILE E PERSISTENTE

IMPONEVA NUOVE SENSIBILITÀ PERVASE DA POTENZE DEL NEGARE.

 

POTENZE – FORZE – CHE NON ERANO ARGOMENTI

NE OPINIONI MA ESTRANEE – SUBUMANE –  BRAME.

 

PULVISCOLO DI ENERGIE

IL CUI SCOPO È OCCLUDERE E PARALIZZARE

OGNI LUCE MORALE.

IMMALVAGENDO.

 

MENTRE IL FARFUGLIARE CEREBRALE

OSTRUIVA OGNI CONCEPIRE SECONDO VERITÀ.

 

L’ATTO DELL’ASCESI

IN VARIO GRADO E MISURA

LACERA TUTTO CIÒ.

 

REIMMETTE LÀ OVE L’ACUME

PER POTER PENSARE NEL CUORE DELLA SINTESI:

OSSIA PER POTER MANTENERE PRESENTE

UN SIGNIFICATO PRIVO DI PAROLE MENTALI:

DEVE MANIFESTARE FEDELTÀ COSCIENTE

ALL’ESSENZA LOGICA RICORDATA.

 

AZIONE DI VOLONTÀ NELL’ESTREMO PENSARE

CHE OTTIENE DI REINNALZARE I LIVELLI DI PENSIERO.

 

ALLA LUCE DEL LOGOS.

 

A TAL PUNTO PERENNEMENTE

RISORGE IL LIVELLO MORALE

DELL’ESSERE SINCERI NEL VIVENTE.

 

SULL’ONDA DELLA VOLONTÀ

CHE PUO’ FINALMENTE CONSACRARE.

 

OVE LE FIAMME DELL’ARCANGELO

REINNALZANO IL PENSARE

E LO PORTANO AD AGIRE

QUALE FORZA DIRETTA DELL’ETERICO SOLARE.

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 5/18075

FERRO INCORONATO

 

 

LA MISERIA DI ANIME RAPPRESE NEL CREPUSCOLO

INTRALCIA L’OPERARE DEL VIVENTE AUREO.

 

IL CREPUSCOLO È LA STASI DELL’ACUME.

LA PARALISI DIALOGANTE IN CUI MASSE DI PAROLE MENTALI IN URTO FRA LORO

SI ACCALCANO MOSSE SOLTANTO DALL’OPACO CAPRICCIO DEL MOMENTO.

 

TEMPESTE DEL FARFUGLIARE CEREBRALE

IN CUI ANNEGA E SOFFOCA

L’ANELITO PROFONDO DELLE ANIME.

 

ANELITO CHE NON  TROVA CONCETTI E IDEALI

ATTI A FARLO RICONOSCERE.

 

ANIME SPLENDENTI NON TROVANO CONTATTO

CON L’ESSERE PENSANTE DELLA LORO INDIVIDUALITÀ PERSA NEL CHIACCHIERICCIO CEREBRALE.

 

PICCOLE E GRANDI MALIGNITÀ CEREBRALI

PERCORRONO I SENTIERI DELL’INTELLIGENZA

E LA SPENGONO.

 

MANCANO GLI ESEMPI

E LE GRANDI VIE VERSO L’ASSOLUTO.

 

NEL CENTRO DI TALE PROLIFERARE DI OTTUSITÀ

E BLASFEMIA CEREBRALE:

SOLO L’ATTO DELL’ASCESI

PUÒ OTTENERE L’IMPOSSIBILE RISVEGLIO.

 

STRATI E STRATI DI ANIME BANALI

POSSONO OTTENERE ATTIMI DI ASSOLUTO

SE UN MINIMO DI LUCE ETERICA È RIACCESO.

 

SE UN MINIMO LAMPO SOVRAMENTALE

SQUARCIA I PLUMBEI ORIZZONTI

E LI SOVRASTA.

 

AVE NELL’AURORA PALPITO DI LUCE SOVRUMANA

CHE GIUNGE OVE L’IMPOSSIBILE ATTESO:

PER ATTIMI PERCORRE I SENTIERI DEGLI UMANI.

 

REINNALZANDO I CIELI DELLE SENSIBILITÀ INTERIORI.

 

FOLGORE CHE – IMPREVISTA – APRE LA VIA

AI NUOVI CONTORNI DELLA MERAVIGLIA

IN CUI È RIPOSTO IL SACRO.

 

SOLE DEL RITO D’OCCIDENTE

CHE PUÒ TRAVOLGERE GLI INFERNI GLOBALISTI.

 

ARA DEL SIGNORE DEL FERRO INCORONATO

NELL’ORO VIVENTE DELL’ARCANGELO.

 

ALTARE DELL’ASCESI CHE GIUNGE A FARSI RITO.

 

OVE IL PENSARE È ATTO SOVRUMANO

CHE RIEDIFICA IL SOLARE.

