AGIRE NEL PROFONDO DELL’ANIMA

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Sto parlando ai ribelli angosciati che in questi giorni bui avvertono la disperazione di un mondo che sembra franare verso l’oscurità liberticida.

Ricordo a tutti loro che la vera libertà si conquista nell’arrestare il flusso di pensieri angoscianti e di paure e quindi essa inizia da un lavoro quotidiano su noi stessi.

Dobbiamo imparare a dominare il flusso di pensieri che ci perseguita. Non esiste libertà senza silenzio interiore. Non esiste silenzio senza il dominio dei concetti. Il pilota automatico di pensieri che ronzano nella nostra testa è il vero nemico.

L’Arte della Concentrazione ci insegna ad esercitare il dominio su questo mortale intossicamento dell’anima. Come il musicista si esercita con lo strumento musicale noi dobbiamo esercitarci quotidianamente nell’Arte della Concentrazione interiore. Come il musicista si abbandona all’ascolto dei grandi compositori prediletti, cosí noi dobbiamo trovare la Luce nella direzione spirituale verso cui ci sentiamo chiamati.

Non esistono piú religioni imposte, neppure quella della cosiddetta scienza che viene inculcata nelle menti dei piú deboli. Sta alla nostra libertà trovare la direzione verso il Divino. E vi garantisco che la giusta pratica del dominio del concetto, ovvero l’arte quotidiana della Concentrazione, unita agli esercizi indicatici come fondamentali da Rudolf Steiner e approfonditi nella loro esecuzione da Massimo Scaligero, sono la porta verso la Luce e verso l’Amore.

Sto parlando ai ribelli angosciati che in questi giorni orrendi di ingiustizie tremende (e paventate), si rendono conto della situazione aberrante verso cui le Forze Oscure ci stanno sospingendo.

Sto parlando a quelli che avvertono la disperazione di un mondo che sembra franare in direzione di una barbarie tecno-informatica.

Non trasformerete nulla nella società senza la volontà di trasformare voi stessi. Non concluderete nulla se non troverete il coraggio di esercitarvi quotidianamente nell’Arte della Concentrazione, della disciplina interiore e nella preghiera riconoscente e quotidiana.

Seduti in silenzio in una comoda poltrona iniziate la rivoluzione! Quando Luce e Amore saranno scesi in voi, allora avrete l’autorevolezza e la serenità per parlare al vostro prossimo.

E la vostra parola allora avrà vita e sarà esempio trascinante nei confronti degli spaventati e degli atterriti.

Vi accorgerete ad un certo punto che il Male (quello vero) non è degli uomini o degli esseri medium che ne sono portatori (l’élite che sembra oggi comandare il mondo), ma di potenze invisibili che possiamo combattere solo partendo da noi stessi.

Per la nostra salvezza e per quella di coloro che verranno dopo di noi, è giusto manifestare, ma ancor piú giusto agire nel profondo dell’anima.

Decidete allora se volete stare dalla parte dei travolti o dalla parte dei salvati. Salvati dalla consapevolezza che il lavoro interiore quotidiano è la chiave di volta della salvezza.

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ANIMA NOBILE E’ LA META (di F. Caruso)

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𝑵𝒐𝒏 𝒗𝒊 𝒆̀ 𝒂𝒍𝒕𝒓𝒂 𝒍𝒊𝒃𝒆𝒓𝒕𝒂̀.

𝑨𝒍𝒕𝒓𝒂 𝒈𝒊𝒖𝒔𝒕𝒊𝒛𝒊𝒂.

𝑨𝒍𝒕𝒓𝒐 𝒔𝒄𝒐𝒑𝒐.

𝑺𝒐𝒍𝒐 𝒖𝒏𝒂 𝒂𝒔𝒄𝒆𝒔𝒂 𝒅𝒂 𝒄𝒐𝒎𝒑𝒊𝒆𝒓𝒆.

𝑼𝒏𝒂 𝒑𝒖𝒓𝒊𝒇𝒊𝒄𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒂 𝒂𝒕𝒕𝒖𝒂𝒓𝒆.

𝑼𝒏 𝒍𝒊𝒎𝒊𝒕𝒆 𝒖𝒎𝒂𝒏𝒐 𝒅𝒂 𝒕𝒓𝒂𝒔𝒄𝒆𝒏𝒅𝒆𝒓𝒆.

𝑳𝒖𝒄𝒊𝒅𝒂 𝒂𝒔𝒄𝒆𝒔𝒂 𝒅𝒆𝒍 𝒑𝒆𝒏𝒔𝒂𝒓𝒆 𝒄𝒉𝒆

– 𝒒𝒖𝒂𝒍𝒆 𝒄𝒉𝒊𝒂𝒓𝒐𝒓𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒗𝒆𝒕𝒕𝒆 –

𝒆̀ 𝒑𝒖𝒓𝒂.

𝑺𝒐𝒍𝒊𝒕𝒂𝒓𝒊𝒐 𝒆𝒅𝒊𝒇𝒊𝒄𝒂𝒓𝒆 𝒏𝒆𝒍𝒍’𝒂𝒏𝒊𝒎𝒂

𝒒𝒖𝒂𝒏𝒕𝒐 𝒅𝒊 𝒆𝒍𝒆𝒗𝒂𝒕𝒐 𝒆𝒔𝒔𝒂 𝒈𝒊𝒂̀ 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒊𝒆𝒏𝒆,

𝒄𝒖𝒔𝒕𝒐𝒅𝒊𝒔𝒄𝒆, 𝒆̀.

𝑨𝒎𝒑𝒊𝒐 𝒐𝒓𝒊𝒛𝒛𝒐𝒏𝒕𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒗𝒆𝒕𝒕𝒆

𝒄𝒉𝒆 𝒕𝒓𝒂𝒔𝒎𝒖𝒕𝒂 𝒊𝒍 𝒑𝒍𝒖𝒎𝒃𝒆𝒐 𝒄𝒓𝒆𝒑𝒖𝒔𝒄𝒐𝒍𝒐

𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒖𝒎𝒂𝒏𝒂 𝒎𝒂𝒍𝒊𝒛𝒊𝒂 𝒊𝒏 𝒄𝒓𝒊𝒔𝒕𝒂𝒍𝒍𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍’𝒂𝒖𝒓𝒐𝒓𝒂.

𝑨𝒏𝒊𝒎𝒂 𝒏𝒐𝒃𝒊𝒍𝒆 𝒆̀ 𝒍𝒂 𝒎𝒆𝒕𝒂

𝑻𝒂𝒍𝒆 𝒆̀ 𝒍𝒂 𝒍𝒖𝒄𝒆 𝒄𝒉𝒆 𝒊 𝒕𝒆𝒎𝒑𝒊 𝒂𝒕𝒕𝒆𝒏𝒅𝒐𝒏𝒐.

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L’ARCHETIPO-DICEMBRE 2024

Anno XXIX n. 12

Dicembre 2024

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In questo numero:

FABRIZIO CARUSO, IN MEMORIA

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Due giorni fa, il 27 novembre, Fabrizio Caruso, FK AZIONE SOLARE per noi di Ecoantroposophia, discepolo di Massimo Scaligero, ha varcato la soglia.

Silente ma sempre presente, ci è stato sempre accanto da prima che nascesse Ecoantroposophia. 

Silenzioso si affiancò a noi, allora alquanto rumorosi, sul forum on line della Società Antroposofica che poi fu chiuso, dal quale fummo cacciati, ma ci restò al fianco sempre e noi abbiamo sempre sentito il calore, il fuoco, della sua presenza. Non abbiamo fatto in tempo a raccontargli che quella stessa Società, ben 15 anni dopo, ha spedito un invito di partecipazione per il Convegno di Napoli,  a quegli “stessi ragazzi” che fondarono il Blog Ecoantroposophia.

Umile, discreto e dignitoso, Fabrizio suscitava in noi sempre un grande rispetto senza richiederne, però un rispetto mai più grande di quello che lui a noi riversava, che riversava a tutti: un grande Asceta, un essere nobile,  di una razza superiore. 

Sempre il suo pensiero si levava in alto fra le nubi a ritrovare la Luce, nella certezza della Vittoria: ogni sua lirica lo testimoniava – mentre, con la prosa, nei suoi scritti declinava la sintesi dei suoi Pensieri – e sempre tutto col suo tipico stile virile e nobile spirito.  

Quale dono più grande di questo suo Pensiero costante alla Vittoria  poteva lasciare ai suoi amici?

Perchè non sarà facile rimanere anche senza di Te Fabrizio, e non avremmo creduto di rimanere così dolenti per la separazione, un vuoto sconcertante: cercheremo nel tempo di fare tesoro del Tuo esempio fedele alla Via,  in questa maniera Ti terremo sempre con noi. 

Grazie infinite per averci onorato della  Tua amicizia.

Continua a vegliare su di noi.

Ave, Fabrizio!

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PICCOLO SOLE (Poesia di Savitri)

(Assunta-Tintoretto-Dipinto in Chiesa di S. Fosca-Venezia)

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“Un giorno ti leverai col tuo vero corpo.

Non sognerai piú oasi nel miraggio del sogno.

Separerai la parte di te che è sempre presente: 

sulla terra – dove chi eri entrerà nel sogno – 

percorrerai sentieri che trattengono l’orme.

Ma il miracolo è adesso: la forza di colui 

che sta destandosi mentre sogna se stesso 

sveglio e addormentato, è questo il mistero:

il continuo tendere a raggiungere il Sé

che sfugge alle apparenze.”

☀️

Ora all’orizzonte il piccolo sole si leva 

con amore penetrando la notte:

e la Madre apre il manto sulla Vite 

vittoriosa dal grembo della terra.

Ha inizio dei Tralci il primo giorno di vita: 

l’unione mistica nel sacrificio del sé

Al Sole di Mezzanotte.

(hierós gámos-verso Il Santo Graal)
( S. S. )

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IL SILENZIO SACRO (di F. De Pascale)

Un nudo silenzio impersonale è ora la mia mente,
un mondo di visione chiara e inimitabile,
un volume di silenzio firmato da una Divinità,
una grandiosità scevra di pensiero,vergine di volontà.

Un giorno sulle sue pagine l’Ignoranza poteva scrivere
in uno sgorbio dell’intelletto la cieca congettura del Tempo
e lasciare pallidi messaggi di luce d’un sol giorno,
cibo per anime che errano al margine della Natura.
Ma ora ascolto una parola più grande
nata dal raggio muto, invisibile, onnisciente:
la Voce che solo l’orecchio del Silenzio ha udito
balza emessa da una gloria eterna di Luce.
Da una vastità e da una pace intatta tutto passa
a tumulto di gioia in un mare di ampio riposo.

(Sri Aurobindo da “Last poems”)

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La mia orsolupesca animaccia – che viene da varie parti, con intenti ingiuriosi, definita “pagana”, ingiuria che mi fa troppissimo onore e che cercherò di meritare sempre più – sente fortemente il fascino delle antiche misteriosofie eleusine, orfiche, pitagoriche, platoniche, mitriache, isiache e osiriane, etrusche e romane. E di quelle antiche misteriosofie – oramai per sempre trascorse, come la “irremeabilis unda” del mio amato Virgilio, nella traseunte espressione formale e storica, ma NON certo nel contenuto di eternità – ho molto amato il SILENZIO sacro!

Il motto – eleusino, orfico e pitagorico – “Sygè kài Alètheia”, ossia “Silenzio e Verità”, è valido oggi come 2000 anni fa, e un grande Maestro d’Oriente, un Saggio molto amato da Massimo Scaligero, Ramana Maharshi, diceva che il Silenzio è l’Upadesha, l’Insegnamento, più elevato, e delle varie “forme” d’Iniziazione che il Guru può donare – quella silente, quella per toccamento, quella verbale, quella rituale – quella del Silenzio è la più elevata ed efficace, della quale purtroppo pochissimi discepoli son tanto maturi da giovarsene. E questo mi ricorda i lunghi silenzi, narratimi da chi lo conobbe, di Giovanni Colazza, o i lunghi, ermetici, silenzi di Massimo Scaligero nei quali immergeva alcuni di noi.

