L’AUM E IL PENSIERO DI PASQUA (di R. Steiner)

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Le piante emanano aria pura. Esse sono pure, senza brama, disinteressate; perciò ci si sente bene in mezzo al mondo vegetale: esso emana vita. Ma col suo respiro l’uomo comune reca morte nell’ambiente. Per mezzo di una vita pura, morale, disinteressata, egli deve trasformare il suo respiro in un respiro puro, pieno di vita, e per via degli esercizi interiori egli deve portare ritmo nel suo respiro. Egli deve poi imparare ad emanare nel respiro la sua individualità, ad imprimerla nel mondo; per effetto di ciò, egli dà vita all’ambiente. Grazie a una continua educazione di questo genere, il discepolo impara a librarsi al di sopra di ciò che è puramente fisico, a porsi nell’elemento eterno.

Per questa via egli ascende agli eterni, imperituri archetipi delle cose, che non nascono e non periscono; egli si unisce anche con il suo proprio archetipo. Fisicamente l’uomo viene ad esistenza e perisce, ma per ciascun uomo c’è un archetipo che è eterno. Se il discepolo impara ad unirsi con l’archetipo, egli è allora salito al mondo eterno dello Spirito, si libra al di sopra del perituro. Questo è lo stato di cui viene detto che l’uomo riposa allora tra il roteare del grande uccello, del cigno dell’AUM.

L’AUM è il trascendere retrospettivamente dalle immagini all’archetipo: l’elevarsi all’imperituro. Questo elevarsi all’eterno, l’unirsi con gli archetipi, viene anche espresso nel Mantram delle Upanishad:

Yasmai jasam jagat sarvam, yasminn eva praliyate

yenedam dhriyate chaiva, tasmai jnanatmane namah.

Questo è ciò che sta nel pensiero pasquale. È la resurrezione dell’uomo dal suo legame con ciò che è perituro e materiale nelle religioni eterne degli archetipi. La natura serve quale simbolo di ciò. Come a Pasqua sboccia ovunque nuova vita dalla terra, dopo che il granello di seme si è sacrificato e si è decomposto nella terra per dare alla nuova vita la possibilità di sussistere, cosí nell’uomo deve morire tutto quanto è inferiore. Egli deve sacrificare la natura inferiore per potersi elevare agli eterni archetipi delle cose. Perciò anche la Cristianità festeggia in quest’epoca del risveglio della natura dal sonno invernale, la morte e la Resurrezione del Redentore.

Anche l’uomo deve prima morire per sperimentare poi la resurrezione nello spirito. Solo chi supera il legame con ciò che è perituro, può diventare imperituro come gli eterni archetipi, può riposare tra le ali del grande uccello AUM. Poi l’uomo diventa tale da collaborare al progresso del mondo. Egli riplasma poi il mondo per una futura esistenza: dalla sua piú profonda interiorità egli opera magicamente nel mondo.

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Tratto dai Quaderni di Scuola esoterica di R. Steiner nella traduzione di M. Viezzoli – per gentile concessione di Marina Sagramora

SULLO STATO INTERIORE DI ‘PANICA’ CONTEMPLAZIONE CHE PERVADE L’INTERA NATURA (di F. De PASCALE)

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“Tutti gli esseri, non solo i ragionevoli, ma anche gli animali irragionevoli e la natura che è nelle piante e la terra che li produce aspirano alla contemplazione e tendono a questo fine: tutti lo raggiungono entro le possibilità offerte dalla loro natura.

Ogni azione tende alla contemplazione, tanto l’azione necessaria che fortemente attira la contemplazione verso le cose esterne, quanto quella detta ‘volontaria’ che l’attira meno ma che si compie egualmente per desiderio di contemplazione…

La natura, che alcuni dicono priva di rappresentazioni e di ragione, ha in sé contemplazione e produce quelle cose che produce mediante la contemplazione che, a quanto dicono, essa non ha.

Poiché la natura opera rimanendo immobile e, rimanendo immobile, è una ragione, essa è anche contemplazione.

Difatti le azioni pratiche, pur essendo conformi alla ragione, sono evidentemente diverse da essa: ché la ragione, in quanto è presente all’azione e vi presiede, non è l’azione.

Se dunque non è azione ma ragione, essa è contemplazione; e per ogni ragione v’è una ragione ultima che deriva dalla contemplazione ed è contemplazione nel senso di oggetto contemplato.

La ragione superiore varia col variar degli esseri ed è come l’anima, non come la natura, ma quella che è nella natura è la natura stessa.

Anche questa deriva da una contemplazione? Certamente, da una contemplazione; poiché anch’essa è simile a un essere che si contempla: è infatti il risultato di una contemplazione ed è in quanto un essere contempla.

Ma come essa contempla?

Essa non possiede la contemplazione che deriva da un pensiero discorsivo, da quel pensiero cioè che esamina ciò che contiene in sé.

E se essa è vita, perché non è anche ragione e potenza operante?

Forse perché ricercare vuol dire non possedere ancora?

Ora, poiché la natura possiede, essa, in quanto possiede, anche agisce.

Per lei, essere ciò che è, è lo stesso che agire; essa è contemplazione, e oggetto di contemplazione, poiché è ragione.

Ed in quanto è contemplazione, oggetto di contemplazione e ragione, e soltanto per questo, essa produce.

Così dimostriamo che la produzione è contemplazione; essa infatti è il risultato di una contemplazione che rimane pura contemplazione senza fare null’altro, ma produce perché è contemplazione.”

(Enneadi III, 8, 1-3)

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Quel che il mio Plotino dice sulla contemplazione! Sullo stato interiore di ‘panica’ contemplazione che pervade l’intera Natura, ossia dell’afflato che avvolge, permea, pervade quella Natura, che è il sacro peplo di Iside, l’Unica Dea! Invero, tutta la Natura, tutti gli esseri della Natura, sono in stato di stupefatta contemplazione del Divino, dell’Uno, del Fondamento e, malgrado le tempeste e i furori che possono agitare l’apparire, essi riposano in tale stupefatta e mirabile contemplazione. 

Massimo Scaligero, parlando una volta a noi giovani, ci disse che Giovanni Colazza, suo Maestro, chiamava questo stato di contemplante abbandono al Divino, immobile pur nel furore di apparenti scatenamenti di lotte cosmiche, il “riposo divino”! 

Come in un immenso ossimoro cosmico, in tale mirabile stato si manifestano al contempo l’immobile riposare nell’identità con il Divino nella contemplazione e il più audace, dinamico e impetuoso donarsi all’azione più trasportante: la contemplazione come immobile principio dell’azione, e l’azione che della contemplazione segretamente si alimenta, manifestandola nell’impeto dell’agire più travolgente e temerario!

Ma come realizzare una tale contemplazione? I vecchi esoteristi ed occultisti d’anteguerra affermavano che ogni insegnamento è un errore finché non si traduce in una pratica corrispondente, ogni conoscenza è illusoria, ossia è mero sapere, se non si incarna in un agire, se – come insegnava Cagliostro – colui che conosce non diviene la cosa conosciuta. 

E questo ‘divenire’ è un atto che sempre ‘è’, e non un fatto, una cosa che già c’è, ossia che passivamente, inattivamente, meramente esiste. Questo spiega il fallimento, il tradimento, l’insufficienza, la latitanza, l’inadeguatezza delle Comunità spirituali. 

In un momento tragico – di concreto e di estremo pericolo per l’umanità – esse (o i componenti delle medesime se si vuole) si dànno allo spasso, al diporto, al divertissement come lo chiamava Blaise Pascal, ossia – nel senso più etimologico del termine – al di-vertimento, alla dis-trazione. Ma come ammonisce Massimo Scaligero, “il bene è l’idea che si realizza, e il male è l’idea che non si realizza“: in questo sta tutta la nostra responsabilità! 

Ammoniva in Ur un amico di Massimo, Abraxa, che “o la vita è un rito o non è nulla“, ossia l’intera vita deve trasformarsi in un esercizio spirituale, in un Rito, e la pratica interiore – e più di tutto la concentrazione – deve essere il centro dell’esistere, la spinta all’esistere, il fine dell’esistere. Perché non è possibile – come fanno taluni, troppi, quando poi lo fanno – vivere 23 ore e 50 minuti della propria giornata nella totale dispersione esteriore e poi pretendere di attuare in 10 minuti uno stato di concentrazione interiore. 

Se la pratica interiore, se la concentrazione in primis sono qualcosa di ‘periferico’, di ‘contingente’, di ‘occasionale’ nella propria vita e nella propria giornata, non potranno essere qualcosa di ‘centrale’, di ‘assoluto’, di ‘incondizionato’, la cui forza abbia la capacità di trasformare veramente l’anima, il cui impeto sia così potente da travolgere la mediocrità e la labilità umana. 

Come ho avuto già modo di dire ci si alza alle 03.00 la notte per partire a fare una gita o un viaggio qualsiasi, ma non si è capaci di alzarsi mezzora o un quarto d’ora prima per fare una concentrazione in più! Mi diceva Massimo che le Intelligenze Celesti e i Maestri darebbero tutto all’uomo, ma che vengono disgustate e delusi dalla fiacchezza dell’uomo, del sedicente “spiritualista”, dalla banalità del suo stato interiore, dalla tiepidezza del suo cuore, dalla sua approssimazione, dalla sua sfilacciata volontà!

Per molti la Via spirituale è un piacevole passatempo, che porta un po’ di brio e di diversità nella noiosa routine della vita borghese: questi avrebbero bisogno o di passare qualche anno della loro vita a lavorare in una fonderia come quella di Porto Marghera, oppure di molta disperazione. Allora comincerebbero a ‘sfrondarsi’ del troppo inessenziale che ammala il loro spento esistere, e comincerebbero nella fatica e nel dolore a veramente ‘vivere’.

Altri decidono di vivere vivi e non morti, e per questo scelgono – liberamente scelgono – la Via diretta, la più difficile e la più semplice, la più dura e la più faticosa, la più temeraria e la più saggia: l’incessante pratica interiore! La pratica della concentrazione portata al suo estremo: l’estremismo interiore come continua mobilitazione della volontà contro il sonno della coscienza, l’ardore da rinnovare ogni volta nella concentrazione, e poi ancora nella concentrazione, e infine nella concentrazione senza fine.

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RICORDANDO FRANCO DE PASCALE

(Eternal Source Of Light Divine –Sound the Trumpet. Royal Music of Händel & Purcell)

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Oggi – un anno fa – Franco De Pascale lasciava il piano terreno. Si ricorda con gioia il dono della Sua amicizia fedele e del Suo esempio spirituale: l’essenziale Sua opera di tessitura della sacra trama universale eterna. Possa il ricordo del Suo entusiasmo continuo per questi valori rinvigorire sempre la nostra fiamma interiore.

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Io ero con voi unita: Restate congiunti in me.

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Noi parleremo insieme nella lingua dell’Essere Eterno.

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Noi saremo operanti là, dove il risultato agisce di quanto facciamo.

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Tesseremo nello Spirito, dove vengono tessuti pensieri umani nella parola dell’Eterno Pensiero.

(R. Steiner)

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“O GIOIA, QUANDO L’UMANA FIAMMA ARDE ANCHE LA’, DOVE RIPOSA!”

(R. Steiner)

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COME LA PIANTA D’ARANCIO (di F. Giovi)

(Aranceto di Ewa Niewadzi) 

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Dov’era l’essere Pianta d’arancio ‘A’ prima di essere pianta visibile e vegetante in questo vaso?

“Nel seme”.

E prima?

“Era nella pianta che portava il suo seme”.

E prima ancora?

“Nel seme della pianta che ha portato il suo seme”.

E così via, indietreggiando, essa era in un seme in cui erano tutte le piante d’arancio che l’hanno preceduta.

E prima ancora?

“Forse in altra pianta, non d’arancio, ma di una specie madre da cui sono uscite man mano forse (o senza forse) la specie degli aranci ed il primo seme di arancio, non specificato, meno arancio che quello d’ora e un’altra o più altre specie; ad esempio quella dei limoni o dei mandarini.

Ad ogni modo è chiaro e certo: che l’individuo Pianta d’arancio ‘A’ che mi sta davanti con la sua inalienabile forma, era se stessa meno quando era nel seme di arancio – e cioè forza involuta nel seme – e meno ancora quando era nella pianta da cui il suo seme è caduto; e ancor meno quando era nella pianta da cui è caduto il suo seme; e così via.

Procedendo a ritroso troveremo che la pianta, nel passato, era sempre meno personalmente se stessa che oggi. Questo infinito non essere suo, sempre attenuantesi (innullantesi), quanto più risaliamo alle origini, è il nulla, il suo primordiale nulla, da cui essa, inesserandosi, sorge. E in avvenire?

Se ieri era meno di oggi, oggi sarà meno di domani: domani sarà più di oggi sè stessa.

Perchè andare indietro non si può.

Ma pure, io la vedo morire.

Io, la pianta che ho qui davanti, la vedo: essa è se stessa più oggi di quanto era in seme – perchè più esplicata – e più di quanto era nella pianta sua madre.
Perchè?

Perchè, in sua madre, il suo essere era confuso con quello di moltissime altre piante d’arancio sorelle, e con quella di essa pianta sua madre; mentre questa vita è più solitaria: più sua.

