MASSIMO SCALIGERO: APPUNTI E PENSIERI DA R. STEINER (7° PARTE)

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Occorre avere la coscienza del senso relativo dell’essere. Non è sufficiente saper che è Maya: occorre giungere a percepire mediante quali forze il rapporto della vita con il Mondo, con il Cosmo, con lo Spirito, appare Maya. Questo è già in noi ma ora soltanto si rivela e porta a stati di serenità, di calma risanatrice: esiste una certezza superiore, esiste una libertà più alta. Lo spirito non si nasconde dietro la vita, ma parla attraverso essa: il suo linguaggio, non compreso, è Maya, compreso, è conoscenza liberatrice.

Ogni vera conoscenza è nata dal dolore, dall’angoscia. E se con i mezzi della scienza dello Spirito si tenta di percorrere la via verso i Mondi Superiori, si potrà giungere a una  mèta soltanto se si è passati attraverso il dolore. Senza aver sofferto, senza aver molto sofferto, ed essersi così liberati dell’elemento egoistico insito nel dolore, non si può accedere al Mondo Spirituale. Abbiamo troppo poco il senso della realtà del Mondo Spirituale e delle Gerarchie: sarebbe sufficiente coltivare con serietà questo senso della realtà degli Esseri Spirituali, che operano nel mondo e nell’uomo, per procedere lungo la via dell’Iniziazione. Non vi è serio lavoro interiore che non colleghi con un mondo di Realtà e di Forza, che potranno essere presenti nell’anima attraverso ogni prova.

Che cosa significa liberarsi di ciò che il dolore ha di depressivo? Non rifiutare il dolore, non opporsi al dolore, ma azione interiore nel mezzo di esso: significa volgersi con tutte le forze interiori al senso ultimo di esso, a ciò che vuole realmente significare. Occorre essere conoscenti di qua dal dolore, liberare il sentimento del dolore dall’attaccamento personale. Siamo noi che rendiamo depressivo il dolore: il nostro egoismo. La sofferenza diviene così veicolo interno di affinamento. Noi comprimiamo il sentire con il peso del nostro ego: da questo peso nasce la deformazione dei sentimenti. Il dolore diviene oscura forza che logora l’anima e il corpo. Forze di conoscenza debbono sollevare l’Io al di sopra di questa oscura, luciferica inclinazione. Occorre trarsi al di qua del sentire, perché i sentimenti sorgano come forze, immagini, percezioni, contatti con il Mondo Spirituale.

Gli uomini, nei tempi che sempre più annunciano l’avvento di una “sub-natura”, debbono operare con dedizione e purezza, con volontà e ardimento: debbono evitare le Guide dell’umanità trovino difficile o impossibile il rapporto con loro. Il dolore non risolto secondo conoscenza esige nuovo sacrificio, esige martirio. Il dolore va affrontato con serenità, con certezza assoluta della realtà del Mondo Spirituale. Occorre liberarsi della paura di soffrire: il coraggio è la via diretta verso lo Spirito. La viltà esige ancora oscuro soffrire, ancora sacrificio, martirio. In questa vicenda viene coinvolta la personalità più alta, ogni iniziato che percorra la via del Cristo. Alludiamo ora a Christiano Rosenkreuz.  Coloro che sanno come realmente stiano le cose con questa individualità, sanno anche che Christiano Rosenkreuz sarà il più grande martire fra gli uomini, a prescindere dal Cristo, il quale ha sofferto come un Dio. E i dolori che lo renderanno il grande martire, nasceranno dal fatto che gli uomini tanto poco prendono la decisione di guardare intimamente nella propria anima per cercare la sempre più sviluppantesi individualità e sottomettersi alla incomodità (derivante dal fatto) che la verità non viene presentata loro come su un vassoio, pronta; bensì bisogna conquistarla in un rovente tendere, (aspirare), lottare, e cercare, e che non possono venir poste altre esigenze nel nome di Colui che si indica come Christiano Rosenkreuz.

