Portami,
come quando al mattino
sollevando le palpebre
scosto la coltre
dal corpo del mondo
e di Luce in crescendo
lo inondo…
Come brezza
essa in mio inspiro rientra
– dai miei occhi,
finestre che s’aprono –
a dissipare l’aria stantia,
i pensieri arenati
che come calcare crean colonne:
stalattiti, stalagmiti da solvere
nella mia grotta notturna…
Come foglia ferma sul bordo
il Tuo vento diventi mio espiro
d’un tratto m’afferri,
in vortice dolce m’innalzi
e mi porti!
Sí! Mi porti nel mondo
a dir nomi di cose,
passando su fiori
come pietre di guado,
come ape su cuori di sole:
fecondare l’albero
a primavera,
divenire farfalla,
e imperitura
ardere in palpitare
come la fiamma.
( S. S )
Veramente la poesia è un alito divino che dal celeste Mondo delle Cause discende nella oscura voragine di questo mondo fattuale ad addolcir lo strazio di quella che il mio amato Dante chiama “l’aiuola che ci fa tanto feroci” (Par. XXII, 151).
In questo mondo, che gli umani rendono sempre più un immondo mondo, rozzo, volgare e prosaico, il poetare della nostra Savitri dona un’aria vitale spirituale che fa novellamente respirare le anime asfittiche che nell’ipnosi del menzognero apparire materiale hanno obliato la Patria Celeste.
Sovente l’aspro combattere spirituale provoca nelle anime dei guerrieri della Schiera di Michele contratture interiori, dolorose e non brevi fasi di oscurità, prolungate apnee spirituali, che possono rendere asfittico il sentire celeste del cuore. Allora la poesia – soprattutto la poesia di una praticante interiore, come la nostra Savitri – può agire come impulso a ritrovare lo slancio dell’altezza, l’afflato interiore, che scaturisce non dalle emozioni, ma da quella angelica intelligenza del cuore, che sempre il Divin Poeta canta e loda in “Donne ch’avete intelletto d’Amore” (Vita nova, XIX, Rime XIV).
La poesia della nostra Savitri risveglia dallo stordimento della prosaicità quotidiana, illimpidisce l’ottusa opacità dell’anima immemore, sospinge la volontà vera, quella più sottile ma anche più potente, all’azione spirituale.
Una tale poesia non ha una segreta e magica virtù terapeutica?
Hugo de’ Paganis,
che immagini poetiche contemplando
una mistica fiamma va alimentando.
Grazie caro Hugo……. sono contenta che la mia poesia abbia tirato fuori dalla tua “animaccia brutta” il segreto della sua delicatezza!