Spesso ho ripensato e meditato le parole con le quali Baruch Spinoza, che mai fece compromessi di sorta nei confronti della Verità, e lo dimostrò conducendo, in dignitosa spartana povertà, una vita ascetica tutta consacrata alla ricerca di essa, chiude la sua Ethica more geometrico demonstrata, opera da me molto amata per il nitore stellare dei suoi pensieri, assolutamente estranei agli scomposti moti della umana psiche emotiva e istintiva, con alcune frasi che fanno intuire la non comune qualificazione spirituale e l’elevatezza della sua anima. Nei suoi pensieri ritrovo quella qualità, al contempo razionale e intuitiva, che sin dalla mia giovinezza ho amato nell’insegnamento, come ho avuto modo di ricordare, del Prof. Vasco Ronchi e dell’Ing. Eddo Mario Bartoli, i miei ʽmaestriʼ nella Scienza della Visione, nell’Ottica. Le parole con le quali l’ascetico pensatore olandese chiude la sua Ethica – opera che Rudolf Steiner dava ad alcuni discepoli come testo da usare meditativamente per un volitivo rafforzamento del pensare cosciente – le possiamo leggere, tradotte nella lingua di Dante, o in Bento de Spinoza, Etica dimostrata secondo l’ordine geometrico, traduzione a cura di Sossio Giametta, Presentazione di Giorgio Colli, Bollati Boringhieri, Torino, 1992, o in Baruch Spinoza, Etica dimostrata con metodo geometrico, a cura di Emilia Giancotti, Editori Riuniti, Roma, 2004, dalla cui p. 318, ho scelto di trarre la citazione del passo in questione:
«La via che ho mostrato condurre a questo, pur se appare molto difficile, può tuttavia esser trovata. E d’altra parte, deve essere difficile ciò che si trova così raramente. Come potrebbe accadere infatti che, se la salvezza fosse a portata di mano e potesse esser trovata senza grande fatica, venisse trascurata quasi da tutti? Ma tutte le cose eccellenti sono tanto difficili quanto rare».
L’affermazione conclusiva dell’Ethica – che nell’originale latino di Spinoza suona «sed omnia praeclara tam difficilia quam rara sunt», e che ricorda il detto di Cicerone, nel De Amicitia, «Et quidem omnia praeclara rara» – a me richiama alla mente le parole iniziali che Massimo Scaligero pose al principio del Trattato del Pensiero Vivente:
«Il presente trattato, anche se logicamente formulato e accessibile, propone un còmpito attuabile forse da pochissimi. La sua concatenazione di pensieri è congegnata in modo che il ripercorrerla comincia a essere l’esperienza proposta: esperienza che, in quanto si realizzi, risulta non una tra le varie possibili all’uomo, ma quella della sua essenza interiore, che lo spirito esige da lui in questo tempo».
La «rarità» di una esperienza così «eccellente» come quella del «terzo genere di conoscenza», cui allude qui Spinoza, ossia di quella sovrarazionale conoscenza intuitiva, che fa percepire (non meramente sapere) le cose, gli esseri, gli eventi «sub specie aeternitatis», e il conseguente «amore intellettuale di Dio», che da sì elevata, sperimentata, conoscenza necessariamente scaturisce, nasce tutta dalla adialetticità di tale esperienza, che va esperita ʽvivendoʼ – come li aveva ʽvissutiʼ lo stesso Spinoza – i pensieri dell’Ethica sino ad averli lampeggianti nell’anima, e questo è molto «difficile» e «raro», soprattutto per l’inerzia e l’ignavia della reazionaria natura inferiore, che da millenni domina l’essere umano, oltre che per la frequente immaturità dell’anima di lui. Non diverso, ma ancora più esigente e «difficile», e di conseguenza ancor più «raro» conseguimento, è il còmpito che pone al ricercatore interiore, come istanza assoluta, Massimo Scaligero sempre nella stessa pagina iniziale del Trattato:
«Chi percepisca la distinzione tra il seguire logicamente un discorso e il muovere nel pensare che ne tesse la struttura logica, può verificare l’esperienza proposta: vivendo i pensieri di queste pagine, può sperimentare la potenza della «concentrazione», o la tangibile presenza dello spirito: la via al pensiero vivente, la trascendenza comunque presente, ma sconosciuta, in ogni pensiero che pensa».
Spinoza mostra come la difficoltà che molti incontrano sia quella di liberarsi di quella ch’egli chiama «conoscenza inadeguata», ossia di una conoscenza irrazionale, istintiva, fantasiosa, immaginifica, che può produrre solo «idee false», «inadeguate», non corrispondenti alla realtà, e quindi incerte, fonti di errori e di infelicità. Mentre l’«idea adeguata», l’«idea vera», al contrario, è corrispondente alla realtà, e, per tale ragione, essa è certa, fonte di verità e di felicità. Non solo, ma la verità in quanto «idea adeguata» smaschera e dissolve le idee inadeguate, le idee false, l’errore e la menzogna. Infatti, Spinoza, in Etica, II parte, proposizione XLIII, nello Scolio ad essa relativo, a p. 158, dichiara, con una frase divenuta celebre, che: «Come la luce manifesta sé stessa e le tenebre, la verità è norma di sé stessa e del falso». Mentre la «conoscenza inadeguata», produttrice di «idee false», frutto dell’«immaginazione», genera false certezze. Infatti, in Etica, II parte, proposizione XLIX, Scolio, a p.164, leggiamo:
«D’altra parte, sopra abbiamo dimostrato che la falsità consiste soltanto nella privazione che le idee mutilate e confuse implicano. L’idea falsa, in quanto è falsa, non implica certezza. Quando, dunque, abbiamo detto che l’uomo resta tranquillo nel falso e non dubita di esso, non abbiamo per questo detto che egli è certo, ma soltanto che non dubita o che si acquieta nel falso, perché non si danno cause che facciano sì che la sua immaginazione fluttui o che la facciano dubitare».
Nel suo Tractatus Theologico-Politicus, nella Praefatio al medesimo, Spinoza mostra come la «conoscenza inadeguata», dando luogo ad «idee false», frutto di una scomposta e sregolata «immaginazione», genera false certezze anche nel campo religioso, suscitando fanatismo e pericolose passioni. Le persecuzioni, l’ostracismo, e addirittura un tentativo di assassinio, subiti da Spinoza, dimostrano ad abundantiam quanto giusta fosse la visione dell’ascetico filosofo olandese. Fanatismo e passioni, nate da «conoscenza inadeguata», da «idee false», da «immaginazione», portano sin troppo facilmente ad una degenerazione, che trasforma l’antica religione in vera e propria superstizione, la quale «estingue il lume dell’intelletto», evincendolo, da una religione vera.
Qualcosa di affatto analogo, come avremo modo di vedere nel corso del presente studio, viene sovente a manifestarsi in àmbito ʽesotericoʼ, perché per l’uomo attuale, sempre più profondamente affondato nella materia, sempre più dipendente dall’esperienza sensoria e dall’astratta intellettualità cerebrale, è oltremodo ʽdifficileʼ e ʽraroʼ accostare quella impresa ʽeccellenteʼ – come la potrebbe definire, oggi, Spinoza – di trascendere il pensiero riflesso, sperimentare il ʽpensiero libero dai sensiʼ, che Rudolf Steiner descrive nel quinto capitolo – La conoscenza dei mondi superiori (Dell’Iniziazione) – della sua Scienza Occulta nelle sue linee generali, di giungere ad inverare il ʽpensiero-folgoreʼ, la trascendenza dell’universale Pensiero Vivente, segretamente immanente nell’individuale pensiero umano, indicata costantemente, e instancabilmente, da Massimo Scaligero in tutta la sua opera. Il non consacrarsi a questa impresa ʽeccellenteʼ – in un’epoca estremamente pericolosa come quella che dal Cielo e dai Numi ci è stato dato in sorte di vivere – da parte di coloro che per destino hanno avuto il dono aristocratico e il privilegio raro di venire a contatto con la Scienza dello Spirito, con la ʽVia Solareʼ, ha portato al sorgere, all’interno delle Comunità spirituali, e in particolare di quella che Massimo Scaligero volle chiamare la ʽComunità Solareʼ, di ʽidee inadeguateʼ, di ʽidee falseʼ, frutto di ʽfantasiaʼ sregolata, di mera ʽimmaginazioneʼ soggettiva, e tutto ciò ha portato in non pochi casi a far degenerare quello che in sé era un mirabile dono celeste in volgare superstizione, ossia ha portato ad aprire il varco a deformazioni, a sacrileghe profanazioni, a calunniose diffamazioni, a indecenti strumentalizzazioni a fini di vanità personale, o a inconfessabili, ma facilmente intuibili, finalità politiche o confessionali, talvolta coincidenti. La Scienza dello Spirito – sia come metodo che come contenuto – è quanto di più lontano si possa pensare da ogni forma di superstizione. Ciò viene ribadito in mille maniere da Rudolf Steiner, il quale, per limitarci ad un’unica citazione, così si esprime in Teosofia. Introduzione alla conoscenza sovrasensibile dell’uomo e del destino umano, trad. di Iva Levi Bachi, Editrice Antroposofica, Milano, 1994, pp. 148:-149:
«Nei momenti della conoscenza spirituale, la sua vita personale [sc. di quella del discepolo del Sentiero della Conoscenza] non esiste più se non come simbolo cosciente dell’eterno. Svaniscono i dubbi che ancora potevano sorgere in lui riguardo allo spirito, poiché dubitare può soltanto chi sia ingannato dalle cose sul conto dello spirito che opera in esse. E poiché il «discepolo della sapienza» può comunicare collo spirito stesso, scompare in lui ogni falsa immagine che egli se n’era fatta prima. La falsa immagine in cui ci si rappresenta lo spirito è superstizione. L’iniziato è al di sopra di ogni superstizione, perché conosce quale sia il vero aspetto dello spirito. L’affrancamento dai pregiudizi della persona, del dubbio e della superstizione è il contrassegno di chi, sul «sentiero della conoscenza» è salito sino al grado di discepolo».
