SCIENZA DELLO SPIRITO E FALSO ESOTERISMO. La Via Solare e le false vie lunari.

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Alcuni amici, e amiche, che seguono Ecoantroposophia, dopo avermi simpaticamente preso in giro a proposito degli effetti letterari provocati dalle mie insonni ore notturne, «pervase di dolcissima melanconia», mi hanno chiesto ulteriori notizie su quanto da me scritto nell’articolo Verità e illusione nella pratica interiore, e in particolare circa il ruolo per niente limpido esercitato dal Dr. Gérard Encausse, in arte Papus, e dal suo «Martinismo», in campo spirituale e non solo.

Premetto che, quando scrivo su un argomento, lo faccio solo dopo aver compiute le più severe verifiche su quanto vado affermando storicamente, e che non mi permetto mai di affermare cose per le quali io non possegga i documenti probanti. Nel caso di colloqui da me avuti con personalità varie per le quali porto testimonianza diretta, come di esperienza da me realmente vissuta, me ne rendo moralmente garante, e devo far presente che mi baso esclusivamente sui fatti,  non su congetture o affabulazioni, che tanto sono di moda in ambienti sedicenti «occultisti» o «esoterici». Inoltre è mia abitudine andare direttamente alle fonti, lette ed esaminate in lingua originale, e di considerare solo in un secondo tempo quanto riferito in testi diversi, i quali a loro volta ne citano altri, o riferito in traduzioni italiane che sovente si rivelano scientificamente imprecise o poco affidabili.

Nel caso di Papus e del suo preteso «Martinismo», possiedo una vasta documentazione di testi originali – in francese, in inglese, in tedesco, in spagnolo e in italiano – e di qualche migliaio di lettere, circolari più o meno riservate, testimonianze scritte. Nel su citato articolo, riportavo semplicemente affermazioni molto esplicite di Rudolf Steiner (del quale possiedo l’intera Opera Omnia), da me tradotte direttamente dal testo tedesco non edito in italiano, e di Massimo Scaligero, tratte da Lotta di Classe e Karma, opera tutt’altro che secondaria o minore, e per nulla legata a lontane e superate contingenze temporali, come qualche incauto potrebbe affermare.

Ma se dovessi citare tutta la documentazione, che mostra quanto sia spiritualmente e moralmente equivoca la figura di Papus, quanto acciarpata, improvvisata e approssimativa sia la sua «sapienza», narrare molti episodi sin troppo eloquenti della sua sciagurata vita, oltre che tediare il candido lettore e ad abusare della sua pazienza e benevolenza, non la finirei più. Col materiale documentario che ho, potrebbero essere scritti svariati volumi, dei quali attualmente non vedo la necessità, né tampoco ho voglia di assumermene la fatica. Del resto, ritengo che la verità sia di chi la cerca, di chi lotta per essa, di chi la conquista, di chi la venera, e di chi la ama. Non dei pigri, non dei pavidi, non dei falsi, non dei bugiardi, non degli opportunisti, non degli avventurieri e dei profittatori.

Tuttavia, due elementi devono essere messi in evidenza nella vita e nell’opera di Papus, elementi che hanno emblematicamente un valore generale. Questi elementi – al di là delle edulcorate e sciroppose dichiarazioni retoriche di altruismo, di fratellanza universale, di compassione e carità, di cristianesimo e cattolicesimo più o meno rivisto e corretto a seconda della bisogna, dichiarazioni che a me dànno visceralmente fastidio – riguardano lo scivolamento nella necromanzia e nella vera e propria magia nera da una parte, e dall’altra la collusione tra esoterismo e politica. La ricerca della potenza – ricerca che porta sempre all’inflazione dell’ego e allo scivolamento nella magia nera – e la collusione tra esoterismo e politica – ma dovrei dire: l’uso di forze magiche a finalità politiche – sono due gravi deviazioni che hanno portato a smarrire il sentiero spirituale a molti esoteristi: anche a certuni che passano per «maestri», ed hanno prodotto i peggiori disastri sia in campo spirituale che in campo sociale.  

Rudolf Steiner nella conferenza, non tradotta in italiano, tenuta a Berlino il 4 aprile 1916, e contenuta nel ciclo Gegenwärtiges und Vergangenes im Menschengeiste (Presente e passato nello spirito dell’uomo), pubblicato nella GA-167, parla esplicitamente alle pp. 90-91 sia dell’abuso magico che della collusione politica presenti nell’opera di Papus, e a p. 94 del suo preteso «Martinismo», e stigmatizza le fumisterie e le imposture del medesimo, operate dai «Papusianer», ossia dai seguaci fanatici di Papus. Steiner afferma che si dovrebbe difendere il nome del «Filosofo Sconosciuto» Louis-Claude de Saint-Martin e il suo tentativo al servizio della verità nel XVIII secolo.

Il tentativo di «accaparramento del suo nome» – Inanspruchnahme seines Namens, nel testo tedesco della citata conferenza – non desta veruna meraviglia, in quanto assistiamo da vari anni al tentativo di indebito accaparramento dei nomi di Rudolf Steiner e di Massimo Scaligero da parte di evoliani, kremmerziani, martinisti, gesuiti e cattolici tout court, nel quadro di quella manipolazione delle coscienze individuali e dei movimenti spirituali, che l’ultracattolico integralista brasiliano Plinio Correo de Oliveira, ispiratore e stratega assieme a P. Florindo Giantulli S.J. dell’Alleanza Cattolica, chiama «trasbordo ideologico inavvertito». Il tutto ad majorem gloriam Societatis Jesu et Romanae Ecclesiae, naturalmente. 

