LA GUERRA SPIRITUALE (di M. Scaligero)

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Le influenze della sfera spirituale, per poter agire nel nostro mondo, hanno bisogno di basi adeguate, anzitutto nell’ordine psichico e poi in quello strettamente fisico: occorre ad esse un sistema analogo a quello che, nella sua costituzione e nella gerarchia dei suoi elementi, presenta l’organizzazione corporea. Ora avviene che se tali influenze, ad un dato momento, per una qualunque ragione, si ritirano dalle precedenti basi “fisiche”, patrie o regioni o razze che siano, queste possono tuttavia restar cariche di forze psichiche, che saranno tanto piú persistenti, quanto piú potente fu il principio spirituale che di esse fece uso. Ne consegue che il caso relativo a centri spirituali di valore decisivo per la storia dell’umanità, spiritualmente estintisi da un tempo piú o meno lungo, è quello cui si connettono i maggiori pericoli, soprattutto perché nuove influenze invisibili, ma appartenenti al mondo inferiore, possono impadronirsi di quei veicoli psichici per manovrarli secondo la direzione e gli scopi che a loro interessano. Si può dunque verificare il fatto che tutta la cultura e la dialettica di un corpus tradizionale, che ebbero origine come espressione di significati di un mondo in verità trascendente, vadano a rivestire il complesso gioco di forze anti-spirituali, in cui anche i cosiddetti “uomini in buona fede” divengano inconsapevoli pedine.

Nel mondo moderno le forze pure ed eterne della tradizione esoterica vanno ricercate attraverso una liberazione individuale, di là da ogni cristallizzazione culturale e da ogni consunzione dialettica mediante “metafisica pura”, mediante “pensiero puro”. E si spera che, almeno da qualcuno, tali espressioni non vengano fraintese.

Una tradizione deviata sino al punto da render possibile ogni abuso da parte di forze anti-spirituali, sino all’alleanza con quel mondo materialistico contro cui dovrebbe schierarsi, è davvero morta come tale, quanto quella di cui non sussista alcuna continuazione visibile. Oggi, si assiste al fenomeno di una “compensazione” o filosofica o scientista, come via per la soluzione della crisi spirituale che consegue a simili morti.

L’ultima fase del periodo filosofico va divenendo un forzoso prolungamento dei motivi per cui essa non può essere altro che l’ultima fase. Si assiste al riversarsi di una sorta di “precipitato psichico” dell’ultima dialettica filosofica: serie di sottoprodotti di una impotenza del pensiero a ritrovarsi come valore cosciente di qua dalla serie delle ragioni: esistenzialismo, neo-realismo, progressismo. E se si tien conto che ogni forma di spiritualismo che rimanga nella negazione formale di un tale precipitato psichico in definitiva mostra di patirne il vizio profondo e di essere soltanto un aspetto esteriore, sentimentale, semi-cosciente, della paura che esso genera, si può concludere che esistenzialismo, neo-realismo e progressismo hanno una sostanza comune con certo misticismo di moda, con certe ”vie di salvezza” estremamente facili, con certe manie collettive di redenzione.

La confusione in tal senso non ha limiti. All’uomo attuale non importa piú che una cosa sia vera, ma soltanto che possa essere dimostrata. In tal senso egli “pensa”, ossia si illude di pensare. In compenso agisce illimitatamente, senza un controllo, senza una vera consapevolezza di ciò che compie. A lui, avanzare verso una qualsiasi direzione interessa in forma morbosa: che cosa sia poi questa direzione e quale il suo intimo valore, egli nemmeno si chiede: cosí la dispersione continua del suo mondo psichico è la conseguenza inevitabile di ogni forma della sua azione.

Occorre riconoscere che la necessità di un incessante agitarsi esteriore recata alle conseguenze piú esasperanti, senza alcuna nozione del senso finale di esso e del risultato ultimo dell’orgia di attività semplicemente caotiche, pone l’uomo fuori del suo centro e lo porta al tradimento della propria originaria natura, che dovrebbe essere conforme al principio di libertà cosciente.

In correlazione con il potenziamento sistematico delle facoltà esteriori dell’uomo, si verifica una sorta di paralisi delle capacità superiori, quelle che danno ad esso il diritto di riconoscersi al vertice sovrasensibile, individuante, del processo proprio alla natura naturata. Non soltanto egli rinuncia ad essere libero, ma diviene il pervertitore del mondo della necessità naturale. Divenendo meno che uomo e movendosi nel sub-umano, non rinuncia tuttavia a giustificare mediante logica e a confermare con la scienza questo suo decadere. Continua a considerarsi aristócrate, essendo divenuto uno schiavo: e proprio perché ha l’anima del servo – evidente soprattutto quando rinuncia a pensare da sé – cerca all’esterno una libertà che non riesce a conquistare nel proprio mondo interiore. È significativo in tal senso l’inturgidimento dialettico di tutti gli attuali assertori e ricercatori della libertà. Quando tanto se ne parla, allora veramente è soltanto un flatus vocis: allora il mondo è pronto perché gli impotenti a darsi una libertà (che è libertà interiore) impongano al mondo la forza solidale della loro schiavitú. Non resta allora, agli ultimi uomini liberi (il che è dire: ai primi oltre la sfera della necessità) che sparire nella inviolabilità del “silenzio” e operare secondo princípi che trascendono i programmi umani piú o meno scientificamente elaborati.