Ed è precisamente di questa – sua – vita che muore, appunto perchè sua vita: anzi, è l’unica vita in cui possa morire: perciò è sua. La sua intimità è più raggiunta qui che nel seme, in cui era involuta, che nella pianta sua madre in cui essa era ancor più involuta. Questa sua vita – di cui muore – è devoluta alla produzione dei grani.

In questi grani essa è, perchè fatti della sua stoffa; come era prima, nella pianta sua madre e nei grani della pianta sua madre. Dunque i grani sono suoi: ma in questi grani che appartengono a lei, al suo vegetale organismo, alla vita sua, ferve la forza vitale della specie: in quei grani – oltre lei – vi è già tutto ciò che non è lei.

Dunque, come prima, la sua personalità si perde? Tutt’altro! Perchè mentre con le piante sue ascendenti essa era in rapporto da figlio a padre (e a nonno), cioè di atto a potenza – di mondo a chaos – qui con le piante sue discendenti è in rapporto inverso: di padre a figlio. Insomma, mentre nella pianta madre il suo essere era mischiato a quello delle altre, nelle piante figlie -nei grani- il suo essere è arricchito di altri esseri che essa crea (concrea) ed impronta di sè, pur avendo, con la sua vita, attinto alla fonte eterna della specie: nei suoi grani è discesa la forza genitrice della specie: ed è discesa grazie alla propria trasfusione nel seme.

Dunque la sua intimità, che essa viene acquistando con la sua vita, essa l’acquista ancora più con la sua morte (che è il suo organamento e disorganamento): ciò che la porta la formazione dei grani.

Perchè con ciò si fa producente.

Essa attinge per la sua vita-morte all’eterna specie, s’immerge in essa: vi muore: nell’atto di sgranare essa raggiunge la propria intimità immortale: perchè per mezzo dei suoi grani essa continua ad essere…

E’ vero che le piante d’arancio che sorgeranno dai suoi grani saranno altre piante d’arancio: saranno loro stesse: ma pure in loro essa persiste: e vi persiste – questo va fermato e inteso – in quanto è producente, in quanto si è fatta producente, cioè in quanto ha granato: si è congiunta con la sua essenza, la specie che è discesa in lei: verbum caro factum est et habitavit in nobis. Di vita s’è fatta datrice di vita: ha raggiunto la propria attività: la propria intimità (la propria solitudine): la propria intimità creatrice: perchè si è data, si è prodigata, e non ha neppure la compagnia delle proprie foglie e dei rami: del corpo materiale, di cui si è spogliata.

Da creata si è fatta creante.

Quello che accade nella pianta accade anche in noi.
Anche noi germiniamo: germiniamo parole vitali. E con ciò conquistiamo, come la pianta d’arancio, la nostra intimità creatrice: la nostra immortalità: ma siccome il privilegio dell’uomo è la coscienza della propria mortalità – il privilegio di vivere la propria morte – così è privilegio la coscienza della propria immortalità: cioè in lui è cosciente la persistenza nella propria essenza creatrice.

Come questa pianta d’arancio è incoscientemente – o molto meno coscientemente di noi – in tutte le piante d’arancio che vegeteranno dai suoi grani, ed in quelle che vegeteranno dai grani di quelle che sorsero prima dai suoi, come forza generatriva – vitamorendo, evolvendo in sè i grani si è fatta genitrice, cioè si è fatta compartecipe al creatore – così noi, facendoci creatori, partecipiamo, coscientemente, alla creazione: vivendo nell’infinito.
L’immortalità dell’uomo è cosciente, perchè la mortalità dell’uomo è cosciente.

Insomma: tu soppravviverai alla tua inevitabile morte (inevitabile perchè tu sei fatto di nulla, di morte: sei morte) in quanto avrai evoluto dentro te i tuoi grani immortali: in quanto avrai raggiunto dentro te il tuo Io immortale: partorirsi.

L’io separato è – per sè – nulla: ma diviene in quanto si nega: cioè in quanto muore ed accoglie in se l’universalità: in quanto si fa seme vivo.
Come la pianta d’arancio è, per sè, nulla, effimera, muore ma diventa in quanto evolve la propria semenza: ed in essa semenza essa soppravvive a se stessa.
Ora, la semenza umana è cosciente (noi elaboriamo la nostra semenza intima, cosciente: il nostro io spermatico, creatore) e la permanenza umana, nella creazione è cosciente… perchè morte e mortalità umane sono coscienti.

Ed è tanto più cosciente la propria immortalità in coloro in cui è più cosciente la mortalità, cioè in chi sa e vive il proprio morire.

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L’ARCHETIPO-APRILE 2025

Anno XXX n. 4

Aprile 2025

In questo numero:

FEDELTÀ – cap. 2 (di F. Caruso)

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GLI IDEALI POSSONO ESSERE MOLTO DIVERSI FRA LORO.

PIÙ O MENO GIUSTI.

PIÙ O MENO ERRATI.

IN MOLTI CASI POSSONO ESSER DANNOSI.

MEFITICI.

MA IN REALTÀ ESSI SONO SOLO STRUMENTI PER LA MANIFESTAZIONE DI UNA PIÙ ALTA VOLONTÀ IN UN UOMO.

LA REALTÀ DI OGNI IDEALE NON È CIÒ CHE DOTTRINARIAMENTE CONTIENE, MA È QUANTO DI PROFONDO E SINCERO COINVOLGIMENTO INTERIORE RIESCE A SUSCITARE.

GLI IDEALI SERVONO SOLTANTO AL MANIFESTARSI DELL’ATTITUDINE DEVOTA IN UN UOMO.

IN REALTÀ L’UNICO VERO IDEALE È LA DEVOZIONE , IL RISPETTO, LA VENERAZIONE VERSO UN VALORE SENZA NOME E FORMA CHE PUÒ ACCENDERSI IN UN UOMO.

UN VALORE DI FEDELTÀ VERSO UNA REALTÀ PIÙ ALTA E LUMINOSA DI CUI L’ANIMA, IL SENTIRE, I SENTIMENTI GIÀ POSSIEDONO UNA TENUISSIMA EVIDENZA.

VI È NELLE ZONE ALTE  DELL’ANIMA UNA VAGA REALTÀ LUMINOSA CHE È DA AMARE.

L’ANIMA GIÀ CONTIENE CIÒ VERSO CUI ESSERE FEDELE.

L’ESSENZA DI OGNI IDEALE GIÀ ESISTE NELL’INTERIORITÀ.

VI È SOLO DA ESSERE FEDELI.

FEDELTÀ È GIÀ L’IDEALE VERSO CUI TENDERE.

FEDELTÀ ALLA DEVOZIONE VERSO UNA REALTÀ PIÙ ALTA.

FEDELTÀ AL RISPETTO VERSO UNA REALTÀ SOVRUMANA.

FEDELTÀ ALLA VENERAZIONE VERSO UNA REALTÀ CHE SOSTIENE AMOREVOLMENTE IL MONDO.

CIÒ È IL PUNTO DI PARTENZA PER LE ANIME ANCORA SANE.

QUANDO UN’INTERIORITÀ È SANA RISULTA FACILE CAPIRSI SU QUESTO PUNTO DI PARTENZA: LA FEDELTÀ ALL’ATTITUDINE DEVOTA CHE L’ANIMA POSSIEDE IN MANIERA SPONTANEA, INNATA, CONNATURATA.

TALE È L’IDEALE SUPREMO.

L’ESSENZA DI OGNI IDEALITÀ.

ESSENZA IN RAPPORTO ALLA QUALE OGNI DOTTRINA RELIGIOSA O POLITICA O ECONOMICA È GIÀ ERRORE.

DECADENZA.

ALLONTANAMENTO DALLA VERITÀ.

VELENO.

RETORICA.

QUINDI: OCCORRE FEDELTÀ.

FEDELTÀ ALLA LUCE DEVOTA.

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Collana Helios Fuoco Solare – F. Caruso: “La Fedeltà” – cap. 2 

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SUL CONCETTO DI EVOLUZIONE (di F. De Pascale)

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Se me la volessi cavare con poca fatica direi che parola tedesca, che in italiano viene tradotta con “evoluzione” è “Entwickelung”, universalmente tradotta come “evoluzione”, “sviluppo”. Ma sarebbe una risposta un po’ troppo facile: il concetto vero e proprio di evoluzione è un concetto dal contenuto più vasto.

La cosa non è affatto così semplice, come molti “spiritualisti” superficiali, ed eziandio molti antroposofi credono. Molti hanno appunto un concetto fatalistico dell’evoluzione sia cosmica che umana. Ma Rudolf Steiner stesso avverte che un tale fatalismo sarebbe, nel suo meccanicismo, un influenza materialistica in un pensiero che, invece, dovrebbe essere assolutamente spirituale. Anche nel concetto che molti si fanno del karma, vi è una tale visione materialistica, che col suo fatale automatismo esclude sia coscienza che libertà. Ma la Scienza dello Spirito, appunto, è Scienza della Libertà, non certo fatalismo meccanicistico.

Nel concetto di evoluzione deve essere pensato un duplice aspetto: quello di “evoluzione progressiva”, e quello di “evoluzione regressiva”. Anche in relazione alla “doppia corrente del tempo” – una delle giovanili e più importanti esperienze di Rudolf Steiner, come mette in evidenza Hella Wiesberger. Ad esempio, l’uomo attuale è l’evoluzione progressiva di un essere primordiale, del quale il mondo animale è l’involuzione, o “evoluzione regressiva”. E dallo stesso uomo attuale sorgerà in futuro – attraverso l’evoluzione “progressiva” del bene in meglio – una “comunità dei buoni”, mentre – attraverso una involuzione “regressiva” del male in peggio – sorgerà una “comunità dei malvagi”. Vi sarà, apocalitticamente, una “razza dei buoni” e una razza dei malvagi”. Ma – avverte Rudolf Steiner – bisogna distinguere, e distinguere molto bene, l’evoluzione progressiva o regressiva delle anime, dall’evoluzione progressiva o regressiva dei corpi. Il non compiere una tale, necessaria distinzione, sarebbe frutto di un malsano materialismo, insinuatosi in una concezione spirituale del mondo. Nessun’anima sarà di per sé fatalmente destinata ad incarnarsi nella “razza malvagia”. Potrebbe anche accadere – avverte Rudolf Steiner nella “Scienza Occulta”, che nessun’anima umana fosse così involuta da doversi incarnare nei corpi della “razza malvagia”. Allora quei corpi verrebbero animati dal cosmo in altra maniera.

Prorpio questo punto, che mi angustiava non poco, fu oggetto dei discorsi in un incontro con Hella Wiesberger al Lascito di Rudolf Steiner, alla Rudolf Steiner Halde a Dornach, e lei mi illuminò proprio nel senso che Le ho descritto. Inoltre, vi è un terzo tipo di evoluzione, ed è quella di coloro che operano alla trasformazione del Male in un più alto Bene: questa – la redenzione del Male – è la missione dei Manichei. Quella dell’Ordine dei Manichei – diceva Massimo Scaligero – è l’ideale più audace e rivoluzionario. E l’opera di Rudolf Steiner e di Massimo Scaligero la concepisco nel senso di tale audace ideale.

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CH’IO NON PARLI … (Poesia di A. Onofri)

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« Ch’io non parli superbo alla mia gente!

Io molto l’amo ed amo i suoi dolori.

Ma che dal suo travaglio io resti fuori,

perch’io lo senta in me più grandemente.

Ed io vi prego, o uomini in tregenda

che mi lasciate alla mia grande pace,

dove ogni vostro strepito si tace…

Ch’io nulla oda, affinché tutto intenda».

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LETTURA DI TESTI ANTROPOSOFICI: LA SCIENZA OCCULTA (di F. Giovi)

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Il potere di risvegliare, all’interno del pensiero, l’originario elemento creativo, è stato donato da Rudolf Steiner mediante una articolata sequenza di immagini riguardanti la biografia, cosmica e metastorica dell’entità umana.

Tali immagini suscitano nell’anima la forza del ricordo che è uno dei più profondi e segreti poteri del pensiero. E’ una possibile trasmissione iniziatica nella forma richiesta dai nuovi tempi poiché essa si può attuare solo per decisione cosciente e capacità del discepolo di rispondere con corrispondenti forze dell’anima (pensare, volere e sentire) al contenuto trascendente risorgente da quelle immagini.

Un tempo, il discepolo giungeva alla visione delle gerarchie di potenza sovrasensibile in quanto veniva portato dagli Jerofanti ad un distacco dal corpo fisico-eterico per giungere ad una estatica immersione nel mondo dello Spirito, così da ricevere una intensa impressione. Questa, a sua volta si imprimeva nel corpo eterico rinnovando completamente la sua vita.

Nella via iniziatica tracciata da Rudolf Steiner, il discepolo conquista (e simultaneamente riceve) la “visione penetrante e trasformante” in un perfetto stato di destità senza regredire né alla catalessi né a forme, più o meno leggere, di trance. Questo pare risaputo finchè il discepolo non si accorge che, sui primi passi, può bastare l’evocazione e l’immersione in un’immagine per abbassare lo stato di veglia, per cedere impercettibilmente al sogno (da cui le tante “veggenze” che passeggiano per il mondo dell’occulto).

