DAL DIVIN FONDO DELL’ESSER NOSTRO

Il culto del Sol Invictus

*

Io sento

Come sciolto da incantesimo

Il Figliuol de lo Spirto

In seno all’anima;

In chiara purità di cuor

L’ha generato

Il sacro Verbo dei Mondi,

Della Speranza Frutto celestiale,

Che giubilando cresce

In lontananze eteree,

Dal divin fondo

Dell’esser mio.

(Rudolf Steiner)

*

In molti settori della spiritualità moderna si crede oggi che sia giusta volontà il caricare gli impulsi ed emozioni, gli entusiasmi verso i pensieri positivi o piacevoli, credendo ciò bastante ad assicurare conseguimenti di forza di pensiero tali da assicurare, quantomeno, comportamenti sinceri, buoni e fraterni .

In parole povere non pensiamo a liberare la volontà ma a caricarla ed alimentarla sempre e solo col sentire prigioniero: un solo sentimento generico deputato al cambiamento di quel pensiero, al mutamento di quella mente che porterebbe così a raggiungimenti di dimensioni solari credute mete profetizzate già dall’antico.

Direi che questa pratica, invece che un pensiero forza genera un pensiero… forzato, di quella energia che tiene oggi in piedi molta new age e svariati spiritualismi da banco, il grande nuovo bussiness del secolo, che ha contaminato anche l’antroposofia.

Parole vuote di un linguaggio romantico e positivo ma rigide come involucro, ingabbiante, e nello stesso tempo impermeabile allo Spirito.

Le verità spirituali sono ridotte a luoghi comuni in cui si insinua il proprio personale brevetto riducendo impunemente il sacrificio di Iniziati a comuni e universali ineluttabili iniziazioni… per esaltare se stessi.

Le verità di Steiner sono ritenute bruscolini quando vanno a cozzare con le nostre debolezze: rimandare la disciplina interiore è vizio risaputo. E questo sarebbe il minimo se non che si può peggiorare la situazione andando ad avversare per sciocco ed inutile amor proprio, ma sempre per interesse personale, proprio l’essenza  su cui si regge quella scienza spirituale che tanto ha ammaliato e nella quale si continua a sguazzare senza decidersi a nuotare.

Una contraddizione plateale e chiarissima alla quale sarebbe preferibile un bel silenzio compunto, almeno non si cadrebbe nel ridicolo, facilmente individuabile ad una semplice analisi logico razionale di ciò che senzientemente si dichiara.

E’ caratteristica umana formularsi pensieri alti e comportarsi non di conseguenza. La natura è forte. Così anche la nuova meta raggiunta e conseguita da pochi nel sacrario occidentale rischia di diventare per gli altri natura morta, pensato, una medicina fra tante che come unici effetti sa dare unicamente assuefazione ed effetti collaterali, una droga, un ritornello, un mantra che ci ripetiamo solo per illuderci e per non “pensare quello che si dovrebbe pensare”.

E così dell’Io solamente si parla, si studia e si fanno conferenze e congressi, ma non se ne fa esperienza. Sì, è giusto pensarne come siamo abituati a fare, spinti dal dovere e dal sentimento, è giusto usare il nostro pensiero migliore, quello forte pensante spinto fino alla sua ultima istanza, ma al limite di questo pensiero pensante non c’è un termine, una fine: un altro grande scenario si apre, lo scenario dell’Uomo. Si tratta di uno scenario che va oltre la forza del razionale, oltre la barriera cerebrale, quella forza che può essere cavalcata e domata, convertita perché conduca oltre, al nostro Io e….

Eppure l’uomo può aver ragione della forza della natura per farne il proprio “sacro finalismo”.

Ma il metodo non è  visualizzazione, non è donarsi a ossessivi pensieri suggeriti dalle leggi di attrazione che vorremmo attivare per sperimentare poteri occulti e poteri terreni di abbondanza. Questi sono i lacci più stretti che possano esistere… : desideri primitivi che si convertono in altre brame più raffinate. E’ merce antica che non merita nemmeno di essere messa in saldo, il negoziante disonesto la camuffa perché non venga riconosciuta e la riespone come nuova ai maniaci dello shopping.

E le promesse e le descrizioni delle nuove schiere di profeti da strapazzo che siamo tentati di imitare e/o seguire, affondano ancora di più l’uomo nelle sabbie mobili, nominando invano il nome del Cristo per rifiutarlo e tradirlo nello stesso momento della sua pronuncia: nella perpetuazione di quella forza d’inerzia che ci conduce, sorda ed inesorabile: la stessa della natura.

Il metodo non è godimento nè sogno, non è parola morta nostra o di altri che possa regalare alcunchè di vero.

Morire davvero bisogna, morire davvero con tutta la nostra volontà vera conquistata in una viva esperienza quotidiana e fedele, morire di una morte che non dona sensualità e piacere terreno, di una morte che possa testimoniare la verità di quell’amore che diciamo di amare. Di quell’amore che non è un sentire malato da nutrire ancora con rinnovate dosi di sostanze allucinogene, di quell’amore che non bisogna rivestire di tecniche di PNL e similari, o di linguaggio di moda del momento.

Di quell’amore che non si trova nelle stanze dei congressi o nei luoghi di eventi e raduni, che non si trova nei libri, che non si trova nemmeno qui in internet ma bensì nel luogo più ignorato, più reietto e disprezzato del mondo (disprezzato prima di tutto da se stessi).

Un luogo da scoprire, raggiungere, conoscere e poi da inabitare: in noi è la Via, la Verità e la Vita. Quella piccola luce del pensiero  deve accendersi e volgersi a se stesso, ripercorrersi su quella via che dal riflesso può portare fino alla causa della sua sorgente: la Verità; dalla immagine morta a Ciò che la produce, per individuarsi, conoscersi.

Per  poi Vivere, veramente.

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La traduzione dei versi di Rudolf Steiner: Casa editrice Trani-Trieste-anno1939

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