In effetti, se vi era qualcosa di contrario al pensiero e alle intenzioni dichiarate di Louis-Claude de Saint-Martin, è proprio la creazione di un «Ordine Martinista». Egli ricevette in una sola volta i tre gradi cohen del «Portico» da Baudry de Balzac tra il 1766 e il 1768 entrando così a far parte dell’Ordre des Chevaliers Maçons Elus Coëns de l’Univers, ed incontrò personalmente Martinès de Pasqually, suo Maestro, nel 1768. Nel febbraio del 1771 lasciò l’esercito e divienne segretario di Martinès de Pasqually a Bordeaux. Date le sue elevate predisposizioni spirituali, Saint-Martin percorrerà rapidamente i vari gradi dell’Ordine degli Eletti Cohen, venendo consacrato Réau-Croix, il più elevato grado dell’Ordine teurgico di Martinès, attorno al 17 aprile del 1772, poco prima che questi, nel mese di maggio di quell’anno partisse per Santo Domingo dove morì. In seguito, nel 1785, entrò a far parte del Rito Scozzese Rettificato, riforma in senso cohen della Stretta Osservanza Templare operata da Jean-Baptiste Willermoz, ma se ne allontanò ben presto, perché contrario alle pratiche medianico-sonnamboliche che questi, creando la Società degli Iniziati, aveva introdotto dietro suggestione dell’Agent Inconnu, ossia della canonichessa Marie-Louise de Monspey. Nel 1790, chiese per lettera che il suo nome venisse cancellato dai registri di tutti gli ordini massonici ai quali aveva appartenuto. Negli ultimi anni, dal 1786 sino al 1791, figurò solo di nome nei piedilista delle varie logge massoniche.

Saint-Martin non fondò mai nessun  Regime, nessun Rito, nessun Ordine massonico, e neppure nessun Ordine o Società di altro tipo. Egli fu un «mistico» nel senso migliore del termine: un mistico alla Meister Eckhart, alla Jakob Boehme, alla William Law, alla Jean Leade, ed un «teosofo» nel senso antico, ossia non blavatskiano del termine. Ad un certo punto, Saint-Martin si distaccò dalle vie attive della magia teurgica dell’Ordine degli Eletti Cohen, per orientarsi sempre di più verso una «via interiore» fatta di meditazione e preghiera. E come abbiamo visto, egli arrivò a diffidare della stessa Massoneria e dei suoi metodi, malgrado una sua breve appartenenza al Rito Scozzese Rettificato di Willermoz. E soprattutto non fondò mai alcun Ordine «Martinista». Il suo insegnamento fu esclusivamente scritto, attraverso i suoi libri, ed orale, per una ristretta cerchia di amici, ai quali trasmetteva direttamente – ed affermava che solo così la si poteva trasmettere – la sua conoscenza spirituale.

L’Ordine Martinista fu una personale «invenzione» di Papus, il Dr. Gérard Encausse, il quale non  era un Iniziato, non era un Maestro (neppure di se stesso…), non era un Mistico nel senso antico e saintmartiniano, e non era neppure un Mago sapiente: era semmai un «magazzo» da strapazzo, pittoresco, grottesco e un po’ burlesque. Il suo sapere nasceva da letture autodidatte: vaste e disordinate, le definirebbe il mio ottimo e sapiente amico C. Era un divulgatore e un volgarizzatore disordinato e non rigoroso, un pasticcione che finiva quasi sempre per involgarire quanto divulgava. E soprattutto, era un grande trappolone, un grande intrallazzatore esoterico e financo politico.

Per illustrare i due elementi pericolosi – necromanzia e magia nera da una parte, e collusione tra esoterismo o magia con la politica, dall’altra – voglio trascrivere, traducendolo dal francese, quanto scrive Dèodat Roché il quale, prima di incontrare l’Antroposofia e diventare discepolo personale di Rudolf Steiner, aveva appartenuto all’Ordine Martinista papusiano e alla Chiesa Gnostica, ambienti nei quali conobbe bene Superiori Incogniti martinisti come Sédir, Sisera, Rosabis, e altri, sicuramente persone più degne, sapienti e portatrici di una spiritualità più pura di quella del Dr. Gérard Encausse, alias Papus. Alle pp. 263-264 della sua opera L’Eglise Romaine et les Cathares Albigeois, Narbonne-Aude, 1957, Déodat Roché scrive:

«Del resto che cosa si manifesta in una seduta di necromanzia? Eliphas Levi aveva mostrato soprattutto che si poteva evocare una immagine astrale, ma Papus aveva fatto notare (Traité Méthodique de Science Occulte, p. 344), che «gli spiritisti sono stati scandalizzatissimi apprendendo che i principi superiori dell’uomo non hanno nulla a che vedere con le comunicazioni tra i vivi e i morti». Egli sottolineava esattamente: «Un’altra obbiezione è la seguente: Gli occultisti osano pretendere che l’essere umano si scinde in più entità dopo la morte e ciò che viene a comunicare non è l’essere intero, ma un frammento dell’essere – un guscio astrale!». È così che gli spiritisti credono sempre alla manifestazione degli “spiriti”, mentre questi spiriti sono ben al di là di tutte le manifestazioni spiritiche».

E nella nota 9, in calce a p.264, relativa a questa citazione, Déodat Roché aggiunge:

«Nella nostra opera sulla Survivance et l’immortalité de l’âme, abbiamo indicato con esattezza che cosa sia il fantasma, che può persistere per qualche tempo dopo la morte e che gli spiritisti prendono come manifestante sempre uno «Spirito», ossia un’anima».

