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Malgrado le mie caustiche considerazioni a taluno possano far sembrare il contrario, io NON sono affatto pessimista. Perché conosco bene che cosa significhi VOLERE. Certo, volere non è desiderare. Desiderare è un’emozione passiva, uno stato d’animo istintivo, il cui entusiasmo facilmente svanisce, evaporando di fronte alle prime serie difficoltà. Il volere, invece, è sempre mosso dalla Conoscenza, e quindi dal pensare cosciente. Già per il pensare cosciente è necessario un attivo e fervido volere.
Io NON sono affatto pessimista – pur non nascondendomi punto la gravità della situazione generale umana, e quella ancor più grave delle comunità sedicenti spirituali, le quali in molti casi latitano o tradiscono – non sono affatto pessimista perché Massimo Scaligero in “Kundalini d’Occidente” scrive che nelle epoche più oscure e antispirituali, nei momenti di pericolo per la storia umana, il Mondo Spirituale proietta nell’umano le sue forze più potenti, e ai volitivi sperimentatori sono possibili audaci realizzazioni, che in epoche “più spirituali” sono maggiormente difficili, perché l’essere umano in tali epoche facilmente si addormenta nel sogno della “tradizione”, e scambia una “natura spirituale” per lo Spirito.
Anche il principe Siddhartha – il Buddha Shakyamuni – affermava che “NELLA TEMPESTA E’ IL RIFUGIO!”. Le difficoltà e le tragedie che l’umano sta attraversando non possono impedire la realizzazione dello Spirito, anzi possono favorire tale realizzazione, perché lo Spirito è “atto” e non un “fatto”. Come ammonisce Massimo Scaligero ne “L’Uomo Interiore”, nello Spirito non si “sta”, nello Spirito si “è”! E nel “Trattato del Pensiero Vivente” afferma che il pensiero volitivo di pochi asceti può operare positivamente e vittoriosamente per la generale condizione umana, perché “è un solo pensare quello che pensa nei pensieri dei molti”. Un tale pensare volitivo – anche di pochi asceti sconosciuti operanti in silenzio e in solitudine – evita tragedie più grandi e, pur tra mille strazi e difficoltà, restituisce luminosità e positivo svolgimento alla vicenda umana.
Un’audace – apparentemente paradossale – affermazione di Massimo Scaligero, da me molto amata, è che “noi siamo condannati a vincere, perché noi abbiamo il pensiero”.
Occorre consacrarsi – in maniera “unicitaria”, come direbbe la mia amica cinese Fang-pai – alla Via del Pensiero, e soprattutto alla Concentrazione. Occorre – nella Concentrazione – volere, volere intensamente, volere a lungo, volere sino a infrangere il limite umano. Occorre rendere incandescente il volere con il “freddo” pensare, e non con la tiepida sentimentalità delle “anime belle”.
E di tali asceti – pur non essendo essi folla – ve ne sono, e operano in maniera consacrata nell’ascesi individuale solitaria e nel Rito dell’ascesi individuale fraternamente svolta nella meditazione in comune con altri.
Rudolf Steiner, nell’ultimo colloquio avuto con Giovanni Colazza – Maestro di Massimo Scaligero, che più volte me ne riferì – affermò che se l’Antroposofia avesse fallito la sua missione in Germania, sarebbe rinata in Italia in novella forma, giovanile e non legata a strutture organizzative cristallizzate e burocratiche.
Circa il fatto che nel novembre del 1923, Rudolf Steiner – di fronte alla inadeguatezza dei discepoli della Scienza dello Spirito, che in vari casi – in maniera insana e improvvida – giunsero in Germania a contestare la fondatezza della sua visione spirituale e il suo operare, volesse ritirarsi in un villaggio svizzero, costituendo con pochissimi discepoli “provati” un Ordine occulto rigorosamente chiuso – “streng geschlossen” dicono i testi in lingua tedesca – lasciando al suo destino la Società Antroposofica e movimento antroposofico, mi fu riferito personalmente più volte da Massimo Scaligero, e dopo la sua dipartita da Hella Wiesberger del “Lascito” di Rudolf Steiner, la quale mi dette anche le probanti testimonianze scritte della cosa. Furono le preghiere e le accorate richieste di Marie Steiner e di Ita Wegman a farlo desistere e a compiere quello che lui stesso definì un “azzardo” – “ein Wagnis”, dicono i testi tedeschi – di unire attraverso la sua persona movimento antroposofico e Società Antroposofica. Ma avvertì che da quel momento in poi “egli sarebbe stato responsabile di fronte al Mondo Spirituale per tutto quel che sarebbe accaduto, e che per gli errori e tradimenti della Società Antroposofica egli avrebbe pagato di persona”. Furono le inadeguatezze, le facilonerie, le superficialità, gli errori, le viltà, e in taluni casi il tradimento – sono le sue stesse parole – che lo condussero alla tomba, più che non il veleno che la parte avversa gli propinò al “Rout” del 1° gennaio 1924.
Egli affermò che se la “Fondazione di Natale” non fosse stata accolta entro sei mesi dalla Società Antroposofica, essa sarebbe stata ritirata dal Mondo Spirituale. Ed io ho la testimonianza scritta del fatto che nel giugno 1924, prima di entrare nella sala delle conferenze, egli disse a Ina Schuurman – persona vicina a Marie Steiner e al “Lascito” – che “la Fondazione di Natale è stata ritirata dal Mondo Spirituale”.
La grandezza spirituale di Massimo Scaligero è anche nell’aver donato al mondo in forma novella e rigenerata la Scienza dello Spirito di Rudolf Steiner, mettendo al centro – come filone aureo di essa – la Via del Pensiero Vivente, e la concreta realizzazione ascetica attraverso gli esercizi: soprattutto la Concentrazione, da lui definita più volte “l’esercizio a sé sufficiente”.
A tale indicazione di Massimo Scaligero – che viene vilmente attaccata da coloro che meno dovrebbero – alcuni amici hanno deciso di rimanere risolutamente, ostinatamente, cocciutamente fedeli.
Niente è impossibile ad una volontà realmente consacrata.
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