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HELIOS FK AZIONE SOLARE

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http://fuocoimmateriale.blogspot.com/

http://folgoperis.blogspot.com/ 

http://lampisilenti.blogspot.it/

https://www.ecoantroposophia.it/2014/07/arte/fk-azione-solare/ascesi-del-pensiero/

 http://folgoperis.blogspot.it/2014/07/ascesi-del-pensiero.html

 https://essenze-scultoree.webnode.it/

PER UN SANO ORGANISMO SOCIALE (di L. Swartz)

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Al termine del secolo XVIII, da condizioni fondamentali diverse da quelle in cui oggi viviamo sorse da sostrati profondi della natura umana l’aspirazione verso una nuova costituzione dell’organismo sociale. Si proclamarono allora, come segnacolo di questa nuova costituzione, le tre parole: Fratellanza, Uguaglianza, Libertà. Ognuno di noi che abbia meditato o meglio sofferto il problema sociale, non può non aver sentito, davanti a questo motto, il piú vivo anelito, misto però a strani sensi di ripugnanza. Come non sentire, per esempio, la piú forte attrazione per tutto ciò che è fraternità fra gli uomini? Eppure, se siamo sinceri, dobbiamo riconoscere che nella vita vissuta, nella vita sociale attuale, vi sono, al raggiungimento di questa fraternità, barriere che i diritti della nostra individualità non ci consentono di abbattere. Cosí pure le esigenze della giustizia gridano ad alta voce nella nostra coscienza i diritti all’uguaglianza tra gli uomini; eppure quale problema piú insolubile, che quello di armonizzare, in molti casi, l’uguaglianza con la libertà individuale? Vi è in ciascuno di noi qualche cosa che sentiamo non essere uguale a qualche cosa che è negli altri, e che nella sua eterogeneità domanda libertà di manifestazione al di là di qualsiasi giogo livellatore. Sono contraddizioni cosí profonde e stridenti, che possono veramente portare alla disperazione un’anima che sia viva e abbia palpiti non solo per ciò che la colpisce individualmente, ma per tutto ciò che riguarda l’umanità intera. Eppure sarebbe falso disperare di noi e crederci inumani o perversi appunto quando ci sentiamo soffrire di tali contraddizioni. È precisamente allora che la nostra profonda e completa umanità fa meglio valere i suoi diritti. Tali contraddizioni esistono veramente nella vita vissuta e sono pienamente giustificate.

L’uomo è un’unità; ma è un’unità assai complessa. Se noi guardiamo alla sua individualità interiore dobbiamo riconoscere ch’essa consta, per cosí dire, di tre grandi sfere fondamentali, che non si possono confondere l’una con l’altra: quella del pensare, del sentire e del volere. E se ogni individuo, dapprima per educazione altrui, poi per auto-educazione, non sa prendere in mano le redini di se stesso e assegnare a ciascuna di queste tre sfere il suo campo d’azione e i suoi limiti, ne deriva la piú grande disarmonia nella vita interiore dell’uomo, disarmonia che porta con sé tutte le debolezze, gli scetticismi e le nevrastenie, per non nominare il peggio, che sono oggi all’ordine del giorno. Cosí il non riconoscere che queste tre sfere dell’individualità umana corrispondono a tre sfere dell’organismo sociale, altrettanto diverse tra loro, e il non assegnare a ciascuna il suo campo d’azione e i suoi limiti, porta alle disarmonie sociali, alle crisi, alle scosse rivoluzionarie in cui il mondo attuale si dibatte. Il nostro organismo fisico, che è soggetto alla sapienza primordiale di madre Natura, mostra ben altra sapiente spartizione di funzioni da quella che noi abbiamo finora saputo coscientemente introdurre, sia nel nostro organismo morale individuale, sia nel nostro organismo sociale. Nel nostro organismo fisico noi vediamo tre sistemi, operanti simultaneamente, l’uno accanto all’altro, ma ciascuno con una certa indipendenza, e precisamente: l’organismo della testa che comprende la vita dei sensi e dei nervi; l’organismo del petto, che comprende la respirazione, la circolazione del sangue, e tutto ciò che si manifesta con atti ritmici; e finalmente, tutto quel complesso di organi e di attività connessi con il ricambio della materia. E noi vediamo come questi tre sistemi della testa, della circolazione e del ricambio, riescono a mantenere il funzionamento generale dell’umano organismo, appunto perché operano con una certa autonomia, perché non esiste un assoluto accentramento nell’organismo umano, e ciascuno di questi tre sistemi ha un rapporto speciale, per sé stante, con il mondo esterno: il sistema della testa per mezzo degli organi di senso, il sistema del petto per mezzo della respirazione, e il sistema del ricambio per mezzo degli organi della nutrizione. Che cosa avverrebbe nel nostro organismo fisico se il cervello volesse digerire, lo stomaco respirare, il polmone pensare ecc., o se queste funzioni venissero compiute confusamente da tutti e tre i sistemi fusi insieme? Eppure quest’idea cosí grottesca noi la mettiamo in atto nella nostra unità statale, dove le funzioni sociali che corrispondono analogicamente alle funzioni fisiche suddette, vengono compiute nella piú caotica confusione, con i bei risultati che tutti possiamo constatare. Perché non imparare da madre Natura come un organismo debba funzionare per avere possibilità di vita sana, e come da una savia scissione di funzioni possa derivare da sé, come risultato, una superiore armonica unità?