A p. 275, Déodat Roché così scrive: «Tuttavia, l’opera del Dottor Encausse (Papus) era dapprima teorica. Egli dava una definizione abbastanza vaga della magia come «applicazione della volontà umana dinamizzata all’evoluzione rapida delle forze viventi della natura».

E aggiunge nella nota 2, sempre a p. 275:

«Tuttavia, io ero stato già urtato dall’importanza che Papus attribuiva ad Eliphas Levi (l’Abbé Constant) nel suo Trattato Elementare di Scienza Occulta, e ancor più perché egli dichiarava nella sua opera sulla magia che il suo lavoro «non aveva altro scopo che di servire da introduzione al rituale di magia di Eliphas Levi». Ora, senza accostare la questione della magia nera, cioè malefica, dobbiamo sottolineare che Eliphas Levi agì come necromante nella sua evocazione di Apollonio di Tiana e non ebbe una chiara visione. In effetti, egli dichiarò di aver visto il suo fantasma, ma di essere svenuto e senza percepire neppure quel che un sogno preciso gli avrebbe dato (vedi Dogme et Rituel de la Haute Magie, t.I, pp. 270 e segg., Garnier éditeur, 1861)».

A queste limpide considerazioni di Déodat Roché, vogliamo accostare, per l’evidente affinità che hanno, le parole di Rudolf Steiner, tratte dalla conferenza di Torquay del 18 agosto 1924, pubblicata in Das Initiaten-Bewußtsein, Die wahren und die falschen Wege der geistigen Forschung, GA-243 (abbiamo preferito ritradurre il testo, perché la traduzione, pubblicata in seconda edizione dall’editore romano Tilopa, risulta alquanto imperfetta e l’editore, inoltre, ha operato discutibili tagli chirurgici sul testo con dubbie finalità) da noi già citate nel precedente articolo:

«Potete trovare indicazioni molto problematiche e pericolosissime in questo senso negli scritti di Eliphas Levi, e anche in quelli di Encausse, che ha scritto sotto il nome di Papus. Trovate in essi indicazioni problematiche e assolutamente pericolose per realizzare quelle cose. Ma dobbiamo parlare qui dell’aspetto obbiettivo delle cose, dell’essenza delle cose, ed è per questo motivo che dobbiamo accostarle. Tutte queste cose conducono alla magia assolutamente nera, nella quale si lavora con lo spirituale celato nel terrestre».

Déodat Roché si era già espresso circa le pratiche irregolari di Papus nel libro Survivance et Immortalité de l’Ame, apparso nel 1955, ove nel capitoletto L’hermétisme et la science spirituelle moderne mette a confronto i metodi decadenti e spiritualmente irregolari dell’occultisme papusiano con la Scienza dello Spirito di Rudolf Steiner. E in particolare alle pp. 222-223 dice:

«Nondimeno il Dr Encausse ritrovava, a lato delle dottrine antiche, la loro espressione pratica nella magia, basata su «influenza delle parole magiche conosciute dagli egiziani» ed è per questo ch’egli ha scritto un Trattato elementare di magia pratica. Ci si poteva così mettere in rapporto con le entità della natura, chiamate elementali, proprio perché la magia veniva definita come «L’applicazione della volontà umana all’evoluzione rapida delle forze della natura». Ora, era proprio della evocazione di quelle entità che si trattava a tutta prima. Ma quelle salamandre, quelle silfidi, quelle ninfe e quegli gnomi leggendari che così appaiono, non potevano essere semplici allucinazioni o addirittura entità psichiche create dal suono delle parole emesse? Le formule di scongiuro degli «spiriti degli elementi», che esprimono la volontà di vedere possono benissimo produrre quegli effetti.

È certo che, per vedere realmente quegli esseri, occorre che ciò sia con gli occhi dell’anima e nel loro proprio regno. Del resto, essi non si lasciano penetrare se non da coloro che li amano, giacché soltanto l’amore dà la chiaroveggenza. […]

L’evocazione magica di un essere umano non è altro che una malia fascinatrice, envoûtement, che esercita una costrizione immorale sul corpo eterico di un’altra persona, e dispiace che Papus abbia dato esempi di questa stregoneria, con «talismani d’amore», o altre ricette o filtri raccolti nei grimoires del Medio Evo. Quanto all’evocazione dei morti, è una necromanzia poco attraente e pericolosa. Perché, dunque, Papus ha evocato alla corte di Russia «il fantasma del piissimo Alessando III», quando sapeva attraverso Fabre d’Olivet, citato nel suo Traité méthodique de Science Occulte (p. 935) che l’adepto può governare ed adoprare gli spiriti degli elementi, ma «non può esercitare la sua azione sullo Spirito immortale di nessun essere umano vivente o morto, poiché quegli spiriti sono tutti a ugual titolo scintille dell’essenza divina, e non sono soggetti ad alcuna dominazione estranea»? Il fantasma dello tzar non poteva reagire altro che secondo le sue anteriori abitudini di autocrazia. Fu indubbiamente Eliphas Levi (l’abbé Constant) che dette a Papus l’esempio di tale pratica nefasta, attraverso l’evocazione del fantasma di Apollonio di Tiana, ma Maître Philippe non faceva uso di quei procedimenti magici, che dinamizzano una volontà umana sempre più o meno egoista, egli si rimetteva all’amore del Christo, cioè alla volontà di Dio».