Ogni operazione interiore che declini a condizioni di coscienza inferiori alla comune coscienza sensibile, è già fallita.
Perciò ogni iniziativa deve risultare cosciente e poggiata su un robusto esercizio dell’anima in tale direzione. A fronte delle immagini suscitate sono pure necessarie capacità di reale spregiudicatezza, di silenzio interiore e di calma al limite dell’impersonale.

A mio parere l’ideale potrebbe essere un atteggiamento d’anima e coscienza, magari non percepito ma inteso come il prodotto dalle discipline formative idonee allo sviluppo delle summenzionate qualità. Ciò per permettere una serena Spontaneità nel dedicarsi ai pensieri e immagini senza i lacci e lacciuoli di retro/pensieri di disciplina, che facilmente riempiono di sé l’anima e fatalmente la irrigidiscono.

Già la forma dell’insegnamento può presentare seria difficoltà a molti poiché esso è del tutto privo di enfasi, di retorica e verbalismi affascinanti: persino noioso se il proprio accostarsi desidera dall’esposizione dell’occulto una reazione che soddisfi il piacere dell’intelletto o del sentimento: ciò che giustamente fino a ieri, se confrontato con il ‘sacro’ veniva definito come ‘profano’.

Sperimentalmente è davvero meglio seguire l’indicazione, poco raccolta, del Dottore: pensare i pensieri così come sono esposti (e, per l’amor di dio, null’altro).

Come per il controllo del pensiero e ancor più per la Concentrazione, è un agire quantitativamente minore di quello che la natura umana ordinaria si sente disposta ad elargire. Anche quando non siano impulsi a connettere pensieri estranei, vaganti o antroposofici che possano essere, si pregiudica il percorso dei pensieri che si ravvivano con l’attenta lettura, persino tingendo l’anima di una artefatta sacralità o con la predisposizione alla razionalità critica.

Sull’astensione dalla razionalità critica molti si inalberano, quasi si consigliasse loro il suicidio come presupposto. Qui, in linea di massima, c’è solo il moto di difesa del nostro essere psicofisico che, da usurpatore quale è in realtà, si sente minacciato da ciò che veramente può rovesciarlo dal trono che non gli appartiene. Però, da altro punto di visuale, può anche indicare che il soggetto non è al momento maturo o idoneo per questa esperienza.

Che sia un gioco dell’astrale inferiore, può essere svelato già quando ci si rapporti alla vita ordinaria. Faccio un esempio: siamo sull’ultimo gradino della scaletta che porta al mare. Che si fa? O si torna indietro, ci si riveste e si torna a casa o ci si immerge: immergendosi sperimenteremo il mare. Ma stando sull’ultimo gradino, su quell’ultimo gradino ad almanaccare intorno ai corpi immersi nel liquido e così via, ci manterremmo nella più sterile o stupida posizione possibile. Lo stesso vale con “La Scienza Occulta”.

Il “pensare i pensieri così come sono esposti” stimola immagini. Tali immagini hanno il potere di non accatastarsi nella testa ma di scendere nel torace e negli arti. Ossia nel sentire e nel volere. Se la coscienza pensante continua a dedicarsi “solo” a quest’opera, un contenuto sovraumano (Aurobindo direbbe sovra-mentale) viene, fluisce ed anima il pensare ordinario che stavamo usando.

Compito della pregressa educazione interiore o di un momento di Grazia è permettere che il potere iniziatico interno alle immagini non si perda nella banalità del pensiero che si aliena e nella avida meschinità del sentire personale ma, oltrepassando per propria virtù il limite astrale, giunga ad imprimersi nel corpo eterico. Una più complessa struttura di immagini (come l’insieme completo dell’Antico Saturno) può portare assai oltre: è possibile udire le sonorità espresse dal Principio.

Così “La Scienza Occulta” può divenire la strada e la porta dei Misteri iniziatici, diversa dall’antica poiché dipendente dalla attività individuale e cosciente. Le immagini date dall’Iniziato Solare sono congegnate in modo da ‘contenere’ la Potenza superatrice del pensiero decaduto. Sul confine del pensiero morente, attende la forza originaria dello Spirito e, in momenti di calma dedizione, essa può scendere nell’uomo, attraversarlo in tutti i suoi veicoli, possedendo il potere della Trasmutazione sino al corpo fisico: è davvero la Pentecoste dei nuovi tempi.

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IL SEGNO, LA PAROLA E IL GESTO (Conf. di Rudolf Steiner)

IL SEGNO, LA PAROLA E IL GESTO (1)

Berlino, 4 Aprile 1916

(note esplicative a piè di pagina)

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Oggi affronterò più che altro gli aspetti occulti delle nostre considerazioni della scorsa settimana. Abbiamo visto che alcune correnti che si esprimono attraverso certe confraternite occulte possono ancora assumere un ruolo importante nella vita umana. E le considerazioni piuttosto esteriori dell’ultima volta vi avranno mostrato il modo ben particolare in cui si agisce tramite queste confraternite occulte in Europa occidentale, in particolare nei paesi britannici, per raggiungere certi scopi esteriori. È assolutamente indispensabile che quelli che non penetrano ad occhi chiusi nel movimento moderno di scienza dello spirito guardino da una certa distanza in modo da potersi fare un’opinione obiettiva di tutta la situazione. Ecco perché oggi vorrei mostrarvi come per prima cosa si deve pensare all’attività di questo tipo di confraternite occulte in modo da essere in grado di comprendere come possono diventare uno strumento per altri fini.

Quello che intendiamo qui con il termine di confraternite occulte è, in fondo una cosa assai complicata. Ma in definitivo questa cosa complicata si edifica ovunque su un’infrastruttura che attira delle persone in una certa direzione al fine di riunirle attraverso una sorta di culto e alle quali vengono presentati dei simboli. Le si riunisce grazie a un culto che, per così dire, si esprime in simboli. Oggi molte persone tendono a priori a deridere questo tipo di confraternite fondate su una storia di simboli, e questo al nome di un presunto sapere, finalmente assai superficiale. La ristrettezza di spirito dei nostri contemporanei riguardo a tutte queste cose è straordinario, e si potrebbe semplicemente ribattere a quelli che denigrano con così tanta leggerezza le cerimonie e pratiche simboliche legate a queste confraternite occulte, che certe persone peraltro non tanto più insignificanti di loro, questi materialisti ed altri beffardi o critici molto intelligenti, gente come Goethe ad esempio, hanno attribuito la più grande importanza al fatto di aver potuto partecipare a tali assemblee cerimoniali simboliche. Goethe era perfettamente cosciente, e lo ha espresso tante volte, di questo fatto di non aver potuto andare a scuola, ma di aver ricevuto, più tardi, un insegnamento legato a certi ordini, prima di tutti agli ordini massonici. Per persone di valore più modeste di Goethe, questo contesto massonico avrà dato probabilmente meno, ma Goethe, lui, ci ha trovato moltissimo. Ecco ad esempio quello che si potrebbe rispondere a questi beffardi che prendono in giro queste pratiche, appoggiandosi su una così detta visione monista del mondo rapidamente “impacchettata”. Ma se vogliamo comprendere la realtà nella sua essenza, è necessario cogliere questa realtà più in profondità.

Dal quindicesimo secolo, come sappiamo, viviamo nella quinta epoca postatlantica. Fu preceduta dalla quarta epoca postatlantica che ebbe inizio attorno al 747 prima della nascita di Cristo per terminare soltanto all’inizio del quindicesimo secolo. Le persone di oggi che sono ragionevoli e intelligenti – e lo sono quasi tutti vero? – si dicono: In realtà, non deve esserci così tanta differenza tra quello che un’anima può vivere dal quindicesimo secolo e ciò che un’anima viveva nei due millenni che ci hanno preceduto, dall’anno 747 prima della nostra era. Eppure, se vogliamo, possiamo mostrare, anche attraverso delle cose del tutto esteriori, quanto lo sviluppo dell’anima umana durante la quarta epoca postatlantica, quella che ha preceduto la nostra, si differenzia fortemente da quello che conosciamo. A quell’epoca, ossia dall’ottavo secolo a.C., fino al quattordicesimo secolo d.C., gli uomini avevano un corpo eterico molto, molto più recettivo che in seguito. Beninteso, più ci avviciniamo alla fine di questo periodo, più questa ricettività va calando. Una volta, l’uomo poteva percepire maggiormente ciò che lo circondava. E quando il corpo eterico percepisce, percepisce il mondo elementare. Non percepisce, come il corpo fisico, i minerali, le piante, gli animali, l’acqua, l’aria ecc… ma percepisce gli esseri elementari che vivono nelle piante, negli animali e nei minerali. In quel periodo, gli uomini parlavano ancora di “kobold”, di gnomi che abitavano le montagne o che vedevano uscire dalle faglie delle rocce nelle miniere. Oggi, si dice che si trattava di fantasie poetiche. Eppure gli antenati erano veramente coscienti del fatto che esiste un mondo elementare dietro al mondo fisico.

Vorrei ancora una volta attirare la vostra attenzione – perché tutti quelli che sono seduti qui forse non lo hanno ancora sentito – sul fatto che possiamo anche portarne le prove appoggiandoci su documenti esteriori, che non tanto tempo fa, le persone erano ancora a conoscenza del mondo elementare. Ne ho già parlato, ma mi piacerebbe evocarlo ancora brevemente. Al museo di Amburgo possiamo vedere un dipinto che rappresenta “la Caduta”, questo evento di cui troviamo il racconto all’inizio dell’antico testamento.

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Oggi, quando un pittore vuole rappresentare la Caduta, mostra l’albero del paradiso, vero?, con Adamo ed Eva da una parte e dall’altra, più o meno belli, la maggior parte delle volte peraltro abbastanza orrendi, e in mezzo il serpente; un serpente vero. Ma tutto ciò è realistico, cari amici? Possiamo definire questo come realistico? Anche se Eva non era probabilmente così desta né così intelligente quanto le donne di oggi, è pertanto difficile credere che abbia potuto lasciarsi sedurre da un volgare serpente che striscia per terra, a commettere l’atto prodigioso che sappiamo. Questo non può quindi essere così realistico.

Il tentatore, lo sappiamo, era Lucifero. Ordunque, Lucifero non è un essere che possiamo vedere con gli occhi fisici di oggi. Per vederlo, si necessita di un corpo eterico desto; si necessita di organi della chiaroveggenza desti. Vediamo allora che Lucifero è l’essere rimasto indietro durante la fase lunare dell’evoluzione. Dall’epoca lunare abbiamo ricevuto il nostro corpo fisico tale come è oggi, anche se non era ancora fisicamente visibile. Era interamente eterico. La testa che possiede l’uomo di oggi è la copia fedele di quella che aveva già sull’antica luna. Il resto del corpo umano, per contro, non aveva ancora la forma che gli conosciamo oggi. La testa era semplicemente prolungata da una forma analoga ad un serpente: ciò che oggi costituisce il nostro midollo spinale. Così che se volessimo dare un’immagine di Lucifero così come è rimasto dall’antica Luna, bisognerebbe rappresentarlo con una testa umana prolungata da un midollo spinale, ossia a forma di serpente.

Ed è esattamente così che il Maestro Bertram (2) ha rappresentato Lucifero sul dipinto che possiamo vedere ad Amburgo! Non come lo avrebbe immaginato un pittore attuale, ma tale come deve essere nel senso della scienza dello spirito! Potete vederlo al museo di Amburgo, e questo vi convincerà del fatto che nel tredicesimo e quattordicesimo secolo, un pittore dipingeva ancora le cose come sono veramente. Ma la gente di oggi è ben troppo intelligente per poter distinguere ciò che gli dice questo documento. Eppure ci mostra che gli uomini di una volta percepivano il mondo elementare.

Ed è allora, nel corso della quarta epoca postatlantica, che sono apparsi i simboli sui quali le confraternite occulte di cui stiamo parlando si sono fondate. Questi simboli hanno potuto servire da fondamenta a queste confraternite perché in quel periodo li si sentivano vivi; si poteva ancora sapere che erano vivi nella propria interiorità. Vorrei spiegarvi, nella versione di Goethe, quello che è questo principio del simbolismo. A modo suo Goethe tenta di rendere il simbolismo fecondo per la vita esteriore, perché pensa che famigliarizzandosi con esso si può veramente fare progredire l’essere interiore. Ed è per questo che vuole – lo potete leggere nel suo romanzo Wilhelm Meister – che l’educazione permetta al bambino di crescere con certi simboli. Al posto delle cose senza senso che vengono insegnate nelle scuole, Goethe vuole che gli uomini vengano cresciuti con certi simboli. Per prima cosa vuole che tramite i simboli imparino quello che chiama “i quattro rispetti” dell’essere umano: il rispetto per il mondo spirituale, il rispetto per il mondo fisico, il rispetto per ogni anima e il rispetto che può edificarsi soltanto poggiando sui tre altri: il rispetto per sé stesso. La maggior parte dei nostri contemporanei illuminati avrebbe – ancor ancora – capito che l’ultimo, il rispetto per sé stesso, sia posto all’inizio ma, nell’idea di Goethe, quel rispetto è quello che comporta i più grandi pericoli, e può quindi essere edificato soltanto sulla base dei 3 altri.

