PRIMO INTERLUDIO: L’INCONTRO

YURY

L’uomo ormai percepisce nettamente la morte e la sterilita’ delle sue fatiche nella vita sociale.

Immaginiamo un filo d’argento che collega il percepire al suo percepito. Il primo lascia ampio movimento di vita non in senso di concessione, ma di alimento vitale (un uomo sulla luna, o comunque lontano dalla terra, si troverebbe reciso il suo filo d’argento).
Se recidiamo il filo, il percepito muore.

I sentimenti dell’uomo oggi, quando considera l’andamento della vita sociale, sono di sofferenza e impotenza nei confronti di una situazione grave, completamente preda dell’approssimazione, degli istinti, del materialismo: egli percepisce dell’organismo sociale la privazione o assenza di una spina dorsale che sostenga e lo faccia andare nella direzione giusta. L’uomo avverte una forte necessita’ di morale nuova, vera, rigeneratrice, che riporti armonia positiva e socialita’ in tutti i campi della vita. L’uomo sente che l’attuale sistema di vita non e’ per l’umanita’ e il suo progresso completo, al contrario: porta alla sofferenza e alla distruzione.

Secondo Rudolf Steiner, l’attuale aggravamento della questione sociale vede la sua risoluzione nella applicazione della tripartizione dell’organismo sociale.
Restituire e donare liberta’ ed indipendenza (e quindi la vita, che oggi non ha piu’) al settore culturale, spirituale, permetterebbe lo sviluppo di nuove pure idee  e la conseguente inoculazione, in tutti i settori, di liberi e indipendenti impulsi, a costruire il settore giuridico, garante dell’uguaglianza, della liberta’ per tutti, e a stimolare una equa e fraterna espressione della vita economica.
Cosi’ come una ascesa del pensiero verso la liberta’ dai sensi donerebbe alla sede mediana del sentire il suo giusto e riscattato ritmo, allo stesso modo le conseguenti azioni concrete dell’uomo nel mondo avrebbero la loro legittimita’ e incidenza vitale nella societa’: i  nuovi pensare, sentire e volere che sviluppano l’armonia dell’agire umano, di un sano organismo sociale.

Attualmente la corruzione del pensiero ha ragione della promulgazione e dell’applicazione di quei rimedi e di quelle leggi, che nulla possono se non aggravare ancora di piu’ la menzogna e le difficolta’ sociali in cui l’uomo versa.
La comprensione della tripartizione dell’organismo sociale permettera’ all’uomo di sceglierla ed applicarla in liberta’ e convinzione.
Per ora non ci e’ dato che studiarla, farla conoscere. Cio’ che potra’ portare alla sua applicazione risiede nella “fede” che essa venga riconosciuta la soluzione al caos mondiale, risiede nella volonta’ di comprensione di questo nuovo rapporto tra libere ed indipendenti parti vitali, essenziali, che compongono l’organismo sociale; potra’ risiedere nella grave necessita’ in cui l’uomo riterra’ di dover abbandonare i vecchi sistemi inutili, inefficaci ed aggravanti l’equilibrio della societa’ umana.
Solo riuscire ad immaginare un uomo che, spoglio di tutte le illusioni e disgustato di tutta l’ingiustizia, stanco di essere schiavo di leggi esterne a lui, decida da solo, senza forzatura ma per sua volonta’ di scegliere l’applicazione di un ordine sociale basato sulla tripartizione, puo’ cominciare a rendere l’idea di cosa sia la Liberta’ insieme al suo legittimo portatore. Non piu’ una filosofia, non piu’ solo una fantasia morale, non piu’ solo un Io. L’uomo vero comincera’ la vita vera nel vero mondo.

Ma per tutto cio’ occorrera’ che l’uomo prima sperimenti la morte del suo schiavo se’ inferiore, che “ri-conosca” il suo vero Se’. Solo questa forza di morte e di resurrezione potra’ donare nuovi e fertili impulsi alla vita all’organismo sociale, all’umanita’ che ora versa nell’errore, nella sofferenza, nella disperazione, nella mortificazione, nell’illusione creata dai suoi pensieri privati della vita, nella prigionia della sua morale, nella schiavitu’ della sua volonta’.

Un’ “azione” concreta a priori, un antecedente assoluto, puo’ realmente “far toccare con mano” la fonte della vita: far immergere le nostre dita nell’acqua sorgiva della terra.

E’ azione dell’anima che strappa i suoi veli, per rivelare nella semplicita’ nascosta la verita’ piu’ prossima che si offre a noi ogni giorno, e la realta’ fedele che incontriamo per prima ogni giorno e’ il nostro primo pensiero di veglia.