Nell’epoca attuale, in un organismo sociale sano la grande sfera della vita economica, che comprende tutto ciò che è produzione, scambio e consumo di merce (e non deve comprendere altro che questo) dovrebbe essere interamente separata dall’altra, radicalmente diversa, che è quella dei diritti, dei rapporti di giustizia che devono intercedere tra uomo e uomo, indipendentemente da tutto ciò che è produzione, scambio e consumo di merce; e, distinta da queste due, dovrebbe agire in piena autonomia una terza sfera che comprende invece tutto ciò che ha origine dalle facoltà individuali dei singoli uomini. In tre grandi organi fondamentali collaboranti, sí, ma in piena autonomia l’uno dall’altro, dovrebbe essere suddiviso oggidí l’organismo statale per avere possibilità di vita sana e inconturbata: la vita economica, la vita politica e giuridica, e la vita spirituale. In quest’ultima deve dominare la libertà. Qui lo spirito umano, sia esso quello di un umile lavoratore che escogita il modo di far funzionare un congegno, oppure quello di Galilei dinanzi alla lampada oscillante, deve esser solo di fronte al suo dèmone (per dirla con Socrate), al suo Genio; e una vera ispirazione non potrà mai aver luogo se non nella piú assoluta libertà. Ma appunto per ciò tutto quello che scaturisce dalle sorgenti dello spirito umano deve anche fluire dentro l’organismo sociale nella piú piena libertà, senza restrizioni di sorta né da parte della vita economica, né da parte dello Stato. Quando invece scendiamo alla zona intermedia, là dove devono venir stabiliti e amministrati i diritti degli uomini come uomini, cessa il regno della libertà e comincia quello dell’uguaglianza. Sí, vi è una zona nella quale chiunque porta effigie umana è veramente uguale al suo simile. Questa è la sfera della giustizia, dove uomini e donne, vecchi e giovani, (non si parla naturalmente di bambini), ricchi e poveri, lavoratori di testa e di braccia, hanno l’identico diritto di voto; poiché qui non si trattano questioni per le quali occorre una speciale competenza, bensí questioni d’interesse generale umano; e qui l’uguaglianza è al suo posto. Ma nella terza zona, dove si provvede alla produzione, allo scambio e al consumo di merci, la libertà porterebbe al caos, l’uguaglianza all’assurdo. Qui invece è al suo posto la fraternità; e cioè la fraternità dell’associazione, sulla quale soltanto può fondarsi un lavoro proficuo per la collettività; l’associazione tra i lavoratori di una stessa azienda, delle varie aziende tra loro, dei produttori con i consumatori e cosí via.

Considerati sotto questo punto di vista, i tre ideali di libertà, uguaglianza, fraternità manifestano il loro valore effettivo. Se in una forma sociale astrattamente centralizzata portano a inestricabili contraddizioni, in un organismo sociale sano, suddiviso nelle sue tre grandi sfere fondamentali, ognuno di quei tre ideali darà ad ognuna delle tre sfere la forza e l’ispirazione ch’essa particolarmente richiede, e soltanto cosí potranno cooperare insieme in maniera feconda.

Della necessità di questa tripartizione dell’organismo sociale e del modo come introdurla a poco a poco nei singoli organismi statali ora esistenti, a seconda dei bisogni particolari di ciascuno, cosí che nulla vada perduto di ciò che è preziosa conquista del passato, tratta il libro di Rudolf Steiner I punti essenziali della questione sociale nelle necessità vitali del presente e dell’avvenire, la cui lettura raccomandiamo vivamente ai nostri lettori, essendo questo cenno assolutamente inadeguato a darne un’idea. Diceva il Giusti: «Il fare un libro è meno che niente / se il libro fatto non rifà la gente». E aveva ragione. Ma, conveniamone: perché un libro possa rifare la gente, occorre pure che questa sia disposta a fare lo sforzo necessario per mutare le proprie idee abituali, comode come le vecchie scarpe; che sia disposta ad accogliere le idee nuove, a studiarle e meditarle con la propria testa, a cimentarle al contatto con la vita vissuta; ad offrir loro, insomma, quella materna elaborazione che la terra dà al seme, e senza la quale nemmeno il granello piú turgido di vita può germogliare.

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Lina Schwarz, La tripartizione dell’organismo sociale secondo lo Steiner, in «Bilychnis», Rivista di studi religiosi edita dalla Facoltà della Scuola di Teologia Battista di Roma, agosto 1920, anno IX, f. VII, vol. XVI.2

Per gentile concessione de L’Archetipo

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SULL’AVVELENAMENTO DI RUDOLF STEINER (di F. De Pascale)

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Sulla questione dell’avvelenamento di Rudolf Steiner al ‘Rout’ svoltosi la sera del 1° gennaio 1924, vi è la triplice concorde testimonianza, in primis della stessa Marie Steiner, poi di Ilona Schubert-Bögel e di Lidia Baratto Gentilli.

Il suddetto episodio criminale si inserisce nella feroce e serrata lotta – una vera guerra senza quartiere – che la Parte Avversa decise attuare contro la persona di Rudolf Steiner e la sua corrente spirituale.

Per attuare con efficacia tale guerra venne inviato ad Arlesheim come parroco un sacerdote di nome Max Kully, il quale non si ritrasse di fronte ad alcuna mala azione nei confronti del Dottore, diffondendo le calunnie più inverosimili, e facendo opera di vasta diffamazione contro di lui. E ad un certo dalle parole la Parte Avversa passò ai fatti: prima serie di minacce velate o aperte sui giornali stessi di Basilea, nei quali si avvertiva Rudolf Steiner di stare bene attento a che “una ‘scintilla spirituale’ non mandasse in cenere il Goetheanum”, alle quali seguì una riunione della locale Lega Cattolica, diretta dal suddetto Max Kully, la sera prima dell’incendio del Goetheanum alla Taverna Ochsen di Arlesheim, nella quale furono pronunciate alte minacce contro il Goetheanum e lo stesso Rudolf Steiner.

Nel pomeriggio del giorno dopo – ed abbiamo la testimonianza scritta di Ilona Schubert-Bögel che vide salire sulla colina di Dornach un membro attivo di tale Lega, di nome Jakob Ott, di professione orologiaio, il quale in precedenza si era infiltrato – con la doppiezza tipica ellai “jesuitica schola” – nella Società Antroposofica. Ilona Schubert disse a sua madre,che l’accompagnava: “Cosa ci viene a fare costui quassù?”, ed ebbe un brutto presentimento. In effetti, costui agì come incendiario, e il suo scheletro calcinato fu trovato, assieme ad oggetti personali che la famiglia riconobbe, tra le macerie incenerite del Goetheanum.