Occorre di continuo sollevare la vita da quella condizione di sordità,per cui si passa innanzi al mondo, alla natura e agli esseri senza riconoscerli. E’ come se ciò che vi è di più prezioso, ciò che vi è per noi di più desiderabile, ciò che è il valore finale dell’essere nostro, ci passasse vicino, e noi non ce ne avvedessimo, anzi lo respingessimo, per volgersi a miti o a fantasmi. Occorre attingere a quella fonte sacra della realtà, che è la conoscenza di sé: lasciare che i moti dell’anima parlino il loro linguaggio, che parli la sofferenza, che parli l’angoscia, l’oscuro gelo dell’anima. Questo ascoltare è sollevarsi ad una luce rischiaratrice, che fa cogliere la realtà di se stessi. Parla allora anche il Mondo, la Natura, la Vita. E se possiamo con la stessa trasparente liberata chiarità guardare il Mondo, la Natura, la Vita, allora troviamo noi stessi.

E’ un sollevarsi a quel clima, per il quale si vive in libertà di fronte alla sfera delle emozioni e degli istinti e si ha per ogni soffrire, il suo coronamento, il suo senso: tutto chiede all’uomo che egli ritrovi se stesso, tutto lo esorta e lo incalza perché egli ritrovi se stesso. L’uomo deve cessare di smarrirsi in una semi-cosciente adesione alla visione del mondo sensibile, dimentico delle forze che operano in lui, degli enti che tramano nel suo esistere: non può usare della vita rinunciando a conoscere le sue basi, non può muoversi nella vita dell’anima rinunciando a conoscere la fonte di essa.

Se egli dice IO di se stesso, non può rassegnarsi ad avere questo poco più che come una parola: già sarebbe qualcosa se egli potesse averne l’immagine. Il compito dell’autoconoscenza deriva dalla necessità che l’uomo sia l’Io che dice di essere. L’uomo si comporta come il padrone di una bellissima casa che viva fuori di essa, in un gradino fuori della porta, soffrendo gelo e caldo, pur affermando di essere il padrone di casa. Eppure tutto insiste, attraverso eventi di ogni giorno, attraverso angoscia, dolore e illuminazione, tutto insiste perché l’uomo si conosca come IO.

“…Se si potesse afferrare l’Io e porselo davanti come il mondo esteriore fisico e se si volesse parimenti ricercare quanto è attorno all’Io, questa Um-gebung, dalla quale l’Io altrettanto dipende quanto il corpo umano da tutto ciò che vien visto mediante gli occhi e percepito mediante i sensi, come si ha questa Um-gebung nel mondo fisico, nelle nuvole, negli alberi, nei monti ecc.; oppure come il corpo fisico dipende dai suoi mezzi di nutrizione, allora si giungerebbe ad una caratteristica cosmica, ad un quadro cosmico, in cui parimenti impregnata e contenuta la nostra antica Um-gebung (ambiente) invisibilmente cacciata dentro; e ciò è parimenti collegato con il quadro cosmico dell’antico Saturno. Ciò significa: chi vuol conoscere l’Io nel suo mondo, costui deve potersi porre dinnanzi agli occhi un mondo, quale era l’antico Saturno. Questo mondo è coperto, è un mondo supersensibile per l’uomo. Al grado attuale della sua evoluzione l’uomo non lo potrebbe sopportare.

Gli è occultato grazie al Guardiano della Soglia. Si tratta di una visione a cui occorre prima abituarsi. E’ necessario giungere ad una rappresentazione, a tutta prima, che occorre per giungere a sperimentare un siffatto quadro cosmico, come qualcosa di reale (concreto, operante). “Quanto percepite coi sensi, dovete cacciarlo col pensiero ed ugualmente escludere col pensiero il vostro mondo interiore, in quanto questo stesso consiste dei modi abituali di sentimento (stati d’animo). Ulteriormente l’uomo dovrebbe cancellarsi di quanto possiede nel mondo in fatto di rappresentazioni. Quindi dal mondo esteriore dovreste togliere quanto i sensi possono percepire e, dall’interno, tutto quanto sia moto di sentimento, rappresentazione”.

“Se di fronte a tale disposizione d’animo ci si volesse fare un concetto, quando si afferri realmente il pensiero, “tutto ciò sia pur cancellato, ma l’Uomo resti ancora”, allora altrimenti non ci si può dire che “conviene che l’Uomo impari a poter provare Orrore, Paura di fronte al Vuoto infinito che ci si fa (su), attorno. Bisogna che si possa parimenti provare il proprio “ambiente” completamente saturo e colorito di quanto intorno a noi da tutti i lati suscita Orrore, Spavento, e occorre contemporaneamente essere in condizione di superare questa paura mediante fermezza interiore e sicurezza del proprio essere (Wesen – ente realtà).