Gli eventi cui allude Déodat Roché che, ripetiamo, ben conobbe gli ambienti martinisti e l’opera di Papus, vengono decritti da Phlippe Encausse, figlio dello stesso Papus, e, se ben meditati, giustificano pienamente il duro giudizio di Rudolf Steiner sulla sua personalità e la sua opera. Infatti, così scrive Philippe Encausse alle pp. 14-16 della sua opera Le Maître Philippe de Lyon, Ėditions Traditionnelles, Paris, 1977:

«A proposito dell’incontro provvidenziale  tra Papus e M. Philippe, conviene precisare ch’esso fu dovuto in modo speciale a due persone che avevano attratto la sua attenzione sul Maestro. Vi fu dapprima il massaggiatore-magnetizzatore André Robert (che morì il 28 giugno 1895), tecnico di grande valore che Papus stimava particolarmente e col quale aveva solidi legami di amicizia. Vi fu poi una giovane vedova (nata Ignard d’Argence e nipote della Contessa de Waldner de Freundstein) la quale, con sua madre, aveva soggiornato all’Arbresle e ivi aveva fatto conoscenza con la famiglia Philippe. Mathilde Inard d’Argence, vedova Theuriet (1891) doveva in seguito (il 23 febbraio 1895), divenire la prima compagna di Gérard Encausse, così come del resto era stato formalmente predetto da Maître Philippe. Barlet (il suo vero nome era Albert Fauchet, 1838-1921), uno dei più eruditi e più noti occultisti della grande époque, fu uno dei testimoni di Papus.

Ammiratrice del Maestro, avendo assistito a certi fatti, che sapevano del miracoloso, Mathilde Theuriet non finiva più di fare elogi – e la si può comprendere – su Maître Philippe e spingeva Papus, ancora celibe, ad andare a vederlo… Ma, qui, lascio la parola a Louis Marchand (1881-1965), uno dei fedeli e devoti compagni di Papus (al quale fu presentato nel 1897) e che mi ha dato conoscenza del curioso seguente aneddoto, conosciuto soltanto da una minoranza di discepoli di Papus, e che gli venne riferito tale e quale da Paul Sédir stesso:

«Gérard Encausse mostrò dapprima diffidenza nei confronti di M. Philippe, questo sconosciuto misterioso del quale la sua fidanzata gli parlava continuamente! Saturo di Eliphas Levi, tutto pieno delle concezioni magiche, dei riti, delle società iniziatiche, egli oscuri intrighi gesuitici, o estremo-orientali, fierissimo di tenere in scacco l’adolescente Società Teosofica, aveva una certa paura di diventare il subordinato di qualcuno. Gérard Encausse aveva installato, nella sua mansarda della rue Strasbourg (presso la Gare de l’Est), un gabinetto magico polveroso e bric-à-brac, scrive Sédir. Un riflettore d’occasione gli serviva da specchio magico e una vecchia «cullier à pot» (era il nome che si dava alla sciabola d’abbordaggio d’altri tempi) era la sua spada magica. Egli adoperava la magia degli Zingari [Bohémiens, nel testo francese]. Egli si credeva, dunque, vittima di suggestioni telepatiche da parte del Maestro della sua fidanzata; questa opinione, aggiunge Sédir, prova quanto egli si ingannasse sul conto di questo Amico di Dio…

Provvisto d’una volontà forte, e con doti di magnetizzatore, Encausse aveva già ottenuto in magia alcuni fenomeni notevoli.

Egli si propose, quindi, di cacciare lo sconosciuto e di sottometterlo. Traccia il suo cerchio, brucia il profumo, prende uno di quei supporti in legno bianco che si usano per sostenere delle tavole, lo battezza alla zingara coi nomi e cognome della persona in questione, canta lo scongiuro,  e afferra la sua sciabola per, spezzando il pezzo di legno, vincere il suo sedicente stregone incantatore [envoûteur, nel testo francese]. Encausse era a quell’epoca in tutta la sua forza, un vero atleta… Alza il braccio, e la sua sciabola gli viene strappata dal pugno, mentre crolla piangendo. Era in quello stato – aggiunge Sédir, che mi raccontò ciò – quando arrivai una mezzora più tardi, come mia abitudine. Da allora, e fino al 1897, egli rimase silenzioso su M. Philippe».

Quella che è stata descritta è una vera e propria operazione di malefica bassa magia o di magia nera, condotta secondo le modalità oscure di una guasta magia da zingari. Non è certo teurgia, o magia divina, ma neppure quella che un sapiente Marsilio Ficino avrebbe chiamata magia naturale. E neppure quella che Massimo Scaligero chiama Magia Sacra, alla quale egli ha dedicato pure un suo libro. Di spirituale in tutto ciò non vi è proprio niente. Si può anzi dire che uno dei meriti che devono essere riconosciuti a Maître Philippe, che non fu mai martinista e non aveva in punta simpatia le società segrete, tanto care a Papus, fu proprio quello di averlo allontanato – almeno finché fu vivo – dalle forme devianti della magia cerimoniale.

Ed ora veniamo alla famosa operazione di necromanzia, operata da Papus alla corte della Tzar Nicola II, operazione compiuta in perfetta malafede da Papus, il quale sapeva benissimo che non veniva affatto evocata l’individualità spirituale di Alessandro III, cosa a lui impossibile, bensì il «guscio», o cadavere astrale del quale il padre di Nicola II si era liberato nel post-mortem. Papus stesso nel suo Traité Méthodique de Science Occulte afferma chiaramente che nelle evocazioni spiritiche e nelle sedute medianiche, nonché nelle performances rituali della magia cerimoniale, non intervengono affatto i «morti», bensì i prodotti della decomposizione animica e astrale, che il defunto lascia dietro di sé, e che nulla – proprio nulla – hanno a che vedere con la sua individualità spirituale. Gli antichi Egizi, Etruschi, Greci e Romani avevano pratiche spirituali proprio per allontanare e dissolvere questi prodotti della degenerescenza astrale, che se evocati e immessi nella realtà umana e sociale, operano come un  vero e proprio cancro, come una lue infettante, della quale è poi difficile liberarsi, come afferma pure esplicitamente Gustav Meyrink. Ma, malgrado ciò, Papus indulgeva alquanto – come molti martinisti – nelle pratiche spiritiche e frequentava spesso le sedute medianiche.

