AL POPOLO TEDESCO E AL MONDO CIVILE (di R. Steiner)

AL POPOLO TEDESCO E AL MONDO CIVILE (1)

(1) – Questo appello dello Steiner che noi ospitiamo, ringraziando l’illustre A. d’aver scelto La Vita Italiana per renderlo noto anche in Italia, è rivolto anche al popolo dell’ Austria Tedesca. Esso rappresenta la manifestazione della volontà dei numerosi firmatari. Parlano in questo appello collettivamente personalità della Germania, dell’ Austria Tedesca, e della Svizzera al popolo Tedesco. I firmatari confidano che si possa superare per mezzo di un germanismo rinnovato il minaccioso pericolo di una invadente catastrofe mondiale che pende oggi sulla società umana. Per lo stesso scopo circola nella popolazione di lingua tedesca un libro dello Steiner dal titolo: « I punti sostanziali della questione sociale».

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da “La Vita Italiana”

RASSEGNA MENSILE DI POLITICA

Fascicolo luglio/agosto 1919

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Il popolo tedesco riteneva assicurata per tempo illimitato la compagine dell’Impero che da un mezzo secolo aveva edificato. Nell’Agosto 1914 all’inizio della catastrofe bellica esso reputava che questo edificio fosse incrollabile. Oggi non può contemplarne che i frantumi. Dopo un’esperienza siffatta deve svilupparsi la riflessione, poiché questa esperienza ha dimostrato, che l’opinione di un mezzo secolo, e in special modo le idee dominanti durante gli anni di guerra, sono state un errore che ha esercitato tragica azione. Dove risiedono le cause di questo fatale errore? Questo quesito deve spingere le anime dei componenti il popolo tedesco alla riflessione. Attualmente esiste o no la forza per siffatta riflessione? Da ciò dipende la possibilità di vita del popolo tedesco. Il suo avvenire dipende dalia sua capacità di porsi con serietà il quesito: come sono caduto in questo errore? Se oggi esso si pone questo quesito, allora risplenderà in lui la conoscenza, che un mezzo secolo fa egli ha fondato un Impero, ma ha trascurato d’imporre a questo Impero un compito che scaturisse dal contenuto essenziale della popolazione tedesca.

L’Impero venne fondato. I primi tempi della sua esistenza furono dedicati al riordinamento delle sue interiori possibilità di vita, in ordine alle esigenze delle antiche tradizioni e delle nuove necessità che di anno in anno si palesavano. Più tardi venne posto cura al rafforzamento e all’ingrandimento della potenza sua esteriore, fondata su forze materiali. Vennero prese al contempo misure riguardanti le esigenze sociali dell’opera moderna, in cui venne bensì tenuto conto di molte cose che al momento risultavano necessarie, ma alle quali mancava tuttavia uno scopo grande, che avrebbe dovuto risultare da una conoscenza delle forze evolutive verso le quali la nuova umanità deve dirigersi.

L’Impero venne così posto in relazione col Mondo, senza che gli venisse imposto uno scopo essenziale che ne giustificasse l’esistenza. Lo svolgimento della catastrofe bellica ha dolorosamente rivelato questo errore. Fino allo scoppio della guerra il mondo non tedesco, niente aveva potuto vedere nel contegno dell’Impero che destasse l’opinione che i governanti di questo Impero compissero una missione storico-mondiale, che non è lecito respingere. Il fatto di non poter trovare segno di siffatta missione in questi governanti ha necessariamente creato nel mondo non tedesco quell’opinione, la quale, secondo le persone veramente perspicaci sarebbe appunto la causa più profonda del disastro tedesco.

Di immensa importanza per il popolo tedesco si è un giudizio imparziale di siffatto stato di cose. Nell’avversità si è fatta strada la conoscenza di ciò che negli ultimi 50 anni non si era palesato. Al posto della ristretta visione delle esigenze attuali più incalzanti deve subentrare ora una larga corrente di concezioni della vita che si sforzi di riconoscere con forza di pensiero le forze evolutive dell’umanità moderna, e che a questa si dedichi con coraggiosa volontà, Deve terminare l’indirizzo meschino che tende a neutralizzare come idealisti poco pratici tutti coloro che dirigono il loro sguardo verso queste forze evolutive. Deve terminare l’arroganza e l’orgoglio di coloro che credono di essere pratici e che nondimeno, per la meschinità del loro giudizio, camuffato da praticità, hanno provocato il disastro. Va tenuto conto di ciò che hanno da dire coloro che sono accusati di essere idealisti, ma che in realtà sono i veri pratici della necessità dell’evoluzione dei nuovi tempi.

I “pratici” di ogni direzione hanno bensì visto da molto tempo il sorgere di esigenze affatto nuove dell’umanità. Ma essi volevano dar soddisfazione a queste esigenze contenendole nel limite di abitudini antiche di pensiero e di antiche istituzioni. L’economia della vita dei nuovi tempi ha prodotto le esigenze. Dare soddisfazione a queste per mezzo di iniziative private sembrò impossibile. Il passaggio dal lavoro privato a quello collettivo s’impose come una necessità a una classe di uomini in singole regioni, e venne attuato là, dove in ordine alla sua concezione della vita, a quella classe di uomini è sembrato vantaggioso attuarla.

