Quella che Rudolf Steiner chiama ‘Leggenda del Tempio’ o ‘Leggenda Aurea’ è un capitolo di estrema importanza della Scienza dello Spirito, ed un contenuto di meditazione tra i più profondi che siano mai stati donati al ricercatore spirituale. Sin dai primi anni del suo magistero pubblico di Istruttore spirituale – sùbito dopo la svolta tra il secolo XIX e il XX – egli ne parlò e la espose ripetutamente all’interno della ‘Esoterische Schule’, di quella ‘Scuola Esoterica’, ch’egli volle formare all’interno della cerchia prima teosofica e poi – dopo la rottura con Mrs. Annie Besant e il distacco dalla Società Teosofica di Adyar, fondata nel 1875 da Helena Petrovna Blavatsky – antroposofica. Ne parlò più volte nella prima Sezione della ‘Scuola Esoterica’, soprattutto in preparazione di quella che avrebbe dovuto essere l’istituzione ‘cultico-conoscitiva’, ossia della seconda e terza Sezione della ‘Scuola’ stessa, le quali costituivano la cosiddetta ‘Mystica Aeterna’, della quale ho già avuto modo di scrivere su questo animoso e temerario blog.
L’importanza di tale ‘Leggenda’ sta nel mostrare in maniera evidente la radicale differenza, la polarità oppositiva, tra due diverse e, appunto, opposte modalità di accostamento alla ‘Conoscenza’. Ossia, la differenza tra un ‘passivo accoglimento’ della ‘Conoscenza’, come Saggezza sperimentata in uno stato di coscienza sognante, ‘rivelata’ dall’«Alto», e precisamente dall’Eloha, Reggente della Luna, Jahve o Jehova, come nel caso di Abele-Seth, e la ‘attiva volitiva conquista’ di una ‘Conoscenza’, come Sapienza conquistata in maniera cosciente, elaborata dal «basso», con forze puramente umane, accese in Caino e nella sua stirpe dall’Eloha solare, che nella leggenda delle origini si era congiunto con Eva, la Madre dei viventi.
Abbiamo visto, nelle parti precedenti del presente studio, come la ‘missione’ dell’uomo sia quella d’inverare Autocoscienza, Libertà e Amore, e questo può realizzare unicamente un uomo che – secondo l’eloquente espressione di Rudolf Steiner – «si regga sulle sue gambe», e che quindi non dipenda, deludentemente, dagli Dèi che lo hanno generato, ma che si scelga e si costruisca da solo la propria Via, il proprio destino, e sia l’autonomo intuitore e creatore dei motivi delle proprie azioni, dei propri ideali. Tali ideali egli perseguirà, non perché obbedirà a ‘verità rivelate’ e a ‘comandamenti divini’, trasmessi da una qualsivoglia confessione religiosa, bensì in libertà e per amore: con slancio, entusiasmo, uniti a consapevolezza della Mèta – di quella che il Buddha Shakyamuni chiamava la “Eccelsa Mèta” – e pertinace volontà. Quindi intensa, ben ‘sveglia’, volitiva, attivamente conquistata, percezione cosciente della realtà, e non una percezione sognante – che può anche avere caratteri di grandiosità – non una passiva recezione di una saggezza ‘concessa’ da Entità sovrumane, che all’uomo tutto posson dare, fuorché la Libertà ed una Autocoscienza autonoma, fondata esclusivamente su se stessa, e non su di loro. E talvolta – come ammoniva la Sapienza ellenica – l’uomo deve guardarsi dalla ‘invidia’ e dalla ‘gelosia’ degli Dèi. Questa la differenza radicale tra la visione spirituale del mondo ‘cainita’ e quella ‘abelita’.
Quella che, ora, viene qui proposta è l’esposizione della ‘Leggenda del Tempio’, che Rudolf Steiner fece all’interno della ristretta cerchia della sua Scuola Esoterica, in particolar modo all’interno della ‘Sezione cultico-conoscitiva’, ossia della ‘Mystica Aeterna’. La versione qui proposta è inedita in italiano, ed è stata tradotta dal sottoscritto. Per scrupolo di esattezza e di fedeltà nei confronti di contenuti così delicati, cosciente della mia abilità men che mediocre nella lingua tedesca, ho voluto far rivedere la traduzione da me eseguita al mio ‘eleusinio’ amico ‘Trittolemo’, che qui vivamente ringrazio, e al quale devo altresì la trasmissione del testo originale tedesco della versione della ‘Leggenda del Tempio’, che qui viene presentata. Come scrive J. Emmanuel Zeylmans van Emmichoven in Die Erkraftung des Herzens, Verlag des Ita Wegman Institut, Stuttgart, 2009, p 118:
«Questa Leggenda del Tempio risale al tardo Medioevo, e fu per secoli patrimonio d’insegnamento occulto della Frammassoneria, sino agli inizi del XIX secolo allorché venne pubblicata. Nel già menzionato libro Zur Geschichte und aus den Inhalten der erkenntniskultischen Abteilung der Esoterischen Schule 1904-1914, GA-265, Dornach, 1987 [Per la storia e dai contenuti della sezione cultico-conoscitiva della Scuola Esoterica 1904-1914], e già in un precedente volume, Die Tempellegende und die Goldene Legende als symbolischer Ausdruck vergangener und zukünftiger Entwickelungsgeheimnisse des Menschen. Aus den Inhalten der Esoterischen Schule, GA-93, 3. Aufl., Dornach, 1991 [La Leggenda del Tempio e la Leggenda Aurea come espressione simbolica di misteri passati e futuri dell’evoluzione dell’uomo. Dai contenuti della Scuola Esoterica], il Rudolf Stener Archiv ha riunito tutto quello che nel Rudolf Steiner Nachlass e anche altrove si può trovare in relazione a questo tema. Se si studia questo ingente materiale (si tratta quasi di 900 pagine), si può facilmente dimenticare, che non si tratta di documenti da studiare, bensì di contenuti da esercitare. Il molto sapere esteriore, del quale ci si può impadronire attraverso questi libri, non è affatto di aiuto per un discepolato occulto, anzi è piuttosto di ostacolo, perché stimola l’intelletto, invece di mettere in movimento il processo immaginativo.
Nel caso della Leggenda del Tempio, che qui viene riprodotta in una versione, che è stata tramandata da Maria Röschl, si può stabilire la differenza tra stimolazione dell’intelletto (lo «studiare») e lo stesso «esercitare».
