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La costituzione che ognuno di noi ha, grosso modo dobbiamo tenercela per tutta la vita. Purtroppo poiché due correnti distinte e quasi mai in armonia tra loro concorrono alla nostra formazione storica: quella che cammina dai nostri antenati fisici e che prosegue in noi e quella che viene nel mondo dalla nostra entità spirituale. La prima riduce, comprime abbastanza (troppo) la seconda.
Il risultato è sempre una deformante contrattura della nostra entità complessiva. I casi di un equilibrio tra le due correnti rappresentano delle eccezioni più uniche che rare (es. riceviamo in eredità un sistema nervoso scassato e si combatte una eterna guerra di trincea per almeno contenere il “danneggiamento”).
La scienza dello spirito è consapevole della situazione in cui si trova l’uomo moderno.
Per questo essa ci conduce, nonostante le mille difficoltà contingenti, nonostante la massività del sensibile e dei fatti, a divenire consapevoli del Pensiero, cioè dell’unica attività operante nell’umano che può essere reale e vera oltre ogni male dell’anima e del corpo.
Altroché concentrazione! Con essa o prima di essa. Il fatto che il pensiero esista, che possa essere percepito e che possa venire “compreso” come una realtà non meno reale di tavoli o sedie è, alla fine dei conti, assai diverso dal sapere una cosa del tipo: “ so che in Africa crescono le banane”. Ma ciò può essere dimenticato o mai compreso compiutamente.
“insisto su questo, perché è la chiave per ogni esercizio interiore che poi si può compiere: non secondo ciò in cui psichicamente o fisicamente si è immersi, ma secondo un’attività in ogni momento capace di nascere indipendentemente dalla situazione psichica o fisica. Insisto su questo, perché nel futuro avremo lotte e prove senza respiro e sarà necessario attingere a una forza inesauribile e assolutamente incondizionabile dalla situazione corporea-animica.
Se si afferra che una formula matematica può essere pensata vera di là dal dramma dell’anima oppure oltre ogni guasto corporeo, si può fortificare al massimo questo pensiero…questo non può avvenire gratuitamente ma ogni volta dev’essere un atto di volontà” (M. Scaligero, 6 aprile 1970).
E’ una consapevolezza per nulla mistica, non è un sentimento ma un fatto da rievocare spesso nella coscienza, nella comune luce di sé.
E’ il primissimo, elementare “adamantino” che chiunque di noi può realizzare in ogni momento. E’ ancora un nulla antecedente qualsiasi opera interiore: “il triangolo ha tre lati, qualsiasi sia la sua forma o la sua grandezza, qualsiasi sia l’incazzatura che ho preso, l’ingiustizia che ho subito, il dolore che mi morde la spalla, la vita di m…a che sto vivendo”. Non è un mantra, una preghiera o un mini-rito e, discorsivamente non vale niente. Discorsivamente è solo una traccia.
Ma indica, se si vuole, l’unico, tosto modo, di uscire dagli sbrodolamenti, sacri o profani.
Almeno secondo la “matematica rosicruciana dello Spirito”.
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Grazie per aver riportato queste interessanti osservazioni di Scaligero; dico la mia: personalmente, e già da molto tempo prima di leggere Scaligero o Steiner, ho sempre trovato nella matematica una forte “consolatrice”, per così dire. Nel senso che dedicarsi per qualche ora per un certo numeri di giorni o mesi a risolvere equazioni o a ripercorrere con attenzione la dimostrazione di un teorema aritmetico, algebrico o geometrico ha un forte effetto “purificante” e calmante sull’anima, perché ci riaggancia a delle verità oggettive, che sono platonicamente sempre vere. Certo, sono solo verità astratte e razionali, ma sono pur sempre verità indipendenti da anima e corpo, come giustamente si osservava nell’articolo.
Non sto di certo dicendo che la pratica della concentrazione, così come dettagliatamente delineata e intesa da Scaligero, sia identica allo svolgere un compito in classe di matematica o alla preparazione ad un esame di analisi o geometria, però dico che queste pratiche, note ad ogni studente liceale o universitario che studi queste materie, possono far capire alcune cose secondo me importanti meglio di tanti discorsi; in particolare:
Lo studio prolungato delle matematiche ha un forte effetto calmante e purificante; il che non vuol dire che sia facile, ma che se si immette volontà nello studio (come del resto si deve fare nella concentrazione Scaligeriana) alla fine si può giungere ad uno stato d’animo di grande calma. Questo secondo me accade perché si ha a che fare con verità razionali che essendo ben distinte da corpo e anima, anche se vengono vissute in modo semplicemente astratto, hanno un potere oggettivo di “sganciamento” dal complesso psico – fisico, almeno fino ad un certo punto, che dipende dalla forza di volontà che l’individuo vi può immettere; del resto come ben sanno gli studenti, lo studio non è sempre facile.
Si potrebbe dire: ma lo studio della matematica, la risoluzione di equazioni, le dimostrazioni di teoremi etc possono forse entusiasmare l’anima per un po’ di tempo, ma poi alla fine si rivelano noiosi, tremendamente noiosi. E qui vedo una seconda analogia con la pratica della concentrazione; ogni studente sa che se vuole superare il compito in classe o l’esame deve studiare e praticare, nonostante e oltre la noia. A ben vedere già qui di fatto si apre per tutti i giovani studenti una porta che però non viene sempre compresa da tutti; infatti studiando oltre la noia, talvolta insopportabile (basti pensare a chi abbandona il corso di laurea in matematica o fisica perché non lo regge), si può sperimentare concretamente, se si sta attenti, che abbiamo in noi qualcosa che va ben oltre non solo il nostro corpo, ma soprattutto oltre la nostra anima e tutti i suoi estenuanti capricci di attrazione e repulsione. Vincere la noia è il “superpotere” che urge tremendamente in questi tempi difficili, anche a livello di prosaica vita quotidiana. In passato c’erano molti più appoggi, a mio avviso, che oggi sono venuti meno.
Poi certo, nel caso dello studio molto sostegno animico viene dall’ambiente, ad esempio dal circolo di amici, di studenti, dal desiderio di non voler restare indietro con gli esami rispetto a loro, dal pungolo a superare l’esame, a laurearsi, a trovare lavoro; oppure dal genuino interesse o addirittura da una inossidabile passione per la materia. Ci sono quindi dei puntelli animici importanti, basati su attrazione o repulsione, che aiutano lo studente nell’impresa; invece nella concentrazione scaligeriana questi puntelli vengono meno, come più volte ricordato in questo blog si fa l’esercizio pensando ad un oggetto insignificante perché si lo si ha liberamente deciso; quindi la base di partenza è più pura, e gli obiettivi sono più elevati. Tuttavia vedo nella comune situazione di studio continuato e serio delle matematiche un forte aggancio pratico con il tema della concentrazione vera e propria, anche se non si tratta della stessa cosa.