Un passaggio radicale di tutto il lavoro individuale a lavoro collettivo diventò lo scopo di un’altra classe, che per mezzo dell’evoluzione della nuova vita economica non ha interesse alla conservazione degli scopi privati.

Tutte le tendenze fino ad ora presentatesi nei riguardi nelle nuove esigenze dell’umanità hanno un fondamento comune. Esse spingono all’associazione dei privati e per raggiungere questo scopo vien fatto assegnamento sulle Comunità (Stati, Comuni) che dovrebbero diventarne assuntrici, mentre queste Comunità derivano da premesse che niente hanno da fare con le nuove esigenze.

Vien fatto assegnamento anche su Comunità più moderne (per esempio le cooperative) che non sono sorte completamente nel senso di queste nuove esigenze, ma che sono plasmate sulle vecchie forme provenienti da antiche abitudini di pensiero trasmesseci.

La verità si è che nessuna comunità, formata nel senso di queste antiche abitudini di pensare, può adottare ciò che si vorrebbe che essa adottasse. Le forze dell’epoca spingono alla conoscenza di una struttura sociale dell’umanità, che dovrebbe tener conto di tutt’altro di ciò di cui comunemente viene oggi tenuto conto. Le comunità sociali si sono fino ad ora formate in maggior parte per virtù degli istinti sociali dell’umanità; penetrarne le forze con piena coscienza sarà il compito del tempo.

L’organismo sociale è costituito come quello naturale. E così come l’organismo naturale deve provvedere al pensiero per mezzo della testa e non per mezzo del polmone, così pure è necessario che l’organismo sociale sia distribuito in sistemi, di cui nessuno possa addossarsi il compito dell’altro, ma ognuno, valendosi della propria indipendenza, debba collaborare in unione con gli altri.

La vita economica può prosperare soltanto quando si forma come membro indipendente dell’organismo sociale, in ordine alle proprie forze e alle proprie leggi, e quando non porta disordine nella sua compagine per il fatto di lasciarsi assorbire da un organo, quello politicamente attivo, dell’organismo sociale. Questo organo politicamente operoso deve piuttosto sussistere pienamente indipendente a lato di quello economico, così come nell’organismo naturale il sistema respiratorio sta accanto al sistema cerebrale. Una loro benefica collaborazione non può venir raggiunta se ai due organi vien provveduto da un’unica direzione legislativa e amministrativa, occorre che ognuno di essi abbia una legislazione e amministrazione propria in vitale cooperazione. Perchè il sistema politico distrugge l’economia, se ne assume la direzione, e il sistema economico perde le sue forze vitali, se vuol diventare politico.

A questi due organi dell’organismo sociale deve aggiungersene un terzo, formato con piena indipendenza dalle proprie possibilità di vita, ossia, quello della produzione spirituale; a questo terzo organo compete anche la parte spirituale dei due altri campi, parte che deve esser loro fornita da questo terzo organo, che è provvisto di proprie norme naturali e di propria amministrazione; questa parte però non può venir amministrata dagli altri due organi, nè su di essa possono questi esercitare altra influenza di quella che reciprocamente viene esercitata fra organismi, i quali l’uno accanto all’altro siano membri di un organismo naturale collettivo.

Già oggi si può fondare ed edificare scientificamente in tutti i suoi dettagli ciò che qui è stato detto sulle necessità dell’organismo sociale. In queste osservazioni non si possono tracciare che delle direttive generali per coloro che vogliono uniformarsi a queste necessità.

La fondazione dell’Impero Tedesco si verificò in un momento in cui queste necessità si affacciarono all’umanità moderna. Il suo governo non ha compreso che occorreva imporre un compito all’Impero con netta visione di questa necessità. Questa visione gli avrebbe dato non soltanto una giusta compagine interiore; ma avrebbe anche data una direzione giustificata alla sua politica esteriore. Con una politica siffatta il popolo tedesco avrebbe potuto convivere con i popoli non tedeschi.

Orbene, dalla sventura ha dovuto maturarsi il senno. Si dovrebbe sviluppare la volontà per la realizzazione dell’eventuale organismo sociale. Al mondo esteriore non dovrebbe presentarsi già una Germania, che non è più, ma un sistema spirituale politico ed economico che nei suoi rappresentanti come delegazioni indipendenti, dovrebbe voler trattare con coloro, dai quali è stata abbattuta, quella Germania che per via della confusione dai tre sistemi era diventata una compagine sociale impossibile.

In ispirito sentiamo già i Pratici che si preoccupano della complicazione di ciò che qui è stato detto, che trovano incomodo perfino di pensare alla cooperazione di tre corporazioni, perchè non desiderano saper niente delle vere esigenze della vita, ma vogliono formare tutto secondo le comode esigenze del loro pensiero. Deve risultare chiaro che: o ci si dovrà adattare col proprio pensiero alle esigenze della Realtà, o non si avrà imparato niente dalla sventura, e ciò che già è successo andrà aumentando all’infinito.

R. Steiner

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