Ecco cosa scrive, sulla famosa evocazione necromantica, lo stesso Philippe Encausse in Sciences Occultes, ou 25 années d’occultisme occidental. Papus, sa vie son oeuvre, OCIA, Paris, 1949, ossia nella biografia da lui dedicata a suo padre, pp. 284-287:

«Il rimpianto Maurice Paléologue, dell’Accademia di Francia, che ha pubblicato i suoi ricordi di Ambasciatore di Francia nel paese degli Tzar, ha riferito una scena impressionante che si svolse di fronte a Nicola II e alla tzarina. Di essa Papus fu l’evocatore:

«La pratica delle scienze occulte è sempre stata in grande favore tra i Russi; dall’epoca di  Swedenborg della baronessa de Krüdener, tutti gli spiritisti e tutti gli illuminati, tutti i magnetizzatori e tutti gl’indovini, tutti i pontefici dell’esoterismo e della taumaturgia hanno trovato, sulle rive della Newa, un’accoglienza simpatica.

Nell’anno 1901, il rinnovatore dell’ermetismo francese, il mago Papus, che di suo vero nome si chiamava Dr. Encausse, era venuto a S. Pietroburgo, ove si era creato presto una clientela fervente. Lo si era rivisto a più riprese, negli anni seguenti, durante il soggiorno del suo grande amico, il terapeuta Philippe di Lione; l’Imperatore e l’Imperatrice lo onoravano di tutta la loro fiducia; l’ultima visita datava del febbraio 1906.

Ora, i giornali che di recente ci sono arrivati dalla Francia attraverso i paesi scandinavi, annunciano che Papus è morto il 25 ottobre.

Confesso che la notizia non ha preso la mia attenzione neppure per un istante; ma essa ha costernato, mi dicono, le persone che un tempo hanno conosciuto il «Maestro spirituale», come i suoi discepoli entusiasti lo chiamano tra di loro.

Mme R…, che è al tempo stesso una adepta dello spiritismo ed una devota di Rasputin, mi spiega questa costernazione con una strana profezia, che vale la pena di essere riferita: la morte di Papus non presagiva niente meno che la rovina prossima dello tzarismo. Ed ecco come.

All’inizio di ottobre del 1905, Papus fu fatto venire a S. Pietroburgo da alcuni dei suoi fedeli, di alto rango, i quali avevano gran bisogno delle sue luci nella terribile crisi che la Russia attraversava allora. I disastri di Manciuria avevano provocato, in tutti i punti dell’Impero, scompigli rivoluzionari, scioperi sanguinosi, scene di saccheggi, di massacri e d’incendi. L’Imperatore viveva in una crudele ansietà, non potendo risolversi a scegliere tra le opinioni contraddittorie e passionali, delle quali la sua famiglia, i suoi ministri, i suoi dignitari, i suoi generali, tutta la sua corte lo tormentavano quotinianamente senza tregua. Gli uni gli dimostravano ch’egli non aveva il diritto di rinunciare all’autocratismo ancestrale e lo esortavano a non esser debole di fronte ai rigori necessari di un’implacabile reazione; gli altri lo scongiuravano di tener conto delle esigenze dei tempi moderni e d’inaugurare lealmente il regime costituzionale.

Il giorno stesso in cui Papus sbarcava a S. Pietroburgo, una sommossa spandeva il terrore a Mosca, mentre che un misterioso sindacato proclamava lo sciopero generale delle ferrovie.

Il mago venne immediatamente convocato a Tzarskoie Selo. Dopo una rapida conversazione con l’Imperatore e l’Imperatrice, egli organizzò per l’indomani un rituale d’incantamento e di necromanzia. Al di fuori dei sovrani, una sola persona assisteva a quella liturgia segreta, un giovane aiutante di campo di Sua Maestà, il capitano Mandhyka, che è oggi generale-maggiore e governatore di Tiflis. Attraverso una condensazione intensa della volontà, attraverso una esaltazione prodigiosa del suo dinamismo fluidico, il «Maestro spirituale» riuscì ad evocare il fantasma del piissimo Tzar Alessandro III; alcuni segni indubitabili attestarono la presenza dello spettro invisibile.

Malgrado l’angoscia che gli stringeva il cuore, Nicola II domandò espressamente a suo padre se dovesse o no reagire contro la corrente del liberalismo che minacciava di trascinare la Russia. Il fantasma rispose:

Tu devi, costi quel che costi, schiacciare la Rivoluzione che comincia; ma essa rinascerà un giorno, e sarà tanto più violenta quanto la repressione di oggi avrà dovuto essere più rigorosa. Non importa! Coraggio, figlio mio! Non cessare di lottare!

Mentre che i sovrani meditavano con stupore questa opprimente predizione, Papus affermò che il suo potere magico gli permetteva di scongiurare la catastrofe predetta, ma l’efficienza del suo scongiuro sarebbe cessato non appena lui stesso non sarebbe stato più «sul piano fisico». Poi, solennemente, eseguì i riti di scongiuro.