Vi fu – sempre ad opera della Parte Avversa – il tentativo dopo la prima guerra mondiale di staccare gli stati tedeschi cattolici e di unirli all’Austria ultracattolica, al fine di ricostituire il Sacro Romano Impero della Nazione Tedesca. Tale tentativo viene riferito dallo stesso Dottore all’interno della Scuola esoterica, invitando i membri della medesima alla massima vigilanza. Nella stessa occasione Rudolf Steiner riferisce che, per realizzare un tale nesfasto e nefando progetto, i loro ideatori vedevano necessario lo spazzar via la Società Antroposofica, la neonata Christengemeinschaft, e l’eliminazione fisica di Rudolf Steiner stesso. E ci sono anche i riferimenti documentari di una tale lucida e cinica follia. Discorsi esattamente simili venivano fatti in Italia una venticinquina d’anni fa dall’integralista cattolico, ‘maître-à-penser’ di Alelanza Cattolica e della Lega Nord, Gianfranco Miglio, ossia unire Baviera, Austria e Italia del Nord sotto una restaurata monarchia asburgica. Come diceva quel ottimo paganaccio impenitente di Arturo Reghini, l’immonda belva d’Oltretevere perde il pelo ma il vizio, quello no!

Ed infatti – ad ulteriore conferma della “invarianza del metodo” – così scrive, nella nota biografica su Reghini, Giulio Parise, suo amico, riferendo eventi dell’epoca del Gruppo di UR: “e poi venne in abito talare l’agente provocatore della mai troppo infamata compagnia, che fu a un pelo dal salvare l’anima di Arturo Reghini e mia a colpi di rivoltella”.

Non vi fu – a mio parere – “ispirazione” proveniente dai Palazzi chiusi dalle Mura Leonine: vi fu un preciso ordine omicida per quel che riguarda l’incendio del Goetheanum a San Silvestro del 1922, e ordine omicida fu impartito dalla stessa fonte mandante per l’avvelenamento Di Rudolf Steiner, che, pur non riuscendo interamente nell’intento, fu un colpo fortissimo contro la vitalità del Dottore. Anche se a trascimarlo alla tomba furono poi decisivi l’imbecillità, la faciloneria, il pressappochismo, la mancanza di serietà, i tradimenti, gli errori e le colpe degli stessi antroposofi.

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L’ARCHETIPO-SETTEMBRE 2025

Anno XXX n. 9

Settembre 2025

RESTAURAZIONE DELL’ANTICA ARMONIA: L’ORIGINARIO EDEN DELL’UMANA COPPIA (di M. Scaligero)

(Adamo ed Eva: Preghiera-Incisione su ferro-1863)

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Molta sofferenza è intorno, molte prove, molto sacrificio: il rimedio è riversare amore secondo l’anima che si riempie di donazione di sé a ciò che è sacro e assoluto, secondo l’impegno della perennità. Spesso ho sentito dire da amici che venivano a chiedermi consiglio, che soffrivano perché “si sentivano soli”. Non avevo mai ben capito cosa significasse “sentirsi soli”, perché sempre, realizzando la solitudine interiore, anzi cercandola, mi ritrovavo con il mondo, con la vita interiore degli altri, per cui sentivo nella solitudine non un isolamento, ma una via ascetica alla comunione con la realtà effettiva degli esseri. Sentirmi solo è stata sempre per me una via alla beatitudine.

Ho molto analizzato ora il significato vero del “sentirsi soli”: è il principio di una necessità di riconoscersi incapaci di amare. È incapacità di poesia: poesia non come attività estetica, ma come spirito alitante e libero.Tutto il clima interiore del colloquio con l’altro deve essere poesia: uno sprofondarsi in un’armonia risanatrice. Ognuno è chiamato alla restaurazione dell’antica armonia, l’originario Eden dell’umana coppia, lo sposalizio cristico.

Viviamo ore in cui il mondo ci è di fronte con tutto il suo corrusco tessuto di forze e di brame: lotte etniche, guerre, fanatismi classisti, livellamento ugualitario ecc. Questo può essere messo in rapporto a un vacillamento di fede e di onore del combattente dello spirito: un impegno spirituale mancato conferisce alle forze ostacolatrici poteri legittimi sul mondo.

Oltre tutti i compromessi, superando i timori e le oscure limitazioni umane, occorre portare tutto l’apparire al suo termine, costringendolo a ciò di cui soprattutto ordinariamente si teme: portarlo a misurarsi con l’essere. L’epoca è difficile, ma eroica e santa. Occorre aprire il varco all’amore umano-sacro.

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(Massimo Scaligero-Luglio1969)
Per gentile concessione de L’ Archetipo

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L’ENIGMA DI ALAN TURING (di F. De Pascale)

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Quella di Alan Turing* fu la storia di una grande tragedia della vita esteriore e di quella interiore.

Era una epoca agitata, che portava coloro che nelle profondità di se stessi avevano un impulso all’auto-superamento a ricercare in campi inesplorati, che spesso erano sentieri senza pietre miliari e deserti selvaggi, affrontati senza carte che permettessero di orientarsi. La ricerca – onesta sino alla disperazione – della conoscenza, dell’auto-superamento e della libertà ha i suoi martiri: uno fu Friedrich Nietzsche, un altro fu Alan Turing.

Tuling cercava una Via del pensiero, ma il suo destino non gli permise di giungervi e di percorrerla, e come Nietzsche si spezzò. Dovette fare l’esperienza del più arido pensiero, quello capace di scendere nel meccanicismo della materia morta, e dovette avere la forza di sopportare lo stato di morte del pensiero staccato dalla sua sorgente di vita.