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«La leggenda del Tempio
All’inizio dell’evoluzione terrestre uno degli Spiriti del Fuoco del regno solare si congiunse con Eva, la Madre primordiale di tutti i viventi, e generò con lei Caino. Jehova creò Adamo. Questi si congiunse con Eva e sorse Abele. Tra Caino e Abele operò una contrapposizione, giacché Caino, come figlio di uno Spirito del Fuoco, aveva saltato l’evoluzione lunare, mentre Abele portava in sé tutti i gradini dell’evoluzione. Caino era agricoltore, si conquistava i frutti della terra. Abele era pastore, badava agli animali che gli erano dati. Allorché ambedue ebbero presentato a Jehova il loro sacrificio ricavato dal loro lavoro, il sacrificio di Abele venne accettato, non però quello di Caino, il fumo del suo sacrificio venne rigettato. Perciò Caino uccise Abele.
Al posto di Abele, Jehova dette alla coppia di genitori, Adamo ed Eva, Seth, che aveva la stessa natura di Abele.
I discendenti di Abele-Seth erano i portatori della chiaroveggenza, sperimentata immaginativamente, non così quelli di Caino. Questi volsero le loro forze all’elaborazione della terra e alla formazione dell’umanità. Così Enoch insegnò agli uomini l’arte di lavorare le pietre e di erigere case, di organizzare la convivenza sociale. Methusael ideò le lettere dell’alfabeto e scrisse i libri del Tao, che Lamech conservò. Questi libri contenevano in una forma incomprensibile ai non-iniziati la Sapienza primordiale dell’umanità. Jubal inventò gli strumenti musicali, Tubalcain aveva insegnato la lavorazione dei metalli e del bronzo.
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Il re Salomone aveva sviluppato i doni dei suoi antenati [sc. di Abele-Seth] in grado particolarmente elevato attraverso la sua elevata saggezza e la sua forza di veggenza, egli poteva sapere esattamente come dovesse apparire il Tempio ch’egli voleva edificare – in quanto opera terrestre a lui era però impossibile costruirlo. A ciò gli occorreva l’aiuto di un figlio di Caino, e lo trovò nell’architetto Hiram Abif o Adoniram di Tiro. Questi venne ed eseguì il progetto del Tempio di Salomone.
La fama della saggezza e della ricchezza e potenza di Salomone era penetrata così lontano, che la regina di Saba concepì il desiderio, di vederlo. Così ella venne e scorse Salomone sedere sul suo trono, che era un capolavoro d’oro ed avorio. Su questo trono, sedendo immobile nella più preziosa veste, egli apparve apparve alla Regina di Saba stessa come una inanimata opera d’arte, cosicché ella si avvicinò e soltanto al toccarlo scoprì, ch’era vivo, e non era affatto un idolo. Le venne mostrato tutta la magnificenza e la ricchezza di Salomone, e allorché conobbe la sua saggezza, ella gli si promise in sposa.
Allorché venne condotta nel Tempio, ella si stupì di quest’opera e ottenne di vedere l’architetto. Venne chiamato Hiram. Questi fece una profonda impressione su di lei, che si rafforzò ancor più, allorché egli mediante il semplice sollevare il suo martello schierò tutti gli operai attorno a sé. La Regina di Saba, la rappresentante della sapienza stellare e dell’anima dell’umanità, sentì che lei e Hiram si appartenevano reciprocamente, e rifletté a come potesse sciogliere il suo fidanzamento con Salomone.
Allorché un giorno ella uscì davanti alle porte della città con la sua nutrice, discese improvvisamente il sacro uccello Had-Had. In quel momento Hiram le incontrò. La profetica nutrice indicò ciò come il fatto che i due erano reciprocamente destinati per fato. Presto la Regina di Saba riuscì a prendere dal dito di Salomone l’anello di fidanzamento, mentre questi era ubriaco.
Hiram Abif aveva nella costruzione del Tempio tre compagni, che esigevano da lui il grado di Maestro. Tuttavia essi avevano mostrato la propria inabilità, tagliando troppo corta una insostituibile trave per la costruzione del Tempio. Hiram poté mutare questa sventura in bene, per il fatto che egli attraverso le sue forze particolari aveva potuto allungare la trave nella giusta lunghezza. Perciò egli rifiutò ai compagni il grado di Maestro. Essi meditarono per vendetta come poter rovinare Hiram Abif. Salomone sapeva del pericolo che incombeva sul suo Architetto, ma divenendo sempre più geloso della Regina di Saba, non fece nulla per proteggere Hiram.
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Il completamento della costruzione del Tempio doveva essere coronato mediante un’opera, nella quale Hiram Abif pensava di riconciliare la tensione e l’inimicizia dei figli di Caino e di quelli di Abele. Questa era «il Mare di Bronzo», la cui fusione metallica dei sette metalli (piombo, stagno, ferro, oro, rame, mercurio e argento) doveva essere mischiata all’acqua, il metallo della Terra, così che la fusione finita doveva essere completamente trasparente. Questa fusione venne compiuta sino all’ultima fase, la quale come momento culminante della festa in presenza dell’intera corte e della Regina di Saba doveva essere compiuta come coronamento conclusivo dell’opera di Hiram. La corte era riunita. Allora i tre compagni traditori, che avevano il còmpito di completare l’ultima parte, aggiunsero l’acqua in maniera errata, invece di diventare trasparente, la fusione esplose in fiamme devastanti. Il fiume di fuoco si riversò sul luogo, la corte fuggì, e Hiram Abif dovette vedere annientata la sua opera.
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Allora egli udì una voce chiamare dalle fiamme: «Non temere! Gettati nel fuoco, tu sei invulnerabile!». Egli si gettò nelle fiamme e raggiunse, guidato dal suo antenato Tubalcain, il centro della Terra, là egli scorse il suo avo primevo Caino, il primo uomo terrrestre. Questi gli dette il Triangolo d’Oro con la Parola di Maestro. A metà strada verso l’alto, Tubalcain gli consegnò un martello e gli prescrisse di toccare con quello la fusione del Mare di Bronzo. Ritornato sulla superficie terrestre, Hiram Abif toccò col martello di Tubalcain la sua opera distrutta, e la fusione risorse nella completa trasparenza della sua perfezione.
