CAGLIOSTRO E LA NASCITA DEL RITO EGIZIANO (di F. De Pascale)

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“Il culto interiore della Verità, l’indipendenza dall’<<opinione pubblica>>, dalle propagande, dal <<sentito dire>>, la ricerca della realtà dietro la parvenza, la continua lotta contro lo Spirito della Menzogna, la volontà di conoscere il contenuto non evidente delle situazioni e ciò che si cela dietro le generali calunnie o esaltazioni umane, costituiscono la disciplina della Verità, che libera dal Male: disciplina che viene assunta come un dovere di fondamento da chi segue la via spirituale.

È una simile disciplina che, esigendo il continuo sacrificio delle simpatie e delle antipatie personali, porta l’intimo dell’anima alla relazione vera con gli altri: relazione sostanzialmente possibile grazie a una confidenza di fondo con il Divino, da cui si vede scaturire in ciascun essere la reale forza: la forza della guarigione spirituale.

Si sa di essere a contatto con la forza che può tutto e da cui può fluire la Verità, o la Rivelazione, su tutto”.

Massimo Scaligero

Guarire con il pensiero, pag 179

Edizioni Mediterranee

Roma, 1975

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Animæ sidereæ

meæ dilectæ reginæ cælestis,

in gaudio atque luce,

in æternum fideli corde,

mea cum anima tota,

hoc opus dicavi.

Auctor

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Anteprima 

Cagliostro e la nascita del Rito Egiziano

 

«Ogni luce viene dall’Oriente, ogni iniziazione viene dall’Egitto».

Mémoire pour le comte de Cagliostro

accusé par le Procureur Général – Paris, 1786.

 

Queste parole, davvero emblematiche, (in Appendice, pag.765 e segg. il testo integrale) – pronunciate dal Conte di Cagliostro di fronte ai giudici del Parlamento di Parigi, riuniti come Tribunale Regio, in occasione del famoso “Processo della Collana della Regina”, processo nel quale egli, assolutamente innocente, fu coinvolto a causa delle false accuse e delle calunnie mossegli contro da quell’intrigante scellerata e ladra che era Jeanne de Saint-Rémy, ovvero la sedicente contessa de La Motte-Valois, e nel quale, con voto unanime, fu mandato assolto in quanto, checché ne dica tuttora la parte avversa, riconosciuto totalmente innocente e assolutamente estraneo alla scabrosa vicenda – riassumono tutta intera l’essenza del suo pensiero e la storia della corrente spirituale alla quale egli apparteneva.

Ma in questo, Cagliostro non faceva che seguire le orme di quelli che fuor li maggior sui, giacché sin dall’antichità l’Egitto fu considerato essere non solo una terra sacra, ma addirittura l’Alma Mater di quella Tradizione Mediterranea che per millenni generò ed alimentò la Sapienza spirituale d’Occidente.

Alla Sapienza egizia attinsero i Greci non solo per la Religione e l’istituzione dei Misteri – per loro, infatti, i Misteri Eleusini non erano altro che la traduzione in forme, in immagini e in lingua ellenica dei Misteri egiziani d’Iside e d’Osiride – ma anche per le Scienze, le Arti e la legislazione sociale.

Alla medesima fonte di Sapienza attinsero per quasi due millenni, dopo il crollo del Mondo Classico e il sorgere di una nuova, gelosa e intollerante visione del mondo, molti di coloro che cercarono l’Iniziazione ad una Conoscenza superiore all’illusione dei sensi e alla labilità mortale.

Malgrado l’intolleranza confessionale e l’odium theologicum da allora imperanti, molti cercarono quell’occulta Sapienza egizia, che per segreti canali si trasmise sotto le forme dell’Ermetismo, dell’Alchìmia, della Teurgia, della Filosofia pitagorica, platonica e neoplatonica, durante tutto il Medioevo sino alla Rinascenza, allorché, come dopo un percorso carsico, il Nilo della Sapienza Egizia riemerse in parte alla luce visibile assieme a molta parte dell’antica Sapienza Classica greca, italica e romana.

