Una corretta nozione di reincarnazione, svolta dal pensiero cosciente è una “medicina urgente” per l’uomo contemporaneo: di ciò furono ben consapevoli Aurobindo in Oriente e Rudolf Steiner in Occidente.
Non a caso contro tale insegnamento s’è scagliato il materialismo meccanicistico, trovando come energici alleati i grandi (si fa per dire) nomi del tradizionalismo e la Chiesa cattolica. Evidentemente per questa eterogenea ciurma, come osservava Corrado Rocco in un bel librettino vecchio di alcuni decenni, l’idea di reincarnazione è avvertita come straordinariamente pericolosa.
E non c’è da meravigliarsene: ad esempio già su di un piano che sembra più concreto tutto è buono per avversare i bianchi globulini omeopatici: pur essi portatori di riflessioni pericolose sul significato della materia, sull’efficacia vera di scellerati protocolli medici…insomma sui feticci che reggono la menzogna mondiale: solo gli ingenui patentati non comprendono lo “strano” giudizio negativo della Chiesa nei confronti dell’omeopatia!
Scusatemi, questa era una digressione.
Come ho già scritto da qualche parte, in realtà non è vero che tutti gli scienziati siano sul libro paga delle Potenze arimaniche. Invece è purtroppo vero che molti si tappano prudentemente la bocca e che il sudario calato sull’umanità da tali Potenze permette quasi soltanto le comunicazioni a senso unico, dagli stravaganti Accademici di Svezia fino al modesto foglio giornalistico locale.
C’è qualcuno, forse incline al suicidio professionale, che ha il coraggio di comunicare punti di vista diversi: l’altro ieri veniva presto dimenticato, ora prova la povertà, il ludibrio e persino la galera.
Sentite cosa poteva ancora dire un fisico contemporaneo, morto però nel ’46. Parlo di J.J. Hopwood, matematico, fisico e astronomo britannico, insegnante universitario a Cambridge.
“ Trent’anni fa, si pensava o si supponeva che la scienza potesse infine svelare l’ultima realtà delle cose, e che questa realtà fosse di natura meccanica…Oggi si ammette, ed i fisici sono quasi tutti propensi da parte loro per questa opinione, che la corrente scientifica ci conduce ad una realtà per nulla meccanica; l’universo rassomiglia sempre più ad una grande Idea, e non già ad una grande macchina. Lo spirito non sarà più, nel regno della materia, quell’importuno sopraggiunto per caso come lo si riteneva un tempo; noi cominciamo a presentire che egli piuttosto sia il creatore e il signore della materia. Non già, ben inteso, il nostro spirito individuale, ma lo spirito in seno al quale vivono gli elementi atomici del pensiero che compongono il nostro essere personale. La scienza moderna ci obbliga a rivedere le frettolose opinioni che noi ci siamo formate e che ci presentarono il mondo materiale come estraneo e ostile alla vita. L’antico dualismo dello spirito e della materia, causa profonda di questa supposta ostilità sembra voler scomparire. Non, per questo, che la materia divenga meno densa, più eterea di una volta, né che nello spirito si sia rivelato il risultato d’una attività della materia; al contrario, appare a poco a poco che quest’ultima potrebbe essere una creazione e una manifestazione dello spirito.”
Certo che Hopwood non intuisce la propria presenza attiva nella formazione del dato, della cosa ma espone con coraggio e sincerità in quale vicolo cieco la scienza del tutto-materia si sia cacciata. Essa però, cieca e sorda e dotata di enorme potenza inerziale, ora ha acchiappato il bosone…dopodomani, con folli spese, troverà qualcosa di ancora più piccino.
Rubbia, quasi mio concittadino, che tante ne ha dato a bere ma che ha bevuto molto di più per suo conto, spiegava il processo: “Taglio il salame a fette, via via sempre più sottili…” Bravo! Così del salame non ti resterà nulla per riempire il panino e salterai la merenda.
Così, come per l’omeopatia, che nonostante tutto “prende” sempre più medici e tanti pazienti, anche l’idea del karma e della reincarnazione ha iniziato, e non da oggi, ad aprirsi varchi nelle dure teste contemporanee.
Già F. Rittelmeyer, nel suo libro Wiederverkörperung, nota che nel corso di diversi viaggi in Europa e in America conobbe diversi teologi (protestanti) di fama, i quali ritenevano possibile e anche necessaria l’adozione dell’idea della reincarnazione nella concezione cristiana (in tal senso il nostro Paese non fa molto testo, dovendo sopportare la sciagura di avere il Papato e la sua prepotenza politica in casa).
Il vero Occidente ha mantenuto intatte nel corso dei secoli le intuizioni spirituali al riguardo della reincarnazione: nelle epoche così dette “oscure”, nel medio evo dei mistici, poi nei giganti come Goethe, Novalis, Balzac, Lessing, Herder, Wagner, ecc.