In che modo Goethe vuole che il rispetto per lo spirituale, il rispetto di quello che è in alto, si radichi per primo nell’uomo? Raccomanda che i bambini imparino un certo gesto: braccia incrociate sul petto, sguardo innalzato verso il cielo. In questa posizione, devono acquisire il rispetto di ciò che, spiritualmente, può avere un’influenza sull’uomo. Ancora in tenerissima età, pensa Goethe, bisogna collegare questo gesto all’acquisizione del sentimento di rispetto per ciò che è in alto. Perché questo ha un senso? Perché, quando l’uomo prova veramente rispetto per lo spirituale, non può che manifestare tale rispetto. E anche se incrociasse le mani dietro la schiena, le sue mani eteriche si incrocerebbero davanti al suo petto, e se mantenesse il suo sguardo fisico abbassato, i suoi occhi eterici si rivolgerebbero comunque al cielo! Questo perché quando si prova rispetto nei confronti dello spirituale, gli occhi eterici si rivolgono del tutto naturalmente verso l’alto, e le braccia eteriche si incrociano davanti al petto. Non può andare diversamente, è un’evidenza: il corpo eterico compie questi gesti. Durante la quarta epoca postatlantica la gente lo sapeva, perché percepivano i movimenti del proprio corpo eterico, e quando le si raccomandava di fare questo o quello, di fatto non le si diceva nient’altro che: dovete fisicamente muovervi un po’ in questo modo, così da poter sentire e quindi percepire i gesti che fa il vostro corpo eterico.

Goethe vuole in questo modo che si cresca nella vita spirituale. Sa quanto è importante vivere interiormente i gesti che sono direttamente legati alle espressioni dell’anima. Inoltre, vuole che l’uomo incroci le mani dietro alla schiena e abbassi gli occhi verso la terra per acquisire il rispetto del corpo e di tutto ciò che è terrestre. Deve essere la seconda acquisizione. Per quanto riguarda la terza, le cose devono essere eseguite in questo modo: le mani aperte, lo sguardo che va verso sinistra e destra. Questo gesto deve permettere di acquisire rispetto nei confronti di ogni anima simile alla sua. Soltanto dopo, si può coltivare il rispetto per sé stessi. Dal quattordicesimo secolo, gli uomini hanno ampiamente dimenticato quello che allora sapevano spontaneamente.

Non sanno più che questi gesti, quando sono giusti, non hanno nulla di arbitrario, ma sono in rapporto con l’organizzazione spirituale dell’uomo. Una volta, quando si insegnava agli uomini questo tipo di gesti, nonché altri più complicati, non si faceva altro che mostrare loro ciò che potevano allora facilmente risvegliare nella loro vita interiore. Più tardi, durante la quinta epoca postatlantica, si può benissimo insegnare a degli esseri giovani, attraverso un insegnamento appropriato, questi movimenti semplici che Goethe raccomandava. Questo è ciò che Goethe voleva.

Ma a partire dal quattordicesimo e quindicesimo secolo non si può più insegnare agli uomini il linguaggio estremamente complicato dei gesti designati da “il segno, la parola, il gesto”, così come si è diffuso nelle confraternite occulte, in modo tale che si possa sentire ancora un po’ la loro realtà.

Le confraternite che esistevano nella quarta epoca postatlantica, nelle quali, tra altri simboli, si insegnava alla gente, in tre stadi, “il segno, il gesto, la parola”, hanno continuato a svilupparsi. Ma negli ultimi secoli, le anime che si legano a queste confraternite sono diventate molto diverse da quelle che erano una volta. Si è continuato ad insegnare – per rimanere alle cose le più elementari – il segno, il gesto, la parola – ma le persone non potevano più collegare nulla a questi tre termini, perché non potevano più rappresentarsi, nel corpo eterico, gli elementi corrispondenti, conformi all’anima umana. È diventato quindi qualcosa di esteriore. Nella quarta epoca postatlantica, l’uomo aveva sviluppato principalmente l’anima senziente o razionale. In quel periodo l’anima cosciente iniziava ad aver più presa su di lui, ossia era sempre più costretto a fare appello al ragionamento legato al cervello fisico. La “sensitività” del corpo eterico, come si potrebbe chiamare, era a poco a poco scomparsa. E cosa appare adesso? Vi prego di essere particolarmente attenti a quanto segue.

Le confraternite occulte comunque continuano ad esistere durante la quinta epoca postatlantica. Nuove confraternite vengono fondate oppure si prosegue con quelle antiche, e vi si accolgono uomini ai quali si fanno conoscere i simboli in questione. Queste persone imparano certi segni mettendo il loro corpo in una posizione ben precisa, che rappresenta un segno. Imparano certi gesti, ad esempio dando una stretta di mano diversa da quelle che si danno solitamente. Imparano a pronunciare certe parole che provocano un movimento ben particolare nel loro corpo eterico, e altre cose del genere. Mi accontenterò di segnalare soltanto qualche elemento. Così dunque, dal quindicesimo al sedicesimo secolo, della gente impara il segno, il gesto e la parola. Ordunque queste persone sono adesso costituite in modo tale che la loro anima cosciente entra in azione. Ma il segno, il gesto e la parola non vi penetrano, perché per l’anima cosciente questo rimane qualcosa di esteriore, un semplice segno esteriore. Eppure non credete che cose come il segno, il gesto e la parola, quando vengono comunicate all’uomo, non agiscano sul suo corpo eterico! Agiscono! Ricevendo il segno il gesto e la parola, l’uomo prende in sé ciò che una volta era legato a loro. Viene quindi insegnato a un certo numero di persone il segno, il gesto e la parola, introducendo in questo modo nel loro subconscio qualcosa di cui non hanno coscienza. È ovvio che bisognerebbe assolutamente evitare di fare questo, e, al contrario, andare avanti sul cammino che è quello dell’evoluzione dell’uomo. Ora, questo cammino moderno implica che si rivolga all’intendimento dell’uomo e che gli si dia in primo luogo ciò che può comprendere, e ciò che può imparare comprendendolo. Ed è precisamente questo il contenuto della scienza dello spirito. Questo contenuto, bisogna per prima cosa comprenderlo ed avvicinarsene progressivamente. In un primo momento ci si lega in un modo o nell’altro al movimento della scienza dello spirito, ed è soltanto dopo un certo tempo che si è portati a ricevere il segno, il gesto e la parola. Perché soltanto allora si è preparati a ritrovare qualcosa di conosciuto, qualcosa che abbiamo capito già da prima. Ma generalmente le confraternite occulte non procedono in questo modo. Li, vi si ricevono le persone nel primo grado senza che abbiano capito alcunché della scienza dello spirito o dell’occultismo. Le si trasmettono allora il segno il gesto e la parola, e altri simboli ancora, e siccome non sanno niente del mondo spirituale, si agisce così sul loro subconscio, ci si rivolge a quello che, in loro, non ha nessun legame con la coscienza.

Quali sono le conseguenze? Risulta evidente che in questo modo si può, se si vuole, fare di queste persone docili strumenti per ogni sorta di piani. Perché se trafficate il corpo eterico di qualcuno alla sua insaputa, e se non date al pensiero ciò che la scienza dello spirito deve essere oggi, annientate le forze che altrimenti questa persona avrebbe nel suo pensiero. Le mettete fuori uso e trasformate queste confraternite in strumenti per quelli che vogliono realizzare i loro piani. Potete in questo modo utilizzarle per realizzare certi scopi politici e nello stesso tempo instaurare il dogma che Alcione (3) è il portatore esteriore del Cristo Gesù. Quelli che saranno stati così preparati diventeranno gli strumenti adeguati per divulgare questo nel mondo. Si tratta in seguito di essere ben falsi e ben disonesti, e si può realizzare allora ogni sorta di disegni forgiando prima gli strumenti appropriati.

Quando si sa cosa distingue il quinto periodo postatlantico dal quarto – e da parte nostra, non smettiamo di insistere su questo – , sappiamo perché è necessario essere a conoscenza della scienza dello spirito prima di poter essere introdotti nel simbolismo. Tutto ciò proviene da una vera conoscenza. E quando, in un movimento di scienza dello spirito, si vuole lavorare onestamente, è ovviamente questa via che si segue. Perché chiunque avesse soltanto preso conoscenza di quello che si trova ad esempio nella mia Teosofia o nella mia Scienza occulta, sforzandosi di capirlo bene, non potrà mai subire neanche il minimo danno per quanto gli venisse comunicato un qualsiasi simbolo.

Possiamo vedere che, in larghissima misura, i paesi anglosassoni introducono il simbolismo senza che sia preceduto da un insegnamento che lo spiegherebbe in un modo o nell’altro. Spiegare non vuol dire semplicemente: tale simbolo significa questo, tale simbolo significa quest’altro, perché in questo modo si può fare credere qualsiasi cosa! Bisognerebbe spiegare le cose svelando, a partire dal decorso degli eventi, i misteri dell’evoluzione della terra e dell’umanità in modo tale che il simbolo ne derivi. Ebbene questo non viene fatto. I simboli vengono semplicemente proposti tali quali. Si va anche oltre  in questo senso, con il fatto che la letteratura occulta stessa non procede come lo fa, ad esempio, la nostra scienza dello spirito, ma che invece, anche lì, tutto viene dato in maniera simbolica.

Sotto tanti aspetti, per quanto riguarda questa letteratura occulta, i danni più spaventosi sono stati causati in Francia da Eliphas Levi (4). Il suo dogma dell’alta magia, oppure la sua chiave dei grandi misteri, che contengono grandi verità mescolate ad errori molto pericolosi, sono concepiti in modo tale che niente può essere afferrato per mezzo della comprensione, come è invece il caso nella nostra scienza dello spirito. Bisogna accettare tutto in maniera simbolica. Leggete Eliphas Levi! Ma si, adesso potete farlo senza pericolo, perché siete abbastanza preparati. Leggete Il dogma dell’alta magia, e vedrete allora che si tratta di un tutt’altro utilizzo del simbolismo. Ed è certo, cari amici, che quando si insegna alla gente soltanto dei simboli, come Eliphas Levi nel suo Dogma dell’alta magia la si mette, per così dire, sotto il proprio controllo per farne ciò che si vuole, tutto ciò per cui la vogliamo utilizzare.

Dopo Eliphas Levi, le cose si guastano maggiormente con Gerard Encausse (5) detto Papus, che ebbe un’influenza terribilmente disastrosa alla corte di San Pietroburgo dove tornò per decenni per svolgervi il suo ruolo politico dei più funesti. Troviamo in Papus, – come egli si nomina – sotto una forma estremamente pericolosa, certi segreti occulti che sono consegnati all’umanità in modo tale che le persone che lasciano Papus agire su di loro, appena superati i primi elementi di quel insegnamento, si attaccano a quello che le viene dato con un fanatismo incrollabile. Per quanto paradossale possa sembrare, non si tratta di confutare Papus, perché il peggio è che ci sono in lui molte cose che sono giuste. Ma il modo in cui le cose vengono date è terribilmente pericoloso. Lasciare cadere goccia a goccia nell’anima delle persone deboli ciò che trovano nelle opere di Papus, significa prepararle, addormentando totalmente il loro intendimento, a essere utilizzati per far di loro tutto quello che si vorrà. E questo tipo di persone ha oggi una certa influenza. Colui che percorre un po’ il mondo avendo occasione di conoscere queste cose sa che Papus ha ovunque una grande influenza! Ho potuto scorgere questa influenza in tutta la Boemia e l’Austria. In Germania è minore, ma è comunque esistita in una certa misura. Ma è soprattutto in Russia che l’impatto di Papus è enorme. Bisogna aggiungere che se l’impatto di questo tipo di cose è così forte, è perché c’è in tutto ciò una buona dose di disonestà.

L’insegnamento di Jakob Böhme (6), di cui abbiamo spesso parlato, è stato introdotto in Francia nel diciottesimo secolo da colui che viene chiamato “Il filosofo sconosciuto”, Louis Claude de Saint Martin (7). È stato allora tradotto in un linguaggio pieno di “charme”, in modo tale che, quando i testi di Saint Martin sono stati ritradotti in tedesco, la gente lo ha trovato molto più leggibile che le opere originali di Jakob Böhme che sono, come sappiamo, molto difficili da leggere!

