FIGURE INTOCCABILI NEL PANORAMA ANTROPOSOFICO (di F. Giovi)

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Sembrano esserci, nel panorama antroposofico, figure che sono intoccabili, che se le sfiori con un pensiero che non sia di devota adesione, sei condannabile per blasfemia! Persino se scrivi e riscrivi che i Testi, ben oltre la lettura, sono operativi e dunque da trattare con rispetto e non con bramosia culturale infastidisci Tizio o Caio o chi non può fare a meno di gridare in piazza.
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Amici, documentatevi con cuore ed intelletto: e scoprirete che i migliori discepoli di Steiner furono quelli che seppero mantenere una ferma (persino feroce!) autonomia e capacità critica nei confronti suoi e dell’opera sino a quando la loro stessa esperienza confermò le indicazioni del Dottore: ma è questione di autonomia interiore, di intuirne il valore. Se questa manca parlo al vuoto.
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Però il polverone è conturbante e potrebbe essere esaminato alla luce delle abbondanti indagini del dottor Freud riguardanti le pulsioni verso das Mutter più che con i mezzi della Scienza dello Spirito.
Comunque, a chi sta davvero fuori dalle beghe di bottega, pare piuttosto che si tratti di un fenomeno di antroposofismo misticizzato e inchiodato, ridotto (pure quello!) a chiesismo: chiesismo ruzzolato nei settarismi esasperati dove ricerca e conoscenza sono astrazioni dissacrate, ammazzate e ben sepolte.
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Ho potuto constatare nel nostro Paese, un po’ dappertutto, come tante anime intrise di cattolicesimo, scivolino senza alcun mutamento interiore verso ammaestramenti scientifico-spirituali: il risultato è un ircocervo che trasmette il peggio del primo nei secondi.
Si è giunti ad un punto tale di ipogeica bassezza che chi ascoltò per molti anni il verbo della saggezza, oggi irride chi sa meditare nella propria stanza o, se volete, nella yurta o nel teepee (all’aria aperta, probabilmente, il giudizio non cambierebbe) snaturandone la realtà come se chi medita contemplasse inebetito il proprio ombelico.
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Però vige ancora e sempre la speranza che arrivi qualcuno che sia portatore di una rinascenza, come un vento di freschezza giungente magari da Berlino o da Singapore. Che arrivi da fuori e da lontano. Mi dispiace.
Così l’Io che si è, anche se non pare molto, viene sempre lasciato indietro: certamente sembra che non abbia dato granché…eppure piano piano una consapevole dedizione e una grandissima pazienza sarebbero già il miracolo che non arriva mai quando lo si cerchi fuori e a caso: meglio il tripudio panico no?
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Se si attinge al coraggio di guardare la situazione come essa sia, senza fantasie consolatorie, non dovrebbe essere impossibile realizzare quanto la via sia stata percorsa poco e male. E chi ha svolto poco e male il compito dovrebbe tacere!
Piuttosto pare che l’idea dell’azione consista nel tenere ben chiusi gli occhi davanti le stramberie e lo strame accumulati dal bulimico ossesso di turno sui Testi di Steiner, di Scaligero – in effetti su qualunque malcapitato tema, riuscendo persino a sfregiare e ridicolizzare le discipline della Scuola Esoterica – ed invece a fare da appassionati campioni degli “occultologi fuori di testa” (termine apparso su giornali) e dei volponi venditori di corsi di puzze fritte. Questa è l’azione?
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Amici interdetti si chiederanno in cosa queste ultime righe abbiano a che vedere con gli scritti di Steiner e Scaligero: potrei rispondere: poco o molto o niente del tutto: dipende dal punto d’osservazione.
Questo ambaradan di cui certo malamente scrivo, si presenta come parte del quadro che davanti la conoscenza (Steiner) o nell’esperienza (Scaligero) non dovrebbe neppure esistere: adesione alle fantasie della psiche e fede in ciò che è il rifiuto o l’oblio della conoscenza o esperienza che, in alcuni momenti in talune figure, forse almeno come direzione, inizialmente ci furono.
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Oggi però costoro paiono ricordare ciò che resta dopo aver bevuto a garganella dalla spumeggiante acqua del Lete. Il pensiero della testa, nel vero esoterismo, non è sufficiente.
Cercare costantemente in altro ciò che urge nell’Io è il capovolgimento dell’assunto apicale della moderna Scienza dello Spirito.
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A meno che non risulti una strutturale incapacità di discriminare tra ego e Io, tra anima e spirito. Allora si sparano continue bordate contro l’uno o l’altro solo per questioni di carattere, che, per analogia è soltanto la carta, la confezione e non l’oggetto. Con quale metro si invalida tutto? E dietro una sottile facciata di comprensione più falsa di Giuda, vedi tutti i colori umorali che si sventagliano dal risentimento per passare all’antipatia sino al livore più radicale.
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Il nocciolo del problema resta sempre una questione di livello: rigorosamente distinto dalla sfera in cui si esplica il proprio inutile monologo discorsivo, vuoto di morale poiché si bramerebbe moralisticamente che il proprio modo di sentire potesse venir riversato nelle altre anime.
Genericamente, i detrattori grandi e piccini della via del pensiero, mancano di disciplina interiore, né conoscono neppure l’ombra di cosa sia il volere transpersonale.
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Questo lo scrivo con sicurezza certa: sbertucciatemi pure ma so che è così: se non avessi realizzato il silenzio dell’anima potrei semplicemente percepire un distaccato disgusto verso i plotoni di pupari e pupi: corrotti dalla lunga frequentazione (fornicazione intrecciata) di personalismo e antroposofismo: scienza dello spirito subordinata ai propri fini.
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Con le chiacchiere si è così lontani dalla vera Scienza dello Spirito che nemmeno si concepiscono le esperienze che il ricercatore trova lungo il cammino interiore che – santa pazienza! – è davvero un cammino su gradini illuminativi di percezione verso il riequilibrio degli eteri presso il cuore: da dove ascende in quieto, gioioso e inarrestabile impeto la potenza cosmica del Logos: mahâkâly ânanda.
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E’ la forza che fluisce nel centro come nelle lontananze: si sperimenta nella più intima realtà di noi stessi come essa sia l’illimitata portatrice di salvezza, redenzione e trasformazione dell’uomo e del mondo sino alla mineralità di questi: giungere ad essa è azione vera, tentare di giungere ad essa è azione vera.
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Le discipline portano l’operatore ascetico ben oltre i limiti e i luoghi conosciuti dagli uomini ma non ci mondano interamente dalla nostra infamia quotidiana: lo fa la Forza che si dona, che sboccia: qui, in Occidente, possiamo chiamarla col nome antico di Misericordia.
Le discipline che investono tutto l’essere divengono la retta domanda: solo alla retta domanda risponde il Cielo.
Ma anche nel suo minimo, nei più timidi vagiti, è questione di spirito, non di anima quando e se questa viene confusa con il calderone di istinti, vitalismi e passioncelle personali e talvolta di volgare benché astuto plagio. Che confusione, amici miei!
E’ sempre una questione di livello, ma chi è prigioniero della propria anima, non sa di che parlo.

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