Le presenti considerazioni sono scritte a complemento – e in parte a chiarificazione – di quanto affermato nella parte quarta del presente studio circa la divulgazione sulla rete di internet delle registrazioni delle riunioni di Massimo Scaligero, nonché di vari suoi scritti sia stampati, sia autografi sotto la forma di diari o dattiloscritti. Ero partito dalla gentilezza di una mano amica, che mi aveva permesso di accedere ad una pagina, altrimenti per me inaccessibile, in quanto ʽbannatoʼ per aver reso note tutta una serie di azioni davvero poco laudabili, che si preferiva rimanessero ignote, di varie persone. Avevo in parte trascritto dalla pagina, che gentilmente la mano amica aveva messo a mia disposizione, quanto aveva scritto nellʼarticolo di apertura del numero di dicembre 2021 di una rivista romana, che afferma di richiamarsi al pensiero e allʼOpera di Massimo Scaligero, colui che per sdrammatizzare, umoristicamente scherzando, ho chiamato lʼInnominato, mettendo in evidenza nei miei commenti le discrepanze, le difformità, le incongruenze, le inesattezze presenti in quellʼarticolo di apertura della rivista romana, apparso alla fine dello scorso anno.
Ora, la stessa mano amica – che qui novellamente ringrazio di cuore – ha voluto mettere a mia disposizione un altro post, pubblicato sul medesimo notissimo social forum, lo scorso 5 aprile, dallo stesso personaggio, che – sempre umoristicamente scherzando – chiamerò lʼInnominabile. Lo chiamo così, non perché come lʼInnominato, egli non firmi i suoi scritti, bensì perché egli si firma sovente, qua e là, con una tale gran quantità di eteronimi, che dimostrano quanto sia feconda la sua fantasia: Apis, Ta-Merit, Unas, N.R. Ottaviano, Claudio Ottaviano, Eques a Floribus, Efesto, Sua Beatitudine +Tau Julianus, che è invero difficile scegliere tra questa pletora di pittoreschi eteronimi uno che gli si adatti pel discorso che qui deve essere intrapreso. Conciosiacosaché chi scrive ha optato per affibbiargliene uno lui, di sapore tutto sommato ʽneutroʼ, appunto quello di Innominabile per non confonderlo con lʼInnominato, col quale, del resto, egli vanta avere grande amicizia. Così egli potrà, in qualche modo, sentire aria di famiglia!
Anchʼegli, dunque, non si adonti dellʼeteronimo per lui scelto, perché – a ben pensarci – esso ben si conviene a chi, come lui, tra le sue molteplici dignificazioni e titoli – ierofantiche massoniche granmaestranze e patriarcali primazie – vanta anche il titolo martinista di Superiore Incognito – ovvero ʽsconosciuto’, il cui ʽnomeʼ, appunto, non è ʽcognitoʼ, quindi a fortiori ʽInnominabileʼ – e, come gli ricorderebbe la mia sapientissima amica Fang-pai, nobile Figlia del Celeste Impero e Maestra del Dharma, il Grande Lao-tsu, riferendosi allʼineffabile e innominabile carattere del Tao, afferma che: «Il Tao, di cui si può parlare, non è lʼeterno Tao, e il nome, che si può nominare, non è lʼeterno Nome».
Avviene che, nel suo post del 5 aprile, il nostro Innominabile decida di pronunciarsi, per la seconda volta, pubblicamente sul noto social forum, circa la questione che cʼinteressa, ossia: «In merito ad alcune registrazioni audio e ad alcuni scritti giovanili di Massimo Scaligero». Ora, in questo suo secondo post, anchʼegli fa tutta una serie di affermazioni che – perlomeno ad opinione di chi qui scrive – appaiono a dir poco inesatte, e risultando piuttosto discrepanti rispetto alla realtà, necessitano di correzione per ristabilire la verità, onde non venga da esse tratto in inganno il sincero, ma talvolta sprovveduto, ricercatore.
Egli, mettendoci pure una sorta di nota di personale sentimentale commozione al fin di apparire più suadente e credibile, così inizia lʼesposizione delle sue considerazioni:
«Sia in YouTube che in diversi altri siti del web (blog, pagine Facebook, gruppi Facebook etc.) sono presenti registrazioni audio relative a conferenze di Massimo Scaligero. Non entro nel merito dei motivi che hanno spinto alcuni amici a pubblicare queste cose e sono assolutamente certo della loro ottima fede e della bontà delle loro intenzioni: io stesso ho provato una grande emozione nel riascoltare la sua voce e immagino che lʼintento fosse quello di consentire, a coloro che non lo hanno conosciuto di persona, di entrare in maggior contatto personale con quel grandissimo Maestro spirituale che, per inciso, è stato anche il mio Maestro».