Questa traduzione del “filosofo sconosciuto” ancora mi fa venire in mente un bel ricordo. Il suo libro Degli errori e della verità, è stato tradotto molto bene in tedesco da un amabile poeta abbastanza conosciuto. E tutto ciò riveste per me un certo interesse, nella misura in cui sarà presto pubblicato un piccolo opuscolo intitolato Il compito della scienza dello spirito e il suo edificio a Dornach (8) , nel quale mi sforzo di confutare brevemente, e in modo molto comprensibile, certi errori molto diffusi a proposito della scienza dello spirito. Questo testo riprenderà una conferenza che ho tenuto in svizzera, perché lì, proprio a Dornach, un pastore protestante particolarmente intelligente aveva diffuso ogni sorta di cose contro il nostro movimento. In realtà, non volevo rispondere soltanto a questo pastore, ma ciò che aveva formulato era tipico. Della gente diffondeva un sacco di rumori e avevo allora l’occasione, senza mirare a questo pastore in particolare, di confutare questi errori a proposito della nostra scienza dello spirito, e in particolare dell’edificio di Dornach. Durante uno dei suoi discorsi, il pastore in questione citò un poema di Matthias Claudius. Ne lesse una strofa con un pathos spinto, al fine di mostrare che la scienza occulta non ha finalmente alcun senso, visto che nemmeno la luna la si può comprendere. Però gli sarebbe bastato leggere la strofa seguente dello stesso poema per mostrare che affermava esattamente il contrario di ciò che il pastore voleva far dire al poeta. E il più interessante di tutto ciò è che Matthias Claudius è proprio il traduttore in tedesco del libro di Louis Claude de Saint Martin, Degli errori e della verità! Vedete cari amici, con quale genere di persone abbiamo a che fare, e come vi presentano delle cosiddette “buone ragioni”, ma vediamo quello che sono in realtà queste ragioni! Potremmo sviluppare più dettagliatamente questo capitolo. Ma è veramente deplorevole perdere tempo in questo modo, per smentire quelli che si oppongono in questo modo.

Ma possiamo anche incontrare cose ancora ben più curiose. Ad esempio quello che mi è accaduto dopo il nostro ultimo incontro, e di cui non vi vorrei tenere allo scuro, tant’è interessante. Sapete tutti – vi alludevo ancora l’ultima volta – che non ho potuto, né dovuto, semplicemente per rispetto della verità, sottoscrivere a quello che Mrs. Besant, la presidente della Theosophical Society – Società teosofica – fece con la sua gente, di cui una buona parte erano stati preparati secondo i metodi di cui vi ho parlato. Non potevo aderire a questo. Nel nome della verità, dovetti dichiararmi contro questo concetto aberrante del Cristo nella persona del giovane Alcyone, e a maggior ragione quando vidi che anche la gente colta cascava nel tranello del piccolo libro – credo sia intitolato Ai piedi del maestro – di cui Alcyone sarebbe il presunto autore e che viene presentato come uno dei grandi eventi della nostra epoca. Ma lo si intuiva bene, in questi ambiti, che avevo l’intenzione d’intraprendere qualcosa al servizio della verità. Lo si sentiva ma si diceva: “La verità, d’accordo, ma questa verità è veramente tale che si debba opporsi a Mrs. Besant con il pretesto che ci racconta fandonie”? E vedete, ho anche trovato in un opuscolo scritto da uno dei nostri membri, E. Von Gumppenberg (9). che uscirà tra non molto, un giudizio che riguarda me. La Signora Von Gumppenberg allude “a un’ opinione che fu formulata un giorno da una inglese a proposito del Dott. Steiner: questo bravo Steiner è un filosofo, ed è sicuramente per questo che è così puntiglioso sulla verità. Cosa importa alla fine che la Sig.ra Besant racconti fesserie! Non lo facciamo tutti? In ogni modo non è possibile fare altrimenti. Come potremmo vivere sempre nella totale verità? Non possiamo essere soltanto dei filosofi. Lasciamo quindi la gente raccontare quello che le pare! Cercando di opporsi, non facciamo altro che farci il sangue cattivo”.

Cari amici! Non posso fare a meno di pensare che un bandito sia più onesto della gente che ha una tale opinione della verità. Lo penso sinceramente, anche se la persona in questione veste begli abiti di seta, come sia molto probabile nel caso di questa signora! Tutto ciò ci mostra quanto sia pericoloso oggi non prendere sul serio la verità, soprattutto quando si tratta di cose che sfuggono alla nostra percezione sensibile immediata.

Vi ho detto che la propagazione della corrente spirituale fondata da Encausse, Alias Papus, poggia anche esso su una impostura. Queste persone si fanno chiamare dei “martinisti”. Bisogna assolutamente proteggere l’onesto “filosofo sconosciuto”, che era un vero ricercatore della verità, e con lui tutto ciò che si sforzò di fare per servire il diciottesimo secolo, contro l’utilizzo abusivo del suo nome da parte dei partigiani attuali di Papus.

È importante sapere che ogni confraternita occulta si edifica sulla base di tre gradi. Al primo grado, quando il simbolismo viene utilizzato correttamente – e intendo qui, ovviamente, a quanto ho accennato e che corrisponde alla nostra quinta epoca postatlantica –, le anime arrivano al punto in cui possono avere una chiara esperienza interiore grazie al fatto che esiste una conoscenza indipendente dal sapere fisico sensibile ordinario. Oggi, nel cuore della quinta epoca postatlantica, colui che sta in questo primo grado dovrebbe conoscere quello che si trova, all’incirca, nella mia Scienza occulta. Colui che raggiunge il secondo grado dovrebbe conoscere – ossia conoscere in modo tale che viva in lui – ciò che si trova nel libro Iniziazione, come si conseguono conoscenze dei mondi spirituali, e colui che raggiunge il terzo grado e riceve gli importanti simboli corrispondenti, il segno, il gesto e la parola, costui dovrebbe sapere ciò che significa vivere fuori dal proprio corpo. Ecco la regola che bisognerebbe raggiungere.

Ebbene, fino all’ottavo, nono secolo, questi tre gradi sono effettivamente stati raggiunti in certe regioni d’Europa. In Irlanda, ad esempio, fino all’ottavo, nono, decimo secolo, un gran numero di personalità raggiunse i gradi che vi ho appena descritto (10). Fu il caso anche in altre regioni d’Europa, ma lì, queste personalità furono meno numerose. Però si ha sempre eluso qualcosa, semplicemente per incapacità: non si è lavorato ad una vera scienza dello spirito. Per tante ragioni, soltanto adessouna tale scienza dello spirito può esserci proposta. Ma ci sono sempre state delle confraternite occulte che lavorano soltanto a partire dai simboli. Queste cose assumono un significato particolare quando si lavora a partire da simboli in un popolo che non ha ancora raggiunto la sua piena maturità. Ecco perché ci sono state tante difficoltà in Russia quando, sotto il regno di Caterina la Grande, e in seguito sotto quello del suo successore Paolo, l’influenza di Voltaire essendo fortemente diminuita, si tentò di trapiantavi certe confraternite segrete dall’occidente alla Russia. Questi tentativi furono molto numerosi, e quello che è successo lì sotto l’influenza di tutte queste confraternite occulte venute da occidente ha avuto molto più importanza di quello che possiamo immaginare su tutto lo sviluppo della Russia. Beninteso, questa influenza assume forme diverse a seconda dei diversi ambiti: la si ritrova nei romanzi così come nella politica. Ma i canali esistono sempre, e questa azione prende sempre più importanza per l’evoluzione a venire. Possiamo dire che tutto ciò che, fino a Tolstoi, ha assunto un ruolo nella vita culturale della Russia ci richiama, in un modo o nell’altro, a ciò che è accaduto nell’epoca della quale vi ho parlato, quando certe confraternite occulte sono state trapiantate dall’Europa in Russia.

Ho accennato a una certa infrastruttura in tre gradi. È un fatto. Ma esistono anche delle persone che pervengono a dei gradi superiori, quello che chiamiamo gli alti gradi. Ovviamente, siamo allora in un ambito dove si annida una dose formidabile di vanità; esistono infatti delle confraternite dove si può conferire fino a novanta gradi e ancora di più. Immaginate ciò che significa raggiungere un grado così elevato in un ordine! Se il sistema degli ordini scozzesi, che si edifica peraltro su una base di tre gradi così come vi li ho descritti, ne comporta trentatré, è semplicemente dovuto ad un errore. Abbiamo per prima cosa i tre gradi che, come lo vedete, hanno un senso profondo. Ma di seguito ce ne sono ancora altri trenta. Se già con il terzo grado si è sviluppata la facoltà di sentire sé stessi fuori dal proprio corpo, potete immaginare quale grandioso essere dobbiamo diventare quando ci si è levati di trenta gradi supplementari! Ebbene tutto ciò si fonda in realtà su un grottesco errore di conoscenza. Nelle scienze occulte, si leggono i numeri in modo diverso che nel sistema decimale. Quando si scrive 33 gradi ciò significa in realtà, nel sistema di numerazione che conviene: 3 volte 3 = 9. Questo problema di numerazione assume un ruolo importante per Blavatsky. Nella sua Dottrina segreta troverete un lungo dibattito a proposito del numero 777. La gente ha elaborato ogni sorta di ipotesi su quello che poteva mai rappresentare questo numero. In realtà si tratta di 7x7x7, ossia 343. In occultismo, si scrive un numero in modo tale che si debba moltiplicare tra loro le cifra. Se vogliamo ottenere il numero reale, conviene quindi dire: 7×7=49 e 49×7=343. E nello stesso modo, 33= 3×3=9. È perché la gente non sa leggere che capisce 33 invece di 9.

Ma dimentichiamo tutta questa vanità. È vero che esistono 6 gradi oltre i primi tre. E quando vengono superati, ne risulta già qualcosa di molto significativo. Ma alla nostra epoca è del tutto impossibile pervenirci. Non possiamo raggiungere questi gradi perché l’umanità non è abbastanza progredita, in questa quinta epoca postatlantica, per essere in grado di attraversare le prove corrispondenti. Non in materia di conoscenza, ma bensì di messa in pratica delle conoscenze, ancora ben poche cose hanno potuto essere tratte dai mondi spirituali. Questo avverrà soltanto a poco a poco. Considerate che siamo nella quinta epoca postatlantica soltanto dall’anno 1413, e che dovrà durarem circa 2160 anni. Terminerà quindi soltanto nel 3573, e siamo soltanto all’inizio. Succederanno tante, tante cose durante questo periodo. In particolare si vedrà sviluppare la scienza dello spirito con tutte le sue conseguenze. Ma tutto questo può essere rivelato soltanto a poco a poco. Sicuramente possiamo già tracciarne le grandi linee, e riportare numerosi dettagli. Ma tanti tanti elementi saranno manifesti soltanto dopo essersi fortificati confrontandosi a delle resistenze. E queste resistenze andranno sempre crescendo.

Viviamo oggi in un’epoca ancora relativamente idealista e spirituale, in confronto a ciò che deve venire. Potete dedurlo da quello che vi ho già esposto e che andrò a completare. Viviamo alla fine del secondo millennio dopo Cristo. Ora, non bisognerà aspettare molto dopo l’anno 2000 perché l’umanità abbia da vivere cose molto strane, che si preparano ancora lentamente. Le due correnti che corrono, in qualche modo, incontro all’evoluzione futura si preparano a partire dall’est e dall’ovest. Nelle regioni orientali si vedranno sempre più svilupparsi un tutt’altro modo di pensare a proposito degli uomini. Questo non avrà origine dalla cerchia degli attuali dirigenti che conducono i popoli  dell’Europa dell’est contro ogni logica, ma da questi popoli stessi. In un tempo non tanto lontano, si verrà a considerare l’uomo in sviluppo del tutto altrimenti di come tendiamo a farlo oggi. Quando un bambino nascerà, ci chiederemo: cosa potrà mai venire fuori da questo bambino? Si avrà coscienza di aver a che fare con un essere spirituale nascosto che si sviluppa a poco a poco, e cercheremo di decifrare questo enigma. Si farà della crescita di un bambino una sorta di culto. Questo si prepara a est e si diffonderà ovviamente in Europa. La conseguenza è che si svilupperà un interesse formidabile per tutto ciò che chiamiamo la genialità; saremo in cerca di genialità! È chiaro che se le cose vanno in quel senso le vecchie barbe pedagogiche che danno il tono oggi dovranno essere sparite nel frattempo, vero? Ecco ciò che si prepara da questo lato. Ma questo riguarda soltanto una parte infima dell’umanità.

La maggior parte dell’umanità sarà sotto l’influenza dell’ovest, dell’America, e si tratterà allora di tutt’altra evoluzione. Le premesse idealiste che possiamo percepire già oggi sono ben simpatiche in confronto a ciò che sta arrivando. I tempi presenti sono in realtà una vera felicità in confronto a quello che avverrà quando l’ovest raggiungerà l’apice del suo sviluppo. Non bisognerà aspettare molto oltre il 2000 per vedere apparire, venendo dall’America, una sorta di interdizione di pensare, non diretta, ma indiretta; una legge che avrà come scopo di reprimere ogni pensiero individuale. Ne vediamo già un abbozzo in quello che fa la medicina materialista: l’anima non ha più il diritto d’intervenire perché si tratta l’essere umano come una macchina, basandosi soltanto sulla sperimentazione esteriore.