Leggendo Montaigne, Emerson ebbe a dire: “Avevo l’impressione d’aver scritto io stesso quel libro nel corso di una precedente esistenza”.
Impressionante è la confessione di un uomo moderno immerso nel mondo delle macchine, come Henry Ford (Ralph Waldo Trine: The power that wins – Conversations with Henry Ford): “Quanto a me, credo che quelli che vengono chiamati doni o talenti, non siano che il frutto di una lunga esperienza, acquistata nel corso di molteplici esistenze. Io credo infatti che noi rinasciamo più volte. Voi e io, noi tutti, viviamo numerose vite nel corso delle quali accumuliamo un ricco tesoro di esperienze…Ciò che ci sembra un dono intuitivo è stato in realtà penosamente acquistato…Voi lo sapete, io sono convinto che la reincarnazione è un fatto” E altrove: “Il tempo non mi dominava più. Non ero più lo schiavo del mio orologio. La scoperta della reincarnazione mi aveva dato la pace interiore.”
E’ possibile dare una perfetta giustificazione logica all’idea della reincarnazione? Nel suo libro Teosofia il Dottore ci offre una rigorosa riflessione sul tema. Così fa anche nella Scienza Occulta dove rimarca con schiettezza che, a livello concettuale ci sarebbe sempre uno spiraglio di incertezza critica se la dimostrazione non divenisse portatrice di un pensiero che, calato nei fatti, porta in sé una forza di realtà che…realmente modifica il rapporto tra l’uomo e gli avvenimenti che sembrano piovergli addosso.
Perciò indica come prova sovrana una sintesi di pensieri che, come ogni altro processo interiore, può divenire valida per qualsiasi uomo e che è accessibile a tutti. Tale processo è però intimo ad ogni singolo uomo che ne deve “fare da sé l’esperienza”. E pure questa è una decisione individuale, libera: sul tracciato dunque della nuova consapevolezza spirituale, il cui fondamento è un di più contro l’abituale passività nella vita.
Nel senso di una più ampia e completa ricerca conoscitiva delle polarità che si esprimono come vita sulla terra e vita nel cosmo valgono due discipline formative: esse sono l’astronomia e l’embriologia nel cui ambito si svolge l’alterna evoluzione dell’uomo.
“Per abbracciare la realtà nel suo insieme, occorrerebbe dedicarsi ad un duplice studio: quello degli astri e quello dell’evoluzione dell’essere umano, in particolare dell’embrione”
Questa idea che lascio qui in sospeso, è sintetizzata da Steiner in queste due righe:
Uomo, tu sei l’immagine condensata del Cosmo,
Cosmo, tu sei l’essere effuso dell’Uomo.
Ciò è proprio quello che, in tutta modestia, porta su Eco il nostro amico Daniel, rubando spazio alla propria mancanza di tempo.
C’è poi il mainstream del pensiero banale che orienta il popolo a credere che l’idea della reincarnazione sia un prodotto della visione orientale esportato l’altro ieri in casa d’altri, cioè in Occidente.
Questo è un falso storico, proprio andando alle radici della nostra civiltà. E i testi non mancano.
Ora scusatemi, faccio un passo indietro poiché davo per scontato che per i lettori di Eco il pensiero della reincarnazione fosse una realtà digerita e forse non è così, perciò consiglio i lettori poco avvezzi, di immergersi con calma profondità nella lettura di Teosofia e Scienza Occulta di Rudolf Steiner e Reincarnazione e Karma di Massimo Scaligero. In quei libri troveranno sequenze di pensieri che possono far avvicinare o dare plausibilità per la coscienza pensante ad un tema che dovrebbe essere molto importante per una visione vasta e soprattutto completa dell’entità umana e del suo divenire. Per l’occidentale la reincarnazione è un’idea difficile e soprattutto inesatta. Non da ieri ma da quando venne “tolta” all’uomo l’idea di Spirito. Ciò ha generato pasticci senza fine in ogni campo della vita al punto che cultura, scienza e religione sono cresciute con un handicap formidabile.
Questo per dirvi che occorrono pensieri rinnovati e ben fondati per comprendere se e come il ritorno sulla terra non sia semplicemente una scusa per addolcire il destino, che pare assai spesso cinico e baro. E ora, scusatemi, ritorno al tema del discorso.
Platone, nel Cratilo fa gioco di parole sul termine soma (corpo): “Secondo alcuni il corpo è il sepolcro (sema) dell’anima che essi considerano come seppellita nella vita presente; e anche perché ogni qualvolta l’anima si vuole esprimere, essa si esprime mediante il corpo; sicché per tale riguardo esso è proprio chiamato un sepolcro. Ed invero i seguaci di Orfeo mi sembra abbiano fissato tale nome perché l’anima soffre nel corpo la punizione delle proprie colpe, ed è circondata da questo recinto che può assumere l’aspetto di una prigione”.
Ippolito (Philosophumena v.6) dice: “I Frigi nei loro Misteri la chiamavano “il morto” poiché essa come in una tomba o sepolcro è sepolta nel corpo”.
Eraclito (parlando di anima non incarnate) dice: “Noi viviamo la loro morte, e moriamo la loro vita”.
Il pitagorico Filolao (citato da Clemente Alessandrino, Strom.III) scrive: “Anche gli antichi teologi e iniziati affermano che l’anima è unita al corpo perché vi soffra punizione; Pitagora stesso ci assicura che qualsiasi cosa noi vediamo durante la veglia è morte, e durante il sonno, un sogno. La vita reale non è in alcuno di questi stati”.
Cicerone, riferendosi ad Orfeo e ai suoi successori dice (Hortensio, Frag., p. 60): “Gli antichi, quelli che erano veggenti o interpreti della mente divina nella tradizione delle sacre iniziazioni, sembra abbiano conosciuto la verità, quando essi affermavano che noi eravamo nati nel corpo per scontare la pena di falli commessi in una precedente vita”.
Agostino (De Civitate Dei XXII, XXVIII) scrive: “Certi gentili hanno affermato che nella rinascita degli uomini vi è ciò che i greci chiamano palingenesi (…) essi insegnavano che vi fosse un’unione della stessa anima e corpo (?) in quattrocentoquaranta anni”.
Ma secondo Platone (Fedone e Repubblica, X) il tempo medio che trascorreva tra due nascite era di mille anni. Virgilio (Eneide, VI, 758) dà il medesimo periodo.
Diogene Laerzio (Vit. Pythag. VIII, 14) asserisce che “egli (Pitagora) si dice che sia stato il primo tra i greci ad insegnare la dottrina che l’anima passando attraverso il “cerchio di necessità” (kiklon anankes) veniva vincolata per varie volte in vari corpi viventi”.
Infatti lo stesso scrittore ci racconta (VIII, 4-6) che Pitagora diede ai suoi discepoli dettagli di alcune sue nascite precedenti.
Su ciò vale forse la pena di specificare questi “dettagli”.
Allora: ai tempi degli Argonauti era stato Etalide, “figlio di Mercurio”, cioè un iniziato. In tale vita aveva acquistato il potere di conservare la memoria durante lo stato intermedio tra due vite. Aveva ottenuto ciò come una grazia da Mercurio e altri poteri ad eccezione dell’immortalità (athanasia).
Tornò quasi subito a reincarnarsi in Euforbio. In tale vita fu ferito da Menelao sotto Troia e così morì. Durante tale vita affermò d’esser stato precedentemente Etalide e insegnò la dottrina della reincarnazione, spiegò il corso che l’anima compie dopo la morte e, nel suo proprio caso, con quali entità del regno vegetale e animale aveva avuto temporaneo rapporto.
In un terzo tempo si reincarnò in Ermotimo e in tale incarnazione andò in pellegrinaggio al tempio di Apollo jonico (Ovidio dice al tempio di Giunone in Argo (Metamorph.,XV) e Tertulliano (DeAnim.) al tempio di Apollo delfico) dove riconobbe i resti dello scudo che aveva usato come Euforbio e che Menelao aveva appeso nel tempio come offerta votiva.
Poi egli fu Pirro, pescatore a Delo, che ricordava le vite trascorse.
Finalmente si incarnò in Pitagora.
Ieronimo (Apol. ad Rufinum) riferisce che il filosofo di Samo sarebbe stato successivamente Euforbio, Callide, Ermotinmo e infine Pitagora.
Aulo Gellio aggiunge alla lista Pirandro e Alice (bellissima donna dai facili costumi).
Certo è che vi fu una notevole confusione intorno alle rivelazioni del Maestro: la confusione spiritualistica è antica, non solo moderna!
Nella Vita di Apollonio di Filostrato troviamo riferimenti alle antecedenti vite di saggi antichi. Per esempio (I, 1) Empedocle (V sec. avanti Cristo) dichiara: “Io fui un tempo una giovane ragazza”. Iarcha dice ad Apollonio di esser stato in tempi remoti un monarca chiamato Ganga, all’epoca in cui gli Etiopi (?) occuparono l’India e che il suo corpo all’epoca era alto dieci cubiti.
Iarcha dice poi al suo ospite greco di averlo visto (Apollonio) come comandante di una nave egiziana e Apollonio risponde che ciò è vero e anzi aggiunge alcuni dettagli.
Proclo si dichiarò convinto di essere stato, in una esistenza precedente, Nicomaco, il pitagorico.
Egli (Tim. v. 330) scrive che ”Non vi è che un modo perché l’anima sfugga al ciclo della generazione ed è di voltar le spalle al pellegrinaggio nella generazione e di dirigersi verso il proprio prototipo spirituale…come dice Orfeo, cessare dal ciclo e distanziarsi dal male”.
Anche Plotino (En. I. XII) dichiara con chiarezza che “è una credenza universalmente ammessa che l’anima commette peccati, li espia, subisce punizioni nel mondo invisibile e poi passa in nuovi corpi”. Egli afferma inoltre (En. IV. IX): vi sono due modi perché l’anima entri in un corpo; uno quando l’anima, essendo già in un corpo, subisce la metensomatosi cioè a dire, passa da un corpo aereo o igneo in un corpo fisico, l’altro quando l’anima passa da uno stato incorporeo in un corpo di determinato genere”.
Nei Misteri la dottrina della reincarnazione era “scientificamente” dimostrata. Così troviamo in Plutarco (De Esu Carn, T. XIII) la spiegazione come l’intera storia di Bacco, l’esser questi fatto a pezzi dai Titani e la successiva distruzione dei secondi da parte di Giove, non fosse altro che “una narrazione sacra riguardante la reincarnazione”.
La superstizione popolare dell’incarnarsi in qualche animale è contemplata solo come un aspetto dello stato intermedio della parte irrazionale dell’anima fra due nascite.
Si fa affermare ad Ermete psicopompo che l’anima non può mai ritornare nel corpo di un animale.
Proclo nei suoi commenti sul primo Alcibiade così scrive: “Ermete governa le diverse schiere di anime e disperde il sonno e l’oblio da cui sono oppresse. Egli provvede alla rimembranza il cui fine è un genuino comprendimento intellettivo delle nature divine”. Questa è la memoria eterna o “memoria del cuore”: ciò che Ermete diede ad Etalide come è stato scritto sopra.
Oltre questi cenni non voglio dilungarmi ancora (il materiale è assai vasto). Segnalo come, dalla saggezza orfica in poi, si evidenzi l’anima e non si accenni mai all’Io come ad un quid indipendente: le personalità ci sono, è evidente, ma sembra mancare un Soggetto superiore. Ai tempi nostri esso (la sua intuizione) è del tutto indispensabile per potersi avvicinare alla visione dei ritorni dell’uomo sulla terra.
Isidoro, terribilissimo ed eziandio quaterribilissimo lupaccio tergestino, un grazie di cuore – anche i trucidissimi lupacci hanno un cuore – da tutti i lupacci appenninici e dai lor fratelli delle immense steppe asiatiche!
Quanto scrivi era ed è dottrina tradizionale iniziatica – checché ne dicano René Guénon e Julius Evola, che per contrastarla si dànno a paralogismi molti – dottrina che può riassumenrsi in: mortalità del corpo, immortalità dell’anima, ed eternità dello spirito. Infatti, il corpo nasce e fatalmente – per ora, muore; l’anima nasce e – purificatasi – non muore; lo spirito dell’uomo non nasce e non muore ma eternamente è.
Vita dopo vita, l’eterno spirito dell’uomo si forgia ogni volta un’anima, la quale, una volta spiritualizzata, sarà una pagina in più dell’eterno libro della vita dello spirito umano. Lungo le tortuose vie del tempo – ausilio donato dall’Assoluto all’uomo, e ignoto persino agli Dèi – l’essere umano, duramente lottando e operando, avrà trasformato totalmente in spirito sia l’anima che il corpo: Ossia egli sarà un Se spirituale, trasformatore di un’animale vitalità biologica in Spirito vitale, il quale trasformando interamente il corpo fisico, plasmerà l’Uomo spirituale, realizzando quanto prescritto dall’Alchìmia rosicruciana: “Transmutamenini in viventes lapides philosophicos”, ovvero: “trasformatevi in viventi pietre filosofali”, secondo quanto ammonisce nelle sue opere il rosicruciano Michael Maier.
Massimo Scaligero ce ne dà la chiave in un capitolo della sua “Tradizione Solare”, ove parla del potere “atmico” del pensiero puro e della percezione pure. La Concentrazione, in particolare, ha un potere edificante dell’Uomo Interiore che non ha pari. E la Concentrazione, nel suo realizzare l’indipendenza assoluta dai limiti di spazio, tempo e corporeità, è la chiave per dimostrare a se stessi sperimentalmente la realtà della reincarnazione, l’immortalità dell’anima e l’eternità dello spirito.
Hugo de’ Paganis,
che si è testè sparato
uno Stravecchio Toscano,
e viene da esso ispirato
a portar il pensiero lontano.