Ora dall’ultimo 25 ottobre, il mago Papus non è più «sul piano fisico»; l’efficacia del suo scongiuro è abolita. Dunque, la Rivoluzione è vicina…»

Alcuni martinisti  vorrebbero mettere in dubbio la storicità di una tale evocazione necromantica, ma vengono smentiti dallo stesso Philippe Encausse, il quale sapeva bene quel che si diceva, là dove, a p. 290 dello stesso libro, così scrive:

«Papus conosceva sufficientemente l’uso delle forze astrali (vedere a tale proposito il suo Traité méthodique de Magie pratique, riedito nel 1949 da H. Dangles) per ottenere una manifestazione di quest’ordine. Io sono persuaso che la seduta, della quale riferisce M. Paléologue, ha avuto ben luogo e che lo Tzar abbia veramente comunicato con il suo defunto padre. Io ho avuto personalmente già occasione di assistere a diverse evocazioni serie e posso garantire che esse non ebbero nulla di risibile né di astratto. Il contatto con i morti è rarissimo ma ESISTE, questo è per lo meno il mio sentimento, ognuno essendo libero di avere la propria opinione personale a questo riguardo».       

Il candore di Philippe Encausse, a proposito della «realtà» di tali evocazioni, è addirittura disarmante per la sua ingenuità. Conosco bene le opere di Papus, avendole studiate negli originali francesi, e il «metodo» fondamentale del suo magismo – al di là delle dichiarazioni sentimentali più edulcorate – è in sostanza una via dell’allenamento e del potenziamento di quello che Massimo Scaligero chiama «corpo lunare», ossia delle forze più basse del corpo astrale caduto, e del «doppio ahrimanico». Quando si parla di «una condensazione intensa della volontà, attraverso una esaltazione prodigiosa del suo dinamismo fluidico», si tratta appunto di una galvanizzazione potente del doppio ahrimanico: in definitiva, un rafforzamento del nemico nell’uomo, un potenziamento ed una più decisa strutturazione del dominio dell’Ostile nell’uomo. Ossia, il disastro peggiore che possa verificarsi in un cammino spirituale. La medianità non è unicamente quella dello spiritista che fa ballare il tavolino a tre gambe – pratica alla quale indulgeva assai spesso e volentieri anche il Dr. Gérard Encausse, il mago Papus – ma anche quella di colui che si dà a pratiche magico-rituali proprie di una magia cerimoniale, la quale non è affatto una Teurgia o una Magia Divina.

Massimo Scaligero mi parlò più volte – ma ne parlò anche in alcune riunioni – del fatto che esistono Ordini ed Organizzazioni le quali, pur usando talvolta una terminologia cristiana e umanitaria, sono in realtà organizzazioni dedite a coltivare un’ascesi del doppio ahrimanico e del corpo lunare. I metodi impiegati sono spesso anche, ma non solo, magico-cerimoniali. Me ne fece esplicitamente anche i nomi. Attraverso rituali, che comprendono l’uso di profumi, carmi, incantazioni, parole di potenza, l’adepto di tali vie nutre, rafforza, e specializza l’ente ahrimanico in lui. Colui che si dà incautamente a tali pratiche deviate diventa sempre più succube di entità, che animano un mondo di percezioni illusorie, e «donano» altrettanti illusori «poteri», che solleticano la vanità e l’inflazione dell’ego di colui che si apre spregiudicatamente al loro dominio. Costui viene sempre più asservito, pur illudendosi di essere potente e fruitore dell’illimitato soddisfacimento delle proprie brame. È un medium di più alto rango rispetto al volgare spiritista, ma nella sostanza anche lui è un medium, e per di più in una situazione ben più pericolosa, ma è incapace di rendersene minimamente conto.

Papus intrattenne rapporti stretti con le due figlie del Re Nikita del Montenegro, la Granduchessa Militza, sposa del Granduca Pietro Nicolaievich, e la Principessa Anastasia Romanovski, Duchessa di Leuchtenberg, sposa del Granduca Nicolas Nicolaievich. Philippe Encausse riporta un testo manoscritto di suo padre Gérard, riproducendolo nel suo libro Le Maître Philippe de Lyon, ove a p. 105 troviamo scritto:

«Ho cercato di far vedere che, vicino allo Tzar nel piccolo mondo che lo circonda, e che forma un contrasto completo con i Granduchi i cui atti vergognosi e crudeli hanno indignato l’Europa, si trovano alcune dolci e simpatiche figure di giovani principesse di sangue, ancora sconosciute al pubblico, giacché la loro vita è discreta e silenziosa. Ho segnalato tra le altre la Granduchessa Maria o «Militza», e il suo marito, il Granduca Pietro. Tutti e due sono dei «mistici» sinceri come la maggior parte degli Slavi».

Potremmo dilungarci alquanto sulle vicende del «Martinismo» papusiano in Russia, e mostrare con un fiume di citazioni documentate l’uso schiettamente politico che il nostro mago francese ne fece per portare la Russia nell’orbita politica francese, cosa che ebbe enormi conseguenze una volta scoppiata la Prima Guerra Mondiale. Tuttavia, avendo già allungato molto la stesura di questo articolo, e non volendo abusare della pazienza del benevolo lettore, sono costretto a rimandare ulteriori approfondimenti dell’argomento. Ma non rinunciamo a riportare quanto dice Rudolf Steiner a proposito delle due sorelle, figlie del Re Nikita del Montenegro, e sul mefitico ruolo delle nostre due «dolci» e «mistiche» aristocratiche sorelle.