Non fraintendetemi su quello che ho appena detto, cari amici, perché commettiamo tanti errori in questo ambito, soprattutto da parte dei così detti “spiritualisti”. Ad esempio, incontro persone che mi vengono a dire: ho provato di tutto con i medici, ma non sono ancora guarito. Allora alla fine sono andato a trovare qualcuno che mi ha guarito spiritualmente. – Ebbene, che vi ha fatto? – mi ha detto che il mio corpo era abitato da spiriti maligni e che dovevo prima di tutto pregarli di uscirne. – Ho allora chiesto a queste persone, visto che era per questo che erano venute a trovarmi; – E questo vi ha aiutato? – No, va peggio, va anche molto peggio. – Riflettete un po’ dissi loro, in quale situazione vi siete messi. Non state a credere che quell’uomo vi abbia raccontato storie. Aveva del tutto ragione a dire che degli esseri spirituali abitavano il vostro corpo e che sono loro ad avervi messo in cattivo stato. Ma è proprio perché quello che vi ha detto è giusto, e che dovevate saperlo, che quell’uomo vi ha fatto tanto male. Riflettete un po’: un apprendista calzolaio maldestro rovina una macchina. Per colpa sua, la macchina non funziona più. Questo è la causa reale. E adesso, come faccio a fare ripartire la macchina? Se applicassi il metodo del vostro medico spirituale, dovrei convocare il maldestro, dargli una bella strigliatina, e dirmi che quando sarà andato via le cose torneranno di nuovo a posto. Ve lo ha detto: appena gli spiriti maligni se ne saranno andati, la vostra macchina sarà di nuovo in ordine. Però, il fatto che l’apprendista sia andato via non ha per nulla riparato la macchina! Bisogna adesso ripararla grazie a tutt’altri mezzi, che siano in rapporto con la meccanica. E la stessa cosa per voi. Che cacciate o meno gli spiriti maligni non ha finalmente più importanza per la vostra guarigione quanto se striglio il mio apprendista perché scappi oppure se lo lascio guardare. Perché potrei anche lasciarlo guardare; questo non mi impedirebbe di rimettere la macchina in funzione.

Se pecchiamo così tanto oggi, è perché non sappiamo più pensare. Ci accontentiamo di dire: È vero, è falso… Pero ciò che importa, è di capire veramente le cose. Bisogna sapere che c’è dello spirito in ogni materia, e che possiamo guarire la materia soltanto grazie alla conoscenza dello spirito. Ma lo spirito, vogliamo che sia ovunque eliminato! E siamo soltanto all’inizio.

Un altro inizio: già oggi abbiamo delle macchine per addizionare, sottrarre… È molto comodo, perché non abbiamo più bisogno di calcolare. Tra poco, si farà così con tutto. Tra qualche tempo, un secolo o due, tutto sarà finito. Niente più bisogno di pensare, niente più bisogno di riflettere; si premerà un pulsante. Oggi ad esempio, si vede scritto: “330 balle di cotone Liverpool” n. Questo faceva ancora pensare un po’ no? Ma tra non molto si premerà semplicemente un pulsante e l’affare sarà fatto. E in modo che la struttura sociale conservi la sua solidità, si faranno delle leggi nelle quali non sarà scritto esplicitamente: è proibito pensare, ma che avranno per effetto di mettere fuori uso ogni pensare individuale. Questa è l’altra corrente verso la quale stiamo correndo. Vedete che la nostra vita attuale, in confronto, non è poi così spiacevole. Se non varchiamo certi limiti, abbiamo ancora il diritto di pensare. Beninteso, non bisogna oltrepassare questi limiti, ma se restiamo dentro, si può ancora pensare. Tutto ciò fa parte dell’evoluzione dell’ovest, e questo si avvererà.

In tutta questa evoluzione anche la scienza dello spirito deve trovare il suo posto. Deve vedere chiaramente ed obiettivamente la situazione. Deve sapere che ciò che oggi ci sembra paradossale succederà lo stesso un giorno, verso l’anno 2200 e negli anni successivi. Assisteremo ad un’oppressione generalizzata di tutto il pensare nel mondo. Ed è in questa prospettiva che dobbiamo lavorare grazie alla scienza dello spirito. Il contributo delle scoperte deve essere tale – e lo sarà – che un contrappeso sufficiente possa essere introdotto nell’evoluzione del mondo.

Siamo soltanto all’inizio, e andrà sempre più intensificandosi. Certo, possiamo oggi lavorare per raggiungere i sei gradi più elevati, ma soltanto fino ad un certo punto. Possiamo anche, al posto di questo, divertirci con un gioco del tutto diverso. Possiamo divertirci a fare passare delle persone attraverso i tre primi gradi in modo del tutto simbolico. Esistono infatti delle confraternite nelle quali non si dà agli addetti nient’altro che simboli. E la gente ne va molto fiera! Vengono accolti nel primo grado, poi spediti nel secondo, poi nel terzo, e imparano in realtà soltanto la simbolica, senza assimilare nulla di una scienza dello spirito. E spesso, quando viene chiesto loro se sono contenti d’imparare questi rituali, questi gesti, questi segni, e di assistere a questi atti simbolici che vengono mostrati loro nel tempio, molti di questi rispondono: Oh sì, siamo contenti, perché non c’è bisogno di pensare mentre tutto ciò succede, e ognuno può interpretare le cose come vuole! Ma il corpo astrale provoca un vero sapere nel corpo eterico, e si fabbricano in questo modo persone che hanno nel corpo eterico un enorme sapere. E se oggi passate in rassegna gli “zii”(11) massoni i più ottusi – scusate l’espressione, ma ogni tanto bisogna adoperare parole che colpiscono un po’ – vedrete che possiedono nel corpo eterico un incredibile sapere – non nel loro corpo fisico, perché non è un sapere cosciente, ma nel loro corpo eterico – , in particolare quando sono stati elevati fino al terzo grado. Possiedono un enorme sapere inconscio. E questo sapere, che è stato comunicato loro attraverso simboli, può essere utilizzato in modo onesto o in modo disonesto. Le diverse società occulte si concentrano di fatto attorno a 2 poli. L’uno riveste un carattere cristiano profano, l’altro un carattere cristiano ecclesiastico. Mentre i massoni fanno parte di confraternite simboliche a carattere cristiano profano, i gesuiti per conto loro hanno un carattere cristiano ecclesiastico. In effetti, anche il gesuita passa attraverso tre gradi, e gli si inculca un’intera simbologia grazie alla quale impara a dare una terribilemefficacia alle sue parole. Ecco perché i predicatori gesuiti sono così efficaci; sanno come costruire un discorso che possa agire sulle masse ignoranti, procedendo con intensificazioni successive. Le orecchie colte trovano questo piuttosto triviale, ma è terribilmente efficace. Un giorno, ad esempio, ho voluto vedere gli effetti, sul piano occulto, della predica di un gesuita. Tanti anni fa, andai ad ascoltare il padre Klinkowström, uno degli predicatori gesuiti più attivi, che voleva convincere i suoi fedeli – una folla di gente totalmente ignorante, ovviamente – della necessità della confessione pasquale. Ecco pressappoco come fece. Voleva dimostrare a queste persone, non perché lo comprendessero, ma in modo che lo ricordassero bene, perché sapessero che era una necessità, che il papa non aveva istituito la confessione pasquale in modo arbitrario, ma che essa proveniva da potenze divine superiori. Disse allora:

Miei cari cristiani! Immaginatevi di vedere un cannone. Vicino al cannone, il cannoniere che tiene la miccia e gli uomini che sono sotto il suo comando. Bisogna sparare. Rappresentatevi la scena, cari cristiani! Cosa succede quando bisogna sparare? Il cannoniere, impaziente, si tiene vicino al cannone. Aspetta un ordine: Fuoco! È ciò che vive nella sua anima. Sta per succedere, lo sa. Fuoco! Spara. Il cannone tuona. Rappresentatevi bene questo. Ditevi che il cannone è l’insieme dei riti che riguardano la confessione pasquale. Una volta le leggi, i comandamenti riguardanti la confessione di Pasqua non erano stati dati agli uomini. Ma il cannone, lui, c’era! Bisognava sparare. Il Papa era lì: era il cannoniere con la miccia. L’ordine è venuto dal cielo, cari cristiani: Fuoco! Il Papa lo ha sentito. Ha avvicinato la miccia! Il colpo è partito! E la confessione pasquale è arrivata! Non è che possiamo confrontare questo cannone con l’apparizione della legge sulla confessione pasquale? E ci sono deimiscredenti! Ci sono dei miscredenti, cari cristiani, che pretendono che il Papa avrebbe inventato la confessione pasquale! Ma pensate al cannone. Al comando: Fuoco! Tuona. Direste che il cannoniere che, al comando: Fuoco! accende la miccia, ha inventato la polvere da sparo? Ebbene, non potete nemmeno dire che il Papa ha inventato la confessione pasquale. Il Papa non ha inventato la confessione pasquale cosi come il cannoniere non ha inventato la polvere da sparo!

Tutta la gente era convinta. La chiesa intera era convinta. Il modo di utilizzare le immagini è estremamente abile. Anche questa gente supera, a modo suo, i tre gradi. All’interno di questo tipo di confraternite esiste, là ancora, ogni tipo di sfumatura; così come, d’altra parte, non tutte le confraternite sono per forza massoniche. Qui, in Germania, troviamo ad esempio gli “illuminati” e tanti altri dello stesso genere.

Ma da una parte come dall’altra, esistono ancora tre gradi al di sopra dei tre primi. Quelli chedetengono questi gradi superiori, quelli che sono titolari dei gradi particolarmente elevati, fanno parte di certe confraternite – non di tutte ovviamente, ma soltanto di alcune – e costituiscono una sorta di società. È del tutto possibile, ad esempio, che il superiore di una comunità di gesuiti faccia parte di una tale società. Beninteso, i gesuiti combattono furiosamente le comunità massoniche, così come lo fanno i massoni che combattono furiosamente le comunità gesuite. Ma gli alti dignitari dei massoni e gli alti dignitari dei gesuiti appartengono ai gradi superiori di una certa confraternita che forma uno stato nello stato e ingloba tutte le altre. Immaginate dunque tutto quello che si può realizzare nel mondo quando si è, ad esempio, l’alto dignitario di una confraternita massonica che viene utilizzata come uno strumento e che ci si può accordare con l’alto dignitario di una comunità di gesuiti per intraprendere un’azione che si può realizzare soltanto a condizione di aver un tale sistema a disposizione: da una parte si mandano tutti i massoni i quali, attraverso tante vie, si impegnano nell’azione con una incredibile energia. Perché bisogna difendere a spada tratta ciò che va intrapreso. Ma liberare il toro soltanto da una parte non serve a granché. Bisogna fare in modo che la cosa sia combattuta dall’altra parte con lo stesso fuoco, lo stesso entusiasmo. Immaginate ciò che si può provocare con un tale sistema a disposizione! Con una notevole efficacia, ad esempio, si è potuto fare agire i gesuiti e i massoni senza che, né da una parte né dall’altra se ne sapesse qualcosa. Questo è successo in un paese del nord ovest dell’Europa, situato da qualche parte tra la Olanda e la Francia… e questa azione ha avuto degli effetti particolarmente potenti – non soltanto negli ultimi tempi, ma durante un lungo periodo – effetti che si servivano da entrambe le correnti e che hanno permesso di compiere tante cose.

L’ora è passata. Tra otto giorni, miei cari amici, vi introdurrò in ambiti ancora più concreti. Oggi ho esaminato piuttosto gli aspetti astratti del nostro argomento. Ma bisognava aver la visione di tutto l’edificio, perché soltanto in questo modo potremo comprendere quello che, nel mondo esteriore, può agire in questo modo in questo ambito.

 

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https://www.liberaconoscenza.it/rudolfsteiner/rudolfsteiner-inediti.html

1 Traduzione di Muriel Noury della oo 167 Fatti presenti e passati nello spirito umano dalla versione francese La liberté de penser et les mensonges de notre époque (La libertà di pensare e le menzogne della nostra epoca) Ed. Triades – giugno 2000 dall’opera tedesca Gegenwärtiges und Vergangenes im Menschengeiste – 2° edition, 1962, Rudolf Steiner Verlag,

2 – Maestro Bertram (circa 1345-1415). Quadro della pala d’altare di Grabow, 1379, Amburgo, Kunsthalle. Qui sopra un particolare.

3 Con l’aiuto dell’ordine della Stella d’oriente, fondata con questo scopo, Annie Besant e i suoi propugnarono che J. Krishnamurti, sotto il nome d’Alcyone, era il Cristo incarnato

4 – Pseudonimo dell’abate Alphonse Louis Constant (1810-1865), autore di Dogme et rituel de la haute magie (1854-56), Editions Niclaus Bussière, Paris, 1967; La clef des grands mystères (1861), G. Trédaniel, Paris, 1991. Il dogma dell’alta magia, Ed. Atanor.

5 – Scrisse, con il pseudonimo di Papus, tra l’altro: Traité méthodique de Science occulte Paris 1891; In italiano: Iniziazione alle scienze occulte. Traité élémentaire de magie pratique Paris, 1893. In italiano corso di magia pratica 1989.

6 – Jacob Böhme (1575-1624): vedere Rudolf Steiner, O.O. 59 Che cos’è la mistica? – 10 febbraio 1910

7Des erreurs et de la vérité ou les hommes rappelés au principe universel de la science par un Philosophe inconnu (1775) Ed. Le Lis. 1979. In italiano: Degli errori e della verità, ovvero gli uomini richiamati al principio universale della scienza. 2009

8 – O.O. 35  Filosofia e antroposofia. Raccolta di articoli dal 1904 al 1929

9 – E. Von Gumppenberg, Was ist und was bewirkt geisteswissenschaftliche Schulung? Leipzig, 1916

10 – Altrove Rudolf Steiner indica Scoto Eriugena sotto questo aspetto.

