L’ENIGMA DI ALAN TURING (di F. De Pascale)

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Quella di Alan Turing* fu la storia di una grande tragedia della vita esteriore e di quella interiore.

Era una epoca agitata, che portava coloro che nelle profondità di se stessi avevano un impulso all’auto-superamento a ricercare in campi inesplorati, che spesso erano sentieri senza pietre miliari e deserti selvaggi, affrontati senza carte che permettessero di orientarsi. La ricerca – onesta sino alla disperazione – della conoscenza, dell’auto-superamento e della libertà ha i suoi martiri: uno fu Friedrich Nietzsche, un altro fu Alan Turing.

Tuling cercava una Via del pensiero, ma il suo destino non gli permise di giungervi e di percorrerla, e come Nietzsche si spezzò. Dovette fare l’esperienza del più arido pensiero, quello capace di scendere nel meccanicismo della materia morta, e dovette avere la forza di sopportare lo stato di morte del pensiero staccato dalla sua sorgente di vita.

Le sue ricerche, le sue invenzioni, furono poi afferrate dall’Avversario della Conoscenza e della Libertà, per generare la generale meccanicizzazione della vita umana, ma di questo Alan Turing non ebbe nessuna responsabilità: era nel destino del mondo e dell’umanità. Semmai la responsabilità l’ebbero – e tuttora l’hanno – le comunità spirituali che vengono meno alla loro missione, e coloro che, chiamati all’impegno ascetico nella concentrazione e nella meditazione – per pavidità, per fiacchezza, e volgarità d’animo, tradiscono e insozzano il mirabile dono ricevuto dagli Dèi.

Turing visse TUTTO il suo terribile destino, sino al sacrificio del suo tragico epilogo: è degno di tutto il rispetto, come chiunque adempia a quel che la vita gli chiede ed un inesorabile fato esige o permette.

Cadde, ma non fu vinto, perché combatté con le sole armi che gli furono permesse.

Nel suo oscuro combattere, egli elaborò le forze di un futuro incontro con la Via Solare, e di un suo coraggioso operare vittorioso per lo Spirito. Ma coloro che in questa vita hanno avuto il dono di incontrare la Via del Pensiero, e non la apprezzano, o voltano ad essa le spalle, o sfigurandola la deformano, o per turpe viltà e fiacchezza interiore la trascurano, essi sono sicuri che questo mirabile dono verrà riofferto in una nuova esistenza, o non verrà insegnato loro attraverso lo strazio del dolore e della disperazione ad apprezzare e a valutare quel dono che ad altri – incolpevoli – fu negato?

Lo Spirito ama chi audacemente si compromette. Il Logos ama ed è vicino a chi temerariamente si getta in prove di destino troppo grandi, e soccombe pur di tentare l’impresa di una trasformazione dell’umano, che così com’è non vale niente, né la vita senza la luce dello Spirito vale la pena di essere vissuta!

L’umano deve essere superato!

FdP

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*Da Biografieonline.it

ALAN TURING

Nascita: 23 giugno 1912
Morte: 7 giugno 1954

Alan Mathison Turing è passato alla storia come uno dei pionieri dello studio della logica dei computer e come uno dei primi ad interessarsi all` argomento dell’ intelligenza artificiale. Nato il 23 giugno 1912 a Londra ha ispirato i termini ormai d`uso comune nel campo dell’informatica come quelli di “Macchina di Turing” e di “Test di Turing”.

Più nello specifico, si può dire che come matematico ha applicato il concetto di algoritmo ai computer digitali e la sua ricerca nelle relazioni tra macchine e natura ha creato il campo dell`intelligenza artificiale.

Interessato soltanto alla matematica e alla scienza iniziò la sua carriera come matematico al King`s College alla Cambridge University nel 1931.

A scuola non aveva un gran successo, data la sua tendenza ad approfondire esclusivamente cose che lo interessassero sul serio. Solo la grandissima amicizia con Christopher Morcom, un brillante compagno di scuola apparentemente molto più promettente di lui gli permise di iniziare la sua carriera universitaria: l`amico, però, morì purtroppo di tubercolosi due anni dopo il loro incontro. Ma il segno che lasciò sull`animo dell`amico fu profondo e significativo, inducendo Turing a trovare dentro di sé la determinazione necessaria per continuare gli studi e la ricerca.

Dobbiamo quindi a Morcom moltissimo, se consideriamo che grazie al suo sostegno morale e al suo incitamento, indusse una grande mente come Turing a sviluppare le sue immense potenzialità. Tanto per fare un esempio, Turing arriverà a scoprire, cinque anni prima del matematico austriaco Gödel, che gli assiomi della matematica non potevano essere completi, un`intuizione che mise in crisi la convinzione che la matematica, in quanto scienza perfettamente razionale, fosse aliena da qualsiasi tipo di critica.