Possiamo leggere nella conferenza di Rudolf Steiner, tenuta a Dornach il 2 febbraio 1921, che è possibile leggere nel volume Die Verantwortung des Menschen für die Weltentwickelung durch seinen geistigen Zusammenhang mit dem Erdplaneten und der Sternenwelt, GA 203, a p. 189, quel che l’ambasciatore francese alla corte di Russia Maurice Paléologue, affetto da una vera e propria forma di garrulità senile, riferisce nelle sue Memorie. Ossia, che in una grandiosa festa, tenuta il 22 luglio 1914 in onore del presidente francese Poincaré, «le due demoniache figlie del Re Nikita del Montenegro, Anastasia e Militza [die beiden dämonischen Menschen, Anastasia und Militza, die Töchter des Königs Nikita von Montenegro, nel testo tedesco]», affermarono:

«Sapete, stiamo vivendo giornate storiche, addirittura sacre [historische, ja heilige Tage durchleben, nel testo tedesco]? …Domani, durante la rassegna delle truppe, le fanfare militari suoneranno unicamente la «Marche Lorraine» e la «Sambre et Meuse». Oggi ho ricevuto, nella forma convenuta, un telegramma da mio padre. Egli mi annuncia, che prima della fine di questo mese scoppierà la guerra… Ah, quanto è eroe mio padre»…«Dell’Austria non rimarrà più niente… Voi vi riprenderete Alsazia e Lorena… I nostri eserciti si incontreranno a Berlino». E definisce le due sorelle «quelle due sciagurate donne [zwei solchen Unheilsfrauen, wie die Anastasia und die Militza, e afferma che «allora queste donne demoniache furono assolutamente profetesse [dann waren diese dämonischen Weiber durchaus Prophetinnen]».

In un’altra conferenza, tenuta a Stoccarda il 21 marzo 1921, e pubblicata nel volume Die geistigen Hintergründe des Ersten Weltkrieges. Kosmische und menschliche Geschichte. GA- 174b, Rudolf Steiner pronunciò le seguenti parole:

«Se si volesse poi studiare a fondo il problema degli istigatori della guerra, sarebbe difficile assolvere certe personalità delle quali ho già parlato. Come ho già detto, si deve attribuire  a Nikita del Montenegro  – non so s’egli sia innocente o meno – una gran parte delle colpe della guerra e lo si può riconoscere  dal fatto che già il 22 luglio 1914 le due figlie, queste – perdonate l’espressione – donne demoniache [die beiden Töchter, diese – verzeihen Sie den Ausdruck – dämonischen Frauen, ] a Pietroburgo, durante una festa particolarmente sontuosa, abbiano detto davanti a M. Paléologue, ambasciatore di Francia: «Viviamo in un’epoca storica; è appena arrivata una lettera di nostro padre, che dice che avremo la guerra tra pochi giorni. Sarà magnifico. Germania e Austria spariranno, ci daremo la mano a Berlino». Paléologue riferisce queste parole scritte con garrulità senile. Queste cose furono dette dalle due figlie di Re Nikita, Anastasia e Militza, all’ambasciatore di Francia a Pietroburgo il 22 luglio 1914: vi prego di notare la data. Anche questo è un fatto che va tenuto presente»

La collusione tra esoterismo magico e politica, portò tra l’altro all’assassinio di Rasputin da parte del martinista Principe Yussupov, e a molte altre conseguenze, che ora sarebbe lungo riferire. Tutto ciò non è azione spirituale. Il misticismo sentimentale, mescolato ad un basso magismo, alla ricerca dei «poteri», e di una chiaroveggenza soggettiva ed allucinatoria, porta ai peggiori disastri. Anche nella questione sociale. In un momento, nel quale correnti spirituali irregolari vogliono impadronirsi del patrimonio spirituale della Scienza dello Spirito, e accaparrarsi i nomi di Rudolf Steiner e di Massimo Scaligero, queste due deviazioni – quella magico-medianica e quella della collusione politico-esoterica – devono essere ben conosciute dai sinceri cercatori spirituali e vinte. Da qui l’importanza della Via del Pensiero, della Concentrazione e della Filosofia della Libertà.

17 pensieri su “SCIENZA DELLO SPIRITO E FALSO ESOTERISMO. La Via Solare e le false vie lunari.

  1. molte, molte grazie, Hugo.
    Il tuo scritto è, oltreché molto interessante, una dimostrazione di come si possa fare ricerca storica sulle radici di differenti movimenti spirituali con assoluta dovizia di particolari e senza mai scadere nella dialettica sterile nè in accademia “auto-espositoria”, sgradevolmente comunissima oggidì. E questo,fondamentalmente, grazie al mantenere sempre presente e centrale il discernimento tra l’essenziale e il non essenziale. Tra la Via Solare e tutto il resto.

  2. Molto interessante. Mi riservo di rileggere il tutto con attenzione.Nella mia lunga appartenenza muratoria (più di metà degli anni della mia vita, ahimé…) ho fatto parte anche della c.d. “massoneria di frangia” ovvero dei riti egizi nell’ambito dei quali la connessione con il martinismo (e non solo) era molto forte. Debbo riconoscere che fu proprio il mancato matrimonio con il martinismo (sia nella sua declinazione devozionale/filiazione Ventura che in quella teurgica/filiazione Brunelli) che mi fece capire che quella non era affatto la mia strada. Per contro è stato proprio in questo ambito che ho incontrato per la prima volta l’opera del Dottore….Quindi….