11 – “Zio” in francese oncle… è il termine utilizzato da un lupetto (figlio di massone), per designare un altro massone. L’inverso è “nipote”. (Daniel Ligou, Dictionnaire de la franc-maçonnerie, 1991, pag. 871)

 

JACOB BÖHME: IL CALZOLAIO DI GORLITZ (di F. Giovi)

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E’ un nome che ricorre in conferenze del Dottore, nelle panoramiche dei mistici tedeschi, in trattati di alchimia, in genere nei testi volti all’esoterismo occidentale ma anche in libri editi da case editrici di espressione vaticana; parrebbe buono per tutti: ognuno prende un pezzo del suo mantello. Molto notevole per un calzolaio vissuto a cavallo tra il XVI e XVII secolo.

Voglio tratteggiare qualcosa della sua figura.

Jacob nacque nel 1575 ad Alt-Seidenberg, villaggio nell’Oberlausitz, da contadini benestanti. L’educazione fu severamente religiosa e relativamente limitata.

Probabilmente poco atto a proseguire nel lavoro paterno, fisicamente impegnativo, a 14 anni fu mandato a bottega come apprendista da un calzolaio della sua città, rinomata per questo lavoro anche nei secoli successivi.

Ma (pare per il disgusto provocato dalle sconcezze e dalle bestemmie che riempivano la bottega) ben presto se ne andò, vagabondando per la Germania – aveva probabilmente 18 o 19 anni – sperimentando l’odio dilagante tra chiese e sette cristiane. E’ possibile che la continua visione di queste liti lo indussero ad una ricerca spirituale maggiormente volta all’interiore.

L’Occultismo racconta però una storia interessante: Un giorno, solo nella bottega entra uno sconosciuto e chiede un paio di scarpe. Il giovane gliene propone uno ad un prezzo più elevato del suo valore. Lo sconosciuto paga senza esitare ed esce. Poi, giunto nel mezzo della strada grida: Jacob! Vieni qui!” L’apprendista, sebbene spaventato che un estraneo conoscesse il suo nome, ubbidisce all’ingiunzione. Lo sconosciuto, presa la sua mano destra e fissandolo con occhi penetranti, gli dice con tono grave e pacato: ”Jacob, tu sei umile ma diverrai grande; diverrai un uomo diverso e stupirai i cuori degli uomini. Sii dunque pio, onora la parola di Dio, leggi sempre la Scrittura; vi troverai conforto e istruzione, poiché occorrerà che tu soffra molto. Ti troverai nel dolore e sarai perseguitato. Ma rimani costante, in quanto sei amato da Dio ed egli ti è favorevole”. Ciò detto, lo straniero gli strinse forte la mano e se ne andò. L’impressione rimase fortissima nell’anima del giovane che poco tempo dopo ebbe un’altra esperienza e furono poi il costume austero e la purezza che inquietarono i colleghi fino al licenziamento.

Probabilmente ardente ed inquieto si occupò lungamente della Bibbia, ma studiando poi opere di Paracelso, di Weigel, di Schwenkfeld e di altri alchimisti: opere assai diffuse nella sua epoca. Ciò che leggeva diveniva sempre più spesso occasione per lunghe meditazioni.

Dal 1594 al 1599 visse a Görlitz come garzone-calzolaio senza abbandonare la sua fatica interiore. Nel 1599 fu promosso “maestro calzolaio” e si sposò con una ragazza della città.

Visse la vita famigliare con armonia e affetto, ebbe sei figli. Con i risparmi comperò una bella casa che porta ancora oggi il suo nome e nulla trapelava del suo lavorio interiore, nemmeno con gli amici.

Nel 1600 ebbe una visione estatica, suscitata dalla luce del sole riflessa su un piatto di peltro (lucentezza gioviale) che svegliò il suo “interiore” ad una superiore chiarezza sui misteri delle cose.

Lasciò passare in silenzio altri 10 anni e solo allora, conseguente ad una fortissima illuminazione, scrisse delle sue visioni e concezioni nella sua prima (e forse più importante) opera: Morgenröte im Aufgang (L’Aurora nascente), dove, con abbondanti immagini alchemiche, descrive lo sviluppo interiore dal buio al Risveglio. Copiata a mano e rapidamente diffusa, l’opera cancellò la tranquilla vita esteriore di Böhme.

Iniziarono le persecuzioni. Le autorità cittadine, cedendo alle pressioni del parroco, lo imprigionarono ed il libro fu sottoposto ad esame. Poco dopo l’autore fu rimesso in libertà dietro la promessa di non pubblicare più nulla.

Promessa che il Nostro onorò per 5 anni, infine, sostenuto da amici, ammiratori ed eminenti studiosi, riprese la penna, pubblicando in successione, sino alla morte, una trentina di Opere.

Assorbito in questo lavoro ebbe a lottare per le difficoltà economiche e nel 1624 dovette fuggire dalla rinnovata campagna del parroco: si recò a Dresda dove in precedenza era stato invitato. Le autorità ecclesiastiche di Dresda, esaminate le sue Opere, non trovarono alcuna eresia e devianza dall’insegnamento ufficiale. Ma, poco dopo, deluso di trovare a Dresda un asilo sereno, tornò a Görlitz assai malandato. Morì il 17 novembre 1624 per un “attacco di febbri”, consolato dai cori angelici che riusciva ad udire.

Mentre la luce del piatto lo aveva portato al Centro della natura delle cose, la seconda esperienza fondamentale avvenne nei campi poco lontani dalla porta della Neiss a Görlitz, dove gli fu rivelata la Segnatura degli esseri: allora potè decifrare la Natura Interiore.

Di sfuggita, nel 1620, dimorò per tre mesi da un certo Balthazar Walter che, sembra, gli impartì insegnamenti segreti.

Sappiamo della sua veggenza da un fatto accaduto presso la famiglia von Schweinitz: il cognato di questi lo tormentò per ottenere una profezia: allora Böhme gli svelò tutte le frivolezze e turpitudini della sua vita.

Dopo la sua morte, gli insegnamenti proposti dai suoi libri dilagarono nella Slesia, in Sassonia, in Olanda e in Inghilterra, dove fu fondata la setta dei “Filadelfi”. Un altro gruppo, i “fratelli angelici” curò una magnifica edizione di tutte le sue opere. Alla fine del ‘700 lo studio di Böhme si intensificò: tra i suoi estimatori troviamo Schlegel e Novalis, mentre Schelling e Hegel parlarono di lui con ammirazione.

Mi sembra degno di nota il suo esser stato capace di continuare la sua grande opera spirituale senza abbandonare il proprio ambiente e il suo lavoro di calzolaio: è la dimostrazione di una non comune libertà interiore!

Böhme (la sua visione del mondo) non è particolarmente difficile. Innanzi tutto egli sostiene che la vittoria dell’idea sulla natura già esiste come trionfo ab aeterno di Dio. La maestà divina, come l’acqua di fonte che nel suo getto contiene la tendenza alla caduta, consiste nel contenere alla sua base la potenza delle tenebre.

Dio è il bene, ma non per la sua natura quanto ad un atto di volontà procedente dal suo essere eterno che gestisce la tensione di due opposti principi. Ciò poggia sull’idea, conferendole il dominio sulla natura ed il potere di trasformare l’oscurità in gloria d’eterna luce (e già qui si intende l’ammirazione di Schlegel).

Il male (è un punto cruciale in Böhme) non è assenza di bene ma è il polo che genera tensione necessaria al divenire del mondo: il principio di negazione coopera,sia pure in costante opposizione a Dio.

Vi sono tre mondi: quello divino (luminoso) in cui la natura e completamente sottoposta alla mente;
l’infernale (oscuro) che contrappone all’idea facendo regnare le forze della natura; quello terrestre (esterno) in cui bene e male, negazione e affermazione, caldo e freddo, Dio e Satana sono mescolati nella tensione.

Il concetto di “tensione” è predominante: nulla può nascere senza il contributo del Diavolo che si presta ai piani divini, animato dal desiderio del male e contro la sua volontà.

Da ciò, in Böhme, diviene carattere sia di tragicità, sia di completezza.

Dio è tutto: cielo e inferno, interno ed esterno: è il fondamento (Ungrund o Urgrund) originario di tutto: silenzio eterno non manifesto neppure a sé stesso in cui il male offre la possibilità del contrasto.

Ciò opera anche nell’uomo (microcosmo), essere dei tre mondi, accogliente i principi di tutti tre: però “libero” di realizzare o meno il trionfo del bene: con la rinascita e la redenzione l’uomo nuovo ritorna in Dio (in Cristo) avendo ucciso in sé il “vecchio Adamo”.

La radice di tutti i misteri è l’Ungrund o Urgrund (lett.: non base, fondo originario. In Italia tradotto come “Insondabile”, in Francia con S.Martin come “Abisso”).

Pare che Böhme “vedeva” in esso l’origine dei contrasti, dove la natura si scinde da Dio in 7 qualità contrapposte: essenzialmente sono unità e amore e la separazione e l’ira. Dualità anche presenti nell’uomo come contrasti tra bene e male.

Poi la lettura, al giorno d’oggi si fa difficile per la nostra estraneità all’uso dei termini alchemici (Sale, Zolfo, Mercurio sono, ad esempio i principi pervertiti dei tre mondi; l’iliaster è lo stato paradisiaco pre-naturale ma è, in certi contesti il fiattenebroso: terra di generazione del terzo principio; il salniter può essere divino o terrestre secondo l’origine che è in Dio o nella natura; il magnete è la cupidigia essenziale della natura, ecc.).

Böhme divise la sua attività in periodi distinti: Filosofia, Astrologia, Teologia.

Una delle sue più alte tesi fu che le forze naturali hanno, in ultima analisi, un carattere puramente morale. Il mondo fu creato quale rimedio ad un declino, poi diviene un equilibrio di forze, infine è la testimonianza della vittoria del bene sul male ed è a questo che dobbiamo tendere: “Perciò la parola d’ordine è: LOTTARE; non con la bocca o la spada, ma con lo spirito e con l’animo, senza cedere, seppure l’animo e il corpo si fiaccassero, affinché Dio resti a consolazione del cuore; e seppure taluno credesse che tutto il mondo sia empio, se vorrà diventare un figlio di Dio, cercherà d’esserlo con ferma costanza” (Sex Puncta Theosophica. X, 23).

Credo che il massimo elogio (in memoriam) lo ebbe da un altro grande: il mistico e poeta Angelo Silesio con questa quartina, che, per brevità, traduco in italiano.

Il pesce vive nell’acqua, la pianta sulla terra,
L’uccello vive nell’aria, il sole nel cielo,
La salamandra si mantiene nel fuoco;
Ma l’elemento di Giacomo Böhme è il cuore di Dio.

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CAGLIOSTRO E LA NASCITA DEL RITO EGIZIANO (di F. De Pascale)

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“Il culto interiore della Verità, l’indipendenza dall’<<opinione pubblica>>, dalle propagande, dal <<sentito dire>>, la ricerca della realtà dietro la parvenza, la continua lotta contro lo Spirito della Menzogna, la volontà di conoscere il contenuto non evidente delle situazioni e ciò che si cela dietro le generali calunnie o esaltazioni umane, costituiscono la disciplina della Verità, che libera dal Male: disciplina che viene assunta come un dovere di fondamento da chi segue la via spirituale.

È una simile disciplina che, esigendo il continuo sacrificio delle simpatie e delle antipatie personali, porta l’intimo dell’anima alla relazione vera con gli altri: relazione sostanzialmente possibile grazie a una confidenza di fondo con il Divino, da cui si vede scaturire in ciascun essere la reale forza: la forza della guarigione spirituale.

Si sa di essere a contatto con la forza che può tutto e da cui può fluire la Verità, o la Rivelazione, su tutto”.

Massimo Scaligero

Guarire con il pensiero, pag 179

Edizioni Mediterranee

Roma, 1975

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Animæ sidereæ

meæ dilectæ reginæ cælestis,

in gaudio atque luce,

in æternum fideli corde,

mea cum anima tota,

hoc opus dicavi.

Auctor

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Anteprima 

Cagliostro e la nascita del Rito Egiziano

 

«Ogni luce viene dall’Oriente, ogni iniziazione viene dall’Egitto».

Mémoire pour le comte de Cagliostro

accusé par le Procureur Général – Paris, 1786.

 

Queste parole, davvero emblematiche, (in Appendice, pag.765 e segg. il testo integrale) – pronunciate dal Conte di Cagliostro di fronte ai giudici del Parlamento di Parigi, riuniti come Tribunale Regio, in occasione del famoso “Processo della Collana della Regina”, processo nel quale egli, assolutamente innocente, fu coinvolto a causa delle false accuse e delle calunnie mossegli contro da quell’intrigante scellerata e ladra che era Jeanne de Saint-Rémy, ovvero la sedicente contessa de La Motte-Valois, e nel quale, con voto unanime, fu mandato assolto in quanto, checché ne dica tuttora la parte avversa, riconosciuto totalmente innocente e assolutamente estraneo alla scabrosa vicenda – riassumono tutta intera l’essenza del suo pensiero e la storia della corrente spirituale alla quale egli apparteneva.