Come più volte da me affermato su questo animoso blog, Massimo Scaligero volle portare una parola di verità circa la strumentalizzazione – strumentalizzazione attuata, a mio modo di vedere, in perfetta malafede – di alcuni temi sacri della Scienza dello Spirito da parte di varie cerchie per motivi ideologici, politici, ed eziandio confessionali. Egli scrisse quelle parole di verità esattamente 51 anni fa, ma non è che da allora la situazione sia granché cambiata, se non in molto peggio. Quel che scrisse allora alla chiusa di uno dei suoi libri, egli volle poi farlo stampare anche come estratto, affinché potesse circolare più agevolmente. Tale estratto portava nel frontespizio il seguente titolo, non presente nell’Appendice, posta in chiusura del libro, Il Graal, oltre lʼequivoco e la superstizione. Appendice dal volume La Tradizione Solare di Massimo Scaligero, Teseo – Roma, 1971.
In quel breve scritto, Massimo Scaligero evidenzia – usando parole di estrema severità – come una tale strumentalizzazione dei contenuti sacri della Sapienza Celeste, che a partire da Rudolf Steiner si è manifestata nella Scienza dello Spirito antroposofica, sia una illecita profanazione: soprattutto riguardo al tema del Graal, che più di altri ha subito una violenza totalmente ingiustificata. Con parole accorte, ma al contempo taglienti, egli individua varie ʽcentraliʼ responsabili di una tale spregiudicata, interessata e disonesta strumentalizzazione del tema del Graal, ma – come avremo modo di vedere – nel tempo, una cotale mala opra si è poi estesa allʼintera Scienza dello Spirito. Anzitutto si è avuta una strumentalizzazione da parte di ambienti politico-esoterici che si rifacevano al cosiddetto ʽtradizionalismoʼ guenoniano, ma ancor più a quello evoliano.
In ambienti guenoniani si è tentato, con grande sfoggio di erudizione dialettica, di accreditare una pretesa origine islamica della saga del Graal. Fece scalpore quanto scrisse il francese Pierre-Édouard Ponsoye, amico e discepolo di René Guénon, nel suo libro L’Islam et le Graal, redatto nel 1957, fatto per decenni oggetto di glosse, commenti, dotte recensioni, e persino, in taluni casi, di regolari lezioni universitarie. Ma gli ambienti guenoniani, in genere, si tengono lontani dalla politica, e agiscono, sullʼesempio dello stesso René Guénon, perlopiù allʼinterno di ambienti di europei convertiti allʼIslam, in particolare ascritti a qualche tariqah dellʼesoterismo musulmano, ossia nelle cerchie ʽsuficheʼ, oppure allʼinterno di logge massoniche, che cercano di convertire alla ortodossia del verbo guenoniano, o anche, sebbene più raramente, allʼinterno di cerchie dedite ad un più che problematico e cattolicissimo ʽesoterismo cristianoʼ. Ma – lo ripeto – generalmente i guenoniani evitano il coinvolgimento politico, e si buttano nella intensa coltivazione di una vasta quanto anidra erudizione filologica a sfondo esoterico.
La loro opposizione a Rudolf Steiner e alla Scienza dello Spirito è tanto esplicita quanto preconcetta, a partire da quanto scrisse in maniera ingiusta e diffamatoria René Guénon in Le Théosophisme. Histoire d’une pseudoreligion, pubblicata in prima edizione da Desclée de Brouwer & Cie, Paris, 1928. Tale opposizione a Rudolf Steiner e alla Scienza dello Spirito è, ripeto, esplicita, così come lo è, da parte dei guenoniani, quella nei confronti di Massimo Scaligero, che fu fatto oggetto di un capitolo di un libro, pubblicato postumo, di René Guénon, Iniziazione e realizzazione spirituale, più volte tradotto, anche recentemente, in italiano, nel quale l’islamizzato esoterista di Blois polemizzava nei confronti di uno studio che Massimo Scaligero aveva pubblicato, in più puntate, col titolo di Esoterismo Moderno, la cui prima parte era intitolata L’opera e il pensiero di René Guénon, sulla rivista Imperium, anno I, N. 1, maggio 1950. Avendo letto, e ben meditato, molte volte, sin dagli anni settanta dello scorso secolo, sia lo scritto di Massimo Scaligero che le critiche che gli rivolge René Guénon, devo dire che a questʼultimo sfuggì davvero lʼessenziale, per cui non solo le sue critiche – a mio modo di vedere – non coglievano affatto nel segno, ma addirittura, a causa di una sorta di deformazione interiore che gli distorceva la visione, egli equivocò tutto ciò che riguardava lʼinsegnamento di Rudolf Steiner, così come equivocò le indicazioni operative di Massimo Scaligero, dimostrando la sua totale incomprensione della loro posizione spirituale.
Ben più rilevante, e sotto molti aspetti dalle conseguenze ben più tragiche, è la strumentalizzazione e la tentata snaturazione del tema del Graal, operata da Julius Evola, e da coloro che al suo pensiero in vario modo si ispiravano, e che tuttora – in forme spesso contraddittorie – ad esso ancor oggi si ispirano. La collusione e la compromissione dei seguaci del pensatore tradizionalista romano con la ʽpoliticaʼ – con la peggiore e più sporca, manipolata, e manipolatrice ʽpoliticaʼ – ha portato ad immani tragedie, ed anche a numerosi lutti. Quando Massimo Scaligero scrisse Il Graal, oltre lʼequivoco e la superstizione, nel 1971, Evola era ancora ben vivo. Infatti morirà lʼ11 giugno 1974. Ma Julius Evola già negli anni Trenta del trascorso secolo aveva voluto accostare il tema del Graal, tentando di dimostrare una pretesa origine ʽpaganaʼ, a suo dire celtica e germanica, della saga del Graal, cercando altresì di accreditare un contenuto ʽpoliticoʼ del mito – sempre secondo lui di natura ʽghibellinaʼ – per giustificare le sue teorie a proposito di una sorta di ʽImperialismo Paganoʼ, oggetto di un suo discusso libro, che già negli anni Venti dello scorso secolo dette luogo a feroci polemiche. Veniamo così alla pubblicazione de Il mistero del Graal, I ed., Laterza, Bari, 1937, il cui testo Evola rivide e completò nella II ed., Ceschina, Milano, 1962, e poi ancora riveduta e ampliata nella III ed., Edizioni Mediterranee, Roma, 1972, sino alla IV ed. corretta con unʼAppendice e una Bibliografia, Edizioni Mediterranee, Roma, 1994, ristampata nuovamente nel 1996, giungendo infine alla V ed. corretta, Edizioni Mediterranee, Roma, 1997.