Religioni e filosofie che a tale silenzio si sottrassero degenerarono nella dialettica – la grande traditrice dello Spirito – e nell’intellettualismo – il grande assassino di ogni forma di spiritualità – ed accompagnarono sovente tale tradimento e assassinio con quella sciropposa, edulcorata sentimentalità, spacciata per “via dell’anima”, conseguenza della rinuncia all’autentica impresa spirituale e al coraggio di voler essere liberi, nonché patetico surrogato, assieme all’attivismo, della consacrazione allo Spirito.

Questo, e non un “residuale dono divino” sono quelle forme di spiritualità sfaldata, e la stessa Antroposofia, nella misura in cui cada nella dialettica, nell’intellettualismo, nell’attivismo e nel sentimentalismo, non è certo migliore, anzi è sicuramente molto peggiore delle varie forme di spiritualità sfaldata che oggi si fanno concorrenza in quel mondo di “mercanti di birra e venditori di trippa”, che è l’attuale, mediocre e bottegaio, immondo mercato esoterico!

Meglio tacere.

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CONFERENZA DI MASSIMO SCALIGERO DEL 10/9/1975 

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VORREI CHE CI PARLASSI DI PADRE PIO

Padre Pio, dal 29 aprile pubbliche dieci foto autentiche e ...

E perché no? Eh… era una simpaticissima persona, un uomo veramente religioso, profondamente dedito… col Cristo e quindi capace anche di dare un grande aiuto… e anche di far funzionare il meccanismo del prodigio, del miracolo, perché era un uomo di grande fede e anche ispiratore delle forze di fede. 

Era piuttosto brusco, certe volte anche severo: è capitato spesso che prendesse a calci qualcuno, perché quello che soprattutto lo irritava era la finzione, la finzione religiosa che purtroppo è inevitabile, proprio come fatto non cosciente. Mentre amava molto la sincerità e questa lui la sentiva perché era… aveva una certa veggenza.

Tuttavia, rappresenta un personaggio di una schiera che tramonta, che non ci può essere più perché, perché l’epoca del credere è finita, è l’epoca del conoscere. Quindi Padre Pio è stato un grande aiutatore di una serie di esseri che ancora avevano bisogno dell’aiuto del cristianesimo mediante il sentimento. Ora però, questo è un aiuto che si può dire esaurito, perché nella sfera del sentire non è più possibile avere un rapporto con il Cristo senza che ci sia una animosissima azione sollecitatrice e suscitatrice. E allora non è soltanto il sentire, è una volontà profonda, una volontà veramente lanciata verso il cristianesimo, ma allora un simile sentire ha bisogno di conoscenza, ha bisogno di sapere come attingere alle forze più profonde della volontà. E quindi ecco che noi possiamo capire come la funzione di un Padre Pio sia esaurita. Lui ha lasciato dei discepoli, e ci sono dei sacerdoti molto devoti che continuano in quella direzione ma non è che abbiano il potere che aveva lui, però sono necessari, come saranno necessari ancora per diverso tempo dei sacerdoti onesti, dei sacerdoti che parlino del Cristo ma, oltre no, proprio secondo il Cristo. E questi sono certamente degli esseri rispettabili. Quindi di Padre Pio non possiamo che dire veramente bene.

Certo…  così in questo momento ricordo, per esempio, che un certo Guido De Giorgio che nel gruppo… in un gruppo che coltivava La magia come scienza dell’Io, e con una specie di ardimento,  collaborava con articoli potenti in cui sembrava di vedere un essere che conquistava i mondi superiori mediante un’autoaffermazione magica, e… che poi fallisse, perché tutto questo si reggeva su una specie di tensione, e andasse da Padre Pio, cosa che a quei tempi, siccome il capo di questo gruppo era Evola, Evola rimase piuttosto stupefatto… e … ma sono fenomeni che ci insegnano qualcosa. Quest’uomo, a un certo punto, con tutte le tensioni della magia di Ur, del tantrismo, ed era uno di quelli che scriveva in una maniera piuttosto aggressiva, poi alla fine è andato da Padre Pio, ecco.

Adesso, dunque, c’è un altro tema qui…

*

SE IL KARMA DI UN ESSERE CHE È GIUNTO ALLA SCIENZA DELLO SPIRITO È STATO TALE DA PRIVARLO DI ALCUNE ESPERIENZE NECESSARIE ALLA NORMALITÀ, QUALI SONO I MEZZI CHE QUESTO ESSERE HA A DISPOSIZIONE PER COMPLETARSI?

Ecco, io vorrei, all’amico che fa questa domanda, far notare questo: che è la stessa cosa… Che è stato privato di alcune esperienze necessarie alla normalità… ma questo è proprio ciò che l’aiuterà. Proprio questo lo farà camminare perché deve sviluppare delle forze in una direzione, continuamente sollecitato da queste privazioni. Certamente, se un essere in queste condizioni conosce la Scienza dello Spirito, avrà l’aiuto che veramente gli è necessario, perché allora trasformerà tutto quello che gli si presenta come barriera, come ostacolo, come privazione dolorosa, lo trasformerà in una occasione di forza perché tutto quello è il senso, non solo, ma di forze che possono essere formidabili proprio per il fatto che ci sono quegli ostacoli. Un essere simile può benissimo, può senz’altro diventare un gigante dello Spirito proprio perché ha questi ostacoli. E qui bisogna che noi ricordiamo che siamo nell’epoca della libertà. Adesso siccome ho una domanda su questo discorso, lo continuo proprio con quest’altra domanda… Comunque, occorre vedere in queste privazioni, ecco qui vengono chiamate privazioni, delle decisioni dell’Io, è l’Io che si è preparato queste privazioni per poter… per poterle riempire di potenza dell’Io. E quanti esseri che hanno veramente camminato debbono il loro più alto sviluppo spirituale proprio al fatto che hanno avuto queste privazioni… Guardate, è piena la storia di esseri che sono stati vittoriosi proprio perché avevano un ostacolo continuo che sollecitava la forza. Tant’è vero che è sempre da considerare come un aiuto dell’Io tutto questo.

Ecco, qui, ho una frase molto bella, tratta dalla Filosofia della Libertà che dice: 

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“NON VOGLIAMO PIÙ CREDERE: VOGLIAMO CONOSCERE”

Pensare liberato

E io aggiungo: se conosciamo, poi crederemo. Ma questo credere sarà il vero credere, sarà il credere nuovo, la fede ricostituita, la fede riconquistata; perché la fede non può venire più dal semplice, gratuito credere. Noi dobbiamo dire che l’ opera vicaria di Lucifero è finita in questo tempo. 

In che cosa consiste quest’ opera vicaria? Che c’è una parte celeste di Lucifero che ha funzionato al servizio del Cristo fin dai tempi dell’avvento del Cristo e dopo, in tutto il periodo che precede l’anima cosciente.  Ossia, coloro che hanno potuto accostare il cristianesimo, salvo che non fossero della schiera dello Spirito Santo, la schiera dei discepoli, la schiera di Paolo, coloro che sentivano profondamente il cristianesimo, lo potevano sentire con forze che precedevano il cristianesimo, con forze del sentire, con forze del Lucifero Celeste, ossia con forze di fede profonda in cui non c’è attività dell’Io.

Ora, questa funzione del Lucifero positivo è finita ma noi, come seri studiosi della Scienza dello Spirito, dobbiamo renderci conto di questa funzione di Lucifero perché nel sentire non abbiamo il Cristo, abbiamo un’immagine del Cristo. E perché San Francesco avesse qualcosa di più di un’immagine fu necessario che avesse un corpo astrale particolarissimo, allora poteva sentirlo… ma Jacopone da Todi aveva un’immagine del Cristo.

Ora, l’epoca dell’anima cosciente è un’epoca eroica, un’epoca nuova, è l’epoca in cui c’è la possibilità della identità con il Cristo e noi, quando parliamo dell’idea, parliamo di qualcosa in cui il Divino è in movimento direttamente, mentre nel sentire c’è un movimento indiretto, nel volere ancora più indiretto. Però il sentire e il volere poi possono entrare nella corrente del pensare che realizza il Logos. 

Ora, questo assunto di “Non vogliamo più credere, vogliamo conoscere” è l’assunto vero ed è veramente da pensare il più difficile perché l’uomo rifugge dal conoscere, preferisce credere. Chi di noi va a controllare tutto quello che ci dice la scienza? Ci crede e non se ne accorge che è una fede… Uno di noi: ha detto il tale, c’è un minimo di dimostrazione, io ci credo. E quindi la fede della antica rivelazione viene sostituita dalla fede nei fatti della scienza, la quale scienza, però, si regola in una maniera molto strana perché la scienza vuole soltanto i fatti sensibili, e già parte da un presupposto che è poco scientifico perché indifferenzia il reale con il percepibile con i sensi e non esce da questo. E vieta al pensiero di avere la persuasione che possa arrivare nel cuore della verità.

Quando si nega al pensiero la possibilità di arrivare all’essenza delle cose, già si è nella condizione della Chiesa che imponeva il dogma e poi…: credeteci! La scienza allora impone il dogma dei fatti e poi dice: il pensiero non può arrivare nel cuore dei fatti. Da Kant in poi la situazione è questa. E la scienza inorridisce se c’è qualcuno che dice: “io nell’essenza della forza vitale arrivo col pensiero” che è l’attitudine più scientifica. No, la Scienza, senza saperlo, inconsciamente dice: “noi ti diamo i fatti percepiti, i fatti che sono solo i fatti percepibili con i sensi, e tu ci devi credere!”.

Ma questo non è un dogmatismo che vale come quello trascorso, della Chiesa, ma è qualcosa di peggio perché si tratta di oggetti fisici e noi arriviamo all’idolatria moderna di tutto ciò che è fisico, dimostrabile sul piano dei fenomeni fisici, con una relazione di pensiero che non dobbiamo sapere che cos’è questa relazione, perché il pensiero sta lì al servizio di questa fenomenologia e non deve conoscere chi è lui; mentre noi sappiamo che questo pensiero che si inserisce nella fenomenologia fisica, e che trova i rapporti, è il pensiero che va conosciuto come la parte più importante di questa fenomenologia: è la parte viva, la parte realmente dinamica.

Perché quando questi scienziati propongono l’esperienza pura e stare solo ai fatti, e questo lo abbiamo ricordato che il positivismo logico è fondato su questo, la scuola di Vienna è nata da questo, poi se n’è andato lungo la tangente della logica matematica, ma il presupposto era questo: basta con le metafisiche, basta con le mistiche, dobbiamo stare alla pura esperienza, ossia ciò che ci viene dato… Soltanto che già partono da un piccolo… da una piccola superstizione, da un piccolo dogma: che il dato è solo quello dei sensi. E il pensiero non è un dato? E questo noi lo scopriamo con lo schema di Filosofia della Libertà: con la Filosofia della Libertà noi scopriamo che c’è un dato che viene dal mondo sensibile e gli va incontro un dato che si affaccia in me e che non è meno reale di quello sensibile, anzi, è più reale perché senza questo dato la serie delle note sensibili non avrebbe senso; perché quando io ho un fenomeno e lo collego col pensiero, tolgo il collegamento che il fenomeno è una serie di fatti sensibili che non hanno contenuto. Il vero contenuto gli viene dal pensiero.

Quindi il pensiero è un dato allo stesso titolo per il dato sensibile. E allora, esperienza pura… l’esperienza pura non si potrà mai avere mediante le percezioni sensorie, a meno che non sia l’esperienza della percezione pura, che voi sapete che ascesi difficilissima è … ma se noi vogliamo veramente l’esperienza pura, questa, quella di cui parlano gli scienziati, è l’esperienza del pensiero, lì noi possiamo parlare di esperienza pura, perchè sperimentiamo un dato che noi stessi vediamo nascere in noi, mentre il dato sensibile è già fatto senza di noi; e noi entriamo in questo dato mediante la percezione perché la scoperta ulteriore è che non esiste percezione sensoria senza pensiero. Una percezione sensoria in cui non sia presente un atto del pensiero non è possibile perché non esiste una percezione sensoria da sé, esiste sempre per un soggetto, e uno dei punti importanti della Filosofia della Libertà è proprio questo, quando il Dottore dice: “Non c’è contenuto sensibile se non per un soggetto che lo sperimenta”. Quindi è inseparabile dal soggetto, e come lo sperimenta? Mediante un atto di pensiero che è inserito nella percezione. Ora, considerare separati percezione sensibile e pensiero, questo è stato intanto l’errore di Kant, errore perché ? Si può anche considerare separati, ma per comodo di ragionamento, ma in realtà non esiste una separazione tra il pensiero e la percezione, tra la percezione e il pensiero anzi.