E così si espresse, verso la fine dell’Ottocento, François Jollivet-Castellot, appartenente a quel variopinto, nonché alquanto agitato e bizzarro milieu parigino, risvegliatore dell’Occultisme (il termine occultismo era stato creato solo una generazione prima dal kabbalista Eliphas Levi), nella sua Histoire de l’Alchimie, pubblicata tra il 1897 e il 1898 sulla rivista Hyperchimie, da lui diretta (trad. it. a c. di Pietro Bornia, riedita da Bastogi, Foggia, 1992, p. 11):

«Il vero nome della Scienza Occulta, è Ermetismo.
Il simbolismo di questa parola ci esprime una pregevole rivelazione. Difatti sappiamo che i sacerdoti egiziani dichiaravano essere Ermete figlio di Osiride o di Misraim e di Iside.

Ora Osiride, il dio maschio, aveva per corrispondenza nel piano fisico il Sole; nel piano astrale, il principio animatore o creatore; e nel piano supremo, l’Essere, Colui che è!

Iside, poi, era la Natura feconda, sempre vergine e sempre pregna del Verbo, del figlio di Dio.
Iside simboleggiava il principio femmineo, la realizzazione, il polo fisso e materiale del fluido astrale, della sostanza eterna!

Ma questo Verbo di Dio, figlio della Vergine, chi poteva essere se non Ermete? – Ermete che è lo Spirito Santo Vivificatore o trasformatore senza posa di tutto, ch’è la Parola vitale, ch’è il Messia di tutti i secoli, ch’è la corporizzazione dei due termini precedenti? – Ermete, cioè, per dirlo più semplicemente, il Sale, che possiede in se stesso il Solfo e il Mercurio?».

Ora, poco importa che queste espressioni, figlie romantiche d’un Occultisme parigino fin-de-siècle, suonino errate alla disseccata filologia universitaria, ch’esse contraddicano i dati disanimati di un’archeologia e di una disciplina storico-religiosa, riducenti tutto alla bidimensionale astrattezza di un intellettualismo esangue e meccanico. Esse, pur nella loro imprecisione e genericità, evocano ed alludono ad un contenuto vero, come vere sono tutte le cose eterne.

Contenuto, comunque, che vanamente si tenterebbe, nella sua estraformale potenza, di racchiudere in parole umane. Queste parole divengon vere nella misura in cui il loro contenuto ineffabile viva nell’anima di chi le pensa o le pronuncia o le medita come veicolo e veste di una verità-realtà intuita.

Verità o realtà che non può essere conosciuta se non amata, essendo la conoscenza vera, appunto, amore. È noto come di Cagliostro venisse detto: Pour savoir ce qu’il est, il faudrait être lui-même (ovvero, per sapere quello ch’egli è, bisognerebbe essere lui stesso).

È noto, altresì, come lo stesso Cagliostro amasse dire: Per conoscere una cosa, bisogna diventare quella cosa, per sapere che cosa sia l’amore, bisogna amare. E cioè che per conoscere ermeticamente qualcosa – ossia: veramente – bisogna diventare quella stessa cosa nella immedesimazione contemplativa.

L’oggetto del nostro studio è rappresentato da quella forma particolare che, a partire dal XVIII secolo in poi, l’Ermetismo ha assunto in taluni ambienti come massoneria egiziana, all’interno della quale le espressioni più notevoli furono l’Antiquus Ordo Aegypti seu Misraim, fondato a Napoli dal Principe Raimondo di Sangro di Sansevero il 10 dicembre 1747; il Rito dell’Alta Massoneria Egiziana ufficialmente fondato da Cagliostro a Lione nel 1784, anche se risalente in realtà a diversi anni prima; e il Rito di Misraim seu Aegypti, sempre da lui fondato o risvegliato a Venezia nel 1788, il quale, come vedremo nel corso della nostra trattazione, delle precedenti formazioni fu veicolo ed erede.

Questi Riti Egiziani – massonici solo fino ad un certo punto – della Sapienza Ermetica rappresentarono un veicolo all’interno di un movimento massonico, che già allora aveva largamente perduto il contenuto iniziatico: perdita che è la causa prima di quella degenerazione involutiva della quale si è ampiamente parlato nella Introduzione.

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