Le sue ricerche, le sue invenzioni, furono poi afferrate dall’Avversario della Conoscenza e della Libertà, per generare la generale meccanicizzazione della vita umana, ma di questo Alan Turing non ebbe nessuna responsabilità: era nel destino del mondo e dell’umanità. Semmai la responsabilità l’ebbero – e tuttora l’hanno – le comunità spirituali che vengono meno alla loro missione, e coloro che, chiamati all’impegno ascetico nella concentrazione e nella meditazione – per pavidità, per fiacchezza, e volgarità d’animo, tradiscono e insozzano il mirabile dono ricevuto dagli Dèi.

Turing visse TUTTO il suo terribile destino, sino al sacrificio del suo tragico epilogo: è degno di tutto il rispetto, come chiunque adempia a quel che la vita gli chiede ed un inesorabile fato esige o permette.

Cadde, ma non fu vinto, perché combatté con le sole armi che gli furono permesse.

Nel suo oscuro combattere, egli elaborò le forze di un futuro incontro con la Via Solare, e di un suo coraggioso operare vittorioso per lo Spirito. Ma coloro che in questa vita hanno avuto il dono di incontrare la Via del Pensiero, e non la apprezzano, o voltano ad essa le spalle, o sfigurandola la deformano, o per turpe viltà e fiacchezza interiore la trascurano, essi sono sicuri che questo mirabile dono verrà riofferto in una nuova esistenza, o non verrà insegnato loro attraverso lo strazio del dolore e della disperazione ad apprezzare e a valutare quel dono che ad altri – incolpevoli – fu negato?

Lo Spirito ama chi audacemente si compromette. Il Logos ama ed è vicino a chi temerariamente si getta in prove di destino troppo grandi, e soccombe pur di tentare l’impresa di una trasformazione dell’umano, che così com’è non vale niente, né la vita senza la luce dello Spirito vale la pena di essere vissuta!

L’umano deve essere superato!

FdP

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*Da Biografieonline.it

ALAN TURING

Nascita: 23 giugno 1912
Morte: 7 giugno 1954

Alan Mathison Turing è passato alla storia come uno dei pionieri dello studio della logica dei computer e come uno dei primi ad interessarsi all` argomento dell’ intelligenza artificiale. Nato il 23 giugno 1912 a Londra ha ispirato i termini ormai d`uso comune nel campo dell’informatica come quelli di “Macchina di Turing” e di “Test di Turing”.

Più nello specifico, si può dire che come matematico ha applicato il concetto di algoritmo ai computer digitali e la sua ricerca nelle relazioni tra macchine e natura ha creato il campo dell`intelligenza artificiale.

Interessato soltanto alla matematica e alla scienza iniziò la sua carriera come matematico al King`s College alla Cambridge University nel 1931.

A scuola non aveva un gran successo, data la sua tendenza ad approfondire esclusivamente cose che lo interessassero sul serio. Solo la grandissima amicizia con Christopher Morcom, un brillante compagno di scuola apparentemente molto più promettente di lui gli permise di iniziare la sua carriera universitaria: l`amico, però, morì purtroppo di tubercolosi due anni dopo il loro incontro. Ma il segno che lasciò sull`animo dell`amico fu profondo e significativo, inducendo Turing a trovare dentro di sé la determinazione necessaria per continuare gli studi e la ricerca.

Dobbiamo quindi a Morcom moltissimo, se consideriamo che grazie al suo sostegno morale e al suo incitamento, indusse una grande mente come Turing a sviluppare le sue immense potenzialità. Tanto per fare un esempio, Turing arriverà a scoprire, cinque anni prima del matematico austriaco Gödel, che gli assiomi della matematica non potevano essere completi, un`intuizione che mise in crisi la convinzione che la matematica, in quanto scienza perfettamente razionale, fosse aliena da qualsiasi tipo di critica.

Si presentava comunque per Turing un compito veramente arduo: riuscire a provare se ci fosse o meno un modo per determinare se un certo teorema fosse esatto oppure no. Se questo fosse stato possibile, allora tutta la matematica si sarebbe potuta ridurre al semplice calcolo. Turing, secondo le sue abitudini, affrontò questo problema in mondo tutt`altro che convenzionale, riducendo le operazioni matematiche ai loro costituenti fondamentali. Operazioni tanto facili che potevano essere di fatto svolte da una macchina.

Trasferitosi alla Princeton University, dunque, il grande matematico iniziò ad esplorare quella che poi verrà definita come la “Macchina di Turing” la quale, in altri termini, non rappresenta altro che un primitivo e primordiale “prototipo” del moderno computer. L`intuizione geniale di Turing fu quella di “spezzare” l`istruzione da fornire alla macchina in una serie di altre semplici istruzioni, nella convinzione che si potesse sviluppare un algoritmo per ogni problema: un processo non dissimile da quello affrontato dai programmatori odierni.

Durante la seconda guerra mondiale Turing mise le sue capacità matematiche al servizio del “Department of Communications” inglese per decifrare i codici usati nelle comunicazioni tedesche, un compito particolarmente difficile in quanto i tedeschi avevano sviluppato un tipo di computer denominato “Enigma” che era capace di generare un codice che mutava costantemente. Durante questo periodo al “Department of Communications”, Turing ed i suoi compagni lavorarono con uno strumento chiamato “Colossus” che decifrava in modo veloce ed efficiente i codici tedeschi creati con “Enigma”. Si trattava, essenzialmente, di un insieme di servomotori e metallo, ma era il primo passo verso il computer digitale.