Quindi, ecco, non vogliamo più credere, vogliamo conoscere…: questo è il conoscere, questo è uscire dall’antica oscurità, veramente da un vero oscurantismo che purtroppo si riaffaccia con l’eruditismo della scienza, nelle verità matematiche c’è un’intuizione empirica della verità nella quale lo Spirito non riconosce se stesso perché crede che la verità sia lì, nel fenomeno, nella formula o nell’espressione, e non nell’atto del pensiero che si riconosce e dà l’assenso, per cui quello diventa una verità. Quindi abbiamo empirismo ingenuo e dogmatismo che si uniscono nella Scienza a fare presumere di essere la Scienza della concretezza. Noi questo lo dobbiamo scoprire perché per uscire dall’inganno dell’attuale cultura, per uscire dalla dialettica, per riconquistare quello che è perduto dobbiamo veramente capire i limiti interiori di una simile indagine, soprattutto per un fatto che qui non possiamo non ricordare, perché il pensiero che si limita ad apprendere i fatti, la fenomenologia…, e che, svirilizzato, depotenziato e, direi, paralizzato, deve ignorare il proprio movimento. Questo pensiero non avrà mai la fonte del vero conoscere, non avrà mai il punto in cui è un pensiero in movimento, lo deve ignorare perché quello è il pensiero essenziale che Kant negava all’uomo. 

Questo pensiero che cosa è? Ancora Filosofia della Libertà, dal momento che è stata chiamata in causa… Questo pensiero vivo è la fonte degli impulsi morali; non c’è impulso morale che non nasca come intuito del contenuto interiore di qualcosa, quindi quando noi abbiamo paralizzato questo pensiero, non c’è… non è possibile che ci sia più moralità al mondo, ma ci sarà la moralità finta, quella delle regole, delle regolette, delle regole psicologiche oppure etico-religiose, oppure religiose, che sono degli assunti retorici con cui l’Io conoscente non ha rapporto, proprio per la ragione che abbiamo detto; perché, questo è un altro punto che abbiamo spesso sviluppato, non c’è più regola che possa funzionare se non è l’Io che è il creatore della regola.

Quindi, qualsiasi intuito morale è un intuito assolutamente personale e quanto più è personale, tanto più è morale; ossia quanto più entro nell’idea esatta di un’azione che devo compiere e la cesello e entro dentro, tanto più questo intuito è individuale e tanto più è una potenza morale. Dove manca questo la moralità non c’è più. Quindi moralità che manca alla pedagogia, e quindi la pedagogia folle, che ci dà i criminali fin dall’adolescenza… (avete letto quello che dice oggi il giornale, di due ragazzette che in America, hanno voluto sperimentare per curiosità come moriva un ragazzo, e l’hanno strangolato… per capire come moriva) ecco, questi sono il frutto dell’assenza di scorrimento di forze morali nella Cultura per il fatto che è paralizzato il pensiero… assenza di moralità nella pedagogia, assenza di moralità nella sociologia, perché il problema investe tutto,  perché quando abbiamo paralizzato il pensiero, kantianamente e marxianamente, non crediamo più in un’essenza interiore del pensiero, e allora non c’è più forza morale che entri nella cultura, che entri nell’anima dell’uomo e che sia una forza dell’uomo, abbiamo soltanto degli esseri che da sé riescono, allora ci sono delle figure eccezionali, che noi conosciamo, ma sono veramente delle eccezioni.

Quindi: non vogliamo più credere, vogliamo conoscere: questo è veramente il senso della nascita dell’anima cosciente. E adesso troviamo il modo di continuare il discorso. Dunque, vediamo se… cosa possiamo inserire… Dunque..

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“LA VOLONTÀ DI ANDARE CONTRO SE STESSI”

L’altra domanda che si può collegare a questo è: “L’IO QUALE SOGGETTO PERCHÉ ESECUTORE DELLA VOLONTÀ DELL’IO SONO NELL’ UOMO.”

Dunque, miei cari amici, siamo proprio alla vigilia dell’epoca, poi… alla vigilia dell’epoca che vuole questo: che cessiamo di credere, perché dobbiamo conoscere: per poter nuovamente credere e per avere quella Fede di cui il Cristo dice che “muove le montagne”, ma quella è la Fede che ce la dobbiamo conquistare mediante la conoscenza. 

Ora l’epoca è la quinta epoca: è l’epoca della libertà, che è caratterizzata dalla libertà. Proprio il principio che domina la quinta epoca è l’esperienza della libertà dell’uomo. Tutto si risolverà veramente nella direzione della libertà. Però, simultaneamente, bisogna dire che è l’epoca in cui le forze del Male si scatenano. E’ proprio in quest’epoca che avremo a che fare con il Male perché la libertà avrà un compito molto grande quando sarà la funzione dello Spirito. Il compito molto grande è questo: di usare le forze del Male, e di di piegarle per il Bene, quindi trasformare il Male in Bene. 

Questa è l’epoca in cui noi avremo a che fare con il male in una maniera che avrà un crescendo pauroso … e la scienza già sta producendo qualcosa di simile, la scienza non interiorizzata, la scienza non dominata dallo Spirito, la cultura non permeata dallo Spirito sta producendo questi germi. Ora, l’epoca passata è l’epoca in cui si doveva preparare la venuta del Cristo, la quinta epoca è l’epoca dell’azione del Cristo eterico, della libertà dell’uomo e dell’affrontamento del male da parte degli esseri liberi.

E questa sarà un’epoca veramente di eroismo, ecco perché si parla tanto del Graal, perché la sesta epoca invece sarà un’epoca di contemplazione dello spirituale, un’epoca di contemplazione del Divino, quindi si realizzerà tutto ciò che si sarà preparato come forza spirituale nella quinta epoca. 

Ora noi dobbiamo essere consapevoli di questo perché tutta l’opera dello Steiner che noi studiamo, ci costruisce questa visione, la sintesi è questa visione: l’uomo deve conoscere, l’uomo deve essere libero, ci debbono essere dei dirigenti dell’umanità che siano degli esseri liberi, occorre che ci siano delle elites, delle comunità di esseri veramente liberi, capaci del coraggio della libertà, che – naturalmente ricordiamo sempre che la libertà interiore non ha niente a che vedere con quella di cui si commercia nelle propagande politiche – è la libertà interiore, la libertà dell’Io, la possibilità dell’Io di essere indipendente dall’astrale e di fronteggiare le situazioni drammatiche, le situazioni tragiche dell’anima. 

Quindi noi ci troviamo dinnanzi questo compito perché verranno degli esseri, si incarneranno, e già si sono incarnati degli esseri, che devono combattere in questa direzione perché la decisione della direzione è un evento che si verificherà poco prima della fine del secolo. Un decennio prima della fine del secolo ci sarà veramente una decisione da parte di esseri che nascono con delle forze nuove che, però, hanno bisogno di orientamento. Quello che è importante è che noi possiamo impedire che questi esseri debbano conoscere la loro funzione, o la loro missione attraverso una serie di errori, una serie di confusioni; e che soltanto lasciando brandelli delle loro forze lungo il cammino riescono a capire quello che devono fare: ecco la nostra responsabilità, la nostra chiarezza, la possibilità di andare incontro a questi esseri, in modo da chiarire loro il compito, in modo che immediatamente possano, raggiunta l’epoca della giovinezza, con l’Io a ventun anni, possano cominciare a operare veramente per lo Spirito. Se questo sarà fatto allora noi avremmo veramente corrisposto a ciò che il Mondo Spirituale aspetta da noi. Però, naturalmente, occorre una grande volontà di andare oltre se stessi. 

Che cosa significa questo, volontà di andare oltre se stessi? Noi abbiamo i problemi personali, abbiamo i problemi dell’Io, dell’Io contingente, abbiamo tutta l’organizzazione astrale che si fa passare per l’Io. Ora: questo è il personale, tutto ciò che di personale ci accompagna nella… nell’allenamento interiore. E’ questo che va superato, è questo lavoro di continua misura delle proprie difficoltà, come una tensione verso il limite soggettivo, che ci porta a capire che la nostra azione è collegata a un evento che riguarda tutta l’umanità, e che quindi noi veramente possiamo superare tutto ciò che è personale contemplando il contenuto di questo evento. Allora cominciamo ad avere delle forze, e le forze sono necessarie, sono necessarie perché… guardate il mondo, adesso, quello della cronaca dei giornali, poi guardate tutto quello che avviene nell’intorno prossimo che voi conoscete, e poi potete avere un’idea di quello che si sta preparando, perché c’è una lotta sul piano fisico… 

Non si da forse abbastanza importanza al fatto che nel Libano sono cominciate le lotte tra cristiani e musulmani, questo è un regresso di secoli. Ma dovunque ci sono resipiscenze razziali, per esempio… gruppi etnici che rivendicano autonomia, quello è razzismo. I baschi che agiscono sventolando un’ideologia che sembra quella del collettivismo, quella è una forma di razzismo, è un regresso terribile, arimanico: perché è l’era dei popoli, non delle razze. Un popolo unisce diverse razze e le unifica secondo un denominatore spirituale.

L’Italia, ma quante razze ci sono in Italia, l’Italia fu unificata da Iniziati, Garibaldi era un Iniziato, Cavour era un Iniziato, Giuseppe Mazzini era un Iniziato, leggete le conferenze sul karma del Dottore o fatevele raccontare da chi le conosce. Degli Iniziati si sono riuniti per fare l’Unità d’Italia, per far superare il regionalismo, per far superare le differenze tra Nord Sud, razze mediterranee, razze nordiche… e l’italiano è vivo, è bello, è forte, è geniale perché è un incontro dinamico di razze. Guai se a un certo punto i sardi dicessero: “ma noi siamo sardi”, oppure: “noi siamo siciliani”; oppure i piemontesi: “ah ma noi…”: questo è un regresso, è il regresso di Arimane. Ma guardate che sta avvenendo in tutto il mondo che ciascuno torna indietro nella propria razza, ma ci son voluti secoli per superare la razza e creare i popoli… e il Cristo viene per abolire i legami del sangue come condizione per un’unione tra gli uomini, per creare legami cosmopoliti, legami internazionali dello Spirito. Questo è il Cristianesimo, non si ritorna indietro alle razze, questo sta avvenendo, questo è un aspetto… ma poi guardate quello che sta avvenendo di distruzione delle forze morali, distruzione delle forze di generosità per cui condannano qualcuno: se appartiene a una certa corrente fanno le petizioni, se non è di quella corrente lo vogliono ucciso… ma questo che cosa è…? 

Ora, questo, è inutile che io vi dica, perché ogni giorno voi lo potete vedere leggendo i giornali. Ora, questo ha un retroscena occulto, sul piano occulto c’è una lotta ancora più terribile, e se noi saliamo ancora più in alto, troviamo un’altra lotta che si svolge tra esseri giganteschi e tutto però si svolge intorno all’uomo. Se poi noi ascendiamo troviamo il Mondo Spirituale che non è un mondo facile, è un mondo del quale abbiamo, come dicevamo poc’anzi, tutte le descrizioni possibili; ma quelle descrizioni, cari amici, sono un materiale che bisogna veramente trasformare in conoscenza, non è un sapere, non è qualcosa per conferenze, per insegnamenti, è qualche cosa che deve diventare alimento di forze che si liberano secondo quella libertà di cui parlavamo prima. Allora noi siamo in relazione con forze spirituali, perché questa lotta sul piano fisico noi possiamo vincerla soltanto con le forze vittoriose sul piano spirituale, collegandoci con ciò che vince sui piani spirituali. Ci sono scatenamenti demoniaci oltre quelli di Arimane e Lucifero, ci sono legioni di esseri che obbediscono a questi, poi ci sono le correnti occulte arimaniche, le organizzazioni occulte luciferiche o arimanico-luciferiche. 

Ora, noi possiamo dire che ci sono veramente molti ostacoli… ecco l’importanza della via della conoscenza, del superamento di se stessi, la volontà di andare oltre se stessi.

Qui collego con un’altra immagine…

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L’ IO QUALE SOGGETTO PERCHÉ ESECUTORE DELLA VOLONTÀ DELL’ IO SONO NELL’ UOMO

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Noi qui ricordiamo che le forze che guidano l’uomo sono la Forza di Michele e il Cristo. Per esempio la Filosofia della Libertà è un’espressione di Michele, del pensiero di Michele. Tutta la Scienza dello Spirito è il messaggio di Michele, ma il messaggio di Michele è il messaggio del Cristo. Michele è il portatore della libertà, è Colui che può avere rapporto con l’uomo là dove l’uomo si libera. Uno di noi che invocasse Michele potrebbe fare… provare persino estasi micheliane ma il mite non lo sentirebbe per niente… ma se libera il pensiero e, contemplativamente riesce a muovere secondo l’immaginare micheliano, allora è in contatto con Michele, allora la forza di Michele penetra in lui. 

Che cosa significa questo? L’uomo è in relazione con le Gerarchie, l’uomo in quest’epoca comincia l’esperienza della libertà e qui dobbiamo fare una piccola parentesi: l’uomo è libero. Noi abbiamo parlato di una libertà che bisogna conquistare per avere… mediante il conoscere. Ma, come karma, come impulso cosmico, ogni essere oggi è libero. C’è un impulso di libertà in tutti perché è proprio l’epoca dell’anima cosciente, è l’Io che sta scendendo, soltanto che questo Io, non afferrato nella zona della sopra-coscienza o della coscienza più desta va a finire nella sfera degli istinti e allora abbiamo degli esseri ricchi di Io ma che sono degli esseri terribilmente istintivi e negatori dello Spirito, questo è il pericolo. Qui chiudiamo la parentesi.

Ora, ci sono le Gerarchie le quali voi sapete che sono in relazione con l’uomo, che sono in relazione per esempio con l’attività del sentire, con l’attività del volere, con l’attività del pensare. Più potenti gerarchie sono in relazione con i sistemi fisiologici dell’uomo, per esempio con il corpo fisico, con il sistema ghiandolare dell’uomo,con il sistema respiratorio, il sistema sanguigno… Si può dire che tutto ciò che in noi si muove sono correnti spirituali, quelle più importanti sono quelle che agiscono nell’anima. Ora le correnti delle Gerarchie operano come prima, come qualche secolo fa, come in antico… E’ solo Michele che ha il rapporto nuovo con l’uomo. Quindi, se l’uomo non trova il rapporto con l’anima cosciente, col portatore dell’anima cosciente che è Michele, le correnti delle Gerarchie agiscono in un modo antico, e tutto quanto quello che viene come forza devia e diventa ostacolo per l’uomo. Questo voi lo potete trarre dalle lettere ai membri, quello che viene chiamato “L’impulso di Michele”. 

Ora questo è importantissimo, perché se noi non seguiamo la via del pensiero liberato, anche quelle che sono forze spirituali pure, deviano. E quindi le forze delle Gerarchie vanno contro le forze di Michele in noi. Ecco il conflitto umano, ecco che, delle forze che in alto sono forze creatrici, in noi diventano forze distruttrici. C’è persino un capovolgimento, ossia delle forze di amore che diventano forze di odio e voi vedete che tutta la vita dell’uomo è tessuta di questi contrasti, di amore, odio, di continua perdita di quella che è la linea positiva dello Spirito. 

Un amore che non è capace di fedeltà, per esempio, un amore che non è capace di sacrificio e di continuità… ma è proprio alla mercè di queste correnti, di queste forze contrastanti, perché su quel piano, sul piano umano agiscono le Gerarchie inferiori, ossia gli Ostacolatori. Detto questo, però, dobbiamo dire che c’è una Forza in noi che giunge fino all’intimo della personalità; mentre per Michele noi dobbiamo arrivare veramente a liberare il pensiero altrimenti non abbiamo relazione con Lui, e allora tutto il rapporto con le Gerarchie è sbagliato, quindi voi pensate tutte le nevrosi… guardate, la nevrosi è una malattia generale dell’umanità, non c’è nessuno che si sottragga, ma proprio per questo contrasto tra forze regolari con forze altrettanto regolari che, se entrano in contrasto nell’uomo… 

C’è però una forza che unifica tutto e che non ha bisogno che noi ci eleviamo: ha bisogno che sprofondiamo in noi stessi, ma anche questo è un atto di coscienza… questa è la forza del Cristo. 

Questo noi l’abbiamo detto che c’è… Il pensare deve essere liberato dal soggettivismo per avere… per… perché sperimenti la propria corrente, la universalità fondata in se stessa. Nel rapporto col Cristo noi possiamo essere terribilmente personali, quanto più noi siamo personali tanto più questo rapporto di profondità c’è. E allora però noi scopriamo che, se non siamo dotati di pensiero liberato, capace di liberazione, questo contatto col Cristo lo possiamo avere soltanto sotto l’impulso di potenti dolori o di potenti amori, sotto l’impulso di una disperata ricerca di un principio. Ma questo può essere realizzato a fortiori, a maggior ragione, se c’è la liberazione del pensiero.

Allora non dobbiamo dimenticare questo, che, se per l’esperienza di Michele abbiamo bisogno veramente di elevare il pensiero con sfera delle proprie idee, per il contatto col Cristo noi dobbiamo operare con ciò che è più potentemente personale, di più intimo, di più segreto, di più privato, di più sincero, come confessione di se stessi, perché questa è la vera confessione: che uno incontri il Cristo in sé e gli apra la propria anima. E allora può ricevere le forze, ma vi posso assicurare che la venuta di queste forze non si può verificare senza che divenga un’istanza per la conoscenza di Michele.

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L’ARCHETIPO-NOVEMBRE 2024

CENNI SU KARMA, REINCARNAZIONE E INIZIAZIONE (di Rudolf Steiner)

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(Budapest, 12 giugno 1909)

Abbiamo visto come la coscienza degli Atlantidi fosse ancora legata con il mondo spirituale e come per loro in effetti lassù fosse giorno e quaggiù, nel mondo fisico, notte. Poi abbiamo seguito la discesa dell’umanità nell’epoca postatlantica lungo i diversi periodi di civiltà fino a quello greco-latino, fino alla comparsa del Cristo-Gesù sulla terra.

Ora vogliamo osservare un’altra volta il nostro quinto periodo di civiltà. Grazie all’intelligenza indirizzata soltanto al piano fisico, l’umanità di oggi si è avviata nella discesa più a fondo di quanto non fosse avvenuto per le altre grandi civiltà. Il materialismo porta ad un alto dispendio di forza di comprensione e di lavoro di pensiero, il quale crea solo per il piacere fisico. Ad esempio è tipico per il nostro tempo l’essersi cristallizzati nella vita economica. La civiltà del presente lavora soltanto per il piano fisico, con una raffinatezza fino ad ora mai raggiunta. Per l’occultista è quindi evidente perchè proprio nel nostro tempo la contrapposizione fra religione e scienza, che si manifesta nei più diversi movimenti sia tanto grande, e perchè il baratro fra loro sia tanto ampio. Il contrasto fra religione e scienza, del quale soffre anche l’arte, si mostra sempre quanto più si abbassa il livello della cultura. Possiamo notarlo nella scienza attuale che si limita del tutto a un pensare materiale e astratto. La filosofia non è qualcosa di assoluto, ma qualcosa che nel corso dell’evoluzione dell’umanità si era formata in base a determinate premesse, man mano trasformandosi. Prima che esistesse un pensare filosofico, cominciato con i Greci solo nel sesto secolo a.C., vi fu un modo di conoscenza che derivava dalla saggezza dei misteri. Tale saggezza aveva la sua sorgente in un’interiore esperienza dell’anima nella quale si manifestavano i segreti del divenire universale. Quando nell’anima umana scomparve l’antica capacità della veggenza intuitiva, si presentò l’osservazione delle percezioni sensibili e animiche guidate dall’intelletto. Nei primi tempi pure avveniva che i filosofi, grazie a una veggenza interiore ancora possibile o ad una tradizione  dell’antica conoscenza dei misteri, ne sapessero ancora qualcosa e la compenetrassero con la capacità intellettiva in formazione. Pitagora e Platone avevano nella veggenza la sorgente del loro sapere. Soltanto Aristotele lavora in base alla pura tecnica del pensiero e fonda la logica. L’aristotelismo rimase determinante per tutto il medioevo ed ebbe una sua fioritura nella prima scolastica.

A poco a poco si fermò però un baratro fra sapere e fede. Fra l’intelletto e la  sua tecnica del pensiero da un lato  e la verità sovrasensibile dall’altro si formò un baratro che ebbe la sua ultima espressione in Kant. In Kant e nella sua filosofia abbiamo un vicolo cieco; in esso ci ha condotto il pensare materiale. Purtroppo Kant fu colui che fecondò tutta la filosofia moderna. Il ricercatore dello spirito dice queste cose non per criticare la filosofia moderna. Le mostra per gettare luce sul cammino che può far uscire dall’ossificazione dei pensieri. Allo scopo vi è solo una via: scienza, arte e religione, i tre rami della civiltà, devono compenetrarsi a vicenda, devono emanare vita spirituale. E’ compito della scienza dello spirito occidentale conseguire questo scopo. Essa deve mettere pace fra i due aspetti dell’anima che più non riesce  a unire in sé fede e conoscenza. Nulla avviene nel nostro mondo materiale senza il lavoro dello spirito. Lo spirito è sempre il creatore di tutto quanto è fisico. Nella scuola filosofica del pragmatismo di James*, tanto in vista, abbiamo soltanto uno pseudospiritualismo che afferra lo spirito materialisticamente, anche se comunque ha prodotto qualcosa di buono.

Il nostro tempo attribuisce alle tare ereditarie un’enorme e determinante importanza. Anche in merito a tali condizioni ereditarie, dal punto di vista della scienza dello spirito che vede i fatti fisici quali conseguenze di quelli spirituali, va detto che per i fenomeni patologici che ne derivano la sfera spirituale viene ostacolata da quella fisica e non riesce a manifestarsi. Ma come lo spirito è disceso nella materia fisica, può allo stesso modo risalire quando abbia raccolto le sue esperienze sul piano fisico. Tutto nel mondo è in evoluzione, e quindi anche l’uomo fisico e i suoi organi. Sappiamo che il corpo fisico umano ha organi che oggi non hanno più funzione alcuna: sono organi del passato i cui rudimenti portiamo ancora in noi. Del pari abbiamo predisposizioni per organi del futuro che oggi sono in una condizione di passaggio e di trasformazione. Ricordiamo anzitutto il cuore. E’ un organo i cui muscoli hanno fibra a striatura trasversale. ll cuore è una croce  per l’anatomia della scienza materialistica, perchè è un organo involontario e ha muscoli a striatura trasversale invece che longitudinale, come tutti gli altri muscoli umani involontari. Come la scienza non immagina, è appunto un organo del futuro ed è sulla strada di diventare un organo volontario. Oggi nell’occultista è già formato. Così è per la laringe, anch’essa è un organo dell’avvenire… Vi è collegato il profondo mistero della procreazione. Oggi esso traspare nel momento della maturità sessuale con il cambio della voce. In avvenire l’uomo genererà il suo simile con la parola, e la laringe diverrà un organo creativo. L’avvenire dell’umanità sarà nel dar forma materiale all’interiorità, alla sfera animico-spirituale. L’umanità è sulla via della spiritualizzazione  per lavorare in modo sempre più cosciente alla trasformazione dei suoi corpi. Da una concezione spirituale del mondo dobbiamo trarre la forza per questo compito nell’avvenire. Dobbiamo compenetrare con gioia e forza il sentimento di collaborare a questa grandiosa evoluzione.

Mi sia permesso di dire ancora qualche parola sulle due grandi leggi universali del karma e della reincarnazione. Sull’antica Luna non vi erano ancora queste due leggi. Solo con l’inserimento dell’io sulla terra, circa dalla metà dell’epoca lemurica fino alla metà di quella atlantica, si può parlare dell’inizio della reincarnazione come ora la conosciamo. Per l’animale, per il cui io vi è l’anima di gruppo, ancora oggi non esiste la reincarnazione. Troviamo nel mondo astrale il legame tra una specie animale e l’io corrispondente. Ad esempio per l’anima di gruppo dei leoni, la morte di un leone qui sul piano fisico corrisponde per noi al tagliarci un’unghia. Un animale come un leone è anzitutto un essere astrale che dall’anima di gruppo manda verso il basso come una corda che discende sul piano fisico, si condensa, e dopo la morte del singolo leone ritorna sul piano astrale. L’anima di gruppo la fa rientrare come una parte di sè. Sull’antica Luna vi era lo stesso processo anche per l’anima umana. Anch’essa era una parte della sua anima di gruppo e ritornava nel suo grembo. Come la Bibbia si esprime, essa era nascosta nel grembo del padre Abramo. Solo durante l’epoca lemurica le parole reincarnazione  e karma iniziano ad avere un senso, e in un futuro cesseranno di averne uno. L’uomo allora entrerà stabilmente nel mondo spirituale e continuerà a lavorare in esso. Quando ad esempio l’uomo avrà sviluppato in sè l’impulso alla fraternità, cesserà l’evoluzione delle razze, esse saranno superate. Nel sesto periodo di civiltà gli uomini si comprenderanno già meglio, e il concetto di razza più non varrà. Gli uomini si ordineranno dall’interiorità, secondo lo spirito, e non più dal di fuori attraverso nessi fisici. Nel settimo periodo di civiltà, che rispecchierà il paleoindiano, vi sarà di nuovo una divisione in caste, però libera. Tutto nell’evoluzione si modifica di continuo, ma si nota un costante progresso. L’epoca atlantica, che è a metà della nostra evoluzione terrestre, ci mostra un punto importante che è senz’altro caratterizzato dal completo inserimento dell’io nel corpo fisico umano. Esso inizia  alla metà dell’epoca lemurica, dopo l’uscita della luna dalla terra. Sempre l’umanità si evolverà, e quando il concetto di fraternità si sarà in pratica realizzato sulla terra, le razze saranno superate. Anche il karma sarà allora superato.

Che cosa è la legge del karma? E’ la tendenza a pareggiare in una delle incarnazioni successive ciò che non era bene in una precedente. Si deve però distinguere  fra un karma che agisce interiormente  e un karma che opera dal di fuori. Fanno parte di quello interiore la formazione del carattere, le proprie caratteristiche ed abitudini. Fanno parte di quello esteriore le condizioni di vita nele quali si è posti: famiglia, popolo e così via. Esaminiamo con maggior precisione come il karma operi nella vita fisica. Ad esempio se in una vita compaiono istinti, brame e idee, nella vita successiva, o in una di quelle successive, essi ricompaiono come abitudini. Dalle buone abitudini poi nella vita successiva si avrà un corpo fisico bello, ben fatto e sano; una cattiva abitudine produrrà nella prossima vita una malattia o la disposizione a una malattia. Così vanno ricercate le cause di malattie nelle tendenze e nelle abitudini di una vita precedente. Il destino dell’uomo è invece il risultato di sue azioni precedenti. Chi in una vita darà molto amore, in un’altra avrà la caratteristica di conservarsi a lungo giovane, anche esteriormente. Chi in una vita avrà molti sentimenti di odio, in un’altra invecchierà presto. Persone che si abbandonano alla pigrizia nella vita normale, lavorando contro la spiritualità, perdono qualcosa per una vita successiva e faticheranno a riprenderlo.

Vorrei ora aggiungere qualcosa sull’ iniziazione. In tutti i tempi, dalle sue sorgenti attinsero le guide dell’umanità. Le grandi individualità che presiedevano i misteri, e che noi chiamiamo i maestri, sempre guidarono l’umanità. Per meglio comprenderlo occupiamoci ora  del principio dell’iniziazione. Di una iniziazione impartita agli uomini si può in effetti solo parlare dal tempo della catastrofe atlantica. Anche l’iniziazione attraversò infatti una sua evoluzione e modificò anche le sue forme esteriori secondo la necessità degli uomini.

Perché durante il sonno non percepiamo le impressioni dei sensi, sebbene siamo contornati dal mondo sensibile? Perchè il nostro intelletto non lavora durante la notte. Mentre dormiamo, nel letto rimangono il corpo fisico e quello eterico, mentre si separano il corpo astrale e l’io che vanno nel mondo spirituale. Perché nulla percepiamo nel mondo spirituale che ci circonda, nel quale pure il corpo astrale e l’io si trovano durante la notte? Perché il corpo astrale di un uomo normale, avendo abbandonato il corpo fisico la notte, non ha organi di senso astrali e quindi non può percepire. Con l’iniziazione, con gli esercizi, il caotico ammasso astrale, quale si mostra in un uomo normale, viene organizzato in modo da avere a poco a poco organi e da poter percepire durante la notte. Nella vita normale l’uomo non è ancora forte abbastanza per formare organi nel suo corpo astrale. Per poterlo fare, l’interiore forza umana va in sostanza molto sviluppata. Lo si ottiene con ben determinati esercizi di meditazione e di concentrazione e seguendo altre indicazioni. Il discepolo deve seguire nella sua vita di sentimento e di pensiero ben determinate idee, scegliendo cose che poco o addirittura per nulla corrispondano alla realtà. Immagini ad esempio che corrispondono a cose esteriori non sono adatte per formare l’organizzazione del corpo astrale. Poniamoci di fronte ad esempio un oggetto, come la rosacroce, una croce nera con le sette rose rosse: se l’esercizio è fatto con la necessaria energia e pazienza, dopo un tempo più o meno lungo, a seconda del proprio grado di evoluzione si sperimenterà qualcosa. Si modificherà così il proprio corpo astrale, fornendolo di organi. Non devono essere scelte solo idee astratte, ma vanno aggiunte vere immagini della vita di sentimento e di sensazione. Solo così si ottengono i giusti risultati.

Si distinguono tre modi di iniziazione, e tutti e tre conducono allo stesso fine. Sono tre cammini che vanno scelti secondo l’individualità umana. Una iniziazione è quella della saggezza, e ad essa corrisponde la scuola indiana o orientale. La seconda, quella del sentire, è la cristiana. Oggi solo pochi possono seguire questa strada , perchè richiede una  grandissima forza di dedizione e di devozione. La prima strada, l’indiana, è legata a grandi pericoli per i corpi occidentali europei, e di conseguenza non è quella giusta. La terza strada dell’iniziazione è la scuola rosicruciana, la strada iniziatica del pensare e del volere. Essa porta a un’unione con le forze delle altre vie iniziatiche. La conclusione è specifica per ognuna delle iniziazioni, e nel corso del suo sviluppo deve adattarsi alle singole condizioni dell’anima e alle possibilità che sono date dai corpi umani.

Il discepolo delle antiche iniziazioni doveva giacere tre giorni e mezzo nel sepolcro ed era come morto. I suoi. corpi, l’eterico e l’astrale, erano fuori di lui e sperimentavano il mondo spirituale. Lo ierofante sovrintendeva il processo e richiamava in vita il neofita. Dopo il suo risveglio egli era un testimone del mondo spirituale. Questa era la forma dell’antica iniziazione, ma oggi non è più necessaria in quel modo. Le iniziazioni cristiana e rosicruciana agiscono tanto forte sull’uomo che egli può raggiungere ciò che nell’antica iniziazione poteva venir raggiunto con l’uscita delle parti costitutive superiori del corpo fisico; si imprimono cioè nel corpo astrale e in quello eterico le impressioni avute nel mondo spirituale, senza quel letargo di tre giorni e mezzo. L’iniziazione moderna, se così vogliamo chiamarla, dopo che sia compiuta la purificazione o la catarsi del corpo astrale, ha l’effetto di portare a una reale veggenza e ad una conoscenza sperimentata del mondo spirituale; le impressioni sperimentate dall’anima nel mondo spirituale si imprimono poi nel corpo astrale e in quello eterico. E’ ciò che nello sviluppo occulto viene chiamato illuminazione.

 

RUDOLF STEINER

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Nota *James: William James (1942-1910) filosofo americano

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SULLA CONCENTRAZIONE (di F. De Pascale)

(CONCENTRAZIONE di Marina Sagramora)

Forse è il caso che venga caratterizzata meglio l’indicazione ascetica che Massimo Scaligero dette in anni lontani a me in incontri individuali, ma anche in quelli ai quali andavo assieme ai miei giovanissimi, che mi accompagnavano negli incontri con lui. E’ bene essere estremamente chiari, per non alterare il modello-archetipo della concentrazione, che rimane una operazione unica, che non patisce arbitrarie alterazioni.

Dico questo perché Rudolf Steiner, nella Scuola Esoterica da lui fondata e diretta a partire dal 1904, afferma esplicitamente che gli esercizi che vengono dati al discepolo della Iniziazione NON sono escogitazione “umana”, che NON sono esercizi e pratiche una sua ‘intelligente’ elaborazione personale, bensì sono ‘rivelati’ e ‘comunicati’ dal Mondo Spirituale, dalle Entità divino-spirituali, dai Maestri Invisibili della Iniziazione.

E aggiunge Rudolf Steiner, che tali esercizi e pratiche devono essere eseguiti ‘wortwoertlich’, ossia ‘ad litteram‘, senza alterazione veruna da parte del discepolo praticante, che NON è lecito al discepolo dell’Iniziazione inventare ‘esercizi’ di sua fattura – se di Iniziazione trasmutatrice dell’umano si tratta, e non di tuttaltro che innocue pratiche in stile ‘new-age’, o forme di training autogeno, oppure le scempiaggini banalizzate, edulcorate, poetizzate, intellettualizzate, emotivamente sentimentalizzate, che vengono in maniera sciocca, insana e improvvida, vengono date per es. a medici – con tanto di ‘obbligo’ di relazione via e-mail degli eventuali risultati ottenuti, e successiva discussione comune di essi, secondo il pessimo costume yankee dei verbosi talk-shows.

L’indicazione di Massimo Scaligero circa la modalità di esecuzione della concentrazione – la quale resta una operazione interiore assolutamente unica – fu che la concentrazione nella fase della ‘descrizione’ – eseguita con attenzione volitiva su ogni pensiero – dell’oggetto, mero pretesto per tale volitivo e concentrativamente attento pensare, può essere eseguita ‘con parole ed immagini’, ‘con sole parole’, ‘con sole immagini’ e, solo quando il processo della concentrazione è veramente dominato e MOLTO a lungo esercitato, evitando di formulare i pensieri della ‘descrizione intuitivamente presenti e posseduti, ‘senza immagini e senza parole’. Ma è una operazione difficile – come il saltare attraverso abissi e voragini – che Massimo ‘alpinisticamente’ paragonò – ne ho ancora fresco nell’anima il ricordo – al “saltare di picco in picco, come uno stambecco”: questa la sua ardita e calzante ‘immagine’.

Non si tratta, dunque, del come “se si trattasse di concentrarmi sul fatto che sono concentrato….spiando la mia volontà, la sua forza di restare “uno” con il pensare con calma e massima determinazione… osservare solo questo nel silenzio interiore più profondo….”, anzi nella radicalità della concentrazione volitiva è proprio questo ‘sdoppiamento’ tra soggetto pensante ed atto pensante che va energicamente abolito. L’atto della concentrazione è tanto più efficace ed energico, quanto più con vera dedizione, abnegazione, e persino immolazione, ci si immerge, ci si sommerge volitivamente in esso con ogni forza, senza riserve, senza residui, senza risparmio.

In genere la prima fase della concentrazione – la ‘descrizione’ volitiva – viene vista come faticosa, come poco o punto gratificante, e molti cercano di arrivare rapidamente, dopo un’affrettata e sommariamente eseguita prima fase, alla seconda fase vista come più ‘appagante, in sostanza – a loro vedere – più ‘riposante’. E’ un errore clamoroso: se non si è capaci di illimitata dedizione alla prima fase della concentrazione – quella della ‘faticosa’, ‘ingrata’ e ‘prosaica’ descrizione volitiva – non si sarà neppure capaci di trarre frutto alcuno dalla seconda fase: quella ‘contemplativa’.

La concentrazione non va affrontata con comodo misticismo, bensì con energica volontà, che deve dare TUTTO di se stessa, TUTTA INTERA la propria energia, spendere TUTTA la propria forza, se vuole che nell’atto volitivamente pensante il Mondo Spirituale riversi la VITA, la prima vita che sia veramente ‘viva’, diversa da quella consunzione della vita animale e biologica, che è sin dalla nascita votata alla morte. Se nella prima fase della concatenazione volitiva di pensieri della ‘descrizione’ – eseguita da ‘teppisti’, mi scrisse in una lettera Massimo – si dà tutto se stessi, sino all’oblio di se stessi, si giunge poi alla immobilità metafisica della contemplazione: ma questo stato del pensiero puro bisogna espugnarlo con feroci, ripetuti, innumerevoli combattimenti interiori alla ‘baionetta’. E’ una operazione o un atto eroico, eseguito con coscienza, libertà, dedizione, amore!

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IL GRUPPO DEI TUOI BOCCOLI…(Lirica di A. Onofri)

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Il gruppo dei tuoi boccoli, che il vento

sviluppa di sollievi musicali

sulla fronte infantile, suona argento

di voci, nei miei sogni prenatali.

Con l’onda che al mio petto ansa in accento

di fanciullezza eterna, ecco trasali

fra l’impeto dei giuochi in movimento,

e mi sfiori con gli occhi pieni d’ali.

Si stende il prato color giorno, e sembra

vivo tappeto d’oro sulla terra

oscura, che vi occulta le sue membra.

Tu sorgi come un fiato dalla zolla

profonda che il tuo calice disserra:

farfalla in fiore, o volo di corolla.

🦋

Arturo Onofri

🪷

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(da Aprirsi fiore, 1935)

COME PENDAGLIO TRA GLI OCCHI

(Incisione religiosa biblica antica del XVIII secolo – Tefillin o filatteri ebraici)

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Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi  e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte.

(Deuteronomio)

*

Chi abbia esperienza del processo pensante, può constatare come la condizione riflessa del pensiero sia il momento soggettivo, in cui il pensiero subisce necessariamente i limiti della mediazione fisiopsichica: momento però superabile mediante la coscienza stessa  del momento soggettivo. Il coneguimento di questa coscienza non è soltanto un atto conoscitivo, ma simultaneamente ascetico: nella formazione cosciente del pensiero, conoscenza e ascesi coincidono.

(Massimo Scaligero)

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Studio e fascino. Due parole, significati differenti.

Lo studio ha a che fare con la conoscenza.
Il fascino ha a che fare con l’oggetto di studio.

Il fascino (o i sensi) è mezzo che porta allo studio, mezzo di cui l’uomo si libera o si dimentica nel momento in cui si immerge nell’oggetto.

L’oggetto rivelato, conosciuto, viene consegnato agli altri uomini.

Di nuovo viene rivestito di fascino. Da oggettivo che lo scienziato aveva ricostituito il dato, la soggettività torna a ghermire di nuovo il fenomeno. L’opera dello scienziato, ossia la vita donata all’oggetto fugge di nuovo via da esso che, cadavere, può essere inabitato a piacere da qualsiasi altra “cosa”.

L’oggetto torna ad essere interpretato, usato, mercificato in tutte le forme.

Il pensiero, esatto nell’uomo quando si fa scienziato, è tornato ad essere quello suscettibile d’essere ghermito e trascinato via da qualsiasi vento.

Il fenomeno viene addotto a prova e dimostrazione dei pensieri più svariati e trasformisti.

Il frutto di questa fedele, ferrea e codificata logica è la situazione sociale attuale della umanità.

Considerando in maniera distaccata e al di fuori questo meccanismo, si può notare che la capacità di pensiero innalzatasi dal consueto livello soggettivo e riflesso, condizionato, a quello di esattezza e oggettività, torna ogni volta a cadere in processi schematici e dialettici automatici associativi, in processi codificati come realtà e certificati come reali mezzi di indagine.

Si può riconoscere la “eccezionale” (possiamo dare a questo aggettivo sia la caratteristica di “una tantum”, ossia di “ fuori della norma”, che quella di elevatezza qualitativa) capacità dell’uso del pensiero, dell’intelletto umano. Nello stesso tempo si riconosce anche la difficoltà e incapacità di mantenimento continuativo di siffatto straordinario pensare nella nostra vita di veglia o coscienza ordinaria.

Più giustamente si può osservare che l’uomo scinde nel tempo e dunque separa e distingue l’azione percettiva del mondo da quella dell’auto-percezione-coscienza di sè.

Il collegamento o coincidenza tra i due stati di essere è ciò che nel suo stabilirsi permette l’investigazione e i suoi risultati, unione ed attività che però nell’uomo attuale avvengono nell’incoscienza.

La coscienza ordinaria permette di esaminare e constatare l’attuale livello evolutivo dell’uomo, il suo limite (qui inteso nella sua accezione di potenziale stimolo al suo superamento), ossia permette una verifica a posteriori, un pensare sul pensato.

Sempre cercando di rimanere al di fuori nella osservazione di questo quadro, possiamo distinguere, in senso qualitativo, il passato dell’uomo dal suo presente.
Se prima egli, pur tentando e desiderando di dare un disegno e un fine agli eventi, si ritrovava con fatalità a considerare l’ineluttabilità di una legge superiore che genericamente possiamo chiamare Karma, attualmente riesce a percepire, seppure confusamente, che “qualcosa”, intesa come forza e potenzialità, può riferirsi più direttamente a lui, in quanto la sente più intima, dentro di sè.

Steiner definisce questo stadio evolutivo dell’uomo come quello dello sviluppo dell’anima cosciente.

Se prima un ordine, una legge, una morale, bastavano e soddisfacevano l’uomo, pur nella loro non perfezione, ora l’uomo sente, anche se oscuramente, che c’è qualcos’altro di più intimo e appartenente a sè che non è la solita speranza del nuovo che s’aspettava sempre dall’esterno, quando una situazione non più soddisfacente abbisognava di nuovi interventi correttivi e migliorativi.
L’uomo comincia a fare i primi passi verso una “cosa” completamente nuova, che prima gli era estranea totalmente: La Sua Libertà.

Il nome che l’uomo dà alla protagonista di questi nuovi tempi ancora rientra nei metodi conosciuti di investigazione e determinazione nominale e dialettica. Non è fase negativa, piuttosto fase essenziale (quando non diventa stato di permanenza per scelta e chiusura di indagine) e concreta, che quando riconosciuta necessaria impedisce di ricorrere ulteriormente all’astrattismo, come terreno di percorso, e permette di difendersi da questo.
Riconoscere di essere nella dialettica è gia potenziale superamento di essa, possibilità di dirigere i propri sentimenti e impulsi verso la verità, ossia per la ricerca della vera realtà del fenomeno, in zona pre-dialettica.

La coscienza è potenzialità di autocoscienza.

L’impresa superumana è dare una sostanza di vita a questa potenzialità, a questo nome: Libertà, impresa che può ricondurre, ri-Unire, il risultato della percezione al suo percipiente nell’autocoscienza.

Perdersi nel dato e lì permanere, inficia non solo la possibilità di ricordarne e conseguirne la fonte ma anche impedisce la possibilità dell’ulteriore collegamento tra le cose, perciò la sofferenza dell’umanità, che pur nella sua eccezionalità è arrivata a superare i limiti del passato, assume nuova forma e drammaticità nel suo passare e ripassare – sbattendo, come una falena disperatamente nei riflessi, tra risultato e risultato – in una logica antiumana, convinta che nel fenomeno e nella sua quantità sia contenuto il segreto della vita, quella Verità, o Realtà che la Filosofia dell’uomo ha sempre tentato, impotente, di conseguire.

La madre di tutte le ferite è lo squarcio immenso e profondo tra lo Spirito dell’uomo (che è la nostalgia della Vita del pensiero) e la meravigliosa affascinante “realtà” del mondo fuori di noi, compreso il mistero umano allorchè lo consideriamo come oggetto di conoscenza.
Di questa grande archetipica ferita l’uomo conosce la sofferenza e non altro (a parte brevi illusioni di guarigione), se non un eco di racconto, affascinante, ma pur sempre solo racconto, di cui percepisce solo una atmosfera simile a quella che prova il bambino mentre, scivolando nel sonno, sente la voce familiare del genitore narrante una bella storia.

Quando l’uomo riuscirà a immettere la vita in ciò che ora gli è accanto e dentro come morto nome, come morta parola, come astrazione e dialettica, scoprirà che tra lui e la libertà altro non c’è che la morte dell’illusione, l’ accettazione e assunzione totale di questa morte, perchè la Resurrezione del pensiero sarebbe un concetto irragionevole e privo di senso senza la sua previa Morte.

Percorrere individualmente, ognuno di noi, dal livello più basso e prossimo, in ascesa, il proprio pensare è tendere con veracità alla veracità.

Dalla Morte alla Vita.

In questo senso – se obiettivamente vogliamo riconoscere un valore universale all’onestà – il messaggio di Steiner, e di Scaligero, sulla educazione ed esercizio del proprio pensare, è il pendaglio quotidiano che dobbiamo tenere sulla nostra fronte. Una scelta dell’individuo, attraverso l’esercizio della Concentrazione, che potenzialmente così può permettere di trovare il vero se stesso e non un qualsiasi personaggio di una fiaba, forse bello, sì, ma solo nella fantasia.

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L’ARCHETIPO-OTTOBRE 2024

MOMENTO PRE-CEREBRALE DEL PENSIERO (di M. Scaligero)

Particolare Trittico di S. Michele – 1510 – Vienna – Kunsthstorsches Museum

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Disse Massimo Scaligero  durante una riunione negli anni ’70:

“Non siamo all’inferno, siamo in luogo in cui si apre un varco verso la zona vera della vita in quanto veramente si è capaci di affrontare il mistero della nascita e della morte.”

“C’è una forza che veramente ci libera, che veramente ci fa superare la barriera.  Ma non si tratta di una conoscenza, si tratta di una forza”.

“La Via è una Via eroica.”

“Noi sappiamo che il sistema ritmico, che è la chiave di questo passaggio, di questa riconquista dell’equilibrio dell’Io e del corpo astrale,  è quello in cui affiora il Logos; il sistema ritmico è quello in cui il Logos afferra il pensare e il volere dell’uomo.”

“Il pensare lo abbiamo nella testa ma è Luciferico. Il volere lo abbiamo nelle membra e nel sistema del ricambio ma è dominato da Arimane.”

“Il sistema ritmico come veicolo del Logos è la chiave di questo. Però al sistema ritmico non si arriva concentrandosi nel cuore o forzando la vita del sentire, perché la porta é chiusa.

Dove? Nella testa.

E’ nella testa che si combatte la battaglia. Perché  nella testa noi abbiamo la barriera del cervello.

La porta è chiusa e un detto iniziatico dice: <Entra, la porta è aperta e tu diventerai un vero uomo, ma se non entri da quella porta mai diventerai un vero uomo.>”

“Ora, quella via che noi seguiamo, è la via perché possiamo ristabilire il contatto con la sede mediana; e qui, per poter dare una indicazione pratica, stiamo parlando della via di Michele, perchè è Michele che apre la via dalla testa al cuore.

Se è aperta quella via allora è aperta la via al Logos.

Allora c’è il trasferimento del senso dell’Io nel sangue, allora si ha un sentire che è un sentire divino, che è il sentire della devozione, è la Iside-Sophia, che però non è contaminato da Lucifero, tuttavia è nel regno di Lucifero; ma Lucifero ubbidisce al Logos: se Lucifero è dominato dal Logos allora diventa un servitore del Logos.

Ed è questo il compito dell’uomo.”

 

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MOMENTO PRE-CEREBRALE DEL PENSIERO

Pochi autentici coraggiosi oggi sono capaci di sapere che il massimo male dell’uomo di questo tempo, è la mancata conoscenza della luce pre-cerebrale del pensiero, come via cosciente al Sovrasensibile: essendo irregolare la ripetizione di antiche vie, che non pativano il condizionamento della cerebralità e perciò non potevano esigere il suo superamento.

La dipendenza del pensiero logico-scientifico dall’esperienza sensibile, generante ogni volta un contenuto conseguito non dai sensi, ma mediante i sensi, e tuttavia ignorato come obiettiva struttura interiore: questa dipendenza, che quotidianamente nell’uomo moderno esprime leggi fisiche, ma contraddice le leggi della coscienza e pertanto assurge a Scienza, Cultura, visione del mondo, divenendo la fonte della nevrosi generale umana, è alimentata soprattutto dal fatto che i responsabili intellettuali, inspiegabilmente, mancano dell’impulso a conoscere il momento pre-cerebrale del proprio pensiero. Si può dire che l’organo cerebrale condiziona in essi talmente l’indagine, da renderla inconscia servitrice della corporeità, che è dire della vita istintiva. Nel mondo moderno, invero, la razionalità muove inevitabilmente condizionata dalla vita istintiva. Ciò dipende da assente coscienza della realtà extra-fisiologica, o pre-cerebrale, della razionalità. La Scienza, più che al servizio dell’uomo, è al servizio dell’uomo fisico, ossia della sua animalità.

L’espressione “luce del momento pre-cerebrale” della conoscenza, non è retorica: si riferisce a una forza reale. Questa in verità ogni volta si accende nell’atto del conoscere, come per esempio allorché lo scienziato intuisce una legge. Preoccupante è che l’intelletto in lui non avverta il proprio movimento, non si riconosca produttore della verità logica o matematica: ignori la propria realtà, che è la base della realtà che esso attribuisce alle cose.

L’attuale sperimentatore che si ritiene empirista, perché deliberatamente tiene a far coincidere la propria indagine con i processi sensibili, senza immettervi nulla di arbitrario, non avverte l’arbitrio grave nel quale incorre, venendo meno alle leggi dell’empiria, allorché nel quadro dei risultati ignora il pensiero che egli introduce come nucleo centrale del fenomeno o della legge, dando senso obiettivo ai dati dell’esperienza. Egli sub-consciamente teme di scoprire di essere il produttore del contenuto reale dei fenomeni, che è contenuto di pensiero, perché dai dati sensibili non può venire alcun contenuto che non sia attività ideale. Paventa di poter concepire i nessi non sensibili dei fenomeni: di sentirsi responsabile, come soggetto pensante, dell’identificazione della verità: che non è un’obiettività già esistente a cui il pensiero passivamente debba adeguarsi, ma qualcosa che il pensiero genera, in base ai dati sensibili. Teme soprattutto scoprire la zona in sé, in cui il momento cognitivo del sensibile e la vita dello Spirito sono un identico movimento.

L’uomo, per vie spontanee della natura fisio-psichica, non può vedere la luce pre-cerebrale, o l’essenza del pensiero: ma la logica stessa delle sue operazioni razionali, ove egli veramente acquisisse consapevolezza del processo che le rende conseguenti, lo porterebbe a quella essenza. In tale direzione però egli incontrerebbe una barriera nell’organo cerebrale necessario alla forma dialettica. È la barriera che attende da lui di essere conosciuta e superata mediante un atto volitivo, attingente allo stesso volere a cui egli fa appello per l’iniziale operazione cognitiva.

Se vuole veramente portare a compimento il proprio indagare, il moderno sperimentatore in effetto deve superare la propria natura cerebrale. Ove giunga a superarla, scopre che essa non gli consente la percezione della luce interiore dell’indagare, perché è obiettivamente dominata da un’entità che dalla sfera fisica ha il potere di ridurre al proprio livello tutta l’interiorità umana, “abitando” l’organo cerebrale. Per via di quest’organo, il corpo di luce dalla cui zona superiore sprizza ogni volta inizialmente libero il pensiero, viene di continuo sottratto alla visione dell’indagatore. Egli vede come realtà solo la materia, perché gli sfugge la luce eterica con cui incontra le cose, e parimenti il cosmo eterico extra-spaziale di continuo operante nelle forme spaziali viventi, tipicamente nella pianta: cosmo il cui processo si accende in lui ogni volta che volitivamente conosce.

Solo il sagace empirista, ossia l’empirista coerente, o consapevole, può capire che non è vero empirista, se non decide di vedere la luce del corpo eterico, che si accende ogni volta nel conoscere. Può vedere oltre le barriere della natura animale, o ahrimanica, perché in realtà le supera senza avvertirlo, ogni volta che consegue verità logiche o matematiche. Il non sapere ciò che pur fa, lo rende ciecamente dipendente dai risultati dell’indagine. In questi egli riconosce la verità e non nell’attività interiore di cui è stato capace, e che è il vero contenuto della Scienza.

Allorché sprizza la luce del momento pre-cerebrale, per attimi tutto l’uomo è in stato di verità, perché in quegli attimi l’Io domina il corpo astrale, l’eterico e il fisico, secondo ordine originario. La corrente evolutiva che può dare modo all’uomo di superare il limite animale e che taluni cercano romanticamente nella Tradizione, affiora negli sperimentatori capaci dell’atto superiore di volontà, grazie al quale possono contemplare il momento pre-cerebrale del conoscere. Essi percepiscono la polarità del volere opposta al pensare e tuttavia pronta a fluire nella corrente del pensare voluto.

Mediante la concentrazione, tali sperimentatori immettono nel pensiero la volontà e scoprono che la luce del conoscere è il fluire stesso dello Spirito al quale un tempo, in vite precedenti, andavano incontro mediante samadhi, o estasi. Tale fluire, intercettato oggi nell’uomo dall’organo cerebrale, si presenta come una corrente di vita paralizzata: come la luce del Sole oscurata dal frapporsi della Luna, quando si verifica l’eclissi. L’analogia è reale, perché all’eclissi della luce cosmica prodotta dall’organo cerebrale nell’uomo, risponde una sorta di tregenda degli istinti: qualcosa di simile a ciò che su un altro piano avviene sulla Terra durante l’eclissi totale del Sole: i demoni inferi si scatenano e tendono a sopraffare l’umano.

Scopo vero della concentrazione profonda è ritrovare la luce pre-cerebrale del pensiero: questa luce diviene tanto più intensa e in sé potente, quanto più in essa fluisca l’impersonale volere. Ritrovare la luce del pensiero, mediante la concentrazione, significa realizzare come potenza il conoscere, per il quale l’organo cerebrale è dato come un mezzo. Ma occorre, a un dato momento, prescindere da tale mezzo: non si tratta di sapere, o di conoscere intellettualistico (questo, se mai, può costituire solo impedimento), ma di percezione del contenuto pre-dialettico, o pre-cerebrale, del conoscere. Per esempio, si può ridestare il momento intuitivo di una legge o di un fenomeno, sì da farlo nuovamente balenare nella coscienza, indi riprodurlo indipendentemente dalla sua determinata veste dialettica: sino a contemplarlo come imagine, o segno, o simbolo. Giova insistere e riposare in tale contemplazione.

Si può giungere direttamente a riprodurre il contenuto dinamico di un concetto, o di una tesi, senza necessità di ricostruire il processo formale, anche se la ricostruzione esatta del processo formale è una preliminare sana disciplina, che ogni tanto giova ripristinare. Si può avere l’esperienza diretta della luce. Questo però occorre, per così dire, meritarlo. Si è al livello in cui il potere interiore può essere accordato solo dal Mondo Spirituale, pur rispondendo a un’operazione della individuale decisione autocosciente. In realtà ogni conquista sovrasensibile autentica è sempre un dono decretato dai Maestri invisibili: esige però l’iniziale determinazione individuale, il coraggio della personale intrapresa.

Attraverso tali operazioni esoteriche, lo sperimentatore entra in contatto nella sfera pre-cerebrale con un’Entità cosmica che domina con legittima autorità la vita interiore dell’uomo dell’attuale tempo. È l’Entità che reca all’uomo un nuovo rapporto con il Divino, rispondente alla mutata condizione interiore di lui, ossia al muovere di lui da un’autocoscienza libera, indipendente dall’antico “Dio-Padre”, spirituale legislatore, ispiratore della tradizionale religiosità e sacralità. L’autocoscienza formatasi sulla base dell’intelletto razionale, mediato dalla cerebralità, può ritrovare il suo rapporto con il Sovrasensibile, grazie all’entità rappresentata nella Gnosi e nel mito come Arcangelo Michele. Per recare all’uomo moderno la connessione attuale con l’intelligenza cosmica e la perennità del Logos, tale entità deve in un certo senso contraddire il rapporto trascorso dell’uomo con il Logos, mediato dal Lucifero celeste: un rapporto che si fondava sul sentimento e sull’ispirazione trascendente, e che non può dire più nulla all’uomo cerebrale del presente tempo. Nell’uomo intellettualmente cerebrale oggi si scatena, in forma ancora confusa, la libertà, la possibilità della nuova connessione con il Divino.

Proprio grazie al prevalere dell’impulso intellettualistico, tuttavia, nel retroscena immediato del divenire umano, si verifica un allarmante fenomeno. Della corrente del Logos recata da Michele all’uomo cerebrale, si può impossessare l’Entità che domina l’uomo fisico mediante il sistema nervoso, in quanto egli manca di coscienza del momento pre-cerebrale del pensiero. La libertà di lui nasce compromessa: la “vera luce”, la nuova, l’autentica, non più luciferica, non viene conosciuta da lui.

Ahrimane domina, obbliga l’uomo: Michele non può dominarlo. Michele non può operare se non mediante l’uomo che attui la propria libertà e gli vada incontro, superando il limite cerebrale: non può obbligare l’uomo. La sua corrente cosmica fluisce verso l’uomo, come potere del Logos tendente ad incarnarsi nell’Io di lui e in particolare nella volontà cosciente, cioè realmente libera. Sino a ieri la potenza del Logos fluiva nel sentire dei puri devoti ed esplodeva oggettiva e imperiosa nei miracoli della fede, a condizione di escludere l’autocoscienza pensante: aveva un tale potere di accensione delle forze originarie del sangue, che giungeva a possedere spiritualmente l’essere fisico, squassandolo, illuminandolo e distruggendolo. Il Santo o il mistico poteva vincere Ahrimane, ma non era il suo Io a vincere: lucifericamente, ossia passivamente, egli doveva dar modo al Logos di agire attraverso lui.

Il tempo presente è caratterizzato dall’esigenza che l’Io incarni il Logos. I secoli recenti hanno preparato l’uomo razionale-positivista, capace di realizzare a tale livello l’autocoscienza. Solo l’autocoscienza, infatti, ha la possibilità di esprimere per la prima volta direttamente la propria originaria luce, il principio che non le è esteriore, né trascendente, perché essa nel volersi lo realizza.

Ciò che sembra un regresso, il Materialismo, in realtà è la prova che l’uomo moderno deve attraversare, vincolando la coscienza al sistema nervoso e perciò alla cerebralità, per acquisire definitivamente indipendenza dall’antica psiche dominata dal sangue e dalla razza: per avere un’esperienza del reale, unicamente mediata dai sensi e dalla razionalità: un’esperienza di cui l’Io assuma la responsabilità dal più elementare livello terrestre. Un Io capace di tale discesa nella terrestrità, reca in sé la forza di riconoscere il Logos: avverte che può esprimerlo, se esprime la propria essenza. In seguito potrà riprendere il dominio del sangue.

L’Io individuale, che un tempo era l’ostacolo all’Universale, oggi è il punto di partenza per l’esperienza dell’Universale: quanto più puramente sia individuale, cioè se stesso, libero di psiche, tanto più essenzialmente attua l’Universale.