Ma in questo, Cagliostro non faceva che seguire le orme di quelli che fuor li maggior sui, giacché sin dall’antichità l’Egitto fu considerato essere non solo una terra sacra, ma addirittura l’Alma Mater di quella Tradizione Mediterranea che per millenni generò ed alimentò la Sapienza spirituale d’Occidente.

Alla Sapienza egizia attinsero i Greci non solo per la Religione e l’istituzione dei Misteri – per loro, infatti, i Misteri Eleusini non erano altro che la traduzione in forme, in immagini e in lingua ellenica dei Misteri egiziani d’Iside e d’Osiride – ma anche per le Scienze, le Arti e la legislazione sociale.

Alla medesima fonte di Sapienza attinsero per quasi due millenni, dopo il crollo del Mondo Classico e il sorgere di una nuova, gelosa e intollerante visione del mondo, molti di coloro che cercarono l’Iniziazione ad una Conoscenza superiore all’illusione dei sensi e alla labilità mortale.

Malgrado l’intolleranza confessionale e l’odium theologicum da allora imperanti, molti cercarono quell’occulta Sapienza egizia, che per segreti canali si trasmise sotto le forme dell’Ermetismo, dell’Alchìmia, della Teurgia, della Filosofia pitagorica, platonica e neoplatonica, durante tutto il Medioevo sino alla Rinascenza, allorché, come dopo un percorso carsico, il Nilo della Sapienza Egizia riemerse in parte alla luce visibile assieme a molta parte dell’antica Sapienza Classica greca, italica e romana.

E così si espresse, verso la fine dell’Ottocento, François Jollivet-Castellot, appartenente a quel variopinto, nonché alquanto agitato e bizzarro milieu parigino, risvegliatore dell’Occultisme (il termine occultismo era stato creato solo una generazione prima dal kabbalista Eliphas Levi), nella sua Histoire de l’Alchimie, pubblicata tra il 1897 e il 1898 sulla rivista Hyperchimie, da lui diretta (trad. it. a c. di Pietro Bornia, riedita da Bastogi, Foggia, 1992, p. 11):

«Il vero nome della Scienza Occulta, è Ermetismo.
Il simbolismo di questa parola ci esprime una pregevole rivelazione. Difatti sappiamo che i sacerdoti egiziani dichiaravano essere Ermete figlio di Osiride o di Misraim e di Iside.

Ora Osiride, il dio maschio, aveva per corrispondenza nel piano fisico il Sole; nel piano astrale, il principio animatore o creatore; e nel piano supremo, l’Essere, Colui che è!

Iside, poi, era la Natura feconda, sempre vergine e sempre pregna del Verbo, del figlio di Dio.
Iside simboleggiava il principio femmineo, la realizzazione, il polo fisso e materiale del fluido astrale, della sostanza eterna!

Ma questo Verbo di Dio, figlio della Vergine, chi poteva essere se non Ermete? – Ermete che è lo Spirito Santo Vivificatore o trasformatore senza posa di tutto, ch’è la Parola vitale, ch’è il Messia di tutti i secoli, ch’è la corporizzazione dei due termini precedenti? – Ermete, cioè, per dirlo più semplicemente, il Sale, che possiede in se stesso il Solfo e il Mercurio?».

Ora, poco importa che queste espressioni, figlie romantiche d’un Occultisme parigino fin-de-siècle, suonino errate alla disseccata filologia universitaria, ch’esse contraddicano i dati disanimati di un’archeologia e di una disciplina storico-religiosa, riducenti tutto alla bidimensionale astrattezza di un intellettualismo esangue e meccanico. Esse, pur nella loro imprecisione e genericità, evocano ed alludono ad un contenuto vero, come vere sono tutte le cose eterne.

Contenuto, comunque, che vanamente si tenterebbe, nella sua estraformale potenza, di racchiudere in parole umane. Queste parole divengon vere nella misura in cui il loro contenuto ineffabile viva nell’anima di chi le pensa o le pronuncia o le medita come veicolo e veste di una verità-realtà intuita.

Verità o realtà che non può essere conosciuta se non amata, essendo la conoscenza vera, appunto, amore. È noto come di Cagliostro venisse detto: Pour savoir ce qu’il est, il faudrait être lui-même (ovvero, per sapere quello ch’egli è, bisognerebbe essere lui stesso).

È noto, altresì, come lo stesso Cagliostro amasse dire: Per conoscere una cosa, bisogna diventare quella cosa, per sapere che cosa sia l’amore, bisogna amare. E cioè che per conoscere ermeticamente qualcosa – ossia: veramente – bisogna diventare quella stessa cosa nella immedesimazione contemplativa.

L’oggetto del nostro studio è rappresentato da quella forma particolare che, a partire dal XVIII secolo in poi, l’Ermetismo ha assunto in taluni ambienti come massoneria egiziana, all’interno della quale le espressioni più notevoli furono l’Antiquus Ordo Aegypti seu Misraim, fondato a Napoli dal Principe Raimondo di Sangro di Sansevero il 10 dicembre 1747; il Rito dell’Alta Massoneria Egiziana ufficialmente fondato da Cagliostro a Lione nel 1784, anche se risalente in realtà a diversi anni prima; e il Rito di Misraim seu Aegypti, sempre da lui fondato o risvegliato a Venezia nel 1788, il quale, come vedremo nel corso della nostra trattazione, delle precedenti formazioni fu veicolo ed erede.

Questi Riti Egiziani – massonici solo fino ad un certo punto – della Sapienza Ermetica rappresentarono un veicolo all’interno di un movimento massonico, che già allora aveva largamente perduto il contenuto iniziatico: perdita che è la causa prima di quella degenerazione involutiva della quale si è ampiamente parlato nella Introduzione.

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L’ARCHETIPO-MARZO 2025

Anno XXX n. 3

Marzo 2025

LA FEDE NELLA DISCIPLINA INTERIORE (di F. Giovi)

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Metto giù qualche parola dettata dalla sonorità del cuore.

La fede che l’asceta ha in sé non è una fede ignorante, oscura, ma una fede luminosa: fede nella Luce, non nell’oscurità.

Può essere chiamata cieca dall’intellettualismo scettico già solo perché rifiuta di essere guidata dalle apparenze esteriori o da quelli che sembrano essere fatti, perché essa cerca il vero dove sono altri coloro che non vedono e non poggia sulle grucce della prova sensibile e dell’evidenza.

E’ un’intuizione che non attende l’esperienza per essere giustificata: è la potenza che conduce all’esperienza.

Se io credo nella capacità dell’autoguarigione, troverò domani o tra mille anni il modo di guarirmi. Ma se comincio la disciplina con il dubbio e continuo con dubbi ancora più grandi, fino a che punto potrò proseguire il viaggio che cerco di intraprendere?

Questa fede speciale non dipende dall’esperienza diretta. E’ qualcosa che esiste in me prima dell’esperienza.

Quando si inizia la Concentrazione del pensiero, tale inizio non è quasi mai basato sulla forza dell’esperienza, nemmeno la logica del processo, anche compresa, non è sufficiente.

Esso principia con un profondo atto di fiducia, che chiamo con lo scandaloso nome di fede. E’ così non solo nella vita spirituale ma anche nella vita comune.

Tutti gli uomini d’azione, esploratori, inventori, creatori di conoscenza, procedono con fede incrollabile finché la prova non si presenti o l’impresa riesca… e vanno avanti malgrado delusioni, fallimenti, contraddizioni, negazioni: solo perché vi è qualcosa che dice loro che sono sul campo della verità e che l’impresa va portata a termine.

Secondo il grande Ramakrishna la fede o è fede oppure è altro: deduzione ragionata, convinzione provata, conoscenza accertata.

La fede che qui intendo è la testimonianza dell’anima verso qualcosa che non è ancora manifestato, compiuto, realizzato, ma che Colui che è in noi conosce anche senza previe indicazioni e ci avverte che è vero, che è il valore estremo da seguire e realizzare.

Qualcosa in noi persiste, resiste anche se la mente viene tormentata e la psiche corporea si rivolta e rifiuta. L’ascesi del pensiero comporta lunghi periodi di delusione, di smacchi, di stanchezza e oscurità. Eppure qualcosa in noi ci sostiene, ci spinge nostro malgrado: sentiamo che ciò che seguiamo è vero e davvero, in fondo, lo sappiamo.

La fondamentale fede nell’ascesi del pensiero, nel risveglio di sé, è che l’uomo spirituale esiste e che reintegrarsi a esso è il valore supremo della vita.

Finché un uomo ha questa fede, è segnato dallo Spirito, e se anche la sua natura fosse piena di ostacoli, gremita di negazioni e difficoltà e dovesse lottare per la vita e ancora oltre, è destinato al Risveglio della Vita spirituale.

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LA REALTA’ OLTRE LA LOGICA (di M. Scaligero)

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Nella Ragione i concetti si raccolgono da sè a formare le idee. La Ragione porta alla luce l’unità superiore dei concetti intellettuali che l’intelletto, nelle sue configurazioni, ha già, ma senza essere capace di vederla.

(R. Steiner)

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Questa Ragione è il pensiero puro.

E’ il pensiero in cui c’è la trascendenza del pensiero; mi sono permesso di usare questo termine perché era ora di non vedere più il trascendente come qualcosa che sta al di là: no! Questo al di là sta qua! Ed è in ogni pensare che pensa. E allora è questa la Ragione: la forza radicale, essenziale della Ragione, sta proprio nella trascendenza del pensiero.

E questa trascendenza è una luce profonda che collega il pensiero con ciò che di originario è nell’anima.

E quando l’uomo pensa secondo il pensiero della meditazione, della contemplazione, attinge alle profonde forze dell’anima. Ma come  attinge? Con l’Io. E quindi c’è una comunione: Io, Pensiero, Anima: che è la speranza della salvezza dell’uomo, della salvezza cosciente. E qui lo possiamo anche dare come tema di meditazione …

Che questa Trascendenza del Pensiero in sostanza è la forza della Fede dei Nuovi Tempi, perchè non si tratta di credere o di non credere: ma semplicemente di identificare l’Essenza con l’Essenza: è questo è il moto del Cristo: il vero senso del Pensiero Vivente.

M. Scaligero

(Estratto da una trascrizione di Ecoantroposophia di un audio conferenza tenuta a Roma nel 1979)

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LA REALTÀ OLTRE LA LOGICA

Arrivare al pensiero puro significa arrivare ad avere (cosciente) il pensiero da cui si sta movendo verso il pensiero puro: questo muovere iniziale è il pensiero puro, che tutti, considerando un punto d’arrivo, dialettizzano. Il punto d’arrivo è il punto da cui si parte.

Il vero pensiero non è quello che pensa il mondo e perciò si lascia modellare dal mondo, ma quello che trascende il mondo, lo nega, lo trasforma, lo interiorizza, lo materializza. Quello che si pensa non è il mondo che appare, ma un mondo diverso, interiore, non esistente ma essente.

Cosí la realtà risorge nell’interiorità umana, ed è la vera realtà, non quella che s’impone dal di fuori e asserve a sé il pensiero. Cosí il Pensiero sorge come interiore vita del mondo, ed è il tessuto di Luce del mondo, cioè la segreta forza d’Amore del mondo: che deve divenire un evento individuale per essere Amore creatore.

Il miracolo è sempre il pensiero piú forte di ciò che ci aggredisce come fatto, realtà esistente: il pensiero che è il contenuto reale della realtà: senza il quale questa sarebbe un nulla. Questo pensiero diviene forte, si carica della sua realtà, realizza la sua verità, che è l’universale affiorante verità: questo pensiero si crea, crea se stesso, per essere realtà, la vera realtà, perché l’uomo non ha altro modo di fare sua la realtà che il conoscere: la forza del conoscere deve divenire potere diretto.

Non trascendere il pensiero, ma entrare nella sua trascendenza: lí si trova l’essenza del mondo, il germe della verità del mondo.

Intorno, tutto preme vorticoso. E tuttavia al centro poniamo il pensiero che conta: il Logos, l’opera di fraternità, il dovere di ogni momento, perché l’esistere sbocchi nell’eterno da cui si trasse. Tutto preme logorante e vorticoso, tuttavia al centro è l’ispirazione ordinatrice del pensiero. Elfi, gnomi e puri esseri elementari tessono la connessione di ogni contingenza con la sfera degli Angeli.

Intorno, vige la logica, che è sempre il prodotto di un razionale come di un irrazionale: è ancella. Può esprimere potenza o impotenza. Non è essa che decide, come vuole la dialettica, o la cultura del tempo. Assumere tutta la forza è ritrovare la scaturigine della logica, il Logos.

La realtà non è logica, ma è presentabile o accostabile mediante logica. Occorre superare la logica per entrare nel tessuto della realtà, comprendere quale potere rechi il pensiero in quanto flusso di vita non ancora caduto nella forma logica. Esso cerca, esige la propria forma di vita, piuttosto che la sua morte logica: esige il potere della sua entrata nel mondo, la sua espressione immediata, cosí come il suono, il calore, la vita.

Massimo Scaligero

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  AcCORdo – Lettera a un discepolo, 1975.

Grazie a Marina Sagramora