Dopo questo contributo fondamentale allo sforzo bellico, finita la guerra continuò a lavorare per il “National Physical Laboratory” (NPL), proseguendo la ricerca nel campo dei computer digitali. Lavorò nello sviluppo all`”Automatic Computing Engine” (ACE), uno dei primi tentativi nel creare un vero computer digitale. Fu in questo periodo che iniziò ad esplorare la relazione tra i computer e la natura. Scrisse un articolo dal titolo “Intelligent Machinery”, pubblicato poi nel 1969. Fu questa una delle prime volte in cui sia stato presentato il concetto di “intelligenza artificiale”. Turing, infatti, era dell`idea che si potessero creare macchine che fossero capaci di simulare i processi del cervello umano, sorretto dalla convinzione che non ci sia nulla, in teoria, che un cervello artificiale non possa fare, esattamente come quello umano (in questo aiutato anche dai progressi che si andavano ottenendo nella riproduzione di “simulacri” umanoidi, con la telecamera o il magnetofono, rispettivamente “protesi” di rinforzo per l`occhio e la voce).

Turing, insomma, era dell`idea che si potesse raggiungere la chimera di un`intelligenza davvero artificiale seguendo gli schemi del cervello umano. A questo proposito, scrisse nel 1950 un articolo in cui descriveva quello che attualmente è conosciuto come il “Test di Turing”. Questo test, una sorta di esperimento mentale (dato che nel periodo in cui Turing scriveva non vi erano ancora i mezzi per attuarlo), prevede che una persona, chiusa in una stanza e senza avere alcuna conoscenza dell`interlocutore con cui sta parlando, dialoghi sia con un altro essere umano che con una macchina intelligente. Se il soggetto in questione non riuscisse a distinguere l`uno dall`altra, allora si potrebbe dire che la macchina, in qualche modo, è intelligente.

Turing lasciò il National Physical Laboratory prima del completamento dell`”Automatic Computing Engine” e si trasferì alla University of Manchester dove lavorò alla realizzazione del Manchester Automatic Digital Machine (MADAM), con il sogno non tanto segreto di poter vedere, a lungo termine, la chimera dell`intelligenza artificiale finalmente realizzata.

Personalità fortemente tormentata (anche a causa di una omosessualità vissuta con estremo disagio), dalle mille contraddizioni e capace di stranezze e bizzarrie inverosimili, Turing morì suicida, appena quarantenne, il 7 giugno 1954.

A 60 anni dalla morte è uscito al cinema un film biografico dal titolo “The imitation game”, che narra la vita di Alan Turing e di come progettò il sistema per decifrare i codici segreti dei nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.

da Biografieonline.it

AL POPOLO TEDESCO E AL MONDO CIVILE (di R. Steiner)

AL POPOLO TEDESCO E AL MONDO CIVILE (1)

(1) – Questo appello dello Steiner che noi ospitiamo, ringraziando l’illustre A. d’aver scelto La Vita Italiana per renderlo noto anche in Italia, è rivolto anche al popolo dell’ Austria Tedesca. Esso rappresenta la manifestazione della volontà dei numerosi firmatari. Parlano in questo appello collettivamente personalità della Germania, dell’ Austria Tedesca, e della Svizzera al popolo Tedesco. I firmatari confidano che si possa superare per mezzo di un germanismo rinnovato il minaccioso pericolo di una invadente catastrofe mondiale che pende oggi sulla società umana. Per lo stesso scopo circola nella popolazione di lingua tedesca un libro dello Steiner dal titolo: « I punti sostanziali della questione sociale».

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da “La Vita Italiana”

RASSEGNA MENSILE DI POLITICA

Fascicolo luglio/agosto 1919

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Il popolo tedesco riteneva assicurata per tempo illimitato la compagine dell’Impero che da un mezzo secolo aveva edificato. Nell’Agosto 1914 all’inizio della catastrofe bellica esso reputava che questo edificio fosse incrollabile. Oggi non può contemplarne che i frantumi. Dopo un’esperienza siffatta deve svilupparsi la riflessione, poiché questa esperienza ha dimostrato, che l’opinione di un mezzo secolo, e in special modo le idee dominanti durante gli anni di guerra, sono state un errore che ha esercitato tragica azione. Dove risiedono le cause di questo fatale errore? Questo quesito deve spingere le anime dei componenti il popolo tedesco alla riflessione. Attualmente esiste o no la forza per siffatta riflessione? Da ciò dipende la possibilità di vita del popolo tedesco. Il suo avvenire dipende dalia sua capacità di porsi con serietà il quesito: come sono caduto in questo errore? Se oggi esso si pone questo quesito, allora risplenderà in lui la conoscenza, che un mezzo secolo fa egli ha fondato un Impero, ma ha trascurato d’imporre a questo Impero un compito che scaturisse dal contenuto essenziale della popolazione tedesca.

L’Impero venne fondato. I primi tempi della sua esistenza furono dedicati al riordinamento delle sue interiori possibilità di vita, in ordine alle esigenze delle antiche tradizioni e delle nuove necessità che di anno in anno si palesavano. Più tardi venne posto cura al rafforzamento e all’ingrandimento della potenza sua esteriore, fondata su forze materiali. Vennero prese al contempo misure riguardanti le esigenze sociali dell’opera moderna, in cui venne bensì tenuto conto di molte cose che al momento risultavano necessarie, ma alle quali mancava tuttavia uno scopo grande, che avrebbe dovuto risultare da una conoscenza delle forze evolutive verso le quali la nuova umanità deve dirigersi.