Ma l’Io individuale inizialmente non può non essere cerebrale: gli è inevitabile preliminarmente la dipendenza dal sistema nervoso. Non può nulla sul sangue, in cui rigurgitano gli istinti e si agitano le passioni, che regolarmente sommergono ogni volta il sistema intellettuale della cerebralità. L’Io, mediante il sistema dei nervi, deve sviluppare un proprio potere individuale, grazie al quale riprendere il dominio cosciente del sangue: superando perciò la mediazione nervosa che gli è inizialmente necessaria. Deve superare l’inganno del supporto nervoso, perché il suo vero supporto è il sangue: non deve soggiacere alla psiche illegittimamente condizionata dal sistema nervoso; a sua volta dominato dal sangue, cioè dagli istinti.

L’arte è l’autocoscienza che sia capace di sorreggersi sul proprio fondamento interiore, indipendente dal sistema nervoso e in particolare dall’organo cerebrale, a cui deve solo la formazione del suo elemento individuale. L’autocoscienza che realizzi la propria liberazione – secondo una direzione inversa a quella dell’attuale Cultura, codificante la dipendenza dell’Io dal sistema nervoso e perciò dagli istinti – riprende il dominio del sangue, in quanto supera la mediazione cerebrale: ritrova la giusta cooperazione con il cuore.

L’esperienza di luce del cuore, che un tempo veniva realizzata dal mistico, o dal bhakta, o dall’orante realmente devoto, ormai è possibile unicamente grazie alla corrente superiore della volontà, che nel veicolo del pensiero muova consapevolmente oltre la barriera cerebrale. È questa volontà che ridesta l’originario potere di vita della Luce nel sangue.

In quanto Michele opera mediante le forze del cuore, ha bisogno soprattutto di incontrare l’uomo ai confini del mentale, là dove l’intelletto è capace di superare coscientemente la barriera cerebrale, cioè il limite ahrimanico. Per aprire la via al cuore, la corrente di Michele investe l’uomo nella testa, là dove egli, mediante volontà, può attingere il momento pre-dialettico del pensiero. Solo un moto libero della volontà può dare modo all’uomo di andare incontro alla corrente di Michele. Tale volontà tuttavia egli può mettere in moto unicamente nel veicolo del pensiero. La funzione del pensiero non ha in definitiva altro senso: divenire corrente della volontà. In tale corrente è presente la luce di Michele, nella quale è presente la folgore del Logos.

La lotta vera per il dominio dell’uomo si svolge là dove il pensiero umano ha radici nel suo originario impulso cosmico. Ciò che l’uomo di questo tempo soffre nella psiche e nel sistema nervoso è la conseguenza di questa lotta, per ora dominata dal nemico dell’uomo, salvo naturalmente il caso delle rare personalità sacrificalmente osservanti la via di Michele, la direzione del Logos solare. Là dove la luce pre- cerebrale fluisce dalla potenza di Michele all’uomo, questi normalmente non è ancora desto: dovrebbe invece, logicamente, essere desto, consapevole. Almeno le comunità spiritualiste dovrebbero coltivare l’esigenza di tale consapevolezza: ma la dialettica limita la loro visione riguardo alla missione dello Spirito del Tempo, l’“Antico dei giorni” della Bhagavadgita, Michele. Non riescono a scorgere l’Arcangelo del Tempo.

In sostanza avviene che l’Entità ahrimanica, più vigile che l’uomo, ai confini della cerebralità, può appropriarsi della luce cosmica del pensiero destinata da Michele all’uomo, prima che questi la faccia propria, salvo appunto i rari casi accennati. Lo sviluppo spirituale dell’uomo consiste nella sua possibilità di scoprire come venga privato della fonte del pensiero con cui pensa, e ingannevolmente orientato.

La via interiore può essere veridicamente indicata dal Maestro che solo al mondo conosce il Mistero di Michele e per primo lo ha rivelato all’umanità, compreso appena da rari discepoli. Discepolo vero è colui che riesce a identificare l,insegnamento di tale Maestro, o la chiave attuale di esso. Lo abbiamo sempre indicato come Maestro, anche quando talora abbiamo consapevolmente rinunciato a dire il suo nome, per dare modo al lettore di essere libero di riconoscerlo da sé. E tuttavia lo abbiamo nominato sempre. Coloro che riescono a leggere senza prevenzioni, possono riconoscere facilmente come noi esprimiamo in ogni capitolo della nostra opera il rapporto con Rudolf Steiner, chiamandolo il “Maestro dei nuovi tempi”: il maestro più irriconosciuto, persino dai suoi, perciò il vero.

L’Entità ahrimanica trova facile il compito d’impossessarsi della luce pre-cerebrale del pensiero, soprattutto per il fatto che l’umana anima razionale, attualmente condizionata dalla cerebralità, presume essere interprete dei contenuti spirituali, pur permanendo nella zona della obsolescenza dello Spirito, cioè senza minimamente percepire lo Spirituale, del quale ha solo la dialettica, o l’enfasi sentimentale.

Tale insufficienza spirituale, propria all’anima dialettica dell’attuale cultura, dà modo ad Ahrimane di spadroneggiare al limite cerebrale. Solo superando questo limite, l’uomo potrebbe incontrare direttamente la luce di Michele, contemplare il potere cosmico del Logos di cui Michele è portatore. Ahrimane invece s’impossessa agevolmente dell’intelligenza cosmica fluente verso la cerebralità umana e la elabora come propria sostanza, dando all’uomo cerebrale l’escreato dialettico già pronto e logico, accettabile perché non richiedente il moto originario del pensiero e soddisfacente gli istinti, pienamente accordandosi con la natura animale dell’uomo. Le dottrine materialiste, che sembrano venire dal mentale umano, sono in realtà l’elaborato delle entità che si esprimono compiutamente nel processo delle forme terrestri animali e dominano l’uomo mediante il sistema nervoso.

In definitiva, oggi, Ahrimane, ai confini del suo dominio fisico, illegittimamente riesce a impossessarsi del pensiero nel momento del suo farsi cerebrale e lo trasforma in propria struttura, dissimulandone l’illegittimità, col far sì che essa appaia rispondente ai canoni umani della teoretica, della logica, della meccanica, e a tale livello ai canoni etici e religiosi, come a tutti i sistemi sociali che hanno il còmpito di eliminare la libertà individuale.

Il Materialismo è già un pensato di Ahrimane: i suoi interpreti non hanno che da assumere lo stato del pensiero qual è: riflesso dalla cerebralità. In questa sfera non sono confutabili, perché tutti i processi base della percezione e del pensiero si svolgono realmente quale i fisiologi e i moderni gnoseologi dimostrano. Il momento cerebrale del pensiero e il suo incontro con il dato percettivo dei sensi sono condizionati dalla struttura fisiologica dell’uomo e perciò hanno carattere soggettivo. Ma non esisterebbero scienze del mondo fisico, se l’uomo non fosse capace ogni volta di superare il limite soggettivo, scoprendo leggi e principi obiettivi. Purtroppo, egli non è scientificamente consapevole di tale superamento: perché la conquista di simile consapevolezza è un’esperienza dello Spirito, che egli non riesce a scorgere, essendo affissato ai risultati esteriori delle sue operazioni interiori.

L’uomo è capace di qualcosa di quotidiano, essenziale, di familiare, mirabile, che tuttavia non avverte: è capace di superare il limite soggettivo mediante il concetto, l’idea, l’universale del pensiero, ma può anche, mediante disciplina interiore afferrare il momento pensante del pensiero. Questo momento si sottrae all’azione di Ahrimane: da tale livello l’uomo può dominare Ahrimane, può superare l’umano- animale. Perciò, dallo Spirito, gli è dato il pensiero: ma egli deve conoscere che cosa è veramente il pensiero.

Lo sperimentatore può attingere a un elemento adamantino, immortale, incorporeo, di continuo affiorante, sconosciuto, nel concetto. Gli occorre scoprire che cosa di nuovo è entrato nella storia dell’uomo con il concetto. Se sa farlo affiorare, sino al suo darsi cosciente, può conoscere il primo moto del Logos in lui, anche se ignora il nome del Logos: può incontrare in sé l’universale che congiunge l’umano al Divino, l’indicazione trascendente di Michele, l’idea come forza pura, sperimentabile.

Il concetto è il darsi dello Spirituale che ovunque preesiste al sensibile, o al contenuto a cui corrisponde: il darsi dello Spirituale che l’uomo non avverte, onde crede che il concetto gli sorga come sintesi di rappresentazioni. Questa sintesi è bensì vera, ma, se egli la sperimenta con rigore cosciente, scopre che è la forma di cui si veste in lui l’essenza della cosa contemplata, esistendo prima di questa. Il concetto è la forma intellettuale di cui il Logos si veste nella coscienza umana, perché tale coscienza liberamente possa ricongiungerla con le cose, restituendo l’unità del mondo.

L’uomo antico aveva, ad esempio, la rappresentazione del cavallo: vedeva diversi cavalli, ma la loro anima di gruppo, l’entità unitaria, la percepiva nel Sovrasensibile, come una divinità. Così il fiume, il bosco, il monte, ecc.: di ogni ente egli percepiva la deità in alto: non gli necessitava il concetto. L’evento nuovo è che l’uomo moderno conquista l’universale sovrasensibile come concetto che egli stesso produce: egli sperimenta un universale mentale, che a torto crede filosoficamente sia una sintesi soggettiva tratta dal sensibile. Questo universale che si presenta identico ossia uno con il pensiero, muove sempre, come in antico, dal Sovrasensibile: ora è il trascendente che si fa immanente, fluendo nel pensiero, così identico ad esso,che l’uomo crede sia la sintesi intellettuale compiuta da lui, perché ad esso arriva mediante questa sintesi. Una tale sintesi, invero, è necessaria, è sacrosanta, è il primo moto dell’uomo verso la libertà, verso il Logos: anzi, è il primo moto del Logos in lui.

Nel primo momento dialettico legato alle rappresentazioni, il concetto è invero una sintesi astratta, condizionata dai mezzi sensibili e sovrasensibili mediante cui si forma, ma tale sintesi non sarebbe essa stessa possibile, se una dynamis interna con l’impeto della verità non la guidasse: una dynamis che dialetticamente la esige, in quanto già la possiede pre- dialetticamente. L’elemento adamantino del concetto è il potere micheliano fluente come forza superiore del volere umano: perché il concetto non si dà, se non è voluto. Deve essere deciso dallo sperimentatore l’atto di volizione del concetto: il cui elemento adamantino invero non si dona gratuitamente, in quanto nasce cosciente nel volere, che mediante pensiero lo vuole. E questo è il senso della concentrazione: muovere con il pensiero nella zona della libertà voluta, o della volontà libera.

In questo volere fluisce il potere con cui l’uomo costruisce la sua Civiltà e la sua Cultura, sostanzialmente realizzando il quantum che può accogliere dal Logos: sia che l’abbia, come avveniva in antico, trascendente e rivelato, sia che l’abbia, come è necessario nei tempi moderni, quale conquista del pensiero realizzato volitivamente, in momenti eccezionali, attraverso rare menti geniali, oltre quel limite soggettivo al quale si sono arrestate le filosofie occidentali, idealistiche e materialistiche. Il quantum del Logos non è tutto il Logos, ma solo ciò che di esso l’uomo può sostenere, senza venirne folgorato.

È inevitabile che il pensiero sia conosciuto dapprima condizionato dai veicoli psico-fisiologici, mediante cui si esprime, ma questo non è ancora il vero pensiero: che non può essere neppure la proiezione idealistica della sua possibilità teoretica meramente rappresentata, ma non uscente dalla sfera della soggettività. Il vero pensiero è quello che lascia intuire se stesso in quella zona pura in cui esso muove indipendente dai veicoli psico-fisiologici e dialettici: deve essere sperimentato nella zona in cui nasce dal “cosmico nulla”, cioè dal non umano, dal non antropomorfico, cioè dove ritrova in sé il Divino.

Massimo Scaligero

da “KUNDALINI D’OCCIDENTE”  il centro umano della potenza

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