    • Caro Salibus, tu scrivi veramente “cum salibus sapientiae”! L’aver appartenuto o meno alla libera muratoria, compresa quella che gli anglomani chiamano “di frangia”, non costituisce verun problema. Personalmente ho conosciuto massoni che erano ottime persone, altre erano brave persone, altre ancora mediocri persone, ed infine ho conosciuto massoni che il mio sapientissimo amico C. definisce “comancheros che vendono i winchesters agli indiani Apaches Mescaleros fuggiti dalle riserve”. Ma anche negli ambienti antroposofici vi sono persone ottime, brave, mediocri, e banditesche. E anche in questo caso parlo per esperienza diretta.
      Quello che fa la differenza è l’impulso interiore che sospinge il ricercatore: s’egli ricerchi la “potenza” oppure s’egli ricerchi la “Sapienza”. Ricercare la Sapienza – la Sapienza Celeste, la Divina Sapienza – ossia ricercarla sinceramente, onestamente, fedelmente, è l’unica cosa importante: l’unica cosa che conta. Cercare la potenza – sia essa mondanamente economica o politica, sia essa magica – è cercare la propria distruzione. Cercare la Sapienza è trovare quella Via della resurrezione del Pensiero Vivente che dona La Luce della Verità, e la Vita dello Spirito.
      Caro Salibus, evidentemente tu ricerchi la Sapienza Celeste, la Divina Sophia, con quello che Dante, Cavalcanti e Guininzelli chiamano “Intelletto d’Amore”. Sapientia et Amor: Amor Sapientiae et Sapientia Amoris!

  3. Caro Hugo, ti ringrazio molto per le tue belle parole del tutto immeritate. L’impulso nei confronti dell’Antroposofia è stato biunivoco, essendomi pervenuto sia dal milieu massonico frequentato a far tempo dagli anni universitari che da quello evangelico, approcciato sui trent’anni nella (ancora molto inconsapevole) ricerca del Cristo. Devo molto ad entrambi ed in particolare alla libera muratoria (alla quale non ascrivo più nessuna “effettività” iniziatica) riconosco di avermi vaccinato contro lo spirito settario. Comprendo che molti coltivino un’opinione esattamente contraria e non voglio convincere nessuno, ma bazzicando negli ambienti antroposofici da qualche anno posso testimoniare che il rischio della deriva settaria è SEMPRE ED IMPARAGONABILMENTE presente.

  4. Caro Salibus,
    le tue righe (le ultime due) dovrebbero essere scolpite a fuoco un po’ dappertutto. Con la perdita della sostanza occulta o sacra, rimangono le forme. Esse prendono “in automatica” la via dell’istinto e della personale passione/convinzione: tutto s’arresta e diventa credo e setta.
    In tal senso credo che “l’esperimento antroposofia” sia fallito.
    Il Dottore, che aveva (ad esempio) indicato esattamente gli anni di durata dell’esperimento sovietico, aveva pure predetto, dalla fine del secolo scorso, la presenza di grandi figure sulla Terra. Ha sbagliato di brutto oppure queste ci sono ma non nel senso che ingenuamente pensano gli antroposofi?
    Una cosa è certa: non rabberceranno rami ritorti o dissecati.

    • Cari Isidoro e Salibus,
      Rudolf Steiner era sapiente e sagace, al punto di conoscere molto bene il valore delle persone che aveva attorno. Sapeva bene che, a parte una ben ristretta élite di decisi praticanti interiori, molti prendevano l’Antroposofia un po’ come una apprezzabile visione del mondo, e un po’ come una forma religiosa o semireligiosa. Che mancasse drammaticamente l’impegno interiore ascetico può essere scorto da vari segni. Oggi molti, per esempio, lamentano il fatto che la Tripartizione dell’organismo sociale – il mirabile dono del Mondo Spirituale – non si sia attuata. Anche allora, in Germania, subito dopo la Prima Guerra Mondiale, quando nel disfacimento della struttura statale dell’Impero tedesco sembrava che la Tripartizione avesse grandi possibilità di attuarsi, e tali grandi possibilità in effetti vi erano, e molte speranze in tal senso si erano manifestate, Rudolf Steiner si impegnò con tutte le sue forze con conferenze pubbliche, alle quali accorrevano migliaia di operai. Rudolf Steiner contattò pure personalità che avevano responsabilità nello Stato e nella Società, ed espose con grande chiarezza quanto richiedevano i tempi. La cosa non si realizzò. Quando, tempo dopo, alcuni discepoli chiesero al Dottore il perché della non realizzazione della Tripartizione in Germania, dove essa aveva suscitato così tanto interesse e speranze, Rudolf Steiner rispose: “Perché in Germania non vi sono 100 discepoli della Scienza dello Spirito che abbiano fatto dell’Ascesi del libro Iniziazione lo scopo della propria vita. La Tripartizione non si è realizzata, perché non esistono 100 antroposofi consacrati alla pratica interiore del libro Iniziazione”. A quell’epoca gli antroposofi erano già venti o trentamila persone.
      Ad Adelheid Petersen, il Dottore disse, che un giorno l’intellettualismo degli antroposofi dipingerà tutto grigio su grigio, e l’intellettualismo sarà la morte dell’Antroposofia. Disse, inoltre: “Potrebbe accadere che il movimento spirituale dell’essere vivente dell’Antroposofia si separi dalla Società Antroposofica!”.
      A Giovanni Colazza – e questo mi fu riferito personalmente più volte da Massimo Scaligero – Rudolf Steiner, nell’ultimo colloquio avuto con lui, disse profeticamente: “Un giorno l’Antroposofia rinascerà in Italia, in una forma giovane, radicalmente rinnovellata, totalmente slegata dalle forme istituzionalizzate, una forma vivente”.
      Per me, e non solo per me, questa rinascita dell’Antroposofia è nella Scienza dello Spirito come ