«Il culto interiore della verità, l’indipendenza dall’«opinione pubblica», dalle propagande, dal «sentito dire», la ricerca della realtà dietro la parvenza, la continua lotta contro lo Spirito della Menzogna, la volontà di conoscere il contenuto non evidente delle situazioni, e ciò che si cela dietro le generali calunnie o esaltazioni umane, costituiscono la disciplina della Verità, che libera dal Male: disciplina che viene assunta come un dovere di fondamento da chi segue la via spirituale. È una simile disciplina che, esigendo il continuo sacrificio delle simpatie e delle antipatie personali, porta l’intimo dell’anima alla relazione vera con gli altri: relazione sostanzialmente possibile grazie a una confidenza di fondo con il Divino, da cui si vede scaturire in ciascun essere la reale forza: la forza della guarigione spirituale. Si sa di essere a contatto con la forza che può tutto e da cui può fluire la Verità, o la Rivelazione, su tutto».
Massimo Scaligero, Guarire con il pensiero, Edizioni Mediterranee, Roma, 1975, p. 179.
Vitam impendere vero. Consacrare la vita alla verità (IV, 91).
Decimo Giunio Giovenale, Satire, traduzione di Guido Ceronetti, Einaudi, 1971.
Una persona amica, da me molto stimata, e alla quale sono molto affezionato, mi inviò tempo fa la riproduzione digitalizzata di alcune pagine di un libro uscito nel maggio del 2017, nelle quali vi era un’affermazione che l’aveva lasciata non poco perplessa, affermazione per la quale ella mi chiedeva di fare una approfondita verifica sulla base dell’Opera di Rudolf Steiner. In effetti, l’affermazione che appariva nelle pagine inviatemi sollevava non pochi problemi, ossia appariva decisamente errata, ma onestà intellettuale voleva che non si giudicasse una tale affermazione problematica fuori dal contesto, ossia staccata dall’opera in cui appariva. Conciosiacosaché, dopo averci alquanto riflettuto e meditato, con l’ausilio di un’altra persona amica, mi sono procurato l’opera cartacea, da cui la telematica citazione inviatami era tratta, e ne ho intrapreso uno studio diligente e puntuale.
Sin dalle prime pagine della suddetta opera compare tutta una serie di affermazioni, che confrontate con le comunicazioni di Rudolf Steiner si dimostrano affatto errate. Tali errate affermazioni necessitano di adeguata rettifica, e non possono essere passate sotto silenzio. Personalmente, quando – prima, nel luglio del 1971, da parte di Massimo Scaligero, poi, nel novembre del 1985, da parte di discepoli diretti di Rudolf Steiner e amici di Marie Steiner appartenenti al Lascito – venni accolto ritualmente nella Scuola Esoterica, mi assunsi una serie di impegni sacri che, con tutte le mie forze, ho cercato sempre, e cercherò sempre, di rispettare nella maniera più rigorosa. Uno di questi impegni sacrali viene, esplicitamente, così enunciato da Rudolf Steiner:
«Noi dobbiamo sentirci responsabili fin nelle parole che diciamo, sentirci responsabili al di sopra di tutto, del fatto che una qualsivoglia parola che noi diciamo, deve essere preventivamente esaminata, nella maniera più severa, così approfonditamente, che noi possiamo presentarla come verità. Perché affermazioni non veritiere, anche se esse, per così dire, provengono da buona volontà, sono un qualcosa che agisce in maniera distruttiva all’interno di un movimento occulto. Su ciò non vi deve essere veruna illusione, anzi su ciò deve regnare la più completa chiarezza. Quel che importa non sono le intenzioni, giacché quelle l’essere umano le assume molto alla leggera, bensì è la Verità obbiettiva quella che importa. E appartiene ai primi doveri di un discepolo dell’esoterismo il fatto ch’egli non si senta in dovere semplicemente di dire quello che egli ritiene essere vero, ma piuttosto ch’egli si senta in dovere di esaminare se quello ch’egli dice sia effettivamente Verità obbiettiva. Poiché soltanto se, nel senso della Verità obbiettiva, noi serviamo le Potenze divino-spirituali, le cui forze fluiscono attraverso questa Scuola, noi potremo passare attraverso tutte quelle difficoltà, che si porranno di fronte all’Antroposofia».
Rudolf Steiner, ES 11. Aprile 1924.
L’opera in questione, che presenta come nome dell’autore un “eteronimo” o, se vogliamo, un nomen mysticum ellenico, Orao, già apparso più volte, negli ultimi decenni, su una rivista romana, della quale ho avuto modo di occuparmi più volte su Ecoantroposophia, è stata pubblicata, nel 2017, dalla casa editrice gianicolense Tilopa, ed ha come titolo Resurrezione, mentre porta come sottotitolo La luce dei Nuovi Misteri. A quest’opera ne è seguita poi un’altra, ugualmente pubblicata da Tilopa, e avente come autore sempre Orao, col titolo Madre, e il medesimo sottotitolo della precedente, ossia La luce dei Nuovi Misteri. Queste due opere, correlate alla rivista Graal, edita da Tilopa, vengono presentate, in copertina e nel frontespizio, come Quaderno 1 e Quaderno 2 della suddetta rivista.
Le due opere non hanno una Prefazione, né una Introduzione, come in genere usa, né viene detto alcunché circa l’autore Orao, né sulla genesi delle suddette opere, né a quale epoca risalgano tali scritti. L’editore, inoltre, non ci fa conoscere a chi appartenevano quei due quaderni di Orao, ed altri eventuali che nel tempo potrebbero venir pubblicati, prima ch’egli li acquisisse, né come egli ne sia venuto in possesso, né se egli abbia operato o meno una “azione redazionale” sui quaderni medesimi: domande che, a causa dei delicati contenuti presentati, hanno la loro importanza. Negli anni ottanta del trascorso secolo, sulla rivista Graal l’eteronimo Orao, a quel che mi risulta, venne usato da due persone, ma nel caso che stiamo esaminando si tratta sicuramente di un’unica persona. Il nome ellenico Orao viene dal verbo ὁράω, che andrebbe traslitterato in caratteri latini come horào e significa: io vedo. L’aoristo di ὁράω = horào è οἶδα = òida ed ha altresì il significato di: io so, perché in greco “sapere” equivale ad “aver visto”, e questo perché, per gli elleni, “io so” è conseguenza del fatto che “io ho visto”. Ma aver “visto” qualcosa non è, di per sé, affatto una garanzia circa la realtà della cosa vista.
Poiché nelle opere in questione nulla viene detto circa l’identità di Orao, qui verranno esaminate unicamente alcune affermazioni che appaiono soprattutto nella prima delle due opere. Quindi si prescinderà totalmente da chi sia Orao, e si esamineranno unicamente le sue affermazioni. Queste, considerate alla luce della Scienza dello Spirito di Rudolf Steiner, potranno risultare esatte, vere, corrispondenti alla realtà, oppure si riveleranno inesatte, errate, non corrispondenti alla realtà spirituale, e di conseguenza, in tal caso, dovranno essere considerate false. Naturalmente, la stessa cosa vale anche nei confronti di quanto a sua volta afferma il sottoscritto Hugo de’ Paganis, ossia il benevolo lettore è pregato di non considerare chi io sia, bensì esaminare e verificare unicamente quel ch’io dico e scrivo, ossia se le mie affermazioni, diligentemente esaminate, scrupolosamente verificate, risultino reali o meno, vere o errate.
Di una cosa può essere, sin da ora, certo il candido lettore: che faccio mia la divisa del grande Tacito nei suoi Annales, 1, 1, 3, sine ira et studio, ossia «senza animosità e simpatia», ovvero «senza ira né pregiudizi», e sed incorruptam fidem professis neque amore quisquam et sine studio dicendus est, ossia: «ma chi professa una fedeltà incorrotta al vero, deve parlare a tutti senza amore di parte, né odio», senza prevenzione, né partigianeria. Ossia, è necessario esporre quanto è necessario che venga detto, unicamente per servire la verità: con assoluta imparzialità e obbiettività. E che, indifferente al biasimo e alla lode, farò coscienziosamente ogni sforzo a me possibile in tal senso. Il lettore noterà una certa abbondanza di citazioni dall’Opera di Rudolf Steiner: esse sono necessarie, e vengono proposte al suo diligente studio e alla sua meditazione, in modo ch’egli si possa formare, al di là di simpatie e antipatie, e in totale autonomia, un giudizio personale, che sia il più obbiettivo possibile, il più conforme alla verità oggettiva.
Per il momento, mi limiterò ad esaminare quelle comunicazioni di Orao, che sia possibile porre a confronto con quanto afferma Rudolf Steiner nei suoi scritti, nelle sue conferenze, in comunicazioni ad personam, da lui fatte a discepoli affidabili a lui vicini, il quali a loro volta ce le hanno fatte pervenire.
A p. 8 di Resurrezione, leggiamo – in una frase nella quale manca il verbo della proposizione principale, verosimilmente, per motivi stilistici, sottinteso – la seguente identificazione:
«Melchisedec, Manes, Manu, Minos, Cristiano Rosenkreutz, sempre presente sulla Terra, visibilmente o invisibilmente, per assistere alla trasmissione della Forza-Cristo presso ogni Iniziazione che si fosse svolta entro lo stato di coscienza sempre più consapevole da parte del pensiero libero dell’uomo».
L’identificazione di Mani Hayya – Mani il ‘Vivente’, come viene chiamato nei testi manichei in lingua siriaca, ossia in lingua aramaica orientale – con Christian Rosenkreutz è sicuramente errata alla luce di quanto Rudolf Steiner comunicò, per esempio, all’interno della prima Scuola Esoterica, in una “lezione” – esoterische Stunde, “ora esoterica” in tedesco – non datata, intitolata Sulle personalità dei Maestri in relazione ai risvegli nei Vangeli, pubblicata da Hella Wiesberger in Zur Geschichte und aus Inhalten del ersten Abteilung del Esoterischen Schule 1904-1914, GA 264, Rudolf Steiner Verlag, Dornach, 1984, pp. 227-237, nella quale vien detto:
«In primo luogo, nel Vangelo di Luca (Cap.7) ci viene descritto con parole commoventi il risveglio del fanciullo di Nain. In questo racconto, è ricolma di significato ogni parola che indica come nel fanciullo di Nain vivesse l’intera terza epoca post-atlantica, la civiltà egizio-caldaica, come in essa questa abbia potuto svilupparsi sotto l’influsso delle forze, che allora erano attive nell’anima umana.
Il fanciullo di Nain del Vangelo di Luca non è altro che il discepolo di Sais; in sino nei nomi viene occultata la differenza tra l’ambiente spirituale della terza e della quarta epoca di civiltà: egli voleva diventare come gli altri iniziati un «Figlio della Vedova», di Iside, la quale piangeva per il suo perduto sposo Osiride. Ma, essendo impreparato, volendo qui sullo stesso piano fisico disvelare l’immagine di Iside e contemplare i misteri celesti, egli cadde morto. Nessun mortale, a quell’epoca, poteva sollevare il velo di Iside. Nel fanciullo di Nain viene simboleggiata l’impotente sapienza dell’epoca egizia.
Egli rinascerà, crescerà come il fanciullo di Nain, sarà nuovamente un «Figlio della Vedova», di nuovo egli morirà nella fanciullezza. E il Christo Gesù si avvicina, mentre il morto viene portato fuori dalla porta della città. E «molta gente della città» era con sua madre; è la folla degli Iniziati egizi. Essi son tutti morti, che seppelliscono un morto. «E, vedendola, il Signore ne ebbe compassione». Egli ebbe compassione della madre, che stava lì quasi come Iside, che era la sorella e la sposa di Osiride. Ed Egli disse: «Fanciullo, Io ti dico, alzati!», «E il morto si levò, e cominciò a parlare, ed Egli lo rese a sua madre». – Ella, l’antica Iside, era appunto discesa sulla Terra; le sue forze potevano ora venir vivificate sulla Terra stessa. Il Figlio viene ridonato alla Madre, ora egli deve unirsi pienamente con Lei. «E i presenti lodavano Dio, e dicevano: Un grande profeta è sorto tra noi». Giacché nel fanciullo di Nain il Christo Gesù aveva immesso, mediante una sorta di Iniziazione, che rappresenta questa resurrezione, un seme che solo nella successiva incarnazione poteva giungere a fioritura.
Un grande profeta, un potente Maestro di religione è scaturito dal fanciullo di Nain! Nel terzo secolo dell’era cristiana sorse dapprima in Babilonia Mani o Manes, il fondatore del Manicheismo. […]
Nel suo insegnamento venne riunito quanto che le antiche religioni avevano contenuto di Sapienza, ed egli lo illuminò con una Gnosi christica, che rese possibile che i conoscitori della Sapienza stellare egizio-babilonese, i seguaci dell’antica religione persiana, persino i buddhisti dell’India, potessero compenetrarsi con una comprensione dell’Impulso-Christo in questa forma.
Quest’anima, che prima era vissuta nel fanciullo di Nain, e che era stata iniziata dal Christo in questa forma epoche future, ha agito in maniera preparatoria quel che era contenuto nel Manicheismo, e che non è ancora giunto a pieno sviluppo, sorgerà per la salvezza dei popoli dell’antico Oriente, – in maniera preparatrice quest’anima ha operato nella sua incarnazione come Mani per la sua vera e propria missione futura: portare la vera armonia di tutte le religioni.
Al fine di poter far ciò, essa dovette rinascere come quell’anima, che sta in relazione all’impulso del Christo in una maniera del tutto particolare. Per così dire dovette sommergersi ancora una volta tutto ciò che in quella incarnazione come Mani era emerso da quest’anima di antico e nuovo sapere. Come un «puro folle» egli dovette stare di fronte al sapere esteriore del mondo e all’Impulso-Christo nelle profondità della sua anima. Egli rinacque come Parzival, il figlio di Herzeleide, della figura tragica abbandonata dal suo sposo. Come figlio di questa vedova, ora anch’egli abbandona la madre. Vaga nel mondo. Dopo qualche odissea giunge a divenire Guardiano del Santo Graal. E il seguito della saga di Parzival ci racconta com’egli si inoltri nuovamente in Oriente, com’egli trovi negli appartenenti alle razze scure i suoi fratelli, come pure a questi perverranno le benedizioni del Santo Graal. Così egli si preparò, nella sua vita come Parzival, a diventare un nuovo Maestro del Cristianesimo, la cui missione sarà di compenetrare questo sempre più degl’insegnamenti dalla Reincarnazione e del Karma, allorché i tempi saranno a ciò maturi».
Questo è ciò che Rudolf Steiner dice di Mani alle pp. 228-230 della citata “lezione” della Scuola Esoterica, della quale ho fatta una traduzione direttamente dall’originale tedesco, per scrupolo di esattezza, quanto più letterale possibile, evitando abbellimenti stilistici. Ma prima di proseguire nel riportare altre parti importanti dalla medesima “lezione” esoterica, vediamo alcune importanti comunicazioni di Rudolf Steiner a proposito di questa elevata individualità spirituale. Infatti così leggiamo alle pp. 239-240 della stessa opera, GA-264, curata da Hella Wieberger, quanto Rudolf Steiner trasmise ad alcuni discepoli a lui fedeli:
«Su Mani
Il fanciullo di Nain dopo il suo risveglio seguì il Christo come discepolo. Non apparteneva ai Dodici.
Domanda: Come discepolo del Christo viene egli nominato nei Vangeli apocrifi?
Risposta: Nella successiva incarnazione, egli fu Mani; le altre incarnazioni sono da considerarsi come leggende, che assomigliano al risveglio di Lazzaro.
(Tramandato in colloqui avuti dai sacerdoti della Comunità dei Cristiani W. Klein ed Emil Bock con Rudolf Steiner nel febbraio del 1924).
Mani in questo secolo non sarà incarnato; ha intenzione di farlo nel prossimo secolo, a patto ch’egli trovi un corpo adeguato. L’usuale educazione non offre nessuna possibilità per l’evoluzione di Mani, solo l’educazione Waldorf. Se vi saranno i presupposti, egli si presenterà come Maestro dell’umanità ed assumerà la direzione nei campi dell’Arte e della Religione. Egli agirà in forza del Mistero del Graal, e istruirà gli uomini a decidere essi stessi circa il Bene e il Male.
(Tramandato da Ehrenfried Pfeiffer a partire da colloqui da lui avuti con Rudolf Steiner tra il 1919 e il 1921)».
È interessante riportare esattamente che cosa riferì Ehrenfried Pfeiffer della comunicazione avuta da Rudolf Steiner. Si tratta di una sua conferenza, tenuta il 22 dicembre 1946, e pubblicata in Notes and Lectures, compendium 1, Mercury Press, Spring Valley-New York, 1991:
«La Tripartizione di Rudolf Steiner ha anzitutto una funzione preparatrice per la futura incarnazione di Mani. Una volta parlai con Rudolf Steiner della questione di quando sarebbe giunto il momento per l’applicazione delle forze eteriche per finalità tecniche. Egli disse che ciò sarebbe diventato opportuno allorché la Tripartizione si fosse realizzata. Egli disse, inoltre, che Mani attualmente non avrebbe potuto trovare ancora una corporeità adeguata per incarnarsi, giacché tutte le forze ch’egli potrebbe portare in una incarnazione, verrebbero distrutte dall’attuale sistema pedagogico. Perciò è una necessità che si manifestino la Pedagogia Waldorf e la Tripartizione dell’organismo sociale. [,,,] Considero dunque come nostro compito urgente sviluppare questa Tripartizione, dapprima in forma di pensiero, e poi fattivamente, in maniera che Mani possa incarnarsi. Il momento giusto per l’incarnazione di Mani karmicamente sarebbe all’incirca alla fine di questo secolo. Tuttavia, non so se ciò sarà possibile. Eppure, se la Tripartizione e la Pedagogia Waldorf si saranno affermate, e gli potrebbe di nuovo incarnarsi. Una tale incarnazione provocherebbe un rivolgimento totale della tendenza storica del mondo».
Già da quanto precede è possibile constatare, sulla base delle comunicazioni della Scienza dello Spirito, come non sia possibile accogliere l’identificazione, che fa Orao, tra Mani e Christian Rosenkreutz. Quanto all’identificazione di queste due individualità spirituali con Melchisedek, il Manu, e il cretese Minosse – Minos, nel testo di Orao – non ve ne è traccia alcuna, a quanto mi risulta ad un esame diligente, nell’intera, Opera, edita o inedita, di Rudolf Steiner. Questi, in effetti, parla unicamente di quattro incarnazioni di Mani – il discepolo di Sais, il figlio della vedova di Nain, Mani, e Parzival figlio della vedova Herzeleide – e non accenna, se non di sfuggita, e raramente, al fatto ch’egli sarebbe pressoché sempre incarnato sulla Terra.
Quanto, invece, all’individualità del fondatore dell’Iniziazione rosicruciana, Rudolf Steiner, parla esplicitamente, e moltissime volte, di Hiram, il cainita architetto del Tempio di Salomone, di Giovanni-Lazzaro, direttamente iniziato dal Signore e autore del Vangelo di Giovanni e dell’Apocalisse, di una sua particolare incarnazione medievale in epoca carolingia, della sua incarnazione nel XIII secolo come ‘Tredicesimo’ allevato nella cerchia dei ‘Dodici’ e morto giovanissimo, della sua incarnazione nel XIV-XV secolo come Christian Rosenkreutz, nella quale visse 106 anni, e del fatto che nel 1459 egli fu elevato alla dignità di Eques Lapidis Aurei, della sua manifestazione nel XVIII secolo come Conte di Saint-Germain. Queste sono le incarnazioni esplicitamente comunicate da Rudolf Steiner, il quale aggiunge che, dopo l’incarnazione del XIV-XV secolo, nella quale egli fondò l’Ordine o Fraternitas Rosae Crucis, egli è pressoché sempre presente sulla Terra, e comunque agisce, col suo corpo eterico, sia ch’egli sia fisicamente incarnato, sia nelle brevi pause nelle quali si ritira nei mondi superiori. Rudolf Steiner parlò di questa grandissima individualità spirituale – ne parlò in modo specialissimo – nelle conferenze, pubblicate in tedesco in Die esoterische Christentum und die geistige Führung der Menschheit, Il Cristianesimo esoterico e la direzione spirituale dell’umanità, Rudolf Steiner Verlag, GA-130, Dornach, 1995, pp. 57-79, ch’egli tenne in Svizzera, a Neuchâtel, il 27 e il 28 settembre 1911, in occasione della fondazione del Gruppo Christian Rosenkreutz in quella città. Nella prima di quelle due conferenze, che preferisco ritradurre direttamente, possiamo leggere che:
«In conseguenza del lavoro dei Rosacroce, il corpo eterico di Christian Rosenkreutz si rafforzò di secolo in secolo. La sua azione si compie attraverso Christian Rosenkreutz ma anche attraverso tutti coloro che divengono suoi discepoli. A partire dal XIV secolo. Christian Rosenkreutz si è continuamente reincarnato. Tutto ciò che viene insegnata come «Teosofia» è rafforzata dal corpo eterico di Christian Rosenkreutz, e coloro che diffondono questi insegnamenti si fanno adombrare da quel corpo eterico, il quale agisce tanto quando Christian Rosenkreutz è incarnato, ma anche allorché egli non lo è.
Il Conte di Saint-Germain fu, nel XVIII secolo, la reincarnazione exoterica di Christian Rosenkreutz. Ma questo nome venne attribuito anche ad altre personalità, cosicché non tutto quello che vien detto qui o là sul Conte di Saint-Germain riguarda Christian Rosenkreutz. Oggi Christian Rosenkreutz è nuovamente incarnato [Heute ist Christian Rosenkreutz wiederverkörpert]». [HdP: il rilievo è mio].
Che l’individualità, che nel secondo millennio della nostra era si manifesterà come Christian Rosenkreutz, possa essere identificata con Melchisedec mi sembra che sia cosa oltremodo difficile, se si tien conto del fatto che Rudolf Steiner, parlando dell’architetto costruttore del Tempio di Gerusalemme, il cainita Hiram, afferma apertamente come egli, partendo da sapienza, scienza e arte umana, e non attraverso una sognante saggezza jahvetica rivelata dall’alto, come nel caso del re Salomone, fosse giunto con le sue forze sin sulle soglie dell’Iniziazione, ma che non l’aveva ancora realizzata. Hiram sarà vittima da una parte dell’odio omicida dei tre cattivi compagni e della complice gelosia di re Salomone. Hiram realizzerà l’Iniziazione nella sua incarnazione come Lazzaro-Giovanni, nella quale avrà come Ierofante il Christo Gesù. Nel caso di Hiram-Lazzaro-Giovanni, inoltre, a maggior ragione mal si scorge com’egli possa essere identificato con Melchisedec, re di Salem, e Sacerdote di El Eliôn, di Dio Altissimo.
Nel libro della Genesi, Cap. 14, vv.17-20, Melchisedec viene così descritto:
«E di poi, come egli [Abramo] se ne ritornava dalla sconfitta di Chedor-laomer e de’ re ch’erano con lui, il re di Sodoma gli uscì incontro nella Valle della pianura, ch’è la Valle dei re. E Melchisedec, re di Salem, arrecò pane e vino; or egli era Sacerdote dell’Iddio altissimo. E lo benedisse dicendo: Benedetto sia Abramo, appo l’Iddio altissimo, possessor del cielo e della terra. E benedetto sia l’altissimo Iddio, che ti ha dati i suoi nemici nelle mani. E Abramo gli diede la decima di ogni cosa». La Sacra Bibbia, ossia l’Antico e Nuovo Testamento, tradotti da Giovanni Diodati, Libreria Sacre Scritture, Roma, 1976, pp. 10-11.
Il nome di Melchisedec ritorna nel Salmo 110, v. 4, ove leggiamo:
«Il Signore ha giurato e non si pentirà: Tu sei sacerdote in eterno, secondo l’ordine di Melchisedec», ibidem, p. 510.
Ritroviamo Melchisedec, presentato con parole misteriose, nella Lettera agli Ebrei di Paolo di Tarso, ove al Cap. 6, v. 20 e Cap. 7, vv. 1-4, leggiamo:
«Dov’è entrato per noi, come precursore Gesù, fatto in Eterno sommo sacerdote, secondo l’ordine di Melchisedec.
Perciocché, questo Melchisedec era re di Salem, sacerdote dell’Iddio Altissimo; il quale venne incontro ad Abrahamo, che ritornava dalla sconfitta dei re, e lo benedisse. Al quale Abrahamo diede per parte sua la decima d’ogni cosa. E prima è interpretato: Re di giustizia; e poi ancora egli è nominato: Re di Salem, cioè: Re di pace. Senza padre, senza madre, né principio di giorni, né fin di vita; anzi, rappresentato simile al Figliuol di Dio, dimora sacerdote in perpetuo. Ora considerate quanto grande fu costui al quale Abrahamo, il patriarca diede la decima delle spoglie», ibidem, pp. 970-971.
Tra le preziose indicazioni che, circa trentacinque anni fa, mi dette Hella Wiesberger e che, nel tempo, si rivelarono estremamente feconde per la mia vita interiore, vi fu quella di studiare – con dantesco ‘intelletto d’amore’ – l’epistolario intercorso tra Rudolf Steiner e Marie Steiner, epistolario da lei particolarmente curato. E devo dire che tale indicazione, generosamente datami da questa mia spirituale ‘compagna d’armi’, si rivelò per me oltremodo decisiva sia per quanto riguarda la Via del Pensiero, sia per la Via del Graal. Hella Wiesberger ne curò personalmente due edizioni: la prima, nel 1967, in occasione del 100° anniversario della nascita di Marie Steiner, e la seconda – ampiamente rivisitata ed arricchita con ulteriore importante materiale – nel 2002, in occasione del 100° anniversario della fondazione del movimento antroposofico. In ambedue le edizioni, figura come Introduzione, un testo recante come titolo: Aufzeichnungen Rudolf Steiners, geschrieben für Édouard Schuré in Barr im Elsaß, September 1907 – Appunti di Rudolf Steiner scritti per Édouard Schuré a Barr in Alsazia, nel settembre del 1907. Si tratta di tre documenti, scritti, di estrema importanza perché in essi Rudolf Steiner parla liberamente, anche se sinteticamente, di una serie di retroscena che stanno dietro eventi e confraternite occulte.
Nel secondo di tali documenti egli parla della figura di Christian Rosenkreutz in questi termini:
«Christian Rosenkreutz andò in Oriente nella prima metà del XV secolo per trovare un equilibrio tra l’Iniziazione orientale e quella occidentale. Una conseguenza ne fu la fondazione definitiva della corrente rosicruciana in Occidente al suo ritorno. In questa forma il Rosicrucianesimo doveva essere una scuola mantenuta rigorosamente segreta, in vista della preparazione del compito che avrebbe dovuto incombere alla svolta tra i secoli XIX e XX, allorché le scienze sarebbero giunte alla soluzione provvisoria di taluni problemi. Tra questi Christian Rosenkreutz indicò:
1) La scoperta dell’analisi spettrale, mediante la quale sarebbe venuta alla luce la costituzione materiale del Cosmo.
2) L’introduzione del concetto di evoluzione materiale nella scienza dell’organico.
3) La conoscenza del fatto di uno stato di coscienza diverso da quello abituale mediante i metodi dell’ipnosi e della suggestione.
Solo quando queste conoscenze materiali fossero maturate in seno alla scienza, certi principi rosicruciani dovevano dalla segretezza occultistica penetrare nella comunicazione pubblica.
Sino a quel momento, l’iniziazione mistico-cristiana venne data all’Occidente nella forma sotto la quale essa venne trasmessa a San Vittore, Meister Eckhart, Tauler dall’Iniziatore, dello «Sconosciuto dell’Oberland» e così via.
All’interno di questa intera corrente venne considerata come un «grado superiore» l’Iniziazione di Mani, il quale nel 1459 iniziò pure Christian Rosenkreutz [HdP: il rilievo è mio]: essa consiste nella vera conoscenza della funzione del Male. Questa Iniziazione deve rimanere, con i suoi retroscena, rimanere ancora a lungo assolutamente ignota alla massa. Là dove anche soltanto un piccolissimo raggio sia penetrato nella letteratura, esso ha causato sciagure, come attraverso la nobile anima di Guyau del quale era divenuto discepolo Friedrich Nietzsche». 1. Auflage Gesamtausgabe, GA-262 Rudolf Steiner Verlag, Dornach, 1967, p. 15. 2. Neu durchgesehene und erweiterte Auflage Gesamtauslage, Rudolf Steiner Verlag, Dornach, 2002, pp. 23-24.
È evidente come in questa comunicazione ad Ėdouard Schuré – e, per di più, da lui stesso messa per iscritto – Rudolf Steiner parli apertamente di Christian Rosenkreutz e di Mani come di due individualità spirituali diverse. Del resto, egli parla della Via rosicruciana e della Via manichea come di due forme di Iniziazione diverse, essendo quella manichea più radicale, e per di più gerarchicamente superiore, rispetto a quella rosicruciana. Infatti, Rudolf Steiner così si esprime, per esempio, nell’ottava conferenza, tenuta a Stoccarda il 29 agosto 1906, de Alle porte della Scienza dello Spirito, da GA-95, Editrice Antroposofica, Milano, 2015, pp. 79-80:
«Quanto è interiore deve però diventare esteriore; e l’uomo si eleverà maggiormente non appena il suo karma si sarà completamente compiuto; e questo è legato a qualcosa di straordinariamente interessante. In previsione di questo sviluppo dell’umanità, già da secoli vennero fondati degli ordini segreti che si prefissero i più alti compiti immaginabili. Uno di questi ordini è quello dei manichei. La scienza non sa nulla di giusto a loro riguardo, e crede che i manichei abbiano promulgato la dottrina che già nella natura stessa risulti l’esistenza di un bene e di un male che lottano tra di loro, e che questo sia già prestabilito fin dalla creazione. Ma questo svisa fino all’assurdo i veri valori dell’Ordine. I singoli membri che lo compongono vengono educati in modo peculiarissimo al loro grande compito. Quest’Ordine sa che vi saranno uomini che non avranno più male nel loro karma, e che vi sarà altresì un’umanità di natura malvagia nella quale il male dominerà in grado assai maggiore che nelle belve più feroci, e procederà nel male, coscientemente raffinandolo, valendosi di un raziocinio sviluppatissimo. L’Ordine dei manichei istruisce fin d’ora i suoi discepoli in modo che diventino in futuro i trasformatori del male. La difficoltà enorme di questo compito sta nel fatto che in quell’umanità malvagia non vi sarà accanto al male una parte di bene che, come nel fanciullo malvagio, con l’esempio e l’insegnamento si lascia accrescere fin da oggi i manichei imparano a poter trasformare radicalmente in questi esseri il male ch’essi portano dalla nascita. Il male, che in questo modo verrà completamente trasformato. Diverrà, a lavoro compiuto, un bene specialissimo. La condizione etica della Terra sarà una condizione di santità; la forza della trasformazione influenzerà questo stato di santità; e ciò non si può conseguire se non col prodursi di questo eccesso di male. E dalla forza stessa necessaria a superarlo, si svilupperà pure la forza per la santità suprema. Il campo deve venir concimato col letame nauseabondo, il letame deve essere prima assorbito dal campo come fermento. Allo stesso modo l’umanità ha bisogno del concime del male per poter raggiungere le vette della santità: questa è la missione del male. L’uomo diventa vigoroso affaticando ed esercitando i suoi muscoli, e così il bene, per potersi sublimare nella santità, deve prima superare il male che lo contrasta. Il male ha il compito di fare ascendere l’umanità».
Rudolf Steiner parlò molte volte della individualità spirituale di Mani, e non è possibile qui riportare tutti i passi – tutti, peraltro, importantissimi – nei quali egli ne parla, ma non voglio rinunciare, perché veramente calzante rispetto al nostro tema, quanto egli dice in una “lezione” della Scuola Esoterica, tenuta a Berlino l’11 novembre 1904, contenuta in Die Tempellegende und die Goldene Legende als symbolischer Ausdruck vergangener und zukünftiger Entwickelungsgeheimnisse des Menschen. Aus den Inhalten der Esoterischen Schule – La leggenda del Tempio e la leggenda aurea come espressione simbolica dei misteri dell’evoluzione passata e futura dell’uomo. Dai contenuti della Scuola Esoterica – GA-93, Rudolf Steiner Verlag, Dornach, 1991, tradotta in italiano e pubblicata col titolo I Manichei, in I Manichei, a c. di Gabriele Burrini, Editrice Antroposofica, Milano, 1995, ove, a p. 17, troviamo detto:
«Una corrente spirituale ancora più importante dei Rosacroce è il manicheismo» [HdP: il rilievo è mio].
Mentre, alle pp. 23-24, leggiamo ulteriormente:
«Se in questa prospettiva ci chiediamo ancora: che cosa vuole Mani e che cosa significa la sua affermazione, di essere cioè il Paraclito, lo Spirito, il figlio della vedova? Null’altro se non che egli vuole preparare la sesta epoca dell’umanità nella quale essa sarà condotta da se stessa, dalla propria luce animica, e supererà le forme esteriori per trasformarle in spirito.
Mani intende creare una corrente spirituale che superi, che vada oltre quella rosicruciana [HdP: il rilievo è mio]. La corrente di Mani tende alla sesta epoca che viene preparata sin dalla fondazione del cristianesimo. Proprio in quell’epoca il cristianesimo si manifesterà nella sua piena forma. Solo allora sarà veramente presente».
Massimo Scaligero stesso più volte, nelle sue riunioni, parlò della Via di Mani, del Manicheismo, come di una Via spirituale “rivoluzionaria”, ancora più radicale della stessa rosicruciana, in quanto nella Via cristiana antica, e in quella rosicruciana, si prega ancora, chiedendo: «ma liberaci dal Male», Male del quale l’asceta si purifica, e si libera, ma del quale si fanno carico poi altri esseri umani più deboli, e meno maturi di lui. Ciò è ancora – tragicamente – una realtà, e una necessità. Nella Via manichea, invece, non ci si «libera dal Male», bensì prima lo si trasforma in noi, poi si liberano dal “peso” del Male gli altri, assumendocelo, e trasformando anch’esso in noi. È evidente come la Via rosicruciana sia preparatrice di quella manichea, la quale viene ad essere il più alto ideale che possa essere perseguito dall’asceta e dalla Comunità spirituale. Ed è altresì evidente, dalle comunicazioni di Rudolf Steiner su riportate, come Christian Rosenkreutz e Mani siano due individualità spirituali diverse, così come siano diverse le loro Vie, che sono gerarchicamente collegate tra loro.
Sempre a p. 8 del libro Resurrezione di Orao, nel paragrafo precedente a quello da noi più sopra citato, leggiamo:
«San Paolo, nella prima lettera agli Ebrei, definisce il Cristo «Sacerdote secondo l’ordine di Melchisedek». Circa quattromila anni prima della nascita di Gesù di Nazareth, il Concilio degli Dei, avendo stabilito di inviare sulla Terra il Cristo – sacrificando il Figlio del Sole alla redenzione della Terra – affidò all’entità di Melchisedek il cómpito di preparare nella fisicità dell’uomo la facoltà dello spirito, onde l’uomo e il futuro miste, potessero aspirare allo spirito, ma potessero anche accogliere il messaggio cristico e testimoniare l’avvento dei Nuovi Misteri. Melchisedek preparò nell’uomo la facoltà di inserire la trascendenza nell’immanenza umana, così come gradatamente il Cristo si unificava, nei tre anni dai trenta ai trentatré. Dopo il Battesimo presso il Giordano, con i tre involucri di Gesù di Nazareth unificantisi nell’Io-Cristo».
Paolo di Tarso, per l’esattezza, scrisse non una prima, bensì un’unica Lettera agli Ebrei, come si può constatare su qualsiasi Bibbia. In effetti, Rudolf Steiner parla – per esempio in molte conferenze, collegate con le cinque conferenze da lui tenute all’allora Christiania, oggi Oslo, dal 1 al 6 ottobre 1913 e con le due tenute a Colonia il 17 e 18 dicembre 1913, all’interno dei vari cicli sul Quinto Vangelo, Ricerca dalla Cronaca dell’Akasha, GA-148, parzialmente tradotto e pubblicato in italiano dalla Editrice Antroposofica di Milano (ultima edizione nel 2010) – di quello ch’egli chiama il “Concilio degli Dèi”, ma in quel ciclo, e neppure nelle altre conferenze, Rudolf Steiner mai parla di una peculiare missione di Melchisedec, decisa in occasione di quel “Concilio degli Dèi”, né comunicò – per lo meno a quanto mi risulta – l’epoca in cui avvenne tale “Concilio”: 4000 anni prima della nascita di Gesù di Nazareth, secondo quel che afferma Orao. Ma, proseguendo la trattazione che Orao fa del Risveglio-Iniziazione di Giovanni-Lazzaro, leggiamo a p. 9:
«I Vangeli sinottici (Marco, Matteo, Luca) contengono cronaca della vita del Cristo Gesù, miracoli, insegnamenti. Il Vangelo di Giovanni ha la descrizione di un solo miracolo, la resurrezione di Lazzaro, scarsa cronaca sui fatti della vita del Cristo Gesù; contiene invece tutto l’insegnamento più delicato e definitivo per l’evoluzione futura dell’uomo. Non attinge quindi come gli altri ad una tradizione, ma è originaria espressione della Parola (Logos) nell’Evangelista attestatore della verità; in quanto egli ripropone il potere profetico di Elia, il contenuto dei Misteri giudaici di Giovanni Battista, l’attestazione della resurrezione in Betania, è quindi trasferito come archetipo originario entro l’umana sostanza eterna, divenendo possibilità di operazione mistica in ogni uomo, per ora nell’asceta dei Misteri rosicruciani, in avvenire per tutta l’umanità che vorrà il Logos in sé».
I Vangeli sinottici sono stati oggetti di una ampia e ripetuta esegesi da parte di Rudolf Steiner, il quale mette più volte in evidenza ch’essi non ‘contengono la cronaca della vita del Cristo Gesù, miracoli, insegnamenti’, bensì sono tutti e tre – a vari livelli – documenti iniziatici, corrispondenti a ‘punti di vista diversi’, raffigurati nel Tetramorfo rispettivamente dall’Angelo per Matteo, dal Leone per Marco, dal Toro per Luca, Giovanni è, invece, rappresentato dall’Aquila. Rudolf Steiner mette molte volte in evidenza come i Vangeli sinottici non siano una mera “cronaca”, ché anzi, considerati da questo punto di vista, essi si rivelano, et pour cause, storicamente contraddittori, almeno apparentemente, il che ha fatto sì che nel XIX secolo – in quello che, giustamente, fu chiamato le siècle stupide – sorgesse tutta una critica razionalistica dei Vangeli, in particolar modo in Germania nella cosiddetta “Scuola di Tubinga”.
Rudolf Steiner dedica tutta la prima, delle dieci conferenze da lui tenute a Basilea dal 15 al 26 settembre 1909, tradotte e pubblicate ne Il vangelo di Luca, Editrice Antroposofica, Milano, Edizione 2016, ma che io preferisco citare dalla pubblicazione fattane, a Milano nel 1956, da L’Editrice Scientifica, proprio a chiarire questo punto cruciale. Quella prima conferenza nell’edizione del 1956 porta il titolo I diversi aspetti dell’iniziazione, mentre nell’edizione del 2016 è intitolata Iniziati e chiaroveggenti. In quella conferenza, Rudolf Steiner difende apertamente il valore in iniziatico del Vangelo di Luca, e degli atri due sinottici. Infatti, così leggiamo alle pp. 1-2 dell’edizione del 1956:
«Non solo è vero che il cristianesimo come tale è immenso per sua natura e che si può illuminarlo dai più diversi punti di vista, ma è anche vero – e appunto questo ciclo di conferenze lo dimostrerà – che, quantunque il vangelo di Giovanni sia un documento infinitamente profondo, vi sono cose che da quello non si possono imparare, e che si possono invece apprendere dal vangelo di Luca. Quello che, quando tenni le conferenze sul vangelo di Giovanni, abbiamo presentato come le idee più profonde del cristianesimo, sono ben lungi dall’essere il cristianesimo nella sua profondità totale; ma si può penetrare in quella profondità da un altro punto di vista. E questo altro punto di vista lo potremo acquistare, se porremo il vangelo di Luca al centro delle nostre considerazioni antroposofiche.
Esamineremo perciò alcuni passi, i quali ci faranno comprendere che vi è davvero qualcosa da acquistare dallo studio del vangelo di Luca, anche dopo aver scandagliato le profondità di quello di Giovanni. E prenderemo le mosse da quanto ci risulta ad ogni riga del vangelo di Giovanni: ossia dal fatto che per lo studioso di antroposofia, i vangeli si presentano come documenti composti da individui che, penetrando con lo sguardo molto a fondo nell’essenza della vita e dell’esistenza, contemplarono le profondità dell’universo come iniziati, come chiaroveggenti».
Dopo di che, Rudolf Steiner, alle pp. 2-3, enuncia quelli che sono i diversi gradi dell’esperienza spirituale sovrasensibile:
«Da un certo riguardo, vi è una differenza tra un iniziato e un chiaroveggente, quantunque nulla si opponga a che l’iniziato sia in pari tempo un chiaroveggente ed il chiaroveggente fino ad un certo grado un iniziato. Se vorrete distinguere esattamente queste due categorie di uomini – tra l’iniziato e il chiaroveggente – dovrete ricordarvi di ciò che è spiegato nel mio libro L’iniziazione: e cioè che, in sostanza, vi sono tre gradi per i quali si giunge oltre la visione ordinaria del mondo.
La prima forma di conoscenza accessibile all’uomo è quella che considera il mondo mediante i sensi e che, mediante l’intelletto e le altre forme dell’anima, si appropria di ciò che si percepisce. Oltre a questo, vi sono altri tre gradi di conoscenza: il primo è quello della conoscenza immaginativa, il secondo è quello della conoscenza ispirativa e il terzo è quello della conoscenza intuitiva, intesa questa nel suo significato occulto».
Rudolf Steiner in molte sue opere mette in guardia contro le insidie e le illusioni che si incontrano sul piano immaginativo, ossia nel mondo astrale, nel quale non è sempre facile per il mistico e il semplice chiaroveggente distinguere la verità dall’errore, la realtà dall’illusione. Egli ne parla a lungo e approfonditamente in opere scritte come L’Iniziazione. Come si conseguono conoscenze dei mondi superiori? (1904), ne I gradi della conoscenza superiore (1905), La scienza occulta nelle sue linee generali (1910), Una via per l’uomo alla conoscenza di se stesso, in otto meditazioni (1912), La soglia del mondo spirituale (1913): tutte opere, in oltre un secolo, moltissime volte tradotte e pubblicate in italiano e facilmente reperibili. Ma, visto il tema affrontato da Orao, voglio trascrivere dall’edizione del Vangelo di Luca, edito a Milano nel 1956, quanto Rudolf Steiner, con una chiarezza paradigmatica, dice a p. 7:
«Chi vuol contemplare soltanto il mondo immaginativo e rinunzia a salire più in alto, ai mondi dell’ispirazione e dell’intuizione, vive in certo modo in un mondo di incertezza. Il mondo fluttuante dell’immaginazione è, per così dire, senza sponde; e se si è abbandonati a se stessi, si nuota con l’anima dentro di esso in qua e in là, senza avere un’esatta conoscenza della direzione e dello scopo a cui si tende. Ne conseguì in passato la necessità, per i chiaroveggenti, ossia per gli uomini dotati della sola conoscenza immaginativa, di vincolarsi con devozione totale alle loro guide, a coloro che avevano sviluppato le facoltà superiori dell’ispirazione e dell’intuizione. Perché soltanto l’ispirazione e l’intuizione dànno sicurezza nel mondo spirituale, e fanno conoscere esattamente la via e la mèta. Se invece all’uomo manca la conoscenza dell’ispirazione, egli non può sapere dove conduce la via e dove egli deve dirigersi per raggiungere la mèta; perciò gli è necessario affidarsi all’esperta direzione di qualcuno che conosca queste cose. Per questo si è sempre giustamente affermato che chi si limita ad ascendere alla sola conoscenza immaginativa, deve vincolarsi intimamente ad un maestro, il quale gli indichi direzione e mèta che da sé solo non potrebbe scoprire».
Dopodiché, Rudolf Steiner mostra quale sia il grado di conoscenza che dà autentica certezza di verità e di realtà. Infatti, prima alle pp. 5-6 chiarisce:
«Un grado di conoscenza ancor superiore [a quello immaginativo e a quello ispirativo] è l’intuizione, intendendo questa parola non nel senso in cui la si adopera abitualmente per tutto quanto di meno chiaro ci passa per la mente, ma nel suo vero significato occulto. L’intuizione, in senso occulto, è una forma di conoscenza per cui non solo si può ascoltare spiritualmente [come nell’ispirazione] quello che gli esseri spirituali ci comunicano, ma per cui ci si immedesima con quegli esseri e ci si immerge nella loro stessa entità. Questo è un grado molto alto di conoscenza spirituale; esso richiede che l’uomo abbia prima sviluppato in sé l’amore per tutti gli esseri».
E aggiunge, alle pp. 9-10:
«A ciascun grado della conoscenza sovrasensibile ci si presentano i grandi segreti connessi con quello che chiamiamo l’evento del Cristo; cosicché tanto la conoscenza immaginativa, quanto l’ispirazione e l’intuizione hanno molte infinite cose da dire intorno a quell’evento grandioso.
Se dunque da questo punto di vista, noi volgiamo lo sguardo ai quattro vangeli, possiamo dire che il vangelo di Giovanni è scritto dal punto di vista di un iniziato che è penetrato nei misteri dell’universo fin su all’intuizione, e che descrive perciò l’evento del Cristo com’esso si presenta all’intuizione. […] Sicché l’autore del vangelo di Giovanni (a prescindere da quanto egli vi ha introdotto di immaginativo) noi lo possiamo chiamare l’annunziatore di tutto ciò che, sull’evento del Cristo, consta a chi possiede la parola interiore, fino al grado dell’intuizione. Infatti egli ci caratterizza i misteri del regno del Cristo, dal punto di vista della parola interiore ovvero del Logos. A base del vangelo di Giovanni sta dunque la conoscenza ispirativa e intuitiva».
Rudolf Steiner nella sua trattazione mostra, con la massima chiarezza possibile, come tutti e quattro i Vangeli siano documenti la cui origine è tutta nell’esperienza interiore, che a vari livelli era propria dei quattro autori dei Vangeli. Come Luca, in particolare, descriva quanto si manifesta ad una percezione immaginativa. Infatti, a p. 10, è scritto:
«Dunque l’evangelista Luca vuol comunicare ciò che hanno da dire coloro i quali furono testimoni oculari e ministri della parola. Il vangelo di Luca, parlando di coloro che furono testimoni oculari, ossia che videro essi stessi, intende coloro che possiedono la conoscenza immaginativa, che possono penetrare nel mondo delle immagini a percepirvi l’evento del Cristo, che sono particolarmente educati a guardare attraverso tali immagini, e che hanno una veggenza autonoma, esatta e chiara. Luca pone le loro comunicazioni a base del suo vangelo. Essi furono i ministri della parola».
Ma non è esatto affermare che i tre Vangeli sinottici di Matteo, Marco, e Luca, siano una semplice cronaca, e che attingano semplicemente ad una “tradizione”. Così come non è esatto affermare – come fa Orao a p. 7 di Resurrezione – che
«I Vangeli sono il primo e l’ultimo testo iniziatico necessario per l’uomo che si avvia lentamente verso il percorso pensante, verso l’attività autocosciente: quindi una testimonianza da cui estrarre principi e verità»,
perché se leggiamo – e ben meditiamo – quel che Rudolf Steiner dice a p. 11, cambia completamente la prospettiva, e si passa da una posizione “mistica” e “fideistica”, sia pure intese nel senso migliore del termine, ad una audace, radicale, sperimentazione “scientifica”:
«Ma anche questa volta – come sempre quando si facciano considerazioni dal punto di vista antroposofico – dobbiamo ricordare che per la scienza dello spirito i vangeli non sono la vera fonte della conoscenza. Chi stia veramente sul terreno della scienza dello spirito, non riconoscerà la verità di una notizia, solo perché essa sta scritta nei vangeli. L’occultista non attinge la sua conoscenza da alcun documento scritto, ma da ciò che gli viene fornito dall’indagine spirituale del suo tempo. Quello che attualmente gli esseri spirituali hanno da dire agli iniziati e ai chiaroveggenti, è fonte della vera scienza dello spirito. E oggi, in un certo senso queste fonti sono le stesse che in passato. Anche oggi si possono chiamare chiaroveggenti coloro che hanno la visione del mondo immaginativo, mentre si possono chiamare iniziati soltanto coloro che possono elevarsi al grado dell’ispirazione e dell’intuizione. Anche oggi dunque il vocabolo chiaroveggente non è sinonimo di iniziato.
Ciò che troviamo nel vangelo di Giovanni poteva fondarsi soltanto sull’indagine dell’iniziato che era in grado di salire fino alla conoscenza ispirativa e intuitiva. Ciò che troviamo negli altri vangeli poteva fondarsi sulle comunicazioni dei chiaroveggenti non ancora iniziati, i quali non potevano ascendere al mondo dell’ispirazione e dell’intuizione e dell’intuizione. Se dunque ci atteniamo strettamente alla distinzione sopra indicata, possiamo dire che il vangelo di Giovanni è fondato sull’intuizione, e gli altri tre vangeli (soprattutto quello di Luca, secondo la dichiarazione stessa del suo autore) sono basati sulla chiaroveggenza».
E non è esatto neppure che il Vangelo abbia la “descrizione di un solo miracolo, la resurrezione di Lazzaro, scarsa cronaca sui fatti della vita del Cristo Gesù”. Di “miracoli” – che Giovanni chiama σημεῖα, semèia, ossia “segni” – nel quarto Vangelo ne vengono descritti sette: la trasmutazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana, la guarigione del figlio dell’ufficiale regio, la guarigione del paralitico alla piscina di Betesda, la moltiplicazione dei pani, il camminare sulle acque, la guarigione del cieco nato, la resurrezione di Lazzaro. E Steiner mostra il significato spirituale della progressione di questi sette “segni”. Quanto alla “scarsa cronaca”, voglio riportare quanto dice un teologo cattolico – quindi non certo sospettabile di simpatie nei confronti dell’Antroposofia e di Rudolf Steiner – un tempo docente presso varie Università Pontificie a Roma, nonché Rettore della Lateranense, e traduttore accurato dei Vangeli, Piero Rossano, in Vangelo secondo Giovanni, BUR, Rizzoli Editore, Milano, 1984, p.9:
«Fatto singolare però, questa tendenza astrattiva e metafisica va congiunta spesso in questo Vangelo ad un carattere di immediatezza storica e ad un gusto dei particolari concreti, quale si riscontra solo in Marco. Si notano dettagli precisi che non hanno alcuna ragione simbolica; anche il quadro cronologico e geografico, con i frequenti viaggi di Gesù a Gerusalemme in occasione delle feste, viene dai critici ritenuto più storico che non quello dei Sinottici. Vi sono notati puntualmente gli usi e i costumi della Palestina di Gesù, i personaggi vengono ritratti con tocchi vivi e psicologici che rivelano il testimone oculare, attento e perspicace».
Questa accuratezza circa precisi dati storici nel Vangelo di Giovanni, così come una profonda conoscenza da parte del suo autore dell’ambiente gerosolimitano – al punto di essere introdotto nella casa del Kohen Gadol, del Gran Sacerdote –, così come di particolarità del calendario liturgico degli Esseni, è stato rilevato anche da Emil Bock, il quale ne parla nei suoi libri. Ma non vi è, ora, lo spazio per soffermarmi, come vorrei, sui molti interessanti elementi che, a tale proposito, Emil Bock riporta. Invece, è il momento di continuare, per la sua capitale importanza, la citazione tratta dalla lezione della Scuola Esoterica, più sopra riportata e intitolata Sulle personalità dei Maestri in relazione ai risvegli nei Vangeli, in Zur Geschichte und aus Inhalten del ersten Abteilung der Esoterischen Schule 1904-1914, GA 264, Rudolf Steiner Verlag, Dornach, 1984, dove alle pp. 230-232, Rudolf Steiner afferma:
«In secondo luogo; la seconda epoca postatlantica è quella di Zarathustra. Essa ha quindi una particolare relazione col Christo. Giacché Zarathustra accenna al Dio del Sole, Ahura Mazdao, che si avvicinava alla Terra, e che non era altro che il futuro Christo. E in tutta la sua missione Zarathustra fu un Iniziato per il Christo, insegnando ad apprezzare la Terra, e ad elaborarla, a non fuggire di fronte alle Potenze malvagie, ma a vincerle e mediante ciò a redimerle. Così l’Io di Zarathustra, il più elevato Io umano, poté venir prescelto, per dimorare per 18 anni negli involucri, che poi avrebbero dovuto accogliere il Christo. Il suo Io abbandonò quegli involucri poco prima del battesimo nel Giordano. Così egli non era incarnato “nella carne”, allorché il Christo camminava sulla Terra. Egli stesso si “incarnò” subito dopo l’abbandono dei tre involucri del Gesù nathanico; il suo Io si congiunse col corpo eterico del Gesù salomonico, che alla propria morte era stato portato con sé nel mondo spirituale dalla madre del Gesù nathanico.
Perciò il Christo Gesù non poteva risvegliare Zarathustra come designato rappresentante della seconda epoca postatlantica. Tuttavia era incarnata sulla Terra in quell’epoca un’altra individualità, per così dire supplente, la cui evoluzione e la cui importantissima missione per l’umanità andava in maniera mirabile parallelamente a quella di Zarathustra. Questi era Lazzaro, il rinato Hiram Abiff, il più importante dei figli di Caino, il quale aveva operato in maniera consimile alla missione terrestre dell’Io umano, come aveva fatto Zarathustra nell’antica Persia. Egli si «ammala», «muore», viene deposto nella tomba. Il Christo Gesù apprende della sua malattia, e parla ai suoi discepoli della morte di Lazzaro. Allora disse Tommaso, chiamato il “Gemello”, «uniamoli a lui, così da morir con lui» (Giov. 11, 16).
In questo risveglio, che deve aver luogo con Lazzaro, le anime che appartengono alla seconda epoca postatlantica – così come il «popolo dalla città» nel risveglio del fanciullo di Nain rappresenta la terza epoca postatlantica – viene rappresentata da Tommaso, il «Gemello». Giacché il secondo periodo postatlantico fu il periodo dei Gemelli. Le sue parole, altrimenti pienamente insensate, testimoniano, che il secondo periodo postatlantico è pronto ad esser risvegliato dal Christo. Ciò che come germe di civiltà è vissuto nell’antica epoca persiana, non è morto. Non si tratta del risveglio di un morto, bensì dell’Iniziazione di un vivente. Questa è la grande differenza tra il racconto di questo risveglio e quello degli altri due. Perciò il Christo Gesù dice: «Io sono la Resurrezione e la Vita; chi crede in me, anche se morisse, vivrà».
E il Christo Gesù viene alla tomba, nella quale è stato deposto Lazzaro ritenuto morto, e dice di fronte a tutto il popolo le parole sacramentali: «Lazzaro, vieni fuori!» – e il defunto venne fuori con le mani e i pieni cinti dai panni mortuari, e il volto ricoperto da un sudario. E il Christo Gesù pronuncia le parole, che per così dire alludono al fatto che da quel momento in poi questo Iniziato comincerà ad operare: «Scioglietelo, e lasciatelo andare!».
Egli non è un fanciullo, come il fanciullo di Nain, egli è un uomo nel pieno possesso delle sue forze spirituali. E il risvegliato Lazzaro diviene lo scrittore del Vangelo di Giovanni. Egli è colui che sta presso la croce, e al quale dalla croce il Christo Gesù, indicando la Madre Maria-Sophia, dice: «Vedi, questa è tua Madre!». Così viene ancora una volta rivelato il suo peculiare rapporto sostitutivo rispetto all’Io di Zarathustra, il quale in quanto bambino Gesù salomonico era stato realmente generato da questa Madre.
Con questa forza in sé, egli può agire già prima della sesta epoca postatlantica», già nella quinta epoca di civiltà egli prepara la sesta, quella che dovrà mostrare la più profonda comprensione dell’Impulso-Christo, quella che comprenderà meglio il Vangelo di Giovanni».
Da tutto quanto sopra riportato è possibile vedere, come Rudolf Steiner affermi apertamente l’appartenenza dell’autore del Vangelo di Giovanni alla stirpe cainita, la sua identità con Hiram, l’architetto che edificò il Tempio di Gerusalemme, la sua identità con Christian Rosenkreutz, fondatore della corrente rosicruciana: della moderna novella Iniziazione. Questa identificazione sarà una delle conoscenze più delicate trasmesse e coltivate all’interno della Mystica Aeterna, ossia della Seconda e Terza Classe della Scuola Esoterica fondata da Rudolf Steiner. Questo dato inciderà, come avremo modo di constatare, in maniera decisiva sull’esame e sulle conclusioni che il lettore potrà trarre dalla lettura dell’opera di Orao.
Queste sono le primissime osservazioni che è possibile fare sullo scritto di Orao, pubblicato da Tilopa, e intitolato Resurrezione. Ma sarà necessario, nella seconda parte di questo articolo, andare molto più a fondo nello studio delle affermazioni che troviamo nel suddetto libro, mettendole ogni volta a confronto con quanto dice Rudolf Steiner, per trarne conclusioni conoscitivamente valide e giustificate: coerenti col metodo iniziatico e i risultati dell’indagine spirituale della Scienza dello Spirito, dell’Antroposofia. Anzi, nel proseguo di questo studio dovranno essere affrontati – sempre con sguardo obbiettivo e imparziale – punti davvero cruciali: ancora più importanti e decisivi di quelli che abbiamo esaminati sinora.