Qualunque cosa sia per ora detta nel senso di un vero di cui non esiste neppure la nozione nell’ordine intellettuale, è destinata a perdersi nella confusione di tante ideologie e di tante retoriche. Pure, l’appello è permanentemente lanciato da chi sa perché occorre resistere e può essere ancora raccolto da chi comunque ha deciso di non venire ad alcun compromesso. Questa direzione puramente e coscientemente rivoluzionaria di contro alla marea della sovversione conservatrice, falsamente religiosa o progressista, alimentata dall’accidia dell’anima “borghese”, è l’ultima difesa e al tempo stesso il primo fondamento di un ordine spirituale alla cui perdita si deve l’attuale dramma dell’uomo.

Allorché il nominalismo ritorna sotto forma di dialettica o spiritualistica o marxistica o scientistica, è difficile uscir fuori dalla confusione delle parole. Viene allora scambiato il concetto di “universalità” con quello di “internazionalizzazione”. L’influenza dell’ordine inferiore usa per sé gli stessi concetti e gli stessi nomi che si riferirono all’ordine celeste, in vista di un “possesso” in profondità del sistema umano a lei legato mediante frenetico desiderio e oscurità di coscienza. Se si analizzano certe forme democratiche e demagogiche dell’attuale politica dominante, non si può non avvertire un’influenza del genere: il culto del popolo e l’idea che in esso stia il principio e la sanzione di ogni autorità, non sono che inversioni di una giusta comprensione del valore “popolo” e in definitiva agiscono come motivi di degradazione e di peggiore oscuramento di questa collettività. L’insorgere organizzato della quantità, la cui possibilità di scatenamento sotto etichetta umanitaria e socialitaria non è che un elemento del dominio di quell’ordine inferiore; cosí l’insofferenza per ogni giusta autorità o per un dirigente che non abbia tratti affini al tipo dei tribuni del popolo o ai dittatori promettenti la redenzione del proletariato per meglio aggiogarlo o incatenarlo: sono aspetti di un capovolgimento di valori rispondente a un sistema “tellurico” che da invisibile oggi tende a divenire visibile, non senza prima aver giocato l’umanità mediante un falso uso dei suoi maggiori ideali: libertà, fratellanza, giustizia e simili.

Fede e scienza: antitesi dialettica, retoricamente risolta mediante la contraffazione dello spirituale. Qui, incapacità metafisica e falsa religiosità, pari per impotenza dinanzi alla diabolicità del mondo moderno, in sostanza si conciliano con il mondo della materia deificata e meccanizzata. Il religioso “tradizionalista” va di buon accordo con il positivista piú o meno professante ateismo, perché questi non lo disturba, non tenta piú di invadere con concetti metafisici il suo dominio, anzi lo lascia padrone assoluto nel campo della fede e del dogma. Allo stesso modo il positivista ateo va di buon accordo con il professionista della religione ufficiale, perché questi già da lungo tempo ha rinunciato a conoscere la realtà esteriore da un punto di vista essenziale. Il moderno religioso segue la moda, pronto a piú supini riconoscimenti delle verità dell’esperienza e della realtà conoscibile matematicamente, incapace di offrire una giustificazione superiore di questo mondo di concretezza, e lascia il positivista della scienza sovrano assoluto nel suo campo, cosí l’impotente della scienza stringe la mano all’impotente della fede. Essi poi sono sempre pronti a formare un fronte comune contro chiunque li disturbi, contro ogni dottrina che non si rassegni a questa doppia rinuncia e affermi il diritto di un principio superiore sia al limite della fede sia al limite della scienza, un principio cioè di spiritualità solare, sintetica e dominatrice.

Questa spiritualità superatrice ad essi non può che presentarsi rivoluzionaria e portatrice di un nuovo senso eroico della vita. Contro di essa dunque viene scatenata una guerra che da un lato assume l’aspetto di “tradizione” che vuol conservare se stessa e dall’altro assume l’aspetto della rivoluzione popolare ed è la rivoluzione della materia contro lo spirito, quella che spesso abbiamo chiamata la “falsa rivoluzione”. Le due impotenze sono dunque sempre pronte ad allearsi e ad opporre il mondo della loro potenza, che è ormai il veicolo e la base delle influenze dell’ordine infero, contro ogni autentica rivoluzione dello spirito che dall’alto tenda ad agire verso il basso, secondo leggi proprie non sempre riducibili al livello dello sterile razionalismo umano.

Chi non sa scoprire il messaggio latente in questa immane sofferenza dell’uomo, in questa inversione di valori e in questo sovversivismo mistico-materialistico, non ha raggiunto ancora la dignità interiore necessaria per divenire un combattente consapevole della guerra spirituale, della guerra sottile, che ovunque agita l’umanità.

Massimo Scaligero

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Selezione da: «Architrave» anno I, n. 4, Maggio 1948

Immagine: G. Doré «Vittoria di Michele sui nemici dello Spirito»

Grazie a Marina Sagramora per la gentile concessione

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