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Hiram volle vedere la sua opera, il Tempio, per l’ultima volta, e vi si recò di notte. Là gli si erano appostati i falsi compagni. Il primo lo colpì presso ad una porta sulla tempia sinistra, cosicché il sangue si riversò fin sulla spalla. Hiram si diresse alla seconda porta per abbandonare il Tempio. Là gli inflisse il secondo compagno un colpo sulla tempia destra, sì che il sangue scorse fin sulla spalla. Si diresse alla terza porta. Là lo colse sulla fronte il colpo del terzo compagno, cosicché stramazzò. I compagni fuggirono. Egli si trascinò ancora fin presso ad un pozzo, nel quale gettò il Triangolo d’Oro. Poi spirò. I tre compagni seppellirono il suo cadavere.
Così la Parola di Maestro con Hiram Abif era andata perduta, i compagni non l’avevano ricevuta. Ai sapienti era noto, che dalla tomba di un Iniziato cresceva un albero di acacia. Essi decisero di tacere durante la ricerca della salma di Hiram. La prima parola che venisse allora pronunciata, avrebbe dovuto essere la nuova Parola di Maestro. Allorché, dopo molto penare, venne trovato il cadavere, in quell’istante ad uno di loro sfuggì la parola: Mach-ben-ach, che significa: «lo spirituale-animico si è separato dal fisico-corporeo», «il figlio terrestre del dolore». Questa fu accolta come nuova Parola di Maestro.
Venne cercato poi il Triangolo d’Oro e fu trovato nel pozzo. Sul triangolo fu posta una pietra cubica con i dieci comandamenti, e così venne segretamente murata nel Tempio.
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Hiram Abif rinacque come Lazzaro e così divenne colui, che per primo fu iniziato dal Christo. Con lui venne istituita la corrente del centro, che stava tra la corrente di Caino e quella di Abele. La corrente di Caino nel corso dei tempi trovò i suoi principali rappresentanti nella F. (corrente della Frammassoneria), mentre l’abelismo trovò la sua espressione nella corrente sacerdotale, della chiesa (cattolica). Ambedue le correnti rimasero reciprocamente fortemente nemiche. Solo una volta esse si riunirono in concordia: nel loro odio contro la corrente del centro. Il risultato di questa concorde unione di ambedue le correnti, altrimenti nemiche, fu la distruzione del Johannesbaum (Goetheanum)».
Si può notare come, in chiusura della sopra riportata versione della “leggenda”, quella trasmessaci da Maria Röschl, Rudolf Steiner metta in relazione la stessa Leggenda del Tempio con il Goetheanum, e addirittura proprio con le due correnti – pur ancor sempre tra loro nemiche – che si sarebbero messe insieme e alleate per la distruzione del Goetheanum stesso, avvenuta nella tragica notte di San Silvestro del 1922. In effetti, si deve considerare che, oggi, sia la corrente ‘abelita’, che quella ‘cainita’, presentano aspetti sia positivi che negativi. Ovvero, detto più chiaramente, e con un riferimento storico più attuale, a partire da ambedue le correnti originarie, che hanno attraversato la storia dell’umanità, si sono generate correnti ‘figlie’ progredienti e positive, e correnti ‘figliastre’ regredienti e negative.
Partendo dalla descrizione di un’esperienza spirituale avuta dal giovanissimo Rudolf Steiner, descritta da Hella Wiesberger in Rudolf Steiners Lebenswerk in seiner Wirklichkeit ist sein Lebensgang, un profondo studio – una disamina che è un vero e proprio saggio esaustivo – apparso nella bellissima e importante rivista del ‘Lascito’ di Rudolf Steiner, e precisamente nei numeri 49/50 (Pasqua 1975) e 51/52 (S. Michele 1975), dei Beiträge zur Rudolf Steiner Gesamtausgabe, Veröffentlichungen aus dem Archiv der Rudolf Steiner-Nachlassverwaltung, tradotto in italiano da Stefano Pederiva, e pubblicato dalla Editrice Antroposofica di Milano, nel 1984, col titolo L’opera di Rudolf Steiner nella sua realtà è la sua vita, ma che, per mio personale esercizio, preferisco ritradurre, troviamo la chiave per la comprensione di una simile nefasta e nefanda ‘alleanza’, attuata dalle correnti involutive e degenerescenti delle suddette due correnti ‘abelita’ e ‘cainita’, la quale, prima, nel secolo XIX, portò all’assassinio di Kaspar Hauser, e di conseguenza al fallimento della sua ‘graalica’ missione in Europa centrale, e, poi, nel XX secolo, alla distruzione del Goetheanum, nonché al tentativo di brutale ‘eradicazione’ della Scienza dello Spirito dalla faccia della Terra e dall’evoluzione spirituale dell’uomo. Nella prima parte del suo studio, Die drei Jahre 1879 bis 1882 als eigentliche Geburts-Zeit der anthroposophischen Geisteswissenschaft, ossia I tre anni dal 1879 al 1882 come periodo di nascita della Scienza dello Spirito antroposofica, in un capitoletto, Der biographische Entstehungsmoment der Zeit-Erkenntnis, ovvero Il momento biografico del sorgere della conoscenza del tempo, pp. 15-23, e nel successivo Die Zeit-Erkenntnis als «Grundnerv» des anthroposophischen Forschungsanfange, La conoscenza del tempo come «nerbo fondamentale» del principio della ricerca antroposofica, pp. 24-28, Hella Wiesberger mette in evidenza quanto sia fondamentale l’esperienza del giovanissimo Rudolf Steiner riguardante la doppia corrente del tempo per tutta la futura concezione antroposofica ch’egli porterà nel mondo, allorché assumerà la funzione pubblica di Istruttore di coloro che anelavano ad una concreta e scientifica visione spirituale del mondo, e all’Iniziazione.
Secondo la visione ‘rosicruciana’ – e, nel prosieguo, vedremo anche ‘manichea’ – del tempo, vi è una doppia corrente di questo: una progrediente ed evolvente dal passato verso il futuro, ed un’altra regrediente ed involvente, in senso inverso, dal futuro verso il passato. A questa esperienza, direttamente vissuta dal Dottore già nella sua adolescenza, allude Édouard Schuré, come viene riportato in Beiträge zur Rudolf Steiner-Gesamtausgabe, Nr. 42/Estate 1973, ove – secondo la traduzione più letterale possibile che ne faccio – leggiamo:
«Von dieser Doppelbewegung hatte der junge Steiner seit seinem 18. Jahre ein unmittelbares Gefühl», ossia, traducendo alla lettera: «Di questo doppio movimento il giovane Rudolf Steiner ebbe, nel suo 18° anno, un sentimento immediato».
Di questa percezione peculiare – che era ben più di un semplice ‘sentimento’, sia pure profondo, di come afferma qui Schuré – contemplata nell’esperienza spirituale diretta, parlò Rudolf Steiner in uno scritto ch’egli redasse proprio per Édouard Schuré, il quale in seguito con ogni evidenza vi attinse, mentre era suo ospite nel 1907 a Barr, in Alsazia. Questo documento autografo di Rudolf Steiner venne pubblicato dal ‘Lascito’ sia nella citata rivista «Beiträge zur Rudolf Steiner-Gesamtausgabe», Nr. 13/Pasqua 1965, che in Rudolf Steiner — Marie Steiner-von Sivers. Briefwechsel und Dokumente 1901-1925, GA-Nr. 262, ossia nell’ Epistolario tra il Dottore e la sua fedele collaboratrice, Marie Steiner. In quel prezioso documento, infatti, possiamo leggere:
«In dieser Zeit fiel — und das gehört schon zu den äußeren okkulten Einflüssen — die völlige Klarheit über die Vorstellung der Zeit. Diese Erkenntnis stand mit den Studien in keinem Zusammenhang und wurde ganz aus dem okkulten Leben her dirigiert. Es war die Erkenntnis, daß es eine mit der vorwärtsgehenden interferierende rückwärtsgehende Evolution gibt – die okkult-astrale. Diese Erkenntnis ist die Bedingung für das geistige Schauen».
«In questo periodo, – e ciò appartiene già alle influenze occulte esteriori – cadeva la piena chiarezza circa la rappresentazione del tempo. Questa conoscenza non stava in alcun rapporto con gli studi e venne diretta completamente a partire dalla vita occulta. Era la conoscenza, che con una evoluzione progrediente vi è una interferente evoluzione regrediente – quella occulto-astrale. Questa conoscenza è la condizione per la visione spirituale».
Lo stesso Rudolf Steiner – come osserva sempre Hella Wiesberger a p. 15 del suo studio – parlò di questa esperienza spirituale del tempo in una conferenza biografica, ch’egli tenne a Berlino, all’epoca del suo distacco dalla Società Teosofica di Adyar, retta da Mrs. Annie Besant, il 4 febbraio 1913. Ivi, egli racconta : «[…] wie er von jener Meisterpersönlichkeit, der er in Wien zwischen seine Jahre begegnete, eingeführt wurde in jene «eigenartigen Strömungen, die durch die okkulte Welt gehen, die man nur erkennen kann, wenn man eine aufwärts- und eine abwärtsgehende Doppelströmung ins Auge faßt»,
cioè:
«[…] come egli venisse introdotto da quella personalità, dal Maestro, ch’egli aveva incontrato tra il diciottesimo e il diciannovesimo anno, «nelle peculiari correnti, che attraversano il mondo occulto, e che si possono riconoscere unicamente se con lo sguardo si coglie la doppia corrente, una ascendente e una discendente».
E che in questo caso si tratti proprio della doppia corrente del tempo – osserva Hella Wiesberger – risulta chiaramente dagli appunti che Rudolf Steiner aveva scritto in preparazione di quella conferenza berlinese. Infatti, nei suoi taccuini, egli scrive: «Doppelstrom der Zeit», «Doppelströmung des Werdens», ossia, «doppio flusso del tempo», e «doppia corrente del divenire».
Questa doppia corrente del tempo – ascendente e discendente – contemplata da un punto di vista cosmogonico, mostra l’esistenza di una tragica dualità, ossia di una necessitante, cogente, non libera, polarità che si verifica nel divenire del Cosmo tra evoluzione e involuzione.
Il mistero, l’enigma, della dualità che vi è tra evoluzione e involuzione, che si manifesta – sia cosmologicamente che cosmogonicamente, nelle due contrapposte correnti del tempo: quella progrediente dal passato al futuro, e quella regrediente dal futuro verso il passato – in un cosmo nel quale vi è necessità, ma non ancora libertà, sta tutto nella legge costringente che stabilisce come sia impossibile che alcune entità spiritualmente si elevino, senza che altre sprofondino. Ossia, affinché alcune entità evolvano e progrediscano spiritualmente – in un Cosmo nel quale ancora non esiste libertà – è necessario, per ora inevitabile, ineluttabile, che altre entità involvano e regrediscano spiritualmente. In un Cosmo in cui domina la ‘Legge’, e nel quale ancora non son sorte Autocoscienza, Libertà e Amore, è appunto inevitabile, fatalità inesorabile, che il ravvivarsi della ‘Luce’ renda più dense le ‘Tenebre’, che tanto più si addensano quanto più la ‘Luce’, liberandosene e respingendole, vieppiù intensamente risplende.
Per questo motivo, possiamo scorgere come nel corso del tempo, dalla stessa corrente ‘sacerdotale’, ‘abelita’, sia potuta sorgere, evolutivamente, una mirabile Mistica cristiana come quella medievale renana, in Germania, con personalità come Meister Eckhart, Johannes Tauler, Heinrich Suso, pur provenienti da quell’Ordine domenicano in origine sorto per la distruzione del Cristianesimo cataro, nonché di ogni altra ‘eretica pravità’, santi come Benedetto da Norcia e Francesco d’Assisi, per citare solo alcuni nomi tra moltissimi. E possiamo, altresì, scorgere come, sempre nel volgere dei secoli – anche considerando soltanto quelli della nostra èra – dalla corrente ‘cainita’, ‘hiramitica’, siano potuto sorgere l’Ermetismo alessandrino, una personalità abbagliante come la sapiente filosofa neoplatonica, Iniziata, Epopta, e Ierofantide, Ipazia d’Alessandria, figlia del matematico Teone, la stessa tradizione alchemica dei ‘philosophi per ignem’, ossia i ‘filosofi mediante il fuoco ermetico’, con personalità come Arnaldo da Villanova, Raimondo Lullo, Alberto Magno, Tommaso d’Aquino, Paracelso, Alexander Sethon, Michele Sendivoglio, detto, come il precedente, il ‘Cosmopolita’, per giungere alla tradizione ‘rosicruciana’ con Heinrich Kunrath, Adriano di Mynsicht, conosciuto come ‘Madathanus’, Michele Maier, in Germania, Robert Fludd, Thomas Vaughan, detto ‘Eugenio Filalete’, Ireneo Filalete, in Inghilterra, Federico Gualdi, Francesco Maria Santinelli, in Italia e nel XVIII secolo, Sincerus Renatus, il principe Raimondo di Sangro, il Conte di Cagliostro, il Conte di Saint-Germain. manifestazione dello stesso Christian Rosenkreutz.
Si ebbe persino il caso di personalità che pur appartenendo in origine ad Ordini religiosi, provenienti della stirpe ‘sacerdotale’, e quindi ‘abelita’, trovarono la connessione con la ‘cainita’ tradizione ermetico-alchemica, divenendo addirittura – come si dice in tale tradizione – dei ‘Maestri dell’Arte’, come nel caso di Giovanni Tritemio abate mitrato prima del monastero benedettino di Sponheim e poi di quello di Würtzburg, e Maestro del mio amato Enrico Cornelio Agrippa, l’autore del De occulta philosophia, vero ‘corpus philosophicum’ di tutta la sapienza ermetico-alchemica e kabbalistica dell’epoca, o nel caso di Basilio Valentino, anch’egli monaco benedettino del monastero di Erfurt, autore del Currus Triumphalis Antimonii, ovvero Il Carro trionfale dell’antimonio, dell’Azoth, e di altre mirabili opere, tenute tutte in somma stima dai ‘Maestri dell’Arte’.
Ma accanto a queste due correnti ‘evolventi’, ‘positive’, ‘progredienti’, sono presenti ed agenti altre due correnti, sempre più degenerescenti – ‘abelita’ l’una e ‘cainita’ l’altra – che si palesano come ‘involventi’, ‘negative’, ‘regredienti’. La corrente ‘abelita’ degenerata si manifesta principalmente nella Chiesa, nella quale vive – come afferma esplicitamente Rudolf Steiner – lo ‘spettro’ dell’antica romanità, non più vivente, e tuttavia recante nel morente mondo attuale il suo decadente impulso che, in forma irrigidita, cristallizzata, mummificata, si mescola come un veleno mortifero ad un nuovo mondo sorgente, per paralizzarne le forze, e possibilmente farne abortire la nascita. Rudolf Steiner caratterizza tale decadente impulso come quello che vuole «narcotizzare e distruggere nell’umanità l’anima cosciente». Perché per essa gli esseri umani han da esser tremule ‘pecorelle’, inscienti e irresponsabili, da condurre dai lor ‘pastori’ ad un sedicente ‘sicuro ovile’, ed esse devono essere anima e corpo, ma non spirito. L’elemento spirituale deve essere loro amministrato – e giuridicamente regolato secondo un diritto canonico che, appunto, non è altro che lo ‘spettro’ del non più vivente antico diritto romano – secondo una prassi sacramentale, della quale la gerarchia ecclesiastica si riserva il monopolio. Solo i sacramenti, da loro amministrati in regime di privativa e monopolio, possono – a loro dire – mettere l’uomo in comunione con lo Spirito, ma da questa comunione la Chiesa si riserva il diritto e il potere scomunicare i disobbedienti, i dissenzienti, gli ‘eretici’, ossia coloro che fanno una scelta, hàiresis, diversa da quella da lei stessa giuridicamente proclamata valida e costringente. Ciò ha portato allo sterminio degli Gnostici, dei Manichei, dei Catari, alla distruzione quasi totale della loro vasta letteratura, alla distruzione dell’Ordine dei Templari, agli innumerevoli ‘eretici’, morti martiri sui roghi, dopo gli orrori di indescrivibili torture. La forma estrema, addirittura parossistica di tale impulso di dominio temporale, sempre più mondano della Chiesa, lo si può osservare in tutto ciò che caratterizza la storia e la spregiudicata azione della Societas Jesu negli ultimi cinquecento anni.
L’involvente e degenerata corrente ‘cainita’, a sua volta, col decorso sempre più accelerato del Kali Yuga, della ‘età oscura’, si è manifestata nella decadenza di Ordini e Fratellanze occulte, a volte deviate anch’esse, come la Chiesa, in senso sempre più mondano, giungendo talvolta a degenerare in militante agnosticismo e materialismo, altre volte, invece, deviate in direzione di una ricerca di una oscura potenza magica, posta al servizio di un egoismo individuale o di gruppo. In ambedue i casi – come direbbe la mia sapiente amica Fang-pai, nobile figlia del Celeste Impero e Maestra del Dharma – «si è smarrita o dimenticata l’intenzione originaria». In tali casi, si può parlare non di semplice decadenza, bensì di un vero e proprio tradimento, del rovesciamento in senso antispirituale delle forze dell’Iniziazione, sino a trasformarsi progressivamente in una vera e propria ‘controiniziazione’. Di una tale degenerazione in senso agnostico e materialistico, oppure in senso magico ed egoistico, non si può certo far colpa all’impulso ‘cainita’ originario, che era ottimo, ma solo alla corrente involutiva di esso, che ha attuato l’inverarsi dell’adagio che dice: «corruptio optimi pessima», ossia che non vi è niente di peggio che il pervertimento e la corruzione di ciò che è migliore.
Quindi la differenziazione delle due diverse correnti – una evolutiva e un’altra involutiva – che si manifesta nelle due stirpi, ‘cainita’ e ‘abelita’, a sua volta ha dato luogo ad una ulteriore differenziazione all’interno delle suddette stirpi – secondo quel duplice movimento ascendente e discendente, o progrediente e regrediente, del tempo, del quale parlava Hella Wiesberger nel suo studio su Rudolf Steiner – ossia ambedue le stirpi in parte evolvono e in parte involvono. E questo per quella inesorabile legge secondo la quale l’ascensione e la purificazione verso il Bene e la Luce di alcuni, comporta la discesa e la degradazione verso il Male e la Tenebra di altri. L’avanzare veloce di alcuni ha come controparte il ritardatario rallentare e rimanere ‘indietro’, di altri. Ciò avviene perché il purificarsi è un liberarsi dal Male e dalla Tenebra, non è ancora – per ora – una trasformazione del Male in Bene, e della Tenebra in Luce. Rudolf Steiner descrive questo duplice movimento di ‘evoluzione-involuzione’, per esempio, là dove nel IV capitolo della sua Scienza occulta nelle sue linee generali, Editrice Antroposofica, Milano, 1978, intitolato L’evoluzione del mondo e l’uomo, parlando della differenziazione che si attua sull’Antico Sole, alle pp. 145-146, troviamo scritto:
«Per caratterizzare il corso ulteriore dell’evoluzione solare, dobbiamo richiamare l’attenzione sopra un fatto del divenire cosmico che è della massima importanza: quello cioè che, nel corso di un’epoca, non tutti gli esseri raggiungono la mèta della loro evoluzione; ve ne sono alcuni che restano indietro. Così, durante l’evoluzione saturnia, non tutti gli spiriti della personalità raggiunsero effettivamente lo stadio umano loro destinato nel modo sopradescritto; così pure non tutti i corpi fisici umani sviluppati su Saturno raggiunsero il grado di maturità adatto per essere capaci sul Sole di divenire veicolo di un corpo vitale indipendente. Ne viene come conseguenza che vi sono sul Sole degli esseri e delle forme che non sono adatte alle condizioni solari; essi devono ora ricuperare durante l’evoluzione solare ciò che hanno trascurato spiritualmente di fare su Saturno. Durante l’epoca solare si può quindi osservare spiritualmente che quando gli spiriti della saggezza cominciavano a far affluire il corpo vitale, il corpo del Sole in certo qual modo si offusca. Lo compenetrano delle formazioni che in realtà apparterrebbero ancora a Saturno; sono formazioni di calore che non hanno la capacità di condensarsi in aria nel modo giusto. Sono gli esseri umani che, rimasti indietro al gradino di Saturno non possono diventare il veicolo di un corpo vitale normalmente costituito».
Qui sta tutto il ‘mistero’ di ciò che ha portato ad esistenza nel mondo l’egoismo, e – come conseguenza – l’errore, la malattia, la morte e il male. Ma senza l’egoismo non vi sarebbe stata nessuna possibilità che l’uomo riuscisse nell’impresa di portare ad esistenza la libertà. Infatti le Entità spirituali che avevano generato, emanandolo dal proprio seno, l’essere umano potevano ‘educarlo’, o – servendosi di Spiriti dell’Ostacolo – ‘istigarlo’ alla libertà, non donargli la libertà. Infatti, la libertà può essere unicamente autonoma conquista, non un dono. Del resto, quelle Entità spirituali – sia regolari che irregolari – non potevano donargli una libertà che, in realtà, esse non possedevano e che si aspettavano da lui. Infatti, nemo dat quod non habet, ossia: nessuno può donare ad altri quel ch’egli stesso non possiede. Infatti, se tali Entità spirituali avessero posseduto Autocoscienza, Libertà, e Amore, non avrebbero avuto alcun bisogno di creare, emanandolo da se stesse, l’essere umano. L’uomo doveva passare dall’esperienza cruciale dell’egoismo. Il duplice aspetto dell’egoismo viene messo in luce da Rudolf Steiner nella nona conferenza de Die Theosophie des Rosenkreutzers, GA-99, Rudolf Steiner Verlag, Dornach, 1962, pubblicata in italiano col titolo La Saggezza dei Rosacroce, trad. di Iberto Bavastro, Editrice Antroposofica, Milano, 1959, pp. 95-96, ma che – data la delicatezza del tema e di talune espressioni in esso usate – preferisco ritradurre dal testo tedesco originale del Dottore. Infatti, a p. 97, leggiamo:
«L’egoismo è qualcosa che ha due lati, uno eccellente [vortrefflich] e uno riprovevole [verwerflich]. Se, allora su Saturno e sui pianeti successivi non fosse stata piantata sempre di nuovo l’essenza [Wesenheit] dell’egoismo, l’uomo mai sarebbe diventato un essere indipendente, capace di dire «Io» a se stesso. A partire dall’epoca di Saturno venne inoculata nella corporeità umana la quantità di forza che fa dell’uomo un essere indipendente, diverso da qualsiasi altro. Per questo dovettero operare gli spiriti dell’egoismo, gli Asura. Prescindendo da piccole differenze, ve ne sono di due tipi. Un tipo è quello di coloro che hanno sviluppato l’egoismo in maniera nobile e indipendente, che si è elevato sempre di più nella formazione del senso della libertà: questa è l’eccellente indipendenza [vortreffliche Selbständigkeit] dell’egoismo. Questi spiriti hanno guidato l’umanità lungo tutti i successivi pianeti. Essi sono gli educatori dell’uomo all’indipendenza [Selbständigkeit].
Ora vi sono su ogni pianeta anche spiriti tali, che sono rimasti indietro nell’evoluzione. Essi sono spiriti stazionari, non vollero progredire oltre [sie wollten nicht weiter]. Da questo fatto riconoscete una legge: allorché ciò che vi è di più eccellente [das Vortrefflichste] cade, quando compie il «grande peccato» di non seguire l’evoluzione, allora esso diventa addirittura ciò che vi è di peggiore [gerade das Schlechteste]. Il nobile senso della libertà viene trasformato nel suo contrario, nel più riprovevole abominio [Verwerflichkeit]. Questi sono gli Spiriti della Tentazione [Geister der Versuchung] – di difficile valutazione [schwer zu Betracht kommenden] – che inducono al riprovevole egoismo. Ancor oggi, questi malvagi spiriti di Saturno sono nel nostro ambiente. Tutto ciò che è malvagio trae forza da questi spiriti».
Questo è il prezzo – un prezzo invero ben elevato – che l’uomo paga per realizzare Autocoscienza, Libertà e Amore: per attuare la missione che l’Assoluto dette agli Dèi, e per realizzarsi – secondo la parola di Rudolf Steiner nelle Massime Antroposofiche – come «mèta delle Gerarchie». Questo perché tutte le entità dell’immensa scala dell’essere sono appunto ‘legati’ a un tale ‘essere’, ossia esse ‘devono’ essere quello che sono, e – per ora – non possono essere né agire diversamente. Mentre l’uomo può essere non solo ‘libero’, ma anche agire come ‘liberatore’, perché come lapidariamente afferma Friedrich Schiller – citato da Peter Selg in Natura della volontà umana, in Rivista Antroposofia, Anno LXVI, N.1, Gennaio-Febbraio 2011, Editrice Antroposofica, Milano, p. 25 – «Tutti gli esseri devono qualcosa, mentre l’uomo è l’unico essere che vuole», per cui – giustamente osserva sùbito dopo Peter Selg: «Si potrebbe dire che tutti gli esseri sono creature, mentre l’uomo è un creatore». Ossia, come scrive Massimo Scaligero nell’ottavo capitolo del Trattato del Pensiero Vivente. Una Via oltre le filosofie occidentali, oltre lo Yoga, oltre lo Zen, Tilopa, Roma, 1979, p. 27:
«L’uomo deve farsi. Egli non è passivo ricettore dell’esperienza terrestre, ma cooperatore del suo compiersi: che esige il tramutarsi di lui da creatura dipendente dalla natura a essere libero: i cui stati d’animo non siano il giuoco della natura in lui, ma la presenza agitante dello spirito. Onde egli realizzi nella natura il proprio stato: la sopranatura.
Egli deve passare da creatura a essere che crea secondo il proprio principio, il Logos, ogni creatura vincolata alla condizione terrestre attendendo da lui la propria liberazione».
Ed è inevitabile richiamarsi ad una affermazione di Johann Gottlieb Fichte, tratta dal suo scritto Contributo per rettificare i giudizi del pubblico sulla Rivoluzione francese, 1793, che Rudolf Steiner amava citare spesso, che dice: «L’uomo può ciò che egli deve; e se dice: ‘Io non posso’, segno è che non vuole». Infatti, a coloro che obbiettavano che affrontare e soddisfare le alquanto esigenti richieste interiori poste nel libro L’Iniziazione. Come si conseguono conoscenze dei mondi superiori, Rudolf Steiner rispondeva: «Uno non deve dire: ‘non posso’, deve dire ‘non voglio’». Ovvero – come direbbe la mia sapientissima amica Fang-pai, nobile figlia del Celeste Impero e Maestra del Dharma – «Là dove vi è una volontà, là vi è una Via»: una ‘Via eroica’, appunto. E la Via della Scienza dello Spirito indicata da Rudolf Steiner, da Giovanni Colazza, da Massimo Scaligero è – lo è radicalmente – una ‘Via eroica’.
Ma non solo gli esseri vincolati alla condizione terrestre – ossia le creature che si sono sacrificate, legandosi ai regni minerale, vegetale e animale della natura, affinché l’uomo potesse compiere l’esperienza della libertà – bensì tutte le Entità spirituali regolari ed irregolari attendono che l’uomo realizzi, conquistandola, la libertà e agisca, poi, come liberatore nei loro confronti. Per la stessa antica concezione indiana – sia brahmanica che buddhista – la posizione dell’essere umano, con la sua duplice natura mortale e immortale, è ‘suprema’, e gli Dèi medesimi, se vogliono conseguire ciò che in India vien chiamata ‘mukti’, o ‘moksha’, la ‘liberazione’, devono rinunciare al loro rango divino e incarnarsi sulla Terra come uomini: ‘rinuncia’, ‘incarnazione’, e ‘umanazione’, che – secondo l’insegnamento di Rudolf Steiner e di Massimo Scaligero – pochi tra i Numi hanno osato compiere: le altre Deità una tale ‘liberazione’ la attendono dall’uomo liberatore di se stesso e di loro. Nel nostro Rinascimento, Pico della Mirandola, nel suo De hominis dignitate, pone anche lui, e per gli stessi motivi, la posizione dell’essere umano nella creazione e nel Cosmo come ‘suprema’.
La liberazione di tutti gli esseri, su qualunque gradino siano nella scala dell’essere – siano essi superiori o inferiori all’uomo, regolari o irregolari – è il più audace – addirittura nobilmente temerario – ideale del Buddhismo Mahâyâna e del Manicheismo. Nel Mahâyâna è l’ideale del Bodhisattva che conseguita la Prajñâpâramitâ, ossia la perfezione della Sapienza Trascendente, ma operando con Mahâkaruṇâ, con l’Illimitata Compassione, decide di non accedere al Nirvâṇa, di rimanere nel Saṃsâra, ossia nel mondo dell’illusoria relatività, dominato da quella Mâyâ illudente e condizionante, la quale s’impone all’essere umano poco consapevole, facendolo soffrire perché come scrive Massimo Scaligero nel decimo capitolo del su citato Trattato del Pensiero Vivente, p. 35:
«È il mondo che sfugge ancor più quando si crede di amare o di soffrire, o di bramare o di odiare, perché sono gli stati d’animo e gli istinti in cui l’astrattezza del mondo, ossia la sua irrealtà, si è fatta potenza interiore, sete della vita riflessamente rappresentata e pensata: che è dire assunta nella sua inversione. Onde si crede di amare ciò che è l’imagine della continua perdita di una segreta capacità di amare, e si odia ciò che non risponde all’elemento di brama di questo illusorio amore».
Il Bodhisattva fa voto solenne di non entrare nel Nirvâṇa, e di agire, invece, con ogni sua forza all’altrui salvezza: «sino a che l’ultimo granello di sabbia del Gange, l’ultimo filo d’erba, tutti gli esseri senzienti, sapienti o ignoranti, intelligenti o stolti, buoni o malvagi che siano, nessun escluso, non abbiano raggiunto l’Illuminazione». A sua volta, il Manicheismo ha, come suo più audace ideale, quello di superare la dualità tra Spirito e Materia, tra Luce e Tenebra, tra Bene e Male: trasformando la Materia in Spirito, la Tenebra in Luce, il Male in un più grande Bene. Per cui l’asceta dei nuovi tempi, nella preghiera autenticamente christica, non chiederà più: ‘liberaci da Male’, consapevole che del Male del quale egli si libera, altri ne saranno preda, bensì conquisterà Saggezza e Forza per la spiritualizzazione del Male stesso dentro la propria anima, operando altresì sacrificalmente a liberare di un tale schiacciante peso coloro che ne sono oppressi.
Abbiamo visto come Rudolf Steiner, nella versione della ‘Leggenda del Tempio’ qui da me tradotta, parli della figura di Hiram, rinato in Lazzaro-Giovanni, come quella di colui che per primo venne iniziato dal Christo – e come di colui attraverso il quale venne costituita quella ‘corrente del centro’, che sta in una posizione intermedia tra la corrente ‘cainita’ e quella ‘abelita’, conciliando così le due polarità contrapposte. In tal modo, nella ‘Via rosicruciana’ che ne scaturisce, viene superato il dualismo tra fede e scienza, tra libertà e necessità, tra mondo esteriore e mondo interiore, tra conoscenza e moralità, e prepara al quel superamento e trasmutazione del Male in Bene, che si realizza radicalmente nella ‘Via del Graal’: come Massimo Scaligero ha indicato col suo insegnamento, e realizzato nella sua vita. In prosieguo di questo studio, verrà approfondito e completato questo tema, mettendolo sempre più in relazione col Mistero del Golgotha, con la ‘Via rosicruciana’ e con la ‘Via del Graal’.
È possibile dedurre che le forze luciferiche sono maggiormente impegnate al degrado della via analitica e le forze arimaniche di quella cainita? E che il Cristo rappresenti l’equilibrio e come tale la Potenza trasfigurante tali forze, promuovendone le forme di sviluppo non degradato? Sono deduzioni pedanti?
E in questo quadro l’elohim Jahve’ può dirsi ispirare l’impulso alla base della via abelita più orientata al sano sviluppo, non per questo da confondersi con l’impulso cristico ? Pronto a ricevere sane bastonate se tali deduzioni puzzino di inutile pedanteria…
Sempre grato del Suo lavoro.
Glorifindel
Tranquillo, gentilissimo Glorfindel, nessuna sana o insana bastonata! Le domande, quando sono sincere, non retoriche, e nascono da una socratica consapevolezza della propria ignoranza – tutti siamo ignoranti di qualcosa, e tutti, ad ogni livello, dobbiamo incessantemente imparare – non sono mai stupide, pedanti, o inopportune! Solo rilevo un buffo refuso o errore di battitura – probabilmente imputabile al correttore ortografico automatico, all’infido T9 – ossia le forze luciferiche non sarebbero correlate alla via “analitica”, bensì a quella “abelitica”, come con ogni probabilità Lei intendeva scrivere! Ahi, l’infido ordigno telematico quante ne combina: mai abbassare la guardia!
La conoscenza del rapporto tra le forze luciferiche e quelle arimaniche non è semplice da penetrare. Per vari motivi. Secondo la storia del divenire cosmico dell’uomo, l’azione delle potenze luciferiche sull’essere umano è molto più antica di quella arimanica, essendo iniziata già nella remota epoca lemurica, mentre quella arimanica iniziò ad operare nella tarda epoca atlantica. Ma ancora nell’antichissima epoca paleoindiana, su un tipo umano che vedeva l’apparire fisico del mondo come una “maya” illusoria operante sui sensi, della quale era necessario liberarsi, l’azione arimanica era pressoché inesistente. Troppo forte, addirittura struggente, era la nostalgia dell’antico indiano per la perduta patria spirituale dalla quale si sentiva esiliato, perché l’impulso materializzante dell’Oscuro Signore potesse operare efficacemente. Solo nelle epoche successive un tale impulso è andato – con molta gradualità – affermandosi nel corso dei millenni, sino a cancellare in una parte dell’umanità ogni percezione spirtuale, anche elementare, e a recludere ed irrigidire l’essere umano nella prigione-tomba, come nell’Ellade veniva chiamata da Orfici, Pitagorici e Platonici, corporea.
Via via che l’impulso del Principe dell’Oscuro Pensiero – di Angra Mainyush, o Ahriman, come lo chiamava Zarathustra – si è andato affermando, si è andata pure saldando una sorta di nefanda “collaborazione” tra i due Ostacolatori: tra Lucifero e Arimane. Ma ambedue, in realtà, operano sia nella corrente abelita che in quella cainita involute e degenerate. Mentre – come scrive più volte Massimo Scaligero – còmpito dell’uomo è quello di scompaginare l’alleanza tra i due Ostacolatori, rendere operante l’inimicizia tra loro, ed usare l’uno contro l’altro. L’alleanza tra i due Oppositori è esiziale per l’uomo, mentre la loro reciproca inimicizia è, invece, salvifica per lui. Massimo Scaligero in Dallo Yoga alla Rosacroce, Perseo, 1972 – consiglierei di leggere l’edizione originale, non quella arbitrariamente manomessa e malamente “ortopedizzata”, edita successivamente da una casa editrice romana – nel capitolo Deità Ostacolatrici, descrive bene il giuoco dei due Ostacolatori, e come scompaginarlo, rendendo operante e fruttuosa tale inimicizia.
E’ corretto affermare che l’Eloha Jahve-Jehova sia all’origine dell’impulso abelita, ma oggi tale entità opera ancora nella corrente decadente, involuta, regrediente, di tale impulso, e la sua azione viene compromessa dall’intromissione dei due Ostacolatori. La redenzione dell’impulso abelita, e delle stesse forze luciferiche, avviene nella Via Rosicruciana attraverso l’opera di redenzione del pensiero, di resurrezione del pensare dalla prigione-tomba somatica nella quale oggi esso è recluso. Ed è ancor più giusto e corretto affermare che il Logos, operante nell’Io e nell’anima cosciente dell’uomo separa ed equilibra le due Potenze Ostacolatrici, e le pone al servizio del Divino.
Ma di questo avremo da occuparci negli sviluppi dell’attuale studio. Abbia fiducia, gentile Glorfindel, che questo tema – di per sé inesauribile – verrà approfondito aulla base delle comunicazioni del Maestro dei Nuovi Tempi e quelle di Massimo Scaligero. Almeno per quanto ce lo consentiranno le nostre forze.
Hugo de’ Paganis
Una sapiente amica – della quale ho molta stima – mi ha fatto notare con una ironica battuta, come il fatto, per me davvero comico, che il “saggio” Salomone, re d’Israele, si sia letteralmente ubriacato al banchetto di Balkis, la Regina di Saba,facendosi sottrarre l’anello di fidanzamento, non dovesse essere poi così eminentemente “saggio”, oltre ad essere invidioso di Hiram e geloso di Balkis!
Il che dimostra, tra l’altro, come avesse eccellenti ragioni Enrico Cornelio Agrippa, il discepolo del sapientissimo, e lui davvero “saggissimo”, abate Giovanni Tritemio, nel parlare della superiorità della Donna nel suo bellissimo De nobilitate et praecellentia foeminei sexus, ossia Della nobiltà e della precelleza del sesso femminile, cosa della quale sono, da sempre, superarciconvintissimo!
Hugo terribilissimo,
sempre più lupaccio cainita,
cattivissimo.
Grazie Hugo, terrò preziosa la sua risposta e sicuramente da rimeditare, già così mi aiuta a sgomberare il campo da troppo facili parallelismi, è faticoso non poter ‘ordinare’ tale quadro, ma credo che questo desiderio d’ordine sia a sua volta una tentazione. ‘Analitico’ era la subdola deformazione ‘tinoviana’ di abelitico, anche perché credo che a tale impulso non si associ precipuamente l’analiticità, ma potrei sbagliarmi viste le nefande alchimie degli ostacolatori.
Ancora con gratitudine verso il suo lavoro che ogni volta mi riempie di attesa e aiuta infinitamente a fare chiarezza.
Glorifindel-Samuele
Come sempre interessantissimo articolo!