L’Impero venne così posto in relazione col Mondo, senza che gli venisse imposto uno scopo essenziale che ne giustificasse l’esistenza. Lo svolgimento della catastrofe bellica ha dolorosamente rivelato questo errore. Fino allo scoppio della guerra il mondo non tedesco, niente aveva potuto vedere nel contegno dell’Impero che destasse l’opinione che i governanti di questo Impero compissero una missione storico-mondiale, che non è lecito respingere. Il fatto di non poter trovare segno di siffatta missione in questi governanti ha necessariamente creato nel mondo non tedesco quell’opinione, la quale, secondo le persone veramente perspicaci sarebbe appunto la causa più profonda del disastro tedesco.

Di immensa importanza per il popolo tedesco si è un giudizio imparziale di siffatto stato di cose. Nell’avversità si è fatta strada la conoscenza di ciò che negli ultimi 50 anni non si era palesato. Al posto della ristretta visione delle esigenze attuali più incalzanti deve subentrare ora una larga corrente di concezioni della vita che si sforzi di riconoscere con forza di pensiero le forze evolutive dell’umanità moderna, e che a questa si dedichi con coraggiosa volontà, Deve terminare l’indirizzo meschino che tende a neutralizzare come idealisti poco pratici tutti coloro che dirigono il loro sguardo verso queste forze evolutive. Deve terminare l’arroganza e l’orgoglio di coloro che credono di essere pratici e che nondimeno, per la meschinità del loro giudizio, camuffato da praticità, hanno provocato il disastro. Va tenuto conto di ciò che hanno da dire coloro che sono accusati di essere idealisti, ma che in realtà sono i veri pratici della necessità dell’evoluzione dei nuovi tempi.

I “pratici” di ogni direzione hanno bensì visto da molto tempo il sorgere di esigenze affatto nuove dell’umanità. Ma essi volevano dar soddisfazione a queste esigenze contenendole nel limite di abitudini antiche di pensiero e di antiche istituzioni. L’economia della vita dei nuovi tempi ha prodotto le esigenze. Dare soddisfazione a queste per mezzo di iniziative private sembrò impossibile. Il passaggio dal lavoro privato a quello collettivo s’impose come una necessità a una classe di uomini in singole regioni, e venne attuato là, dove in ordine alla sua concezione della vita, a quella classe di uomini è sembrato vantaggioso attuarla.

Un passaggio radicale di tutto il lavoro individuale a lavoro collettivo diventò lo scopo di un’altra classe, che per mezzo dell’evoluzione della nuova vita economica non ha interesse alla conservazione degli scopi privati.

Tutte le tendenze fino ad ora presentatesi nei riguardi nelle nuove esigenze dell’umanità hanno un fondamento comune. Esse spingono all’associazione dei privati e per raggiungere questo scopo vien fatto assegnamento sulle Comunità (Stati, Comuni) che dovrebbero diventarne assuntrici, mentre queste Comunità derivano da premesse che niente hanno da fare con le nuove esigenze.

Vien fatto assegnamento anche su Comunità più moderne (per esempio le cooperative) che non sono sorte completamente nel senso di queste nuove esigenze, ma che sono plasmate sulle vecchie forme provenienti da antiche abitudini di pensiero trasmesseci.

La verità si è che nessuna comunità, formata nel senso di queste antiche abitudini di pensare, può adottare ciò che si vorrebbe che essa adottasse. Le forze dell’epoca spingono alla conoscenza di una struttura sociale dell’umanità, che dovrebbe tener conto di tutt’altro di ciò di cui comunemente viene oggi tenuto conto. Le comunità sociali si sono fino ad ora formate in maggior parte per virtù degli istinti sociali dell’umanità; penetrarne le forze con piena coscienza sarà il compito del tempo.

L’organismo sociale è costituito come quello naturale. E così come l’organismo naturale deve provvedere al pensiero per mezzo della testa e non per mezzo del polmone, così pure è necessario che l’organismo sociale sia distribuito in sistemi, di cui nessuno possa addossarsi il compito dell’altro, ma ognuno, valendosi della propria indipendenza, debba collaborare in unione con gli altri.

La vita economica può prosperare soltanto quando si forma come membro indipendente dell’organismo sociale, in ordine alle proprie forze e alle proprie leggi, e quando non porta disordine nella sua compagine per il fatto di lasciarsi assorbire da un organo, quello politicamente attivo, dell’organismo sociale. Questo organo politicamente operoso deve piuttosto sussistere pienamente indipendente a lato di quello economico, così come nell’organismo naturale il sistema respiratorio sta accanto al sistema cerebrale. Una loro benefica collaborazione non può venir raggiunta se ai due organi vien provveduto da un’unica direzione legislativa e amministrativa, occorre che ognuno di essi abbia una legislazione e amministrazione propria in vitale cooperazione. Perchè il sistema politico distrugge l’economia, se ne assume la direzione, e il sistema economico perde le sue forze vitali, se vuol diventare politico.

A questi due organi dell’organismo sociale deve aggiungersene un terzo, formato con piena indipendenza dalle proprie possibilità di vita, ossia, quello della produzione spirituale; a questo terzo organo compete anche la parte spirituale dei due altri campi, parte che deve esser loro fornita da questo terzo organo, che è provvisto di proprie norme naturali e di propria amministrazione; questa parte però non può venir amministrata dagli altri due organi, nè su di essa possono questi esercitare altra influenza di quella che reciprocamente viene esercitata fra organismi, i quali l’uno accanto all’altro siano membri di un organismo naturale collettivo.

Già oggi si può fondare ed edificare scientificamente in tutti i suoi dettagli ciò che qui è stato detto sulle necessità dell’organismo sociale. In queste osservazioni non si possono tracciare che delle direttive generali per coloro che vogliono uniformarsi a queste necessità.

