Le Alpi, ma particolarmente le Dolomiti, sono lo scenario dove io sono nata, cresciuta e dove sto vivendo: la mia Heimat, la mia terra.
E dell’anima di questa terra vorrei far conoscere un frammento.
Come? Raccontando una fiaba tratta dalla raccolta “I MONTI PALLIDI”.
Nelle due isole ladine delle Dolomiti e dei Grigioni, ma specialmente nelle vallate tra Bolzano e Belluno, si trovavano ancora, alla fine dell’ottocento, tracce di una antichissima poesia ladina la quale, nel tempo, si diffuse per tutte le Alpi. Documenti meravigliosi di una ingenua poesia pastorale, ma anche scampoli di saggezza e di spiritualità che venivano conservati e tramandati, nel corso dei secoli, da persone umili nate e cresciute nella magia delle Dolomiti: i monti pallidi.
Solo i pastori sentono di più l’incanto delle solitudini e il fascino delle vette, e l’anima di questa gente di montagna aveva saputo trasformare e rendere leggenda il mondo che la circondava.
…..Il sorgere del mitico regno dei Fànes, la leggenda del castello reale sui Cunturines, la principessa Dolasilla che dorme incantata nel lago di Braies, la storia di Soreghina “filo di sole”, che muore dolcemente a mezzanotte per un suo perduto amore, il valoroso guerriero Ey de Net….. …
sono solo alcuni dei personaggi e dei fatti che si incontrano nel libro.
Questi racconti vennero raccolti, girando tra le valli delle Dolomiti, da Karl Felix Wolff, poeta, giornalista e antropologo bolzanino che, pazientemente ascoltava, raccoglieva, e ricostruiva i racconti di queste persone umili, dando vita ad un testo che venne presentato al pubblico per la prima volta nel 1913, dieci anni dopo l’inizio della sua ricerca.
Il racconto che ho scelto per voi, amici di Eco, si intitola:
IL PASTORE DEL MONTE CRISTALLO
Sul monte Cristallo, che spicca nel cielo di Cortina d’Ampezzo come possente pallida guglia e che d’inverno, ricoperto di neve, brilla nel sole come puro cristallo, c’era una volta un magnifico castello reale, dalle cui torri si dominava la valle e si vedevano le vette lontane e i ghiacciai della Marmolada.
In quella reggia abitava una principessa bellissima e aggraziata, alla cui mano molti figli di re avevano aspirato: ma tutti erano tornati indietro mortificati e non si erano più fatti vedere.
La principessa si divertiva a respingerli tutti, proponendo loro come condizione del suo consenso un quesito che nessuno sapeva risolvere.
Si trattava di raccontare una storia che la riguardasse, che ella non conoscesse, ma che fosse verosimile. Trovare una simile storia come era possibile?
E poi, appena un pretendente cominciava a narrare, la principessa lo guardava fisso con i suoi begli occhi azzurri così scrutatori, che l’infelice si confondeva, perdeva la testa e il filo del discorso.
Comunque erano sempre favole troppo incredibili.
Vicino a lei, inoltre, stava sempre il cerimoniere di corte, il quale con abili domande sapeva confondere il narratore e farlo cadere in una serie di contraddizioni.
Un giorno, la principessa udì cantare da uno dei cavalieri del castello una canzone che le piacque molto e gli chiese se fosse una sua composizione. Il cavaliere rispose di no; la canzone era di un pastore del quale non si sapeva la provenienza e che diceva di chiamarsi Kristal.
La principessa volle sapere di più su questo pastore e si rivolse al cerimoniere per avere notizie.
“ Sì, rispose questi, lo conosco bene. Era un pastore come tutti gli altri, ma da quando per caso ha visto voi, principessa, cogliere fiori in un prato, è diventato poeta e tutto il giorno va in giro per i boschi componendo canzoni. La gente dice che è innamorato di voi alla follia, e deve essere vero.
Una volta è venuto qui a presentarsi come pretendente, dicendo che sapeva una storia che vi riguardava. Ho dovuto farlo mandare via dalle guardie: non potevo presentarvi, come aspirante alla vostra mano, un pastore!”