Si presentava comunque per Turing un compito veramente arduo: riuscire a provare se ci fosse o meno un modo per determinare se un certo teorema fosse esatto oppure no. Se questo fosse stato possibile, allora tutta la matematica si sarebbe potuta ridurre al semplice calcolo. Turing, secondo le sue abitudini, affrontò questo problema in mondo tutt`altro che convenzionale, riducendo le operazioni matematiche ai loro costituenti fondamentali. Operazioni tanto facili che potevano essere di fatto svolte da una macchina.

Trasferitosi alla Princeton University, dunque, il grande matematico iniziò ad esplorare quella che poi verrà definita come la “Macchina di Turing” la quale, in altri termini, non rappresenta altro che un primitivo e primordiale “prototipo” del moderno computer. L`intuizione geniale di Turing fu quella di “spezzare” l`istruzione da fornire alla macchina in una serie di altre semplici istruzioni, nella convinzione che si potesse sviluppare un algoritmo per ogni problema: un processo non dissimile da quello affrontato dai programmatori odierni.

Durante la seconda guerra mondiale Turing mise le sue capacità matematiche al servizio del “Department of Communications” inglese per decifrare i codici usati nelle comunicazioni tedesche, un compito particolarmente difficile in quanto i tedeschi avevano sviluppato un tipo di computer denominato “Enigma” che era capace di generare un codice che mutava costantemente. Durante questo periodo al “Department of Communications”, Turing ed i suoi compagni lavorarono con uno strumento chiamato “Colossus” che decifrava in modo veloce ed efficiente i codici tedeschi creati con “Enigma”. Si trattava, essenzialmente, di un insieme di servomotori e metallo, ma era il primo passo verso il computer digitale.

Dopo questo contributo fondamentale allo sforzo bellico, finita la guerra continuò a lavorare per il “National Physical Laboratory” (NPL), proseguendo la ricerca nel campo dei computer digitali. Lavorò nello sviluppo all`”Automatic Computing Engine” (ACE), uno dei primi tentativi nel creare un vero computer digitale. Fu in questo periodo che iniziò ad esplorare la relazione tra i computer e la natura. Scrisse un articolo dal titolo “Intelligent Machinery”, pubblicato poi nel 1969. Fu questa una delle prime volte in cui sia stato presentato il concetto di “intelligenza artificiale”. Turing, infatti, era dell`idea che si potessero creare macchine che fossero capaci di simulare i processi del cervello umano, sorretto dalla convinzione che non ci sia nulla, in teoria, che un cervello artificiale non possa fare, esattamente come quello umano (in questo aiutato anche dai progressi che si andavano ottenendo nella riproduzione di “simulacri” umanoidi, con la telecamera o il magnetofono, rispettivamente “protesi” di rinforzo per l`occhio e la voce).

Turing, insomma, era dell`idea che si potesse raggiungere la chimera di un`intelligenza davvero artificiale seguendo gli schemi del cervello umano. A questo proposito, scrisse nel 1950 un articolo in cui descriveva quello che attualmente è conosciuto come il “Test di Turing”. Questo test, una sorta di esperimento mentale (dato che nel periodo in cui Turing scriveva non vi erano ancora i mezzi per attuarlo), prevede che una persona, chiusa in una stanza e senza avere alcuna conoscenza dell`interlocutore con cui sta parlando, dialoghi sia con un altro essere umano che con una macchina intelligente. Se il soggetto in questione non riuscisse a distinguere l`uno dall`altra, allora si potrebbe dire che la macchina, in qualche modo, è intelligente.

Turing lasciò il National Physical Laboratory prima del completamento dell`”Automatic Computing Engine” e si trasferì alla University of Manchester dove lavorò alla realizzazione del Manchester Automatic Digital Machine (MADAM), con il sogno non tanto segreto di poter vedere, a lungo termine, la chimera dell`intelligenza artificiale finalmente realizzata.

Personalità fortemente tormentata (anche a causa di una omosessualità vissuta con estremo disagio), dalle mille contraddizioni e capace di stranezze e bizzarrie inverosimili, Turing morì suicida, appena quarantenne, il 7 giugno 1954.

A 60 anni dalla morte è uscito al cinema un film biografico dal titolo “The imitation game”, che narra la vita di Alan Turing e di come progettò il sistema per decifrare i codici segreti dei nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.

da Biografieonline.it

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