Per il suo ghibellino ed imperiale ʽpaganesimoʼ, Julius Evola è ferocemente avverso al Cristianesimo, anche se – devo dirlo – piuttosto ʽteneroʼ nei confronti di un certo cattolicesimo. Ovviamente, anchʼegli, come René Guénon, si contrappone duramente a Rudolf Steiner e alla Scienza dello Spirito, giungendo in Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, prima ediz. Torino, Bocca, 1932, a forme veramente indegne di volgare sarcasmo e derisione nei confronti del Maestro. Ma ciò non gli impedì di saccheggiare a suo libito lʼopera del fondatore dellʼAntroposofia, di far passare per propri molti contenuti di Rudolf Steiner, e persino di pubblicare come roba propria, nel III volume della II (1955) e della III edizione (1971) di UR, apparse rispettivamente con i titoli di Introduzione alla Magia quale scienza dell’Io, e di Introduzione alla Magia, la descrizione degli esercizi fondamentali – cosiddetti ʽausiliariʼ, alla lettera ʽcollateraliʼ, Nebenübungen, ma in realtà tutt’altro che ʽsecondariʼ – tratti dai cosiddetti Quaderni Esoterici, Anweisungen für eine esoterische Schulung. Aus den Inhalten der «Esoterischen Schule», GA-245, Indicazioni per un discepolato esoterico. Dai contenuti della «Scuola Esoterica», O.O. 245, pubblicati per la prima volta in tedesco, alla fine degli anni Quaranta dello scorso secolo, per volontà di Marie Steiner.
Conoscendo tutta una serie di retroscena e di aneddoti, dei quali lo stesso Massimo Scaligero volle, attraverso una particolareggiata narrazione, farmi partecipe, è veramente difficile – almeno per me – accogliere come cosa seria, e azione compiuta in buona fede, quanto Julius Evola scrive in Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo. Analisi critica delle principali correnti verso il «sovrasensibile», Quarta edizione riveduta e ampliata, Edizioni Mediterranee, Roma, 1990, nel capitolo Critica dellʼantroposofia, p. 103. Lo stesso infelice, e – a mio modo di vedere – poco onesto passo, riappare tal quale nella cosiddetta «Quarta edizione corretta», con un saggio introduttivo di Hans Thomas Hakl, Edizioni Mediterranee, 2008, pp. 106-107:
«Sappiamo bene, perché ne abbiamo fatto noi stessi la divertente esperienza, che vi sono dei discepoli dello Steiner i quali, nel riguardo di tutto il sistema, quando esso non trova nessun riscontro in quellʼinsegnamento [sc. quello tradizionalista], hanno la sfacciataggine di ribattere chiedendo chi ci dice che il loro Maestro non abbia visto più a fondo di tutti i «grandi Iniziati» che lo hanno preceduto, così come un altro seguace ha presentato le sue elucubrazioni parasteineriane come qualcosa che va “di là dello Yoga, dello Zen”, della Tradizione: a tal segno giunge lʼinfatuazione antroposofica».
È evidente dalla citazione, tratta dalla prima edizione del Trattato del Pensiero Vivente, Luciano Feriani Editore, Milano, 1961, avente come sottotitolo Una Via oltre le filosofie occidentali, oltre lo Yoga, oltre lo Zen, che Julius Evola rivolge il suo attacco non solo contro Rudolf Steiner, ma anche contro lo stesso Massimo Scaligero, ossia – per essere del tutto chiari – egli rivolge il suo attacco non solo alla rosicruciana Scienza dello Spirito, allʼAntroposofia in generale, ma proprio alla Filosofia della Libertà e alla Via del Pensiero Vivente, che ne sono il «cuore». È il caso di dire che all’aggressivo e beffardo critico di Steiner e di Scaligero, esattamente come nel caso di Guénon, per una analoga, distorcente, deformazione interiore, era completamente sfuggito l’essenziale ed aveva equivocato tutto. Nellʼàmbito del presente studio, non ho modo di approfondire la questione di quanto quella indicata da Evola nelle sue opere sia una via irregolare al sovrasensibile, disamina che forzatamente dovrà essere rimandata ad un eventuale successivo studio, ma fin da ora è evidente la totale mancanza di qualificazione del tradizionalista romano rispetto al tema sacrale del Graal.
Cosa pensasse Massimo Scaligero circa la non validità dal punto di vista spirituale ed iniziatico, ossia circa lʼinsufficienza e lʼinadeguatezza della ʽviaʼ indicata e seguita da Evola, – e, cosa ancor più grave, circa quanto tale ʽviaʼ venga travisata da coloro che al suo pensiero e al suo esempio vorrebbero oggi richiamarsi, o che ad esso, a vario titolo, nominalisticamente, dicono di richiamarsi – lo si può scorgere in quel chʼegli scrive, con parole chiare e severe, in Dioniso, suo contributo al libro collettaneo Testimonianze su Evola, a cura di Gianfranco de Turris, prima ediz. 1973, seconda edizione riveduta e ampliata, Edizioni Mediterranee, Roma, 1983, p. 189:
«Julius Evola addita una direzione che, per essere creativa in senso esoterico, esige essere separata dalla sua fenomenologia, ossia dalla sua maya, dallʼethos che ne risulta in senso sociale, politico: soprattutto da questo. Certe mescolanze tradiscono lʼassunto spirituale: i peggiori disastri vengono sempre dalla collusione del Sacro con il profano. Una simile separazione, proprio per lʼassunto di una discriminazione del subtile a spisso, riguarda la direzione karmica di Evola. Il futuro cosmico-spirituale di lui si può metafisicamente scorgere: esso sarà determinato da quanta indipendenza egli abbia realizzato dalle opere scritte: sarà decisiva la possibilità che egli non si sia identificato con la propria espressione dottrinaria, ossia con ciò che è il mitico e mistico mondo dei suoi seguaci».
Quel che fa una impressione davvero notevole e, devo dire, alquanto strana, è vedere come alla cosiddetta «Quarta edizione corretta» di Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, pubblicata dalla nota casa editrice romana, abbiano collaborato tutta una serie di personaggi dagli ambigui interessi, i quali, nella loro abbondante produzione letteraria e giornalistica, nei loro scritti, in video pubblicati su vari siti telematici, congiungono in una confliggente, equivoca, commistione, che rischia di essere teratologica, posizioni tra loro inconciliabili: scrittori che cercano di mescolare a forza Julius Evola con Rudolf Steiner e Massimo Scaligero, tacendo la più che stridente contraddizione che il pensiero di questi ultimi ha rispetto alle idee del tradizionalista romano, o intellettuali impegnati in reazionarie ideologie politiche passatiste, o ultracattolici integralisti dalle forti simpatie monarchiche filoasburgiche, filoborboniche, e antitaliane, che sognano romanticamente un impossibile ritorno ad un Ancien Régime pre-1789, al fin di realizzare una novella ʽSanta Alleanzaʼ tra il trono e lʼaltare, nonché il ritorno in Roma del Papa-Re a governar felicemente risorti Stati della Chiesa, e magari – perché no? – anche la rinascita dell’asburgico Sacro Romano Impero, e del Granducato di Toscana, cercando di aggiogare al loro carro monarchico e clericale anche il paganissimo filosofo tradizionalista romano. Della ʽbuonafedeʼ di costoro, della ʽnobiltàʼ e della ʽonestàʼ dei loro taciti, non dichiarati intenti, è lecito dubitare fortemente.
Questa ambigua concordia attorno alla figura di Julius Evola, che si realizza tra ʽpaganiʼ roman-celtico-germanici, come essi amano spesso definirsi, e ʽcattoliciʼ tradizionalisti ultras enragés, malgrado lʼapparente stridente contraddizione, non stupisce più di tanto perché, pur nella loro concordia discors, essi tutti sono affratellati da un identico comun denominatore, come si direbbe in algebra: sono caratterizzati tutti da un non superato interiore limite conoscitivo che, al di là della ostentata idolatria romantica per una sentimentale ʽmitologiaʼ e l’uso, anzi l’abuso, di una disseccata, erudita, filologica, ʽdialettica esotericaʼ, li unisce in quella che Platone chiama ʽkoinonìa ton kakònʼ, la istintiva ʽcomunanza dei malvagiʼ, che li asserve ad un inconsapevole materialismo, e li rende, malgrado tutto, tra loro solidali in una empia alleanza contro la Scienza dello Spirito e la Via del Pensiero, che poi, in definitiva, è ancora una volta una alleanza contro il Graal, contro lo Spirito.
Oggi, poi, quella che Massimo Scaligero chiamava la «babelica confusione delle lingue», ha oramai raggiunto il parossismo, e si manifesta in una sorta esibizionismo mediatico da parte di vari personaggi in cerca di facile visibilità e commerciale lucrosa intraprendenza. Uno dei tentativi portato avanti da costoro è quello di strumentalizzare – persino sul piano della più sozza politica – in maniera davvero poco seria, e a volte francamente indecente, le figure spirituali di Rudolf Steiner, di Giovanni Colazza e di Massimo Scaligero, per sostenere che il loro insegnamento – la rosicruciana Scienza dello Spirito, la Via del Pensiero Vivente – sempre al dire di costoro, sarebbe un utile didascalico preliminare, qualcosa di unicamente propedeutico, di valore meramente pedagogico e introduttivo, per ʽvieʼ che – a loro dire– sarebbero ʽpiù elevateʼ, ʽpiù valideʼ, ʽpiù audaciʼ, ʽpiù potentiʼ, ʽpiù rapideʼ, ʽpiù completamente realizzativeʼ, come lo Yoga della Potenza di Julius Evola e la sedicente Magia Trasmutatoria, mendacemente spacciata per Alchìmia, di Giuliano Kremmerz. ʽVieʼ che, dopo esser passate per una medianica magia cerimoniale, spacciata per ʽTeurgiaʼ o ʽMagia divinaʼ, finiscono tutte nella fetida cloaca di una trasgressiva magia sessuale. Ho davanti agli occhi l’esito infausto, tragico, in non pochi casi addirittura mortale – potrei citare nomi, date, e fatti – cui son giunti i cercatori delle ʽvie della facile forzaʼ, del ʽrapido conseguimentoʼ, come le definiva causticamente Massimo Scaligero, aggiungendo che «in realtà, non vi è nulla di meno facile, e – salvo rare eccezioni – di meno rapido». In un periodo in cui esploravo natura e consistenza di cotali ʽvieʼ, vi fu chi, con arrogante baldanza, mi affermò, ex cathedra, essere assolutamente certo che attraverso la sedicente ʽmagia trasmutatoriaʼ del mago di Portici, spacciata per Alchìmia, un seguace di essa poteva diventare, a suo dire in soli quattro anni, un ʽAdeptoʼ, un ʽMaestro dell’Arteʼ, una ʽDivinità Ammoniaʼ. Ne ho visti molti di codesti ʽAdeptiʼ diventare squilibrati, pazzi, malati, e non pochi di loro eziandio defunti. E in taluni casi anche delinquenti della peggior specie. Non certo ʽDeità Ammonieʼ. Un Iniziato, che di Massimo Scaligero aveva somma stima, e che per decenni fu mio grande amico, ora felicemente giunto ai Campi Elisi, mi definì quelle sozze pratiche trasgressive «una via sporca e deviata», ed io – visti i tempi non poco calamitosi nei quali viviamo – me lo tengo per detto.
Un altro tentativo, poi, è quello di fare una discutibile (e disgustosa) macedonia, o un immangiabile minestrone ʽesotericoʼ, in salsa new age, appiattendo tutto senza verun serio criterio, col mettere sincretisticamente allo stesso livello Steiner, Colazza e Scaligero, con Guénon, Evola, Kremmerz, e persino con Castaneda, Eliphas Levi, Papus, Gurdjeff e Crowley. Ora, il presente studio non è il luogo deputato per demolire una tale interessata mistificazione. Ogni cosa, eventualmente, a suo tempo. Ma che fra tutti costoro – al di là delle insanabili reciproche opposizioni, al di là delle inconciliabili differenze, nonché delle interessate strumentalizzazioni – vi sia una reciproca ʽsolidarietàʼ – quella che, più sopra, ho chiamata una ʽempia alleanzaʼ – nel contrapporsi alla Scienza dello Spirito, alla Ascesi del Pensiero Vivente, e di conseguenza al Graal, è cosa certa sin da ora. Sed nunc, de hoc, satis dictum est!
I suddetti abusi, ossia le sacrileghe profanazioni, le indecenti strumentalizzazioni della sacralità del tema del Graal, e della spiritualità ad essa essenzialmente connessa, hanno fornito abbondanti occasioni e pretesti a scrittori di professione, a saggisti, a pubblicisti, a giornalisti senza scrupoli, di scrivere una quantità inverosimile di sfrontate menzogne contro la Scienza dello Spirito, contro la figura di Rudolf Steiner, nonché contro la serie delle figurazioni simboliche legate alla trascendente realtà del Graal, prospettando illegittimi quanto improbabili accostamenti ad antiumane ideologie politiche, e ad oscuri ʽcultiʼ demoniaci. Nel citato estratto, Il Graal, oltre lʼequivoco e la superstizione, dalla Tradizione Solare, così si esprime Massimo Scaligero, di fronte ad una sì scandalosa profanazione e strumentalizzazione:
«Il fatto che la simbologia del Graal e della Tradizione Solare sia stata in qualche modo utilizzata come veicolo mitico da correnti politiche, non autorizza lo storico a derivare lʼazione di tali correnti dal contenuto di quella Tradizione: anzi il contrario. La funzione di simili abusi è sempre stata suscitare lʼequivoco riguardo al contenuto di sistemi esoterici e deviare la ricerca spirituale. Lo scopo illecito, tuttavia, viene ulteriormente perseguito, allorché taluni cronisti o saggisti, la cui capacità d’inchiesta è quanto di meglio oggi può essere richiesto da brillanti rotocalchi, si dedicano a tale esoterismo sospetto. Costoro, mentre riescono giustificatamente a scorgere lʼelemento demoniaco in tali fenomeni, non avvertono che la loro dialettica ne diviene lʼulteriore espressione, allorché essi ritengono riconoscere la provenienza di simile demoniaco da ispirazioni del sacro: che è unʼimpossibilità metafisica. Il Sacro, patentemente non distinto dal profano, ad opera dei profanatori sotto accusa, non viene distinto neppure dagli accusatori, ossia dagli accennati cronisti, i quali si trovano dinanzi a una materia che in realtà trascende il loro livello mentale e da essi tuttavia viene nominalisticamente ridotta a tale livello, onde stabiliscono accostamenti tra Sacro e profano, la cui illegittimità è appunto lʼelemento demoniaco da essi messo sotto accusa».
Appare in maniera sin troppo evidente come una tale spregiudicata strategia editoriale, cinicamente realizzata da scrittori, giornalisti e pubblicisti, che non si pongono problemi di coscienza di nessun tipo, offra facile pretesto e occasione alla nota potenza straniera dʼOltrevere di attuare un duplice attacco alla Scienza dello Spirito, allʼAntroposofia: da una parte, mediante una aperta, talvolta rozza e brutale, aggressione tramite scritti, e video in rete, velenosi, calunniosi, allarmistici, sommessamente apocalittici, e dallʼaltra, mediante una abile opera di penetrazione «allʼinterno della cittadella», per usare lʼespressione – che, come vedremo, si rivelerà profetica – di Massimo Scaligero in Dallo Yoga alla Rosacroce, Perseo, Roma, 1972, da parte di ʽinsinuantiʼ particolarmente esperti nella moralmente assai dubbia arte del ʽtrasbordo ideologico inavvertitoʼ. Chi scrive ha avuto più volte modo di mostrare, in maniera documentata, su questo temerario blog, come una tale insinuante opra di abile manipolazione non si sia tirata indietro, tra lʼaltro, neppure di fronte alla cosciente e sfrontata falsificazione di opere sia di Rudolf Steiner, che di Massimo Scaligero. Anzi, nel caso di questʼultimo, manipolazione e falsificazione sono state attuate – come ho avuto modo di dimostrare in maniera documentata – proprio ai danni di unʼopera di estrema importanza come Dallo Yoga alla Rosacroce, che nella edizione del 2012, presentata come Vol. XVII di una collana di Scritti di Massimo Scaligero, pubblicata dalla romana Edizioni Mediterranee, si presenta non poco difforme rispetto allʼedizione originale del 1972. Ma si vede che colui che ha preso la discutibile iniziativa di una tale arbitraria alterazione degli scritti di Massimo Scaligero, circa la correttezza editoriale, prima ancora che etica e spirituale, la pensava e la pensa tuttora diversamente. Inoltre, lascia non poco perplessi il fatto che venga stampata una rivista avente per titolo proprio Graal. Rivista di scienza dello Spirito, edita in Roma dalla casa editrice Tilopa, rivista nella quale chi qui scrive ha avuto modo più volte di rilevare quanto possa essere indubbiamente sottile, abile, e al contempo esiziale, la ʽinsinuanteʼ strategia del già molte volte ricordato ʽtrasbordo ideologico inavvertitoʼ, mediante il quale si cerca gradualmente – pedetemptim, ossia ʽun passetto alla voltaʼ, dicevano i sapienti Latini – di diluire, alterare, realizzare quella che, nel secolo scorso, un esoterista dʼOltralpe chiamava ʽune voie substituéeʼ, mediante la quale, deviando i liberi cercatori dello Spirito su questa piuttosto scivolosa ed obliqua ʽvia sostituitaʼ, si vorrebbero condurre, anzi manodurre, senza che se ne accorgano, gli ʽsmarritiʼ, i ʽdissenzientiʼ, i ʽriottosiʼ, o, come usa dire oggi, i ʽnon omologatiʼ, in definitiva gli ʽereticiʼ, quali docili pecorelle al ʽsicuro ovileʼ dʼOltretevere. Colpa imperdonabile di chi scrive su questo temerario blog, che si ostina pervicacemente ad ospitarlo, è lʼaver denunciato, e fatto conoscere allʼuniverso mondo, questa obliqua, sleale, operazione, che si rivela essere anchʼessa un attacco contro lo Spirito, contro il Graal.