La principessa andò in collera e fece al cerimoniere una lavata di capo. Gli disse che non toccava a lui scegliere i suoi pretendenti, che questo riguardava soltanto lei. E per suo ordine Kristal il pastore fu subito avvertito che poteva andare al castello per raccontare la sua storia.
Kristal non se lo fece ripetere due volte e il giorno seguente si presentò alla porta del castello.
Le guardie lo condussero nella grande sala dove la principessa ed il cerimoniere e le sue dame, lo aspettavano con molta curiosità. La principessa fissò su di lui i suoi grandi occhi azzurri ed il suo sguardo era amichevole, senza un’ombra della solita ironia.
Kristal cominciò a parlare:
“Nobile principessa, quel che racconterò è avvenuto in un luogo molto lontano da qui, molto lontano da tutti i paesi della terra: nei campi dei Beati.
Tutti noi, prima di nascere, abbiamo vissuto nei campi dei Beati, ed eravamo felici perché non sapevamo che il nostro destino ci avrebbe chiamato a diventare uomini sulla terra dove avremmo dovuto stentare e soffrire. Lassù ciascuno di noi aveva un dovere da compiere. Voi, nobile principessa, eravate una regina, e tutti i sudditi vi amavano per la vostra bontà e la vostra giustizia. Ma quello che ammiravamo di più in voi erano i vostri meravigliosi occhi, che nessuno poteva guardare senza sentirsi immensamente felice.
Io ero un cavaliere, ma un giorno scelsi di fare il pastore per poter passare ogni giorno con i miei agnelli sotto le finestre del castello, per dare il buongiorno alla mia regina, suonando con il corno un’arietta allegra. Questo era in tutto il giorno la mia gioia più grande e credevamo che sempre sarebbe stato così.
Ma un bel giorno un Angelo venne ad annunziarci che presto saremmo dovuti scendere sulla terra.
Tra coloro che dovevano scendere Egli cercò i più meritevoli e, dopo aver scelto la regina e me, ci permise di esprimere un desiderio che sulla terra sarebbe stato esaudito. Io ero vicino alla regina e vedevo i suoi meravigliosi occhi azzurri d’una luce così bella, che pregai con sincero desiderio:
“Possa ella sulla terra conservare questi begli occhi”.
L’Angelo approvò con un cenno del capo la mia preghiera, e si rivolse alla regina che aveva ascoltato sorridendo. Anch’ella non domandò nulla per sé ma, per ricompensarmi, chiese all’angelo che sulla terra venisse esaudito il mio più grande desiderio.
Di nuovo Kristal s’interruppe, di nuovo riprese:
“Vedete nobile principessa, la mia preghiera è stata esaudita perché voi avete sempre gli stessi occhi che avevate nei campi dei Beati, ma se l’Angelo abbia accolto anche la vostra domanda e voglia esaudire ora il mio desiderio più ardente, io non lo so”.
E Kristal tacque.
Le dame si guardavano di sfuggita, mentre la principessa fissava il pastore in silenzio, meravigliata.
Allora il cerimoniere prese la parola e riconobbe che il racconto non usciva dai limiti delle tre condizioni: riguardava la principessa, era un fatto che lei non conosceva ed era credibile, perché chi può sapere quello che è avvenuto o non è avvenuto nei campi dei Beati?
“Ma, continuò rivolgendosi a Kristal, il tuo racconto ha un a grande lacuna. Tutti noi siamo stati un tempo nei campi dei Beati, perché noi non ricordiamo nulla e tu solo ricordi tutto?”
Kristal rimase un po in silenzio e poi rispose con calma:
“Il ricordo di quei luoghi e di quella vita torna alla mente, quando si rivede l’ultima cosa luminosa che si era vista prima del buio che precede la venuta sulla terra.
L’ultima cosa che io vidi furono gli occhi azzurri della mia regina; e quando li rividi, la prima volta che incontrai la principessa, subito mi tornò la memoria perfetta di quei tempi felici”.
Il cerimoniere ammutolì e, per quanto riflettesse, non poté trovare un argomento per contraddire il giovane. La principessa sorrise e lentamente porse la sua mano all’umile pastore.
Con quel gesto gli donò se stessa e tutto il suo regno.