***************
Durante la lettura e lo studio del testo mi è spesso capitato di dover tralasciare momentaneamente personaggi o argomenti citati riguardo a cui conoscevo poco o nulla. Sebbene tale conoscenza possa essere in qualche modo considerata accessoria e non indispensabile rispetto all’essenza dell’opera in questione ho ritenuto utile quantomeno acquisire informazioni anche solo a livello basico a riguardo. Condividerò ogni tanto qui su Eco, casomai possa tornare utile anche ad altri (fatta salva la possibilità da parte di chiunque abbia modo e/o voglia di integrare, aggiungere o quant’altro).
§§§
Karl Julius Schröer (Presburg, 11 gennaio 1825 ; Vienna 16 dicembre 1900).
Filologo, linguista e letterato, viene indicato nella prefazione (tratta dal cap. VI de « La mia vita ») come colui che consigliò all’editore Joseph Kürschner l’allora ventiduenne Rudolf Steiner come curatore dell’edizione delle opere scientifiche di Goethe per la Collezione della « Letteratura nazionale tedesca ».
Nel saggio “Enigma dell’uomo” il Dottore (che fu prima suo studente all’università di Vienna dove lo Schröer insegnava storia della letteratura tedesca) lo indica come personalità nella quale è possibile scorgere il nobile manifestarsi dello spirito di “austricità” nel corso della seconda metà del XIX secolo.
Commentatore e fine conoscitore delle opere di Goethe, volgerà in particolar modo il suo interesse allo studio del Faust di cui pubblicherà una edizione commentata in due volumi. Nel 1878 fu tra i cofondatori dell’ “Associazione Goethiana di Vienna”, mentre nell’ambito della Collezione della « Letteratura nazionale tedesca » si occupò dei drammi, oltre a scrivere una prefazione al primo dei volumi pubblicati da Rudolf Steiner nella quale « esponeva la posizione di Goethe, quale poeta e pensatore, nella vita spirituale moderna » facendo notare « che la concezione del mondo, elaborata dall’epoca successiva a Goethe, era una caduta dall’altezza spirituale a cui Goethe era assurto ».
Nel corso dei suoi studi sul folklore dei territori tedeschi e ungarici si occupò dei Jeux populaires de Noël d’Oberufer (isola sul Danubio sulla quale tali Jeux venivano messi in scena) raccogliendo vari testi ed arricchendoli con le sue note comparative per un opera che nel 1857-58 sarebbe uscita con il titolo Les Jeux de Noël allemands en Hongrie. A tale riguardo è interessante notare come Rudolf Steiner ponga in evidenza (sempre ne l’ « Enigma dell’uomo ») il fatto che i vari e prestigiosi incarichi che caratterizzarono la vita professionale ed accademica dello Schröer costituirono una sorta di « guscio esterno » a copertura di una sua più profonda e significativa attività inerente alla vita spirituale austriaca, principiante proprio da studi approfonditi riguardo agli enigmi, all’anima ed alle espressioni linguistiche della vita popolare Germanico-Austriaca e volta a cogliere in maniera vivente quelle forze che sul palcoscenico dell’interiorità e dell’anima dell’uomo lottano per venire alla luce (in particolare riguardo a Les Jeux è da evidenziare il fatto che essi sono in stretta correlazione con le modalità con le quali la nascita di Cristo, assieme a tutto ciò che ad essa è connesso, vive e si imprime in immagini raggiungendo in profondità cuore ed interiorità delle persone).
Importante risulta anche essere l’esempio di Schröer per quanto riguarda la pedagogia. La profonda attitudine e conoscenza nei confronti dell’essenza dell’essere e dell’anima umana trova applicazione e accrescimento in campo pedagogico in occasione di varie esperienze che il Professore compie come direttore scolastico, sfociando tra le altre cose nella piccola pubblicazione « Questioni relative all’insegnamento » che Steiner considera annoverabile fra le « perle della letteratura pedagogica ».
Verso la fine della sua esperienza terrena Schröer si spese per la creazione a Vienna di un memoriale in omaggio a Goethe che verrà inaugurato il giorno prima della sua morte.