L’antecedente assoluto puo’ essere ritrovato mediante quell’Azione dell’ Anima che, come nella donna e nella madre, si compie ogni giorno: nell’offerta voluta e fedele di se’, alla Purezza e Preziosita’ della Vita dei suoi bambini, tempio di luce interiore; purezza, innocenza, e sacralita’che solo lei puo’ vedere nel semplice e innocente loro gioco.


“Cio’ che farete a uno di questi piccoli, lo farete a me”
.
Curarsi della luce interiore e’ rivolgersi al Logos. A coLui che e’ morto per noi e in noi dimora in attesa della nostra accensione della luce.

“In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”
Sia la metamorfosi della vita dell’anima che il suo frutto ci riguardano individualmente.
Ossia l’Iside Sophia e La Luce che dobbiamo trovare e attivare dentro di noi.
Misteri profondi donati all’uomo dall’inizio, per essere da lui, e a se’ stesso, “svelati”.
Per entrare nel regno della Liberta’ e della Verita’.

Savitri

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lavoro di donnegiochi di bambini

(S. Trismosin «Lavoro di donne e giochi di bambini» Splendor solis, Londra sec. XVI)

PRIMO INTERLUDIO: L’ INCONTRO

Per una mancanza di tempo e solitudine avevo svolto la mia meditazione scegliendo un orario piuttosto infelice: postprandiale. Per giunta la temperatura della stanza indicava il trapasso avvenuto da una timida primavera ad una estate prepotente. L’esercizio si consumò in una lotta contro il sonno. Mia, con molti forse, fu la vittoria: alla centesima volta in cui la coscienza tentava di svanire ricevetti una specie di energico calcio nell’anima: mi parve che qualcosa si spezzasse in mille frammenti, come se una parete di vetro si fosse frantumata nella coscienza, e l’esercizio terminò accompagnato da una lucidità straordinaria.

Stavo interiormente immobile, quasi a gustare meravigliato il modo stravagante del passaggio dall’impotente dormiveglia a quel brusco eccesso di coscienza, quando in quest’ultima si accesero immagini nette e roteanti che mi rapirono in una specie di gorgo velocissimo; avvertii tra le immagini il mio corpo che crollava, abbandonato sulla poltrona, e prima di ogni possibile reazione mi ritrovai nell’immensa libreria di un severo e maestoso edificio. Ero entrato nel paradiso di ogni studioso o lettore.

Tavoli di titaniche proporzioni sostenevano ogni sorta di volumi, tutti in sintonia di dimensione con i tavoli. Mi sedetti su una sedia libera e mi guardai attorno; mi accorsi allora che, pur nel piú profondo silenzio, le altre sedie, massicce e di legno scuro, erano occupate da uomini, e che uomini! Crani nobilissimi, barbe venerabili, rughe cesellate dall’intelletto, qua e là porpore cardinalizie: l’adunata universale di tutti gli studiosi, i sapienti, i pensatori del mondo. Le pareti impossibili a misurarsi ad occhio nudo in altezza, erano coperte da maestosi ripiani completamente pieni di libri.

“È il tempio della Sapienza” pensai, avvertendo un sentimento di profonda umiltà ed esultanza davanti a questo insieme di impressioni cosí intense e venerabili.

Improvvisamente una voce bambina, limpida e scherzosa, ruppe il silenzio ed i miei sentimenti: era in effetti una bambina di otto o nove anni al massimo che, accostatasi, mi strattonava con fermezza la manica. Mai dimenticherò come una vocina allegra ed infantile possedesse tanta profonda autorità:

«È ora che tu esca da questo posto se vuoi la vera conoscenza».

Guardai con nostalgia le nobili figure sedute ed intente, allora lei continuò:

«Lasciali qui seduti, non troveranno mai quello che cercano davvero».

Queste parole scandite in tono canzonatorio mi parvero un po’ crudeli, ma dovevo fare quello che lei diceva. Uscimmo e fuori c’era il sole, alto nel cielo, e lungo un torrentello serpeggiante alcune donne lavavano e battevano le stoffe bagnate; vicino a loro sul prato, alcuni bambini tra lievi schiamazzi giocavano a quei giochi che furono di tutte le nostre infanzie… Mi attraversò folgorante il pensiero «La vera conoscenza è lavoro di donna e gioco di bambini». Una frase simile dovevo già averla letta da qualche parte, ma capirla! Durante questa breve riflessione l’ambiente circostante cambiò completamente: non piú il sole ma la luna che con i suoi intensi e delicati raggi illuminava un mare. Mi ritrovai solo al limite della battigia: dal mare emerse Lei, ma trasformata in una splendida fanciulla di diciassette o diciotto anni apparenti, perché tutto di Lei era attuale eppure antichissimo. Notai i capelli d’ebano e la leggera curva epicantica dei suoi occhi: mille sentimenti si agitavano nella mia anima, ma la gola e la testa completamente paralizzate non mi permettevano di concepire, di parlare, e ciò divenne la cosa piú importante: io ora dovevo riconoscerLa, darLe un nome manifesto, proprio ciò che non potevo. L’angoscia e l’impotenza mi devastarono.

Fu il cuore che allora si mosse e dal cuore salí un mantram, una parola, quasi un urlo: «Madre» che conteneva tutto: sorella, madre, amante, speranza estrema, sostanza della vita.

Con gesti semplici ma sacerdotali, pervaso da devozione immensa, presi da terra una tonaca bianca e delicatamente coprii le sue membra nude. Sorrise e mi accolse nel suo abbraccio: il suo sorriso ed il suo abbraccio sostennero tutto il mio essere che si completava.

Diffusa in beatitudine infinita la coscienza vacillò e mi ritrovai in una stanza: un cubo malandato senza finestre e senza porte con al centro un tavolo semplice, di forma quadrata, con una candela sopra che rischiarava perfettamente il luogo. Mi sentii solo e la solitudine aumentò e portò con sé abbandono, amarezza e sconforto. Udii una voce affettuosa e serena: accasciato come ero alzai gli occhi e vidi una sconosciuta bionda, di pelle bianca, insignificante. Non capivo «Guarda meglio» mi disse la sconosciuta. Riconobbi allora i Suoi occhi. La sconosciuta sorrise e con la Sua voce che guariva l’anima mi disse: «Non temere, sarò sempre con te, il tuo compito è riconoscermi, ricordati, il mio è di non abbandonarti mai».

Qui il racconto si ferma. Posso soltanto aggiungere che in alcuni momenti della vita, dal profondo del sonno o in rare meditazioni alcune esperienze avute paiono confermare la sua promessa di non abbandonarmi. Permane inoltre il sentimento che al momento della morte Essa sosterrà il mio cuore nel severo giudizio e condurrà la mia anima sulla strada dei viventi.

Franco Giovi
( Primo Interludio: L’ Incontro – LA VIA SOLARE )

3 pensieri su “PRIMO INTERLUDIO: L’INCONTRO

  1. Ringrazio Savitri e Franco per le intense, palpitanti immagini che hanno condiviso con noi lettori.
    E’ davvero cosa ottima un po’ di luce costruttiva in uno spazio generale sin troppo attraversato da forze distruttive o alteranti.
    Spero sempre che le persone siano capaci di superare la “decadente” abitudine di arrestarsi a trangugiare la broda degli ossessi ma sappiano recarsi continuamente alla Fonte spirituale che l’anima, senza alcun dubbio, cerca. Anche a propria insaputa.

  2. Cara Savitri,
    la Tripartizione, il mirabile dono che il Mondo Spirituale ci ha portato attraverso Rudolf Steiner, ha senso unicamente se è volta ad aiutare l’Uomo Spirituale. Essa non ha vero significato se è posta al servizio dell’uomo animalizzato, torpidamente affondato nella sua esistenza senziente.
    Massimo Scaligero diceva che l’illegittimo Signore di questo mondo, l’Ostile, il Principe dall’Oscuro Pensiero, concederebbe volentieri all’uomo anche la Tripartizione, se questa servisse a far permanere l’essere umano nel suo stato di stordito torpore senziente, e lo “aiutasse” ad obliare la Patria Celeste e la propria originaria essenza spirituale. E concederebbe ad una élite la possibilità di una luciferica fuga dal mondo, se questa élite rinunciasse, in nome di una solo sognata “Tradizione”, la realizzazione dell’impresa della realizzazione del pensiero-folgore, di quel pensiero vivente che solo metterebbe fine al suo dominio sull’apparire terrestre e sull’uomo.
    La Tripartizione autentica non è e non può essere una serie di misure tecniche per il funzionamento della macchina economica. Se manca un autentico organismo spirituale, essa si trasforma in una ulteriore menzogna, che lungi dal risolvere i problemi dell’uomo, preparerebbe salutari catastrofi, come una terapia risvegliatrice dell’Uomo Interiore dal sonno dell’identificazione alla sfera corporea, inevitabilmente animale.
    Ma questo è il compito delle autentiche comunità spirituali, le quali non devono tradire la missione loro data, di risvegliare le coscienze e di indicare l’ascesi liberatrice. Il “lavoro di donna” e il “Gioco da bambini”, al quale alludono le immagini alchemiche del “Vello d’Oro”, alludono – tra l’altro all’opera di purificazione interiore, alla kàtharsis del corpo astrale e alla nascita di quel “fanciullo interiore” che, nutrito del virginale “latte della Sapienza”, compie la Grande Opera della reintegrazione individuale e della trasformazione dell’organismo sociale a misura dell’Uomo Spirituale.

    Hugo,
    che si assapora il profumo
    Aspirando del sigaro il nicotinico fumo.

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