Emozione ostentata a parte, lʼInnominabile ci tiene moltissimo, per rendere convincente la sua narrazione, a far sapere, e lo ribadisce sempre di nuovo, ogni due per quattro, sul web, in vari social forum e in blog a lui collegati, che «quel grandissimo Maestro spirituale», ovverossia Massimo Scaligero, «per inciso, è stato anche il mio Maestro». Veramente a chi scrive non risulta affatto che Massimo Scaligero sia stato «per inciso, suo Maestro», anzi a chi scrive risulta con certezza chʼegli non lʼabbia mai né visto, né conosciuto, se non in foto dopo la sua dipartita. Del resto, – a parte la sua affabulante e immaginifica narrazione – egli non ne ha mai data nessuna prova. Questa sua conoscenza diretta, e, a suo dire, addirittura la ‘fabula’ di una sua – peraltro impossibile – quotidiana casalinga frequentazione, nei confronti di Massimo Scaligero, oramai viene messa fortemente in dubbio, quando non apertamente negata, anche da persone che per un tempo gli credevano, o perlomeno facevan le viste di credergli. Così come, del resto, egli non ha mai dato nessuna prova convincente di molte altre sue affermazioni, ossia di essere discendente di sangue del principe Leone Caetani di Sermoneta, idem del principe Raimondo di Sangro di San Severo, idem di Pasquale de Servis (di questʼultima discendenza, fossi in lui, io mi vanterei poco…), di essere il Capo dellʼOrdine Osirideo Egizio e quindi, come Gran Hierophante e Gran Maestro, legittimo successore nel medesimo di Giustiniano Lebano, e molte altre consimili divertenti amenità che – sempre per brevità – son costretto a trascurare, ma sulle quali, volendo, potrei a lungo annoiare il lettore. Ma, in fondo, queste immaginifiche pretese, a parte lo strappare un divertito sorriso, son cose di pochissima importanza, e di trascurabile incidenza. «Vanitas vanitatum, et omnia vanitas», come afferma la Scrittura. Per cui, transeamus…
Dopo questo preambolo, il nostro simpatico Innominabile, facendo una serie di considerazioni, ci tiene a precisare quanto segue:
«Tuttavia ritengo doveroso precisare alcune cose, peraltro recentemente ribadite (dicembre 2021) nella rivista Graal anche dallʼamico presidente della Fondazione Massimo Scaligero e propietario [sic, per proprietario] della casa editrice Tilopa che detiene tutti i diritti dʼautore sulle opere di Massimo».
In questa sua imprecisa ʽprecisazioneʼ, sono da rilevare alcune inesattezze. Anzitutto, io non credo – perlomeno a me non risulta, ma se mi dimostreranno il contrario, ne prenderò atto e farò volentieri pubblica ammenda, perché è alla Verità che noi dobbiamo sempre il massimo onore e la massima venerazione – che esista, nel preciso senso giuridico del termine, una ʽFondazione Massimo Scaligeroʼ. Esiste, certo, una Associazione Culturale “Fondazione Massimo Scaligero”, il che è una cosa, giuridicamente parlando, alquanto diversa, anche se il suo apparire con un cotal nome possa trarre in inganno, forse, i meno provveduti. Ed è pure inesatto dire che ʽlʼamico presidenteʼ di detta Associazione Culturale, ché solo tale essa è sino a prova contraria, nonché titolare della casa editrice Tilopa, detenga «tutti i diritti dʼautore sulle opere di Massimo», perché – come ho ampiamente dimostrato nella parte quarta del presente studio, e giova sempre ribadir la cosa ai volontari e non disinteressati ʽimmemoriʼ – che lʼInnominato detiene, ora, legalmente, i diritti dʼautore solo sulle opere che Massimo Scaligero stesso a suo tempo pubblicò, e sul materiale autografo dellʼepistolario, dei quaderni, o dei diari, giunti effettivamente – non importa, qui, al momento, considerare come – effettivamente in suo possesso. Non su altro. Come già detto e ribadito, lettere, quaderni e diari, che Massimo Scaligero possa aver donato a qualcuno – per esempio a Marina Sagramora o al sottoscritto – sono possesso esclusivo di chi li abbia ricevuti, non di altri, e chi li abbia ricevuti può farne lecitamente lʼuso che crede più opportuno.
Dopodiché, il nostro immaginoso Innominabile si avventura temerariamente – e vedremo sùbito perché temerariamente – a darci una descrizione delle riunioni nelle quali Massimo Scaligero, rispondeva alle domande scritte, che gli erano poste:
«La storia di tali registrazioni è la seguente: Massimo svolgeva alcune incontri settimanali in via Barrili 12, a Monteverde Vecchio, in un locale messo a disposizione dalla cugina Bianca Maria Scabelloni e dal marito di lei, Romolo Benvenuti. Tali riunioni NON erano pubbliche: vi partecipavano discepoli di Massimo Scaligero o loro amici previa autorizzazione di Massimo stesso. Se si voleva portare qualcuno bisognava prima avvertire Massimo che comunque in genere dava sempre il suo assenso chiedendo però agli accompagnatori di garantire sulla riservatezza degli amici che essi invitavano alle riunioni. Durante tali riunioni Scaligero rispondeva a delle domande scritte formulate a penna su foglietti di carta dai partecipanti alla riunione e disposti su un tavolo. Massimo sceglieva due o tre di questi foglietti, li apriva, leggeva le domande ad alta voce e formulava le risposte, scegliendo con estrema accuratezza le parole da usare. Alla fine della riunione veniva effettuato un esercizio di concentrazione comune, quindi Massimo salutava tutti i presenti a uno ad uno, stringendo loro la mano e usciva dalla sala. In alcune occasioni era presente sul tavolo, dietro al quale Massimo parlava, un registratore magnetico (siamo negli anni ʽ70 dello scorso secolo) collegato ad un microfono».
Anche in questa fantasiosa descrizione vi sono numerose inesattezze. Il locale dove si svolgevano le riunioni non era stato affatto «messo a disposizione da Bianca Maria Scabelloni e dal marito di lei, Romolo Benvenuti», perché era un appartamento che apparteneva ad Amleto Scabelloni, cugino di Massimo Scaligero, e che abitava altrove, appartamento nel quale vi era, tra l’altro, lʼufficio legale di Avvocato di Marianna Scabelloni, sorella di Amleto e Bianca Maria Scabelloni, come annunciava la targa in ottone, che per legge era in bella vista sulla porta del locale. Dello svolgimento della riunione, tenuta da Massimo Scaligero, poi, il nostro fantasioso Innominabile ha dato, in tempi diversi, versioni diverse, tra loro contraddittorie, alcune delle quali davvero inverosimili. Avendole il sottoscritto, in quanto testimone oculare diretto, via via sempre smentite, ed avendo la descrizione, che il sottoscritto ne faceva, ricevuto pubblica conferma anche da altri partecipanti a quelle riunioni, lʼInnominabile ha fatto, in corso d’opera, varie correzioni di rotta nella loro descrizione, inventando particolari sempre nuovi e diversi, ma sempre altrettanto fantasiosi. In realtà, Massimo Scaligero leggeva sempre tutti i biglietti – non solo due o tre, come egli afferma – con le domande e poi cercava di rispondere a tutte, non solo a due o tre. Non corrisponde affatto a verità – ossia è assolutamente falso – che, come l’Innominabile afferma, «In alcune occasioni era presente sul tavolo, dietro al quale Massimo parlava, un registratore magnetico (siamo negli anni ʽ70 dello scorso secolo) collegato ad un microfono». Il registratore – un grosso magnetofono Geloso gestito dalla mia cara amica M., che tuttora conserva tutte le registrazioni originali delle riuioni e può testimoniare in proposito – non era affatto sul tavolo, davanti a Massimo Scaligero, bensì era nello stanzino (un piccolo bagno) adiacente alla stanza ove Massimo Scaligero teneva la riunione, e venivano registrate tutte – proprio tutte – le riunioni, non solo «in alcune occasioni». Come non corrisponde affatto a verità – ossia è assolutamente falso – che «Alla fine della riunione veniva effettuato un esercizio di concentrazione comune», infatti dallʼascolto delle stesse registrazioni si sente chiaramente come le persone presenti, appena Massimo Scaligero aveva finito di pronunciare lʼultima frase, si alzassero sùbito rumorosamente e ripiegassero le sedie di legno, sulle quali prima sedevano, appoggiandole lungo i muri della stanza. Del resto, che le cose avvenissero proprio in questa maniera lo hanno testimoniato in passato, e possono benissimo testimoniarlo ancor oggi, varie persone che a quelle riunioni parteciparono, ad alcune delle quali chi qui scrive non è affatto simpatico, eppure a suo tempo esse vollero confermare pubblicamente, malgrado l’antipatia provata, la descrizione che, già anni fa, chi scrive ne aveva fatta. Mi sembra che quanto sin qui detto dimostri chiaramente – una volta di più – come il nostro facondo affabulatore, in realtà non abbia mai partecipato a nessuna di quelle riunioni bisettimanali, così come non ha mai, del resto, conosciuto o incontrato di persona Massimo Scaligero.
A questo punto il nostro bravo Innominabile prosegue con alcune avventate affermazioni, che sono rigorosamente una fiaba, ossia del tutto gratuite, ovvero false, del tipo:
«Infatti alcuni zelanti amici avevano chiesto a Massimo se le sue parole potessero essere registrate a beneficio di quegli amici che, per motivi di forza maggiore, non potevano essere presenti alle riunioni. Massimo diede il proprio assenso ma a due condizioni:
- che tali registrazioni fossero messe a disposizione UNICAMENTE degli amici (così Scaligero definiva i suoi discepoli) che non avevano potuto partecipare allʼincontro.
- che IN NESSUN CASO tali registrazioni venissero trasmesse a radio, televisioni o giornali.
Appare dunque piuttosto evidente, utilizzando quella che Rudolf Steiner definiva “una sana logica”, che Scaligero non avrebbe certamente gradito che tali registrazioni venissero pubblicate nel Web e liberamente fruibili da tutti decontestualizzando le sue risposte da affermazioni precedenti e spesso incomplete perché la registrazione si interrompe e mancano le conclusioni successive o le premesse enunciate da Massimo dopo e prima di quanto è udibile nella registrazione».
Non è vero che «alcuni zelanti amici avevano chiesto a Massimo se le sue parole potessero essere registrate a beneficio di quegli amici che, per motivi di forza maggiore, non potevano essere presenti alle riunioni». Costoro – non sto, naturalmente, parlando della mia amica M. – per registrare le riunioni, non chiesero nessun permesso: con grande scorrettezza, lo fecero e basta. Come non è affatto vero che, una volta richiesto, «Massimo diede il proprio assenso». Egli era contrario alla cosa, ma quando – praticamente negli ultimi anni – ne venne a conoscenza, lasciò, a malincuore, che venisse fatto come costoro volevano, anche perché essi avrebbero comunque continuato a farlo. Del resto, molte di quelle improvvisate, talvolta imperfette, registrazioni – non quelle più professionali, gestite da M. – già giravano in varie parti dʼItalia e anche fuori Italia, né vi era oramai più modo di impedirlo, ed esse erano finite persino anche in mani di persone che non seguivano affatto la Scienza dello Spirito, come potei constatare personalmente. Inoltre, non è affatto vero che tali registrazioni «decontestualizzassero le sue risposte da affermazioni precedenti e spesso incomplete, perché la registrazione si interrompe e mancano le conclusioni successive o le premesse enunciate da Massimo dopo e prima di quanto è udibile nella registrazione», poiché al contrario tutte le registrazioni che ho avuto modo di ascoltare – e sono moltissime – sono assolutamente complete e perfettamente udibili, nella loro integralità, dallʼinizio alla fine, come completo ed esaustivo è in esse sempre il discorso che Massimo Scaligero faceva. Lasciamo perdere, poi, le stanche e stantie elucubrazioni dialettiche – fatte di vuoto e di scontata routine verbale – a proposito della necessità del lavoro interiore per intendere i libri scritti di Massimo Scaligero, cosa che fa unʼimpressione discretamente comica, visto che lʼInnominabile, nei suoi libri e in scritti on-line, fa un gran minestrone, o una macedonia, di esercizi dalla provenienza più varia, rivisti e corretti da lui, yoghici, tantrici, kabbalistici, celtico-germanici, e persino discutibili esercizi che Julius Evola – che fu sempre un malevolo avversario dell’Antroposofia, e di Rudolf Steiner, che calunniò e derise nelle sue opere, così come in un punto de Il cammino del cinabro derise l’Opera di Massimo Scaligero – in UR aveva pubblicato sotto lo pseudonimo di Arvo (che lʼInnominabile, malgrado ogni prova filologica contraria, si ostina ancor oggi ad affermare beatamente essere il duca Giovanni Colonna di Cesarò, figlio della baronessa Emmelina Sonnino de Renzis). Abbiamo trovato – e debitamente salvato e protocollato – persino tutta una serie di esercizi di invenzione dell’Innominabile, tra i quali anche alcuni alquanto problematici esercizi respiratori, che lo stesso Innominabile, anni fa, prescrisse, scrivendo col suo pseudonimo di Ta-Merit nella zona riservata di un blog di un gruppo massonico di frangia, sedicente ʽegizioʼ, prima di esserne allontanato e ritualmente ʽbruciato tra le colonneʼ, almeno stando a quel che mi comunicò per iscritto uno dei suoi partecipanti.
Nella questione delle registrazioni delle riunioni di Massimo Scaligero, le cose sono andate un poʼ come nel caso dei cicli di conferenze di Rudolf Steiner, il quale avrebbe preferito, e lo scrisse apertamente, che circolassero solo i suoi libri scritti, ma che dovette arrendersi al fatto che, contro la sua volontà, andassero a giro trascrizioni imperfette, incomplete e piene di errori, fatte da discepoli che spesso erano sì persone di buona volontà, ma poco abili e poco accorte, trascrizioni che, per ingenuità e poca vigilanza, non di rado finivano prima nelle mani di avversari della Scienza dello Spirito, che in quelle di suoi seguaci. Fu giusto, allora, che con competente professionalità, della cosa si occupasse Marie von Sivers, divenuta poi nel 1915 Marie Steiner, così come è stato giusto che le registrazioni di Massimo Scaligero venissero fatte con altrettanta competente professionalità dalla mia amica M., una delle sue più fedeli discepole, che sulla cosa mi ha ampiamente più volte ragguagliato.
A questo punto, bisogna dire che fa proprio una impressione davvero piuttosto curiosa il fatto che sia proprio lʼInnominabile a farsi rigorista paladino dei diritti legali – ripeto, legali – dellʼInnominato, chʼegli dichiara a gran voce essere suo grande amico, mentre appare esser egli stesso niente affatto rigoroso, anzi alquanto inesatto, errato, per non dire falso e fuorviante, nel suo affermare che:
«Alcuni amici, con i quali ho discusso di tali argomenti, mi hanno fatto notare che “i tempi sono cambiati” ma le modalità di trasmissione degli insegnamenti spirituali non sono mai soggette a cambiamenti e in assenza di Massimo e delle due persone (ormai scomparse da molti anni) che egli aveva disegnato [sic, proprio così scrive: disegnato, in luogo di designato] in qualche modo come suoi successori, ovvero Bianca Maria Scabelloni e Alfredo Rubino, NESSUNO può arrogarsi il diritto di parlare in suo nome, dunque credo che sarebbe opportuno rispettare la sua volontà che è quella che ho esposto sopra e che è stata rammentata, come ho in precedenza spiegato, da chi detiene i diritti dʼautore sullʼopera di Scaligero».
In effetti, dopo la dipartita di Massimo Scaligero, i tempi sono sì cambiati, certamente, ma in molto peggio. Vi è stato chi – a Roma, ma anche altrove – si è diligentemente impegnato a demolire – pedetemptim, ʽun passetto per voltaʼ, detto alla latina – lʼOpera di Massimo Scaligero, e persino la sua figura umana e spirituale. E i risultati di una cotale mala opera, a chi voglia esser ben sveglio, sono sin troppo visibili ed eloquenti. Che Massimo Scaligero fosse ben cosciente di ciò, e che – a parte pochissime eccezioni – non si facesse illusione alcuna circa la tenuta del milieu ʽscaligeropolitanoʼ romano, è dimostrato da quel che egli una volta personalmente a me disse: «Non ho nessuno a cui trasmettere la fiaccola», così come pure disse a diversi di noi : «Sei mesi dopo che me ne sarò andato, qua a Roma sarà tutto finito!». Ogni volta fu, per me, un tuffo al cuore. Comunque, non è affatto vero, ossia è falso, che Massimo Scaligero abbia designato (e non disegnato, come scrive in maniera buffa e dislessica lʼInnominabile) alcune persone «come suoi successori». Egli, volutamente, non lo fece, per il semplice fatto che nessuno, a Roma o altrove, ne sarebbe stato allʼaltezza. Nessuno, dopo di lui, avrebbe potuto essere indicato come Maestro nel senso iniziatico più forte del termine. Indicò soltanto – spiegherò sùbito come – Alfredo Rubino, forse il suo più fedele discepolo, come punto di riferimento, come orientatore, per le riunioni romane. E solo lui egli indicò come orientatore, e nessun altro.
Massimo Scaligero aveva redatto un testamento – che poi ʽqualcunoʼ ha fatto tempestivamente sparire – di quelle che erano le sue ultime volontà, che avrebbero dovuto essere rispettate nella maniera più esatta e diligente. Tale testamento, Massimo Scaligero lo lesse nel suo studio romano, in Via Cadolini 7, in presenza di quattro persone, Marina Sagramora, Alfredo Rubino, sua cugina lʼAvv. Marianna Scabelloni, e Francesca Pellicciari, cognata di Peppino Federici, discepolo di Giovanni Colazza, e amico personale di Marie Steiner. Tutte persone da me ben conosciute e mie amiche, le quali, da me interrogate, mi hanno confermato il contenuto esplicito delle sue ultime volontà, espresse nel testamento. Fondamentali erano due punti: primo, Massimo Scaligero stabilì che dopo la propria morte i diritti di autore delle sue opere sarebbero dovuti spettare a sua moglie Concetta Olivieri – detta Tina – e dopo la di lei dipartita, sarebbero dovuti passare integralmente a Marina Sagramora; secondo, egli indicava il suo fedele discepolo ed amico Alfredo Rubino – e nessun altro – come orientatore e punto di riferimento per il regolare svolgimento delle riunioni a Roma, e quantʼaltro fosse relativo alla ʽViaʼ. Alfredo Rubino, discepolo praticante molto avanzato e uomo leale, integro, equilibrato, era senzʼaltro la scelta migliore che Massimo Scaligero potesse fare, come orientatore dopo la propria dipartita, et pour cause.
La volontà di Massimo Scaligero, volontà la cui esistenza mi è stata apertamente testimoniata, in maniera assolutamente concorde, da coloro che avevano ascoltato dalla sua stessa voce quanto era contenuto nel testamento, non fu per nulla rispettata. La notte tra il 25 e il 26 gennaio 1980, ossia la notte stessa della dipartita di Massimo Scaligero, ʽqualcunoʼ penetrò nello studio di Via Cadolini, cambiò il cilindro della serratura, compiendo chiaramente un atto illegale, in quanto lo studio era intestato a Marina Sagramora, e il nome di lei era chiaramente scritto sulla porta. Alle 07.00 del mattino del 26 gennaio, Marina Sagramora si precipitò in Via Cadolini, ma la sua chiave non poté entrare nella serratura, il cui cilindro era stato ʽtempestivamenteʼ, e ʽopportunamenteʼ, sostituito. Chi fu a compiere questa effrazione? Mistero! O forse no. Dallo studio di Via Cadolini sparirono sùbito molte cose e molti documenti, tra questi anche il testamento, che testimoniava le ultime volontà di Massimo Scaligero. Chi fu ad impadronirsi e a far sparire il testamento di Massimo Scaligero? Mistero! O forse no. Nei giorni successivi furono asportate anche molte altre cose, anche cose appartenenti a Marina Sagramora. Tutto ciò dimostra, a mio modo di vedere, lʼesistenza di un sommo cinico disprezzo per la volontà e la persona stessa di Massimo Scaligero.
Naturalmente, una azione del genere non può essere stata eseguita in maniera improvvisata, né tampoco essere frutto della decisione estemporanea di unʼunica persona. Con ogni evidenza, una cotal mala intrapresa era stata occultamente decisa, pianificata, preparata sin nei particolari, già da molto tempo, ovvero – giusto per essere assolutamente chiari – se ʽqualcunoʼ compì lʼeffrazione notturna, costui lo fece, con ogni certezza, unicamente su sollecitazione e ed esplicita richiesta di ʽqualcun altroʼ, il quale, dal suo punto di vista, deve aver visto la ʽassoluta necessitàʼ di un atto così anomalo per realizzare un ʽfineʼ ben preciso. Ovviamente, dal punto di vista di questo ʽqualcun altroʼ, si trattava di un ʽaltoʼ, ʽnobileʼ, e ʽirrinunciabile fineʼ. E, sicuramente, questo ʽqualcun altroʼ, oltre che avere il potere di decidere una azione effrattiva così estrema ed anomala, doveva pure avere ben il potere di saper giustificare dialetticamente una cotale azione, nonché esporre in maniera convincente unʼazione del genere a ʽqualcunoʼ, ossia a colui che avrebbe dovuto eseguirla, persuadendolo e coinvolgendolo in maniera emotiva. Chi saranno stati questo ʽqualcunoʼ e questo ʽqualcun altroʼ? Mistero! O, ancora una volta, forse no.
La ʽfilosofiaʼ – ma forse dovrei dire la ʽdogmatica ideologiaʼ – che sta dietro ad una simile infame e perversa azione, dietro a questo genere di azioni, è sempre la medesima, ossia che «il fine giustifica i mezzi». E, di nuovo deve venir ripetuto, con un banale copia-incolla – rursum repetita iuvant – di quanto già scritto nella parte quarta del presente studio, ossia che come dicevano, in tempi lontani, in Cina, Maestri del Tao come Lao-tzu e Lü-tzu, e come riaffermano, in tempi più recenti, Massimo Scaligero, e, di nuovo, la mia amica Fang-pai, ella pure, nobile Figlia del Celeste Impero, nonché sapiente Maestra del Dharma: «Il mezzo ingiusto rende iniquo il fine giusto». Il lettore potrà sincerarsi di cosa pensasse Massimo Scaligero di un così disinvolto e spregiudicato (spregiudicato in senso morale, non in senso conoscitivo, sia ben chiaro), leggendo e meditando quanto egli scrisse a tal proposito nel libro Reincarnazione e Karma, in una citazione riportata nella parte quarta del presente studio.
Quanto sin qui esposto mostra ad usura quanto possano valere – perlomeno da un punto di vista morale e spirituale – le peregrine considerazioni legalitarie del nostro Innominabile. Allʼesposizione sul noto social forum delle suddette sue considerazioni, è seguita poi tutta una serie di commenti, che dibattevano tesi contrapposte, talvolta nella polemica scadenti alquanto di livello. Ma, tra i vari commenti, uno vale la pena di essere riportato, quello di Shanti Di Lieto Uchiyama, per le riflessioni equilibrate che fa, commento nel quale metterò in evidenza alcuni passaggi:
«Se non ricordo male, mi risulta che la Rivista Graal su cui è scritto in merito alle registrazioni in questione, sia nata proprio per pubblicare (e poi vendere, nemmeno a buon mercato, anche se capisco i costi editoriali) il contenuto di tali registrazioni del Seminario Solare, trascritto dalla redazione della stessa e dai suoi collaboratori. Quindi il contenuto di tali seminari è stato reso pubblico (a pagamento) e senza che i lettori potessero ascoltare la voce di Massimo Scaligero, che tocca nel profondo anche noi che non lʼabbiamo conosciuto di persona. Il dono di ritrovare i contenuti già letti e resi pubblici, con lʼaggiunta preziosa dellʼascolto della voce del Maestro, è di sicuro qualcosa di straordinario. Comunque sono decenni che tali registrazioni sono state fatte ascoltare a migliaia di persone presso la sede di via Pindemonte. Molti di coloro che vi sono andati non erano discepoli di Massimo e molti non hanno nemmeno mai seguito la via da lui indicata né lʼantroposofia. Alcuni che ho conosciuto avevano idee e percorsi ben diversi ma affermavano di trarne un gran beneficio e di attendere con trepidazione quegli ascolti quindicinali del Sabato. Di conseguenza chiudere il recinto decenni dopo che i buoi sono scappati mi sembra cosa ardua.
Per quanto riguarda gli scritti giovanili, lettere e corrispondenza sotto forma di diari, quando si è consapevoli che si trattava di un Massimo Scaligero che ancora doveva fare un percorso, si possono leggere con enorme gratitudine ugualmente. Infatti vi si trova già, seppur non ancora del tutto sbocciato, il fiore aureo della sua grandezza. Sono un dono incommensurabile anche quelli e nulla tolgono, a mio avviso, all’opera del Maestro nel suo insieme né alla diffusione della stessa».
Una sola osservazione – una semplice precisazione cronologica – vorrei fare a quanto ha scritto Shanti Di Lieto Uchiyama. Le agende sulle quali Massimo Scaligero scriveva, a moʼ di diario, i suoi pensieri, le sue riflessioni, i contenuti di sue meditazioni e della sua ascesi, erano vecchie agende, chʼegli usava come quaderni per la sua scrittura, in quanto erano fatti di carta di alta qualità, che anche dopo decenni conservavano tale buona qualità. Le date delle pagine di quelle agende, in realtà, non corrispondono alla cronologia effettiva della scrittura di Massimo Scaligero. Ciò lo si evince facilmente da due fatti. In ciò che scrive nel Diario, che Marina Sagramora va pubblicando una volta al mese sulla rivista LʼArchetipo, ed un’altra persona quotidianamente sul noto social forum in questione, Massimo Scaligero aveva già chiaramente abbandonato, da diversi anni, le tradizionalistiche posizioni a-cristiane di René Guénon e quelle anti-cristiane di Julius Evola, e manifesta una bhakti, anzi una parabhakti, per dirla con Swami Vivekananda, ossia una ʽsuprema devozioneʼ, nel senso più elevato e cosciente del termine, di tipo apertamente ʽcristicoʼ e ʽrosicrucianoʼ. Inoltre – e qui posso portare a testimonianza personale la mia diretta esperienza – Romolo Benvenuti, che possedeva il suddetto Diario, avendolo egli ereditato dal suo Autore con tanto di dedica, volle negli anni novanta dello scorso secolo ed anche in séguito, in relazione a particolari eventi della mia vita, e come ausilio per la mia ascesi, dettarmi alcune parti del Diario, mentre molte altre mi furono fatte copiare. Ora in una di quelle pagine – una pagina non ancora pubblicata, ma che, appunto, Romolo Benvenuti volle farmi copiare – Massimo Scaligero appose la data del 27 marzo 1944, quindi ben sette anni dopo il 1937, anno di pubblicazione dellʼagenda, in un periodo nel quale egli già da anni era discepolo di Giovanni Colazza, e in una età già matura, non più proprio ʽgiovanileʼ, come invece affermano in maniera interessata sia lʼInnominato che lʼInnominabile. Questo smentisce platelamente quanto affermato sia dall’Innominato, che dall’Innominabile, suo ʽamicoʼ.
In un suo successivo commento, Shanti Di Lieto Uchiyama porta una autorevole conferma, da nessuno sinora smentita, al fatto che il testamento di Massimo Scaligero sia effettivamente esistito e che poi – a mio modo di vedere – ʽprovvidenzialmenteʼ e ʽopportunamenteʼ sia stato fatto sparire. Infatti, ella scrive:
«Del resto il testamento di Massimo che Romolo aveva visto non fu trovato alla morte di Massimo, è andato perduto misteriosamente».
In effetti, un poʼ troppo misteriosamente è andata perduta una cosa così sacra e importante come il testamento di Massimo Scaligero. Di sicuro, una cosa così sacra avrebbe dovuto essere custodita devotamente con ogni diligenza. Magari, sino a quella notte ben custodita lo era stata pure. Ora, non è che un documento come quello abbia le gambe, e vada a giro da solo, di notte, e sparisca, ʽmisteriosamenteʼ, di sua personale iniziativa. La sparizione di un documento come quello, che di propria iniziativa non saprebbe proprio dove andare, va in qualche modo ʽaiutataʼ, ʽmisteriosamente aiutataʼ. Forse, un tale testamento disturbava le mire e i piani di ʽqualcunoʼ, e quindi era opportuno e bene che non se ne trovasse più traccia, se non nella memoria fedele delle persone alle quali lo stesso Massimo Scaligero lo aveva mostrato e letto? Mistero! O, forse, anche no. E quel ʽqualcunoʼ che ha ʽaiutatoʼ il testamento a scomparire ʽmisteriosissimamenteʼ, e quel ʽqualcun altroʼ che ha ispirato, voluto, progettato, e pianificato una sì provvidenziale, e invero tempestiva, ʽmisteriosaʼ sparizione, chi mai saranno? Ancora ʽmisteroʼ! Non si sa! O, forse, anche sì!
Il nostro simpatico, e decisamente molto estroso, Innominabile, che dichiara di essere rigorosamente ligio ad una espressa ʽvolontàʼ di Massimo Scaligero – sempre che diamo credito allʼinverificabile dire dellʼInnominato, suo amico, nel citato articolo sulla rivista romana – per la qual cosa egli è, a parole, molto critico circa il veicolare delicati ed intimi contenuti spirituali in «condotti inappropriati», come quelli della moderna tecnologia digitale, radiotelevisiva, e cinematografica, che «potrebbero intorbidare anche lʼacqua più limpida», come afferma lʼInnominato. Come già rilevato nella precedente quarta parte del presente studio, chi scrive potrebbe – il condizionale è dʼobbligo – forse, anche essere, in linea di principio, parzialmente dʼaccordo. Certo che il suo agire non mostra gran coerenza con questo assunto, anzi si direbbe che lʼInnominabile, con grande contraddittoria discrepanza, ʽami predicar molto bene, e razzolare assai maleʼ, il che non manca di farci alquanto ʽperplimereʼ.
Andando a percorrere la telematica rete, capita frequentemente di trovare, postate dellʼInnominabile, citazioni dalle opere di Rudolf Steiner, e da quelle di Massimo Scaligero, ambedue queste sì a fortiori pubblicate fuori contesto – fuori da ogni contesto – messe alla portata del primo curioso che vada a ʽbracareʼ (come usano dire nella Città del Fiore) in internet. Citazioni delle quali lʼavventurato lettore, in genere, non conosce, né può conoscere, la parte ad essa antecedente, né tampoco quella conseguente. Ora, dal punto di vista del suo amico Innominato, quel notissimo social forum, non è affatto che sia proprio uno dei migliori «condotti appropriati» nel quale riversare le limpide acque della Sapienza Celeste, anzi! Sul medesimo social forum – a mio giudizio, con unʼazione di pessimo gusto – l’Innominabile pubblicò le foto sia della tessera rosa della Società Antroposofica Universale, sia la tessera blu della Prima Classe della Scuola Esoterica di Rudolf Steiner. Quando entrò nella Prima Classe della Società Antroposofica, egli fece una promessa sacra di tenere rigorosamente riservati i contenuti della medesima, ma nonostante ciò, egli pubblicò sul suddetto social forum un mantram riservato della Scuola (il tutto, ovviamente, è stato debitamente protocollato e archiviato), dimostrando con quale serietà accogliesse e in quale considerazione egli tenesse i contenuti sacrali della Scuola di Michele. Di mantram dati da Rudolf Steiner lʼInnominabile su internet ne ha pubblicati parecchini (come sopra, tutto protocollato e archiviato), immettendoli così, a detta del suo amico Innominato, in «condotti inappropriati, che potrebbero intorbidare anche lʼacqua più limpida».
Per non parlare, poi, dei video nei quali egli sproloquia di Scienza dello Spirito, e di quella ʽMystica Aeternaʼ, che Rudolf Steiner nel 1914 aveva ritualmente chiusa, sigillata, e mai più riaperta, ma della quale, tuttavia, lʼInnominabile si dichiara Erede legittimo e Capo. Video, nei quali egli insegna, persino eseguendolo personalmente davanti ai videospettatori, un suo personale rifacimento magico-tantrico-evoliano della Concentrazione, spacciandolo per un esercizio dato – a suo dire – da Rudolf Steiner tramite il duca Giovanni Colonna di Cesarò, da lui falsissimamente identificato con lʼArvo del Gruppo di UR, mentre è dimostrato, persino in una pubblicazione delle Edizioni Mediterranee, curata da Gianfranco de Turris della Fondazione Evola, essere Arvo lo stesso Julius Evola. E lasciamo perdere la pubblicazione da parte sua di ʽglifiʼ magici della più che perversa Fraternitas Saturni, e di Franz Bardon (tutto protocollato e archiviato), dallʼInnominabile in maniera veramente incosciente pubblicati sul detto social forum, e da lui spacciati per materiale teurgico dellʼArcana Arcanorum del massonico Rito di Misraim. Come si può vedere, nei «condotti inappropriati» di internet, lʼInnominabile immette in gran copia, indebitamente mescolandole, sia acque impure e liquamose, sia acque pure che inevitabilmente «sʼintorbideranno» nella inquinante mescolanza con quelle infette, fetide e impure.