La fondazione dell’Impero Tedesco si verificò in un momento in cui queste necessità si affacciarono all’umanità moderna. Il suo governo non ha compreso che occorreva imporre un compito all’Impero con netta visione di questa necessità. Questa visione gli avrebbe dato non soltanto una giusta compagine interiore; ma avrebbe anche data una direzione giustificata alla sua politica esteriore. Con una politica siffatta il popolo tedesco avrebbe potuto convivere con i popoli non tedeschi.

Orbene, dalla sventura ha dovuto maturarsi il senno. Si dovrebbe sviluppare la volontà per la realizzazione dell’eventuale organismo sociale. Al mondo esteriore non dovrebbe presentarsi già una Germania, che non è più, ma un sistema spirituale politico ed economico che nei suoi rappresentanti come delegazioni indipendenti, dovrebbe voler trattare con coloro, dai quali è stata abbattuta, quella Germania che per via della confusione dai tre sistemi era diventata una compagine sociale impossibile.

In ispirito sentiamo già i Pratici che si preoccupano della complicazione di ciò che qui è stato detto, che trovano incomodo perfino di pensare alla cooperazione di tre corporazioni, perchè non desiderano saper niente delle vere esigenze della vita, ma vogliono formare tutto secondo le comode esigenze del loro pensiero. Deve risultare chiaro che: o ci si dovrà adattare col proprio pensiero alle esigenze della Realtà, o non si avrà imparato niente dalla sventura, e ciò che già è successo andrà aumentando all’infinito.

R. Steiner

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FISIOTERAPIA DELL’ANIMA (di F. De Pascale)

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Non c’è nessun errore nel “desiderare di realizzare lo Spirituale”. Magari l’essere umano ne fosse capace!

Come più volte ci indicò Massimo Scaligero, si tratta di dare al desiderio un oggetto divino: solo il Divino, l’Assoluto, è degno di essere desiderato. E aggiungeva, che il sentire sbaglia sempre quando non sente il Divino.

Realisticamente, dobbiamo essere coscienti che a sentire il Divino, a desiderare di realizzare lo Spirito, l’anima deve essere educata. Anzi: “rieducata” attraverso una vera e propria fisioterapia dell’anima.

Perché il lungo servaggio nella prigionia corporea l’ha resa largamente inerte e sorda al richiamo dello Spirito, del Divino.

Altrimenti sarebbe semplice: conoscere intellettualmente la verità, sarebbe al tempo stesso realizzarla. Il che non è, perché proprio a causa del servaggio dell’anima, il pensiero intellettuale è morto pensiero riflesso. E senza una fervida ed energica disciplina della Concentrazione il pensiero non esce dal suo stato di morte, e l’anima dal suo paralizzante servaggio.

È la Concentrazione che educa l’anima a sentire il Divino, a desiderare di realizzare lo Spirito.

Non vi è altra Via. La Via del Pensiero è la Via vera: l’unica. La Via Regia!

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QUELLO CHE E’ ISCRITTO NELLE STELLE (di M. Scaligero)

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L’amore non ha bisogno di vincere, perché è. È nell’anima, nell’anima è il suo segreto: si può anche non vedere questo segreto. Ma si può attingere ad esso, quando l’illusione umana non è piú capace di suscitare quel surrogato dell’amore che chiama amore. Quando questa illusione non è piú capace di dare contenuto alla vita, allora si attinge al segreto punto della vita, alla scaturigine dell’amore.

Lampo profondo, scotente la vita, pensiero-luce, invocazione che è parola-luce creatrice oltre la soglia della vita, in una sfera di turbini e potenze inumane: questo è il regno sacro del cuore, ove attingere alla grazia delle essenze perenni, ove sentire il valore eterno della vita, incontrare il fluire del tempo nell’eternità, il tessuto segreto d’amore di tutte le cose create, l’intatta sostanzialità da cui ogni cosa in origine nacque, ritrovare il senso della bellezza e della realtà dell’Universo.

Quello che è iscritto nelle stelle risuona nel cuore profondo, si apre il varco nel buio o nel giuoco delle forme create: è vivo e infiammato e possente in quanto indicibile, ma è vicino.

L’idea pura, il disegno divino che traluce nell’anima come potenza di destino, diverrà umana realtà quando le coscienze saranno pronte.

È l’idea di fedeltà e di eternità, o di unità restauratrice, della originaria coppia umana.

L’universo si nutre del puro accordo d’amore: la forza piú alta, la piú gioiosa speranza di salvazione. Occorre aprire la strada alla novella fioritura del Sacro Amore, aprire il varco al suo erompere nell’umano, preparare gli animi perché l’evento risuoni nel cosmo, cosí come il cosmo attende. Questo sentire è la luce aurea che s’intensifica dalla luce adamantina originaria, o luce bianca del Grande Centro, o dell’ “Albero di Vita”, l’etere che contiene tutta la forza, la somma che solo l’Amore cosmico può recare in sé come unità. È il sentire in cui il Volere dei Troni s’incontra con gli Spiriti dell’Armonia e con la corrente altissima dei Serafini. È l’amore che comincia a creare sulla Terra in nome del Logos.

Al suo interno è il mistero della reintegrazione: il suo calore deve operare nel corpo animico sino al fisico, per la trasmutazione della forza delle correnti che un giorno saranno chiamate alla generazione angelica.

L’impresa è urgente e richiesta: occorre destarsi e operare, perché i tempi sono maturi. Il richiamo del Graal vincerà ogni altro richiamo umano.

“Il morso del Drago non si cicatrizza se non per virtú della bevanda della Sacra Coppa”.

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(Massimo Scaligero-Febbraio1969)
Per gentile concessione de L’ Archetipo

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L’ARCHETIPO-AGOSTO 2025

Anno XXX n. 8

Agosto 2025