Del resto, la solidale omogeneità degli attacchi alla Scienza dello Spirito di Rudolf Steiner e alla ʽVia del Pensiero Viventeʼ di Massimo Scaligero, condotti da tradizionalisti, da spregiudicati scrittori e giornalisti senza coscienza, da emissari, operanti apertamente, della nota potenza straniera d’Oltretevere, e da ʽinsinuantiʼ infiltrati, abilmente ʽmascheratiʼ, ossia operanti ʽsotto coperturaʼ, sempre a pro’ della medesima straniera potenza transtiberina, giunta ormai agli ultimi, infimi, livelli involutivi di una quasi bimillenaria degradazione spirituale, rendono oggi vera la constatazione, al contempo sottile e profetica, di Massimo Scaligero nel prosieguo dell’ultima citazione:
«Il loro sofisma è il demoniaco medesimo, naturalmente ad essi inconscio: non diverso da quello di chi accusasse una Chiesa di ispirare forme di agnosticismo, solo per il fatto che un gruppo di agnostici ne assume come proprio il culto».
Il che è esattamente quello che negli ultimi decenni è avvenuto, conciosiacosaché si ritrovano tra loro paradossalmente solidali in una empia alleanza contro lo Spirito, contro il Graal – piaccia loro questa scomoda verità o non piaccia, lo ammettano o meno – dogmatici cattolici integralisti, altrettanto dogmatici cattolici modernisti, esoteristi tradizionalisti, scrittori mercenari e giornalisti senza coscienza e senza scrupoli, accomunati tutti da quel morbo che Rudolf Steiner in Le basi conoscitive e i frutti dell’Antroposofia, Editrice Antroposofica, Milano, 1968, nella prima conferenza, del 29 agosto 1921, tenuta a Stoccarda, chiama «agnosticismo, corruttore della vera umanità».
La cosa, pur nella sua enormità, non stupisce più di tanto, né tampoco stupirebbe, oggi, lo stesso Massimo Scaligero, il quale aveva ben chiare le difficoltà che la ʽVia Solareʼ, la ʽVia del Pensiero Viventeʼ, la ʽVia del Graalʼ, avrebbero incontrate non solo da parte dei cattolici dogmatici, siano essi integralisti o meno, non solo da parte di altrettanto dogmatici tradizionalisti guenoniani, evoliani ed affini, ma anche da parte di poco consapevoli ʽantroposofiʼ, che banalizzano, annacquano, deformano, sfigurano, dogmatizzano, e a volte addirittura inquinano lʼinsegnamento di Rudolf Steiner, ed eziandio da parte di abili, mascherati, ovviamente ben più consapevoli di quel che fanno, ʽinsinuantiʼ, penetrati nel milieu ʽscaligeropolitanoʼ (come, celiando affettuosamente, lo chiama il mio ottimo amico C., intrepido asceta dʼaltra dottrina) a seminar discordia e a far guai. Quanto di tutto ciò fosse ben consapevole Massimo Scaligero, per chi voglia vedere, e non illudersi, chiudendo gli occhi ad una sgradevole realtà, è possibile scorgerlo da molti segni. Ne ricorderò uno solo che, per la sua facile accessibilità, è più rapidamente constatabile da chiunque voglia. Nella edizione originale – quella non arbitrariamente alterata – di Dallo Yoga alla Rosacroce, Perseo, Roma, 1972, alle pp. 37-40, si possono leggere le seguenti parole, severe e profetiche al contempo, di Massimo Scaligero:
«I seguaci della Scienza dello Spirito, che non giungano a superare lʼunivoca dimensione dellʼanima razionale, e a questa inconsciamente riducano lʼinsegnamento e da essa, per quanto elaborata e filosofizzata, non escono, movendo perciò con mere rappresentazioni in un mondo di forze che permane loro impenetrabile: non sono dissimili agli evoliani che si muovono entro lʼanima razionale-affettiva, non andando oltre le rappresentazioni o le immagini della Potenza, non disponendo del canone della liberazione del loro rappresentare: il vincolo alla cerebralità è lʼimpedimento reale alla Potenza.
Lʼavvicinamento tra le due posizioni può sembrare paradossale, eppure, se si osserva tra le due posizioni può sembrare paradossale, eppure, se si osserva, riguarda lʼidentico limite interiore: limite inconscio, che nellʼavvenire provocherà alleanze inaspettate che appariranno assurde, ma saranno le più logiche. Nellʼimminente futuro, il dominio dellʼanima razionale creerà il vero fronte delle forze contro lo Spirito, in nome della Tradizione, della Religiosità come dellʼAteismo, dello Spiritualismo come del Materialismo: un fronte vasto che congiungerà molti, il suo vero livello essendo politico.
*
Contro lʼImpulso Solare di questa epoca, è prevista una serie di attacchi, da quelli frontali a quelli insidiosi e inconsci (ho persino accennato ad attacchi dallʼinterno medesimo della cittadella, ad opera di zelatori discorsivi delle dottrine), perciò si può ravvisare quello di Evola come il più frontale, anche se sostanzialmente dialettico, epperò dialetticamente reversibile. Ma una replica dialettica è proprio ciò di cui Steiner non ha bisogno.
[…] La dialettica è comunque il veicolo dellʼalterazione di ogni impresa dello Spirito, ma non in quanto una determinata dialettica possa provocare lʼatteggiamento spirituale irregolare, bensì in quanto questo trova in quella il proprio veicolo formale. Ciò avviene anche allʼinterno di una comunità spirituale, quando vi si associano esseri capaci solo di relazione medianica, e tuttavia assumenti un linguaggio dellʼanima cosciente: allorché il numero di costoro diviene preponderante, sarà proprio un medium a prendere la parola e ad insegnare la dottrina polarizzando il consenso di tutti i vocati allo Spiritismo, ai quali sostanzialmente occorre non tanto riconoscere il contenuto della Scienza dello Spirito e chi ne sia reale portatore, quanto realizzare il livello della loro necessità psichica. Come si vede, un risultato non molto diverso da quello derivante dallʼaccettazione della critica evoliana, e riconoscibile come fenomeno che lo stesso Evolismo patisce, allorché la popolazione degli incapaci di anima cosciente, epperò popolazione medianica, sʼinfatua, come si è visto, sentimentalmente delle sue dottrine della Potenza e il proprio sentimento scambia per volontà e forza».
Queste parole di Massimo Scaligero, scritte cinquantʼanni fa, nellʼultimo secolo del trascorso millennio, si sono rivelate profeticamente esatte. Ho avuto modo di vedere numerosi ʽintrallazziʼ tra la dirigenza della Società Antroposofica, sia in Italia che allʼestero, in campo pedagogico, in quello dellʼagricoltura biodinamica, ma anche della stessa Antroposofia, e soprattutto della Cristologia, con ambienti, dignitari, addirittura con alti prelati, della nota potenza straniera dʼOltretevere. Ho avuto modo di constatare collusioni di persone che, pur avendo ben conosciuto Massimo Scaligero, il quale aveva esplicitamente proibito loro di contaminarsi – mai e per nessuna ragione – con la politica, dopo la sua morte, sospinti da chi mal li consigliava, si sono gettati in quella immensissima fogna che è la politica italiana, tanto più con le formazioni più problematiche, manipolate e inquinate, una di loro tentando persino di farsi eleggere in parlamento. Poi vi son stati, e vi son tuttora, gli ʽinciuciʼ di elementi ʽscaligeropolitaniʼ con la Fondazione Evola, e con evoliani che fino a non molto tempo fa su Rudolf Steiner e su Massimo Scaligero gettavano palate di letame (e molti di loro continuano beatamente a farlo…). Ora, evoliani, kremmerziani, gurdjieffiani e crowleyani, a chi, come molti di noi, per decenni ha seguito, e praticato con impegno totale, senza risparmiarsi, con ostinata tenacia e fedele disciplina quotidiana, la Scienza dello Spirito, e la dura Ascesi della Concentrazione, vengono a raccontare che noi – a loro dire, naturalmente – non avremmo capito nulla, e che per nostra fortuna ora sono arrivati loro, che così ci possono spiegare cosa intendessero veramente dire Steiner, Colazza e Scaligero, con gran benefizio del nostro ottuso, limitato, intelletto. Vi è persino un tale, ovviamente evoliano che, nella bella Partenope, tiene corsi sul Trattato del Pensiero Vivente di Massimo Scaligero, il quale, nel vedere una tale debordante verbosa dialettica, sicuramente si rivolterebbe nella tomba. Vi è, oggi, tutto un profluvio di ʽsapienzaʼ, una autentica inondazione, che dilaga su siti web, su blog e social forum di internet, su radio e televisioni locali e nazionali, in convegni e tavole rotonde, in produzioni cinematografiche, in riviste e libri che non valgono nemmeno la carta sulla quale sono stampati. Di fronte a cotanta abbondanza di inutile vuota dialettica, come non pensare a quanto Massimo Scaligero, sempre in Dallo Yoga alla Rosacroce, nel XVI capitolo, Secretum inviolabile, alle pp. 204-207, con severe parole ammonitrici, scrive:
«Sembra che questa epoca abbia rotto le dighe con lo Spirituale, come non mai: si cerca ad ogni livello e in tutte le direzioni qualcosa oltre il limite: che è lʼidentico limite, e tuttavia quello relativo a ciascuno.
I sentieri, le scuole, i metodi, gli Yoga, sono innumerevoli. Ma non si può dire che ciò che si riversa dalle dighe rotte sia lo Spirituale. […]
In quanto lo Spirito va destandosi dal sonno millenario su tutta la Terra, privo di coscienza del livello perduto, i Deviatori sono allʼopera perché la ricerca spirituale sia deviata, venendo asservita, al livello attuale, allʼuomo dominato dalla terrestrità, ossia dal mondo finito, quantitativo, al quale egli si è abbassato unicamente per uscire da tale millenario sonno.
Se questo sonno persiste, vestendosi tuttavia di attualità spirituale e in tal senso assumendo le sue persuasive forme, è inevitabile che chi si desta e, afferrando il senso del proprio destarsi, intende comunicarlo ai fratelli dormienti, sia da costoro considerato privo di connessione con la realtà, e che essi, per unʼocculta intesa, giungano a solidalizzare contro di lui, malgrado i loro dissensi di superficie. Il vero occultista conosce questa situazione: la sua arte è muovere nel retroscena di essa, perché questo gli rivela ciò che gli viene essenzialmente richiesto. La visione di tale retroscena è per lui un aiuto, quella solidarietà è un fenomeno che esige essere compenetrato di pensiero. Essa non è cosciente nei soggetti solidali, la cui intesa è il potere di una animadigruppo: egli può invero muovere mediante la forza che emana da essa sino a riconsacrarla.
Gli attacchi contro la Via Solare si susseguiranno da ogni parte, nessuna esclusa, compresovi perciò anche quello di coloro che da essa hanno avuto sostegno e aiuto.
Questa situazione, intensificandosi, chiarisce al discepolo il senso del sacrificio mondiale convergente nellʼindividuo umano, secondo lʼimagine della Bhagavadgita».
Queste parole di Massimo Scaligero, scritte cinquantʼanni fa, nellʼultimo secolo del trascorso millennio, si sono rivelate, una volta di più, profeticamente esatte. Anzi, sotto molti aspetti, la situazione è divenuta ancora più drammatica e tragica di quanto molti di noi, allora ancora giovanissimi, e piuttosto acerbi e ingenui rispetto al cogliere i ʽsegni dei tempiʼ di ciò che sin da allora andava preparandosi, potevamo intuire. Oggi, siamo chiamati ad affrontare le conseguenze di quella che Massimo Scaligero ci aveva preannunciato essere la «crisi di fine secolo», che avrebbe aperto il pericoloso nuovo millennio, «lotta di fine secolo», rispetto alla quale le anime – soprattutto quelle appartenenti alle Comunità spirituali – avrebbero compiuto, a partire dal 1990, quella chʼegli chiamava la «scelta interiore», la «scelta di campo»: lottare per lo Spirito o contro lo Spirito, lottare per il Graal o in favore dell’Antigraal. Entrati, oramai, nel terzo decennio del nuovo millennio, chi non voglia illudersi, narcotizzando la sensibilità interiore, e anzi voglia guardare in faccia, in maniera inattenuata, senza cedere ad un troppo facile ed irresponsabile ottimismo, lʼattuale tragica situazione, può rendersi conto del fatto che la maggiore, anzi la massima responsabilità di tale situazione è delle Comunità spirituali in generale, e, in modo particolare della «Comunità Solare», come lʼaveva battezzata Massimo Scaligero. Si deve avere il coraggio di non voler mentire a se stessi, e di voler vedere che, in luogo della necessaria – assolutamente necessaria – consacrazione, vi è stata superficialità, irresponsabile faciloneria, mancanza di serietà, fiacchezza nellʼimpegno interiore, spensierata incoscienza, intellettualismo narcisistico, tiepido sentimentalismo, banalizzazione di temi sacri, mondanità, vanità, viltà, ricerca della comodità interiore, opportunismo e, in non pochi casi, latitanza, diserzione, tradimento.
Ci si può chiedere – ci si deve chiedere – come e perché sia stato possibile giungere ad un cotal disastro, come e perché si sia potuto disgregare – in una sorta di Caporetto spirituale – il ʽfronte della fermezzaʼ, proprio mentre quella che il Buddha Shakyamuni chiamava lʼ«Armata della Morte» dilaga apparentemente senza freni, e con accelerato furore si lancia a perseguire sempre nuove, ulteriori e più distruttive mete, tendenti ad un definitivo scivolamento, in ogni campo, nel baratro del subumano. Si tenta addirittura di imporre, spacciandola per ʽscienzaʼ, quella pandemonìa sotto forma tecnologica, che chiamano ʽtransumanesimoʼ. A questo proposito, gioverebbe che i seguaci della Scienza dello Spirito, della ʽVia Solareʼ, ben meditassero quanto scrisse Rudolf Steiner, oramai ai suoi ultimi giorni terreni, in Massime Antroposofiche. La via conoscitiva dell’Antroposofia. il Mistero di Michele, trad. di Lina Schwarz e Rinaldo Küfferle, Editrice Antroposofica, Milano, 1969, ove, alle pp. 222-225, troviamo quello che fu forse il suo ultimo scritto – verrà pubblicato, infatti, il 12 aprile 1925, tredici giorni dopo la sua dipartita – dal titolo Dalla natura alla subnatura. Proprio nelle ultime tre Massime, nelle quali vengon qui messe in rilievo alcune parole, Rudolf Steiner descrive in maniera sintetica, ma anche estremamente chiara ed incisiva, la situazione pericolosa dell’uomo, e il còmpito al quale l’uomo è chiamato per superare tale pericolo:
«183 – Nell’epoca delle scienze che si inizia alla metà del secolo diciannovesimo, l’attività culturale scivola a poco a poco non soltanto nei dominii più bassi della natura, ma sotto la natura. La tecnica diventa subnatura.
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– Ciò richiede che l’uomo trovi, sperimentandola, una conoscenza dello spirito per cui si innalzi di altrettanto nella natura superiore, di quanto affonda sotto la natura con l’attività tecnica subnaturale. Così si crea nell’interiorità la forza per non affondare.
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– Una concezione naturale anteriore conteneva ancora in sé lo spirito col quale è collegata l’orgine dell’evoluzione umana; a poco a poco questo spirito è scomparso dalla concezione naturale, e vi si è infiltrato quello puramente arimanico, riversandosi da lì nella civiltà tecnica».
Nella precedente p. 224, Rudolf Steiner spiega più diffusamente la situazione di estremo pericolo nel quale si trova lʼessere umano, ossia il fatto che «lʼesperimento ʽuomoʼ, che doveva portare ad esistenza Autocoscienza, Libertà e Amore, possa fallire». Con parole che non lasciano spazio alcuno a dubbi circa il còmpito che viene posto allʼuomo, così egli si esprime:
«Egli deve trovare la energia, la forza conoscitiva interiore, per non essere sopraffatto da Arimane nella civiltà tecnica. La subnatura deve venir capita come tale. Potrà venir capita solo se lʼuomo, nella conoscenza spirituale, salirà alla natura superiore extraterrena per lo meno altrettanto, quanto con la tecnica è disceso nella subnatura. La nostra epoca abbisogna di una conoscenza che vada al di sopra della natura, perché interiormente deve venire a capo di un contenuto di vita, pericoloso nella sua azione, che si è sommerso al di sotto della natura. Beninteso, questo non vuol dire che si debba ritornare a stati di civiltà precedenti, ma che lʼuomo trovi la via per mettere le nuove condizioni della civiltà in un giusto rapporto con se stesso e col cosmo.
Oggi, soltanto una piccola minoranza sente i gravi còmpiti spirituali che ne risultano per lʼuomo. Lʼelettricità, che dopo la sua scoperta è stata esaltata come lʼanima della esistenza naturale, deve essere riconosciuta nella sua forza che sta nel condurre dalla natura alla subnatura. E lʼuomo non vi deve scivolare assieme!».
Eppure, Massimo Scaligero, proprio nello stesso libro nel quale aveva posto come Appendice ammonitrice, Il Graal, oltre lʼequivoco e la superstizione, ossia ne La Tradizione Solare, pone come motto le parole, troppo facilmente dimenticate:
«Al rito del Sacro Amore, alla fedeltà degli Eroi solari.
“Quale che sia il numero degli Eroi adunati nel Valhalla, non saranno mai troppi il giorno in cui la Belva irromperà”. Edda».
Il che significa che, sicuramente, sarà una dura lotta, e non una piacevole passeggiata, che sarà un aspro cimento e non un mero, scialbo, ʽevento culturaleʼ. Sarà una estrema lotta per la vita o per la morte dell’uomo, il quale deve combattere, risolutamente, disperatamente, con tutte le sue forze, per non perdere la propria umanità, ossia se non vuole scivolare nel subumano, precipitare, sfracellandosi, nel demoniaco.
Ora, tralasciando gli avversari della Scienza dello Spirito – guenoniani, evoliani, ecceteriani – di cui sopra, ci si può chiedere come e perché proprio nella Comunità spirituale vi sia stato un così drammatico e tragico tralignare, un così scandaloso cedere quelle posizioni che invece avrebbero dovuto esser tenute – a qualsiasi costo – ben salde, si sia verificato un sì colpevole sfaldamento, che ha dato luogo a latitanze, a diserzioni, a veri e propri tradimenti. Questo è accaduto già nel secolo scorso, non solo in àmbito antroposofico, sia prima che dopo la morte di Rudolf Steiner, ma anche allʼinterno di quella «Comunità Solare», alla quale Massimo Scaligero – specialmente dopo la dipartita di Giovanni Colazza – aveva consacrato, sacrificalmente, tutto: annientando persino ogni più legittima esigenza personale, tutte le sue forze, e la sua salute stessa. Ma non si può dire che un tale sacrificio estremo sia stato da molti – dai più – compreso e apprezzato.
Ci si dovrebbe chiedere, con senso di responsabilità, come e perché sia potuto accadere – e non sarebbe mai dovuto accadere – che quello che il Maestro dei Nuovi Tempi, Rudolf Steiner, aveva portato in dono al mondo, la ʽSapienza Celesteʼ, l’Anthroposophia – dal Cielo e dai Numi ʽgratia gratis dataʼ – venisse alterata, banalizzata, intellettualizzata, deformata, sfigurata, depotenziata, svuotata, ridotta – per usare lʼespressione di Spinoza – a ʽsuperstizioneʼ. Ci si dovrebbe chiedere come e perché sia stato possibile che coloro che dal Cielo e dai Numi avevano ricevuto – ancora una volta ʽgratia gratis dataʼ – non solo la possibilità di incontrare la Scienza dello Spirito, la Via Solare, ma altresì, almeno per taluni di loro, di ricevere il dono aristocratico e il privilegio raro – è giusto, ancora una volta, chiamarlo così – di incontrare e conoscere un autentico Istruttore spirituale, un Maestro, un Iniziato, come Massimo Scaligero, o, comunque, in ogni caso il suo aureo insegnamento, abbiano poi potuto lo stesso tralignare, deviare, disertare e tradire.
La mia cara amica Fang-pai – sapiente Figlia del Celeste Impero e Maestra del Dharma – con la compassionevole delicatezza che la contraddistingue, direbbe che tutti costoro hanno «smarrito e dimenticato lʼintenzione originaria», che hanno «voltato le spalle alla mèta», hanno «rinunciato all’impresa eroica», il che è sicuramente la più grande sciagura che possa capitare ad un discepolo del Sentiero della Conoscenza, ad un ricercatore dellʼIniziazione ad una più alta, autentica, vita spirituale. Il come, e il perché, di ciò ha a che fare col mistero della libertà umana, la quale non è, e non può essere una ʽrealizzazione fataleʼ, attuantesi in una forma in certo qual modo ʽmeccanicaʼ, ché in tal caso essa sarebbe non solo una miserabile illusione, ma addirittura – perlomeno dal mio punto di vista nel considerar le umane cose – una ingiustificata, tragica, criminale, beffa nei confronti di quellʼincommensurabile oceano di dolore, di quella oscura e straziante vicenda che gli umani, e tutti gli esseri senzienti, patiscono su una Terra, che il mio amato Dante, nella Comoedia, Paradiso, XXII, 151, chiama «L’aiuola che ci fa tanto feroci».
Abbiamo avuto modo più volte di vedere – sulla base di inequivocabili comunicazioni di Rudolf Steiner – come la ragion dʼessere della creazione dellʼuomo da parte degli Dèi, delle angeliche Gerarchie Celesti, sia il portare ad esistenza nellʼuniverso Autocoscienza, Libertà e Amore. Per cui – come afferma Rudolf Steiner nelle Massime Antroposofiche – è lʼUomo la mèta delle Gerarchie, e non viceversa. Ora, la ʽferociaʼ cui allude Dante è, ovviamente, il contrario dellʼAmore, e, come tale, è frutto di coercizione interiore, non certo di libertà. Questa ʽferociaʼ è un ʽfattoʼ che lʼessere umano, dominato da avverse potenze antispirituali, passivamente subisce, non un ʽattoʼ, chʼegli attivamente e liberamente agisce. Lʼascetico e stoico pensatore olandese, Spinoza, nella sua Ethica, chiarisce come nella passione e nellʼistinto lʼessere umano passivamente patisce e non agisce: egli, in uno stato di diminuita coscienza, viene ʽmossoʼ e ʽagitoʼ da cause che trascendono la sua scarsa o nulla consapevolezza, eppure – illudendosi follemente – crede di liberamente muoversi ed agire.
È evidente che nella passione e nellʼistinto – per esempio, nel caso dantesco sopra considerato, la ʽferociaʼ dettata da ʽavversioneʼ, le quali sono entrambi il contrario dellʼAmore, ma il discorso non cambia nei confronti di qualsivoglia altro istinto o passione – lʼessere umano, trovandosi in uno stato interiore di incoscienza – di ʽignoranzaʼ, di ʽavidyâʼ, ossia di ʽnon visioneʼ, di ʽcecitàʼ, direbbe il Buddha Shakyamuni – rispetto alle cause che lo ʽmuovonoʼ e lo ʽagisconoʼ, non è libero a causa un impercepito interiore limite conoscitivo: egli manca di quella Autocoscienza, che sola è fondamento a Libertà e ad Amore.
Massimo Scaligero affermava – e lo abbiamo rilevato più volte – che «si ama perché si vuole amare, e non perché obbligati ad amare, o perché non se ne può fare a meno», ovvero si può amare veramente solo liberamente volendo, e non per una forzatura esteriore della propria volontà o per una costrizione interiore della stessa. Ma si può liberamente volere ed agire, solo se si è coscienti del proprio agire e dei motivi, compenetrati idealmente, che ci spingono allʼagire. «Age quod agis», «agisci, facendo con totale presente coscienza, quel che operando fai!», dicevano stoicamente i sapienti Latini. E il più alto grado di libertà si invera quando siamo noi stessi – liberi da qualsiasi costrizione esteriore o interiore – i coscienti creatori dei motivi ideali, della forma e del contenuto del nostro stesso agire. Il che presuppone il divenir coscienti del momento genetico del pensare, lʼaprirsi coraggiosamente all’incandescente travolgenza del pensiero-folgore, alla potenza trasmutatrice del Pensiero Vivente. E questa è, davvero, una esperienza ascetica tanto «eccellente» quanto «rara»: una esperienza che va al di là persino di tutto quanto può aver intuito e sperimentato lo stesso Spinoza, che va al di là di tutto quanto possa aver intuito, e mai veramente osato sperimentare, dal Settecento all’Ottocento l’idealismo europeo – a parte la solitaria ed incompresa luce di Novalis e del suo idealismo magico – in tutte le sue forme.
Lʼesperienza della travolgenza del pensiero-folgore, esperienza dissolvitrice dei limiti umani, è il ʽcuoreʼ, la ragion dʼessere della Scienza dello Spirito, lʼessenza stessa della ʽVia Solareʼ, della ʽVia del Pensieroʼ, che Rudolf Steiner e Massimo Scaligero ci hanno instancabilmente indicato. Il venir meno della volontà di consacrarsi alla realizzazione di una sì «eccellente» e «rara» esperienza, il giungere a temerla, a non potere più neppure concepirla, intuirla, e intenderla, fa sì che gli individui, che alla realizzazione di essa dovrebbero consacrarsi, come direbbe, e dice, la cara e sagace Fang-pai, «smarriscano, e persino dimentichino lʼintenzione originaria», che «non possano più concepirla né intuirla», e ciò, per mancanza di vera autocoscienza, apre la strada a ʽidee inadeguateʼ, a fantasie, a fisime soggettive, a pericolose illusioni, a patologici visionarismi medianici, scambiati per ʽveggenza spiritualeʼ, a intolleranti fanatismi, che facilmente possono far degenerare la vita della Comunità spirituale in «superstizione».
Certo, percorrere la ʽVia Solareʼ, indicata da Massimo Scaligero, è una difficile, faticosa, aspra impresa. Ma anche la vita di miliardi di esseri umani è un cammino faticoso, difficile, e per moltissimi, per troppi, insopportabilmente doloroso. La ʽVia Solareʼ pone un limite al dolore, talvolta lo attenua grandemente, o addirittura lo rende non necessario. E il percorrere il difficile, lʼaspro, e per questo ʽeroicoʼ, Sentiero dellʼIniziazione ha una azione trasmutatrice non solo sul discepolo spirituale, ma anche – sicuramente – sul mondo.
Questo dà una responsabilità illimitata ha sia chi abbia ricevuto lʼinestimabile dono di incontrare la Scienza dello Spirito, sia alla ʽComunità Solareʼ, che questa Sapienza Celeste deve tràdere e non tradire, ossia la deve trasmettere al ricercatore spirituale, allʼasceta praticante nella sua inalterata integralità, nella sua immacolata purezza.
Per non tralignare, per non tradire, lʼasceta deve instancabilmente superare limiti – e sempre di nuovo, ogni volta, deve superarli – che sono i limiti del meramente umano, dell’umano-troppo umano, in definitiva dell’umano-animale, dominato da avverse potenze antispirituali, che non è e non può essere il vero autentico ʽumanoʼ, perché come scrive Massimo Scaligero ne LʼUomo Interiore, Edizioni Mediterranee, Roma, 1976, p. 94:
«Lʼuomo che tenda alla reintegrazione non può non incontrare gli ostacoli che riguardano la normale condizione umana: lungo il sentiero, non può non trovarsi dinanzi quelle barriere che arrestano la vocazione dellʼuomo comune e lo costringono a rimanere ciò che è. A un dato momento queste barriere mostrano il loro potere di dominare ferreamente ciò che è possibile allʼuomo in quanto semplicemente tale. Lʼarte è allora vedere sino a che punto giunga questo potere: allato allo sperimentare umano, il pensiero libero dai sensi può dare simile conoscenza. Dʼonde la possibilità del libero imaginare, cioè del superamento del limite umano.
Non vʼè legame di cui non possa essere imaginato lo svincolamento, non vʼè strettoia di cui non possa essere imaginata lʼuscita, non v’è male di cui non possa essere imaginata la guarigione: il principio di realtà che è ora nellʼimaginare, apre il varco allʼazione dell’Io uno con lʼIo cosmico. Questo libero imaginare, che nasce dal suo essersi sussunto nell’ambito del suo negarsi in oggettività e in necessità, può compiere per lʼIo il miracolo del trascendimento del limite che la natura ora oppone con la forza di una determinatezza decisa, definitiva, motivo della disperazione e dell’abbandono della lotta. Qui il libero imaginare trova comunque il punto del trascendimento che, indicando che cosa va superato, è misura del passaggio dalla Terra al Cielo, dalla natura alla sopra-natura: così come un valico che si conosce, perché almeno una volta si è passati per esso. E ogni volta la vetta conquistata è perduta, perché nello Spirito non si sta, nello Spirito si è, e, per esserci, sempre occorre di nuovo imaginare il punto in cui è superabile lo stato di fatto, lʼostacolo, lʼerrore, lʼillusione».
Ed oltre, a p. 142, nel VII capitolo, Il cibo di resurrezione, Massimo Scaligero mostra quale debba essere il clima interiore che il discepolo dellʼIniziazione deve respirare – come unʼaria spirituale – per mantener dèsta in sé la necessaria tensione della volontà, lo slancio interiore, il trasmutante ardore spirituale per compiere lʼOpera, per realizzare il Graal.
«La disciplina dell’anima e la meditazione di cui si è parlato, dovrebbero diventare motivo della esistenza quotidiana, presso il normale decorso della vicenda esteriore: dovrebbero essere lʼispirazione di fondo, lʼabitudine vitale, mentre ogni volta il superamento del limite raggiunto dovrebbe essere possibile oltre la prova quotidiana, la difficoltà, lʼostacolo. Non vʼè ostacolo che così non possa essere superato: occorre volere sempre nellʼunica direzione, senza sosta, sempre la medesima idea, il medesimo culmine, la solitaria altezza, con animo teso a spezzarsi, teso sino allʼestrema possibilità, oltre se stessi, così che ogni dolore risorga come un puro sentire, ogni avversione divenga nulla, tutto lʼeffimero si stemperi e svanisca nella metafisica trasparenza di un mondo che è infine realtà: quello in vista del quale il mondo che si ha ora intorno è caotico, impossibile, illogico, senza direzione e senza speranza».
Queste sono le parole di verità che, come un urgente farmaco risanatore, Massimo Scaligero porge al libero ricercatore, per indicare la autentica ʽViaʼ di realizzazione spirituale, affinché egli non si smarrisca nelle fallaci ʽvieʼ della sentimentalità, del misticismo, del visionarismo medianico, scambiato per ʽveggenza spiritualeʼ, oltre che nelle altrettanto medianiche e pericolose ʽvieʼ della magia cerimoniale, del sedicente tantrico ʽYoga della Potenzaʼ, come della – sedicente alchemica – ʽMagia trasmutatoriaʼ, ambedue operanti attraverso una distruttiva trasgressione sessuale.
Ma lʼessere umano – anche lo spiritualista che abbia scelto una qualsivoglia ʽViaʼ ooculta – teme essere lʼIo, che pur astrattamente sa e dice di essere. Massimo Scaligero innumerevoli volte ammonì che: «Non basta che l’Io sia, bisogna essere l’Io». Ovvero, non è sufficiente che l’Io esista: occorre compiere l’atto attivo di esserlo questo Io. E l’essere umano teme, soprattutto, essere un Io libero, l’autore responsabile e attuatore del proprio destino. Egli vorrebbe rimettersi passivamente ad un potere a lui trascendente, che fatalmente, senza sua attiva iniziativa, operando in lui, per lui, e in vece di lui, lo assolvesse dalla scomoda responsabilità di essere libero autore del proprio agire, e a tal fine egli va cercando un comodo ʽsurrogatoʼ alla eroica ʽVia dellʼIoʼ: oppone una più facile, consolante, comoda, passiva, e fatalmente illusoria, ʽvia dellʼanimaʼ alla dura, difficile, esigente, apparentemente – ma solo apparentemente tale – arida, eroica, ma faticosa e scomoda, ʽVia dello Spirito oltre lʼanimaʼ. Come della ʽViaʼ del Buddha Shakyamuni fu detto che «Buddhism has no milk for babies», ossia che la ʽViaʼ indicata dallʼIlluminato non ha illudenti consolazioni, ʽlatte per bambiniʼ, così anche la Scienza dello Spirito, la ʽVia del Pensieroʼ, non ha facili, comodi, consolanti, rassicuranti, ʽsurrogatiʼ per anime pigre, irresolute, pavide e immature.
Massimo Scaligero dissolve con parole chiarissime, nel capitolo IX, Lʼalbero di vita e la luce del Graal, de LʼUomo Interiore, pp. 174-175, questa infingarda, vile, aspirazione da parte dellʼuomo ad una fatale, irresponsabimente gratuita, salvazione compiuta dal Divino. Infatti possiamo leggere:
«Se la liberazione e la resurrezione fossero qualcosa di previsto, di fatale, esterno alla sua decisione, la libertà non avrebbe senso. Ma gli uomini, oggi, presi da una visione meccanica dellʼUniverso, la traspongono anche al piano metafisico e inconsciamente sognano una salvazione che comunque, da qualche direzione, per una sorta di automatismo trascendentale, dovrebbe venire: anche i più provveduti attendono una soluzione che venga da fuori. Se così fosse, la liberazione non avrebbe valore, che, nascendo da una gratuita provvidenza, non avrebbe relazione con lo Spirito. Non vʼè, infatti, salvazione o reintegrazione che non debba iniziarsi con la decisione dellʼuomo, perché solo a tale decisione può rispondere la Grazia. Occorre allʼattuale situazione del mondo lʼintervento di esseri liberi, che, conoscendo il valore della sfera sensibile, sappiano suscitare in sé una volontà capace di giungere ai confini di tale sfera: là dʼonde unicamente può giungere la forza rettificatrice. A ciò la tecnica del «pensiero libero dai sensi» è la via».
Ancora una volta, avendo abusato più del solito della benevola pazienza del volenteroso lettore, mi fermo qui, rimandando alla terza parte di questo studio le ulteriori considerazioni. Sed omnia vincit Veritas!