Senza queste due condizioni di Spirito – Orrore e Spavento di fronte al Vuoto infinito dell’Essere (Dasein) – non si può sperimentare alcuna impressione di quanto sta alla base del nostro essere (Dasein) come Essere-Saturno. “Per afferrare quanto sta alla base del mondo non basta parlarne in concetti e farsene idee; più necessario è bensì poter evocare “ciò che si sente” (Empfinden) di fronte all’Infinito Vuoto dell’antico Essere-Saturno: l’animo allora afferra, anche se solo ne possiede il sospetto, il sentimento del Raccapriccio (Schaudern). E’ qualcosa che può essere paragonato con l’orrore del vuoto che si prova su una parete a picco in alta montagna: si tratta di una condizione di vertigine che non può essere messa da parte e che ha una ragion d’essere: non può essere negata o ignorata.

“Ora, vi sono due possibilità per l’uomo attuale: una sicura è l’aver compreso gli evangeli ed essersi aperto alla forza che emana dal Mistero del Golgota. Chi si regoli secondo questo impulso con profondità, si rende sicuro, consegue qualcosa in quel Vuoto, che gli si ingrandisce da un punto e riempie il vuoto con qualcosa simile a Coraggio che è un sentimento di coraggio, di essere-riparato, mediante l’essere-unito a quella Entità che sul Golgota ha compiuto il Sacrificio.

L’altra via è quella per cui si penetra nel mondo spirituale senza passare per i Vangeli, ma mediante autentica, pura, Theosofia. Occorre sempre porre mente, anzitutto, che non si parte dai Vangeli quando si considera il Mistero del Golgota, ma vi si perverrebbe anche se non vi fosse alcun Vangelo. Ciò non sarebbe potuto verificarsi prima che avvenisse il Mistero del Golgota. Oggi però è il caso, poiché è accaduto qualcosa nel mondo, grazie al Mistero del Golgota, per cui l’Uomo può immediatamente afferrare da sé il Mondo Spirituale dalle impressioni sensibili, grazie alla forza del “pensiero puro”.

Ciò è quanto denominiamo il valere (il vigere, il dominare) dello SPIRITO SANTO nel mondo, il dominare del Pensiero Cosmico nel mondo. Se prendiamo l’una o l’altra via, non possiamo perderci e precipitare nell’abisso infinito, appena ci troviamo di fronte al Vuoto-pieno-di-raccapriccio.

Si impara allora a conoscere la natura degli Spiriti della Volontà o Troni, proprio in modo che per noi diviene come una effettiva esperienza ciò che potremmo dire un “ondoso mare di coraggio”. “Quanto al principio l’Uomo può soltanto rappresentarsi, diviene realtà chiaroveggente. Pensatevi immersi nel mare – ora immersi quale entità spirituale che si sente una con la Entità-Cristo, portati in mare dalla Entità-Cristo, nuotanti, ma non in un mare di acqua, bensì in un mare riempiente lo spazio infinito di straripante, mareggiante (fluttuante) coraggio, di straripante energia! E non si tratta puramente e semplicemente di un mare indifferenziato: ma tutte le le possibilità e differenzialità vi sono comprese, di ciò che si può indicare con il sentimento del Coraggio, che ci viene incontro. Impariamo a conoscere allora Entità come esseri concreti, consistenti di Coraggio, sostanziati di Coraggio”.

Queste Entità compiono un sacrificio verso i Cherubini, nella intemporeità: d’onde nasce il tempo. Sperimentando questo sacrificio, qualcosa si distacca dal nostro essere – sono gli Archai (Nascita del tempo – Archai = Spiriti del TEMPO). E’ importante intuire e sentire questo sacrificio offerto dagli Spiriti della Volontà ai Cherubini, e alla nascita del Tempo…Similmente il fumo del Sacrificio dei Troni, che partorisce il Tempo, è ciò che denominiamo il Calore di Saturno. Ma questo calore scaturisce come calore di sacrificio che gli Spiriti del Volere presentano ai Cherubini. Ovunque è calore, abbiamo in verità Sacrificio, Sacrificio dei Troni di fronte ai Cherubini.

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(continua)

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