Schröer, l’austriaco, non intende vedere il mondo dei pensieri grigio su grigio. Le idee dovrebbero risplendere di una colorazione tale da rinfrescare e ringiovanire continuamente le profondità del nostro cuore. E quanto di più importante ci sarebbe stato a tale riguardo per Schröer…era il pensiero concernente il sofferto anelito verso la Luce, che alberga nelle profondità del cuore umano, ricercante nel mondo delle idee il sole di quel regno nel quale il nostro intelletto volto al solo mondo dei sensi e della finitezza dovrebbe sentire l’estinguersi della sua luce.
(R. Steiner)
LA CORONA DI GOETHE
Da Goethe e l’amore, “Ricordi di Weimar”, Filadelfia Editore, Milano 2007, pp. 113-114. Tratto da “L’Archetipo” – Ottobre 2008 –www.larchetipo.com/2008/ott08/
…Già nella carrozza postale mi rallegrai per un’immagine graziosa che potei ricavare dal racconto di una signora, compagna di viaggio, che parlava in modo alquanto caloroso di Goethe. Ancora scolaretta ebbe una volta la fortuna di partecipare ad una festa preparata per onorare la granduchessa.
Alla schiera delle giovinette furono distribuite strofe di poesie che esse dovevano imparare e poi leggere ad alta voce. La mia compagna di viaggio aveva dimenticato i dettagli di quella festa, ma un momento solo ella ricordava vivamente. Dovevano esserci delle prove, e le giovinette si radunarono in una sala.
Faceva freddo e si avvolsero nei mantelli. Ad un tratto entrò Goethe, che la narratrice vedeva per la prima volta. Egli apparve avvolto in un mantello con un bavero rosso foderato, che aveva qualcosa di militaresco …«Si mostrò però cosí affabile con noi piccoli, ed era cosí bello e regale, che noi bambine ci distraemmo completamente guardando solo lui. Egli si sedette di fronte a noi per ascoltare le prove, e noi non distoglievamo gli occhi da lui!». Piú tardi fu chiesto alla narratrice se avesse visto Goethe, ed ella rispose di sí e disse che «egli portava una corona!».
La si derise, ma ella chiamò un’amica come testimone, ed anch’essa si ricordò «che certo, egli portava una corona!». Piú le giovinette riflettevano e piú si convincevano «che certo, egli portava una corona!», e questo nonostante gli altri incominciassero ad irritarsi per questa grave non verità sostenuta cosí fortemente. I bambini però sapevano bene cosa avevano visto.
Avevo una lettera per Eckermann, che gli feci recapitare con la preghiera di ricevermi per un’ora e la richiesta di quando sarebbe potuta avvenire la mia visita. Nel frattempo mi recai in una specie di caffè; ciò che mi colpí fu che, nonostante fosse arredato in modo piccolo borghese, tutti i muri intorno erano decorati con quadri ben dipinti. Erano quadri di valore, e non riuscivo a spiegarmi come potessero trovarsi lí. Chiesi al padrone.
Egli sospirò, non sapendo se degnarmi o no di una risposta. Finalmente disse: «I quadri sono di mio figlio». – «Allora vostro figlio deve essere un artista importante». – «Avete già sentito parlare del pittore Martersteig di Parigi?». – «Certo, naturalmente!». – «Ecco, è lui mio figlio!». Ed ora il vecchio si sedette accanto a me e disse con tono confidenziale:
«Eh, vedete, se avessimo qui ancora Goethe, quella era vita! Senza di lui mio figlio non sarebbe divenuto pittore. Egli era un uomo che vedeva attraverso gli uomini!». Questo è all’incirca quanto ricordo di ciò che mi comunicò il rispettabile signore. E cosí, appena arrivato, avevo già appreso una seconda storia di mio gradimento, e mi rallegravo di poter trovare ovunque tracce della personalità di Goethe. Ciò che specialmente amavo qui e anche piú tardi, era la percezione di come cosí tante persone si ricordassero della calorosa benevolenza e vera bontà d’animo che emanava dall’essere di Goethe.
Karl Julius Schöer