Il nostro ineffabile Innominabile non si è minimamente posto, poi, nessun problema nel partecipare, per anni, a tutta una serie di convegni romani, con cadenza semestrale, nei quali tutta una serie di oratori, tra i quali egli stesso, intervenivano a vario titolo non solo parlando – con esiti vari, peraltro – di Massimo Scaligero, del suo insegnamento, delle discipline interiori da lui indicate, bensì ascoltando pure, ogni volta, una registrazione integrale di una delle riunioni chʼegli teneva bisettimanalmente a Roma, a Monteverde Vecchio, in Via Barrili. A tali convegni romani, ad entrata libera, poteva andare ad ascoltare chiunque, anche gente non sinceramente interessata alla figura di Massimo Scaligero, o dichiaramente ostili ad essa. Dai filmati stessi, poi apparsi sulla piattaforma internet di Youtube, vi ho potuto riconoscere chiaramente alcuni antroposofi calunniatori della figura di Massimo Scaligero e persino alcuni ʽinsinuantiʼ, cattolici integralisti, legati agli ambienti di Alleanza Cattolica, acerrima nemica della Scienza dello Spirito, dellʼAntroposofia, di Rudolf Steiner e dello stesso Massimo Scaligero, ed altra consimile gente. Il livello deglʼinterventi dei vari oratori era dei più vari: alcuni eccellenti, su altri preferisco non pronunziarmi. Quanto aglʼinterventi del nostro Innominabile, beh!, lasciamo perdere…
Questi convegni romani sulla figura di Massimo Scaligero sono andati semestralmente avanti per alcuni anni, sino a che la situazione di emergenza, imposta in maniera autoritaria e violenta dai vari governi, da nessuno eletti, succedutisi per la metodica distruzione della nostra amata Italia, non ne hanno di fatto impedito lo svolgimento. Su questi convegni, su questo tipo di «condotti inappropriati», né lʼInnominato, né tanto meno lʼInnominabile che, del resto, partecipò attivamente a tutti, pronunziarono mai verbo. Non dissero mai bèo!
Né tampoco lʼInnominabile si fece, per anni, minimamente problema a scrivere, sotto vari eteronimi, le sue sciocchezze sulla forse anche troppo tollerante rivista LʼArchetipo, sciocchezze, pure invenzioni, e persino sfacciate menzogne sulla figura di Rudolf Steiner e la sua Opera, che chi scrive ha dovuto prendersi la pena di smascherare – puntualmente documentando tutto – e severamente correggere, per ristabilire la verità.
Solo quando su LʼArchetipo cominciarono ad essere pubblicate, con cadenza mensile, ed in una forma più che degna, le pagine di un Diario, che Massimo Scaligero aveva lasciato in eredità, con tanto di dedica, a Romolo Benvenuti – e su ʽcomeʼ tale Diario di Massimo Scaligero, cosi su ʽcomeʼ i Quaderni di ʽOraoʼ, siano giunti in possesso dellʼInnominato, soprattutto tenendo conto di molte cose che personalmente mi disse Romolo Benvenuti circa lo spregiudicato modo di agire dell’Innominato stesso, avrei moltissimo da ʽeccepireʼ, tanto per usare una parola gentile – lʼInnominato ha sentito la necessità di pubblicare la sua agrodolce ʽdiffidaʼ (perché, al di là dei discorsi dialettici che la condiscono, tale, in realtà, essa è…) nei confronti de LʼArchetipo stesso, e soprattutto nei confronti di chi dirige tale benemerita rivista, che poi è la persona che Massimo Scaligero aveva più cara al mondo, e che mai avrebbe voluto o permesso che fosse ferita. Non stupisce il fatto che – vista lʼesplicita presa di posizione (leggi: ʽdiffidaʼ) apparsa sulla rivista romana – lʼInnominabile si è sùbito disciplinatamente, ma anche ʽopportunamenteʼ, allineato, mostrando altresì un certo malo ʽzeloʼ, alla posizione presa dallʼInnominato, da lui elogiato e presentato come suo grande amico. Liberissimo, ovviamente, lʼInnominabile di fare le scelte che al suo criterio appaiano come le più vantaggiose, e, soprattutto, le più ʽopportuneʼ, così come altrettanto libero è lo scrivente, e chiunque altro veramente pensi, di trarre da tali sue scelte, come da sue molte discutibilisse azioni, su di lui, unʼopinione a proposito delle sue scelte, delle sue azioni, davvero poco lunsinghiera.
Vorrei assicurare il benevolo lettore che quanto è stato scritto nel numero precedente, nonché in questo medesimo del presente studio, non scaturisce da antipatia, o volontà di denigrare, ma soltanto dalla volontà di ristabilire la verità, quella verità che veniva così abilmente occultata, ma anche palesemente alterata, e che rischiava di venire smarrita. E se, in taluni punti da chi scrive sono stati usati toni umoristici, non si voleva né si vuole con questo mancare minimamente di rispetto alle persone. Infatti, l’umorismo, e un po’ di socratica ironia, sono state usate al solo scopo di attenuar la tensione nellʼaffrontare una situazione di per sé già molto drammatica, per non dire tragica. Da chi scrive si è cercato, pur nel necessario pugnar vivace, di tener sommo conto del monito della Bhagavad Gita, VII, 11, che invita il combattente per la Verità e la Giustizia ad agire secondo il modello divino e secondo il monito del Supremo Signore che in essa dice: balam balavatâmâsmi kâmarâgavivarjitam, ossia ʽdei forti Io Son la forza libera di brama e di passioneʼ. A tale ideale – quello di agire a partire dallʼIo, dall’Io Sono, ossia dallo Spirito oltre lʼanima – che è ciò che costantemente con la sua parola e col suo esempio ci indicò Massimo Scaligero come esigenza imprescindibile dellʼAscesi della Via Solare, della Via dei Nuovi Tempi – chi scrive cerca, e cercherà sempre, con ogni sua forza di essere e rimanere fedele. Quod bonum, nobis felix, faustum, fortunatumque semper sit!