Non tutti sanno che il personaggio di Babbo Natale, questo vegliardo benevolo dalla barba bianca, con tanto di pancia e di gotte rosse, è diventato un simbolo del Natale in tutto il mondo, a seguito di una campagna pubblicitaria della Coca Cola diffusa negli anni ’30, che ne ha fatto la sua icona. Ma le origini di Babbo Natale e della sua leggenda hanno a che fare con miti molto più antichi, di origine sciamanica.
Prima della diffusione del cristianesimo, molti paesi europei praticavano lo sciamanismo, la più antica forma di spiritualità. Secondo l’antropologo John Rush, la figura di Babbo Natale deriva dagli sciamani delle regioni artiche e siberiane.
In Siberia, si viveva nelle yurte, tendoni giganteschi fatti di corteccia di betulla e di pelle di renna, con al centro un’apertura per il fumo del fuoco acceso al centro della yurta.
Questa apertura simbolizzava anche l’accesso al “mondo di sopra”, una delle tre dimensioni spirituali in cui gli sciamani viaggiano in stato di coscienza alterata.
Quindi, per connettersi al mondo degli spiriti del mondo di sopra, popolato da creature mitiche, maestri, esseri evoluti, spiriti, si doveva compiere un viaggio, una specie di tranceindotta dal suono ripetitivo dei tamburi o dall’assunzione di funghi sacri.
Questo spiega il fatto che Babbo Natale lascia i suoi doni nell’apertura o nel camino delle abitazioni. Altre volte, li lascia al piede di un albero, un altro punto di accesso ai mondi spirituali per queste popolazioni.
I colori rosso bianco del suo vestiario e gli stivali neri ricordano i vestimenti rituali indossati dagli sciamani raccoglitori del fungo allucinogeno, l’Amanita muscaria, considerato “sacro” dalle popolazioni di queste zone che, appunto, lo assumevano per stabilire la connessione con il mondo spirituale, oltre ad essere offerto essiccato agli abitanti del proprio villaggio per celebrare il Solstizio d’inverno.
Al di là delle sue vesti, il bianco candido dei capelli e della barba, il rossore delle gotti di Babbo Natale sono altri richiami ai colori dell’Amanita.
Nello sciamanismo siberiano, il fungo sacro non è considerato una droga come lo intendiamo oggi. È piuttosto percepito come uno dono divino che regala visioni e illuminazione a chi lo assume, in un contesto protetto e ritualizzato ad una finalità precisa. Veniva assunto proprio per celebrare il ritorno della Luce solare, scandito dal Solstizio.
Le renne, animali nativi di queste zone fredde e ghiacciate, sono ritenute sacre da queste popolazioni semi-nomade e la slitta di Babbo Natale che lo porta in giro per il mondo nella notte del Solstizio, evoca il carro celeste usato dagli dei del panteon nordico per essere poi assimilato alla costellazione del Grande Carro, che gira attorno alla stella polare in un arco di 24 ore.
Quanto è curioso osservare le metamorfosi di questi antichi rituali “pagani” nella Storia, come siano stati inglobati dal cristianesimo per essere in qualche modo ripristinati dalle logiche del marketing.
Natale è la celebrazione dell’antico rito del Solstizio d’Inverno, incarnato poi dalla festa cristiana della nascita di Gesù, la Luce del mondo.
Metaforicamente, rappresenta un momento di illuminazione, di visione di quei principi invisibili che guidano gli esseri umani verso l’apertura del cuore.
I regali rappresentano i doni che vengono elargiti a chi abbia avuto il coraggio di varcare la soglia del visibile per addentrarsi nell’invisibile, e in questo caso sono per i bambini che, più di tutti, sono naturalmente in connessione con i mondi invisibili e i loro abitanti.
Sarebbe opportuno ritornare ad essere bambini, lasciando da parte la razionalità e la serietà che ci intrappolano, e vivere consapevolmente la magia di questa celebrazione.
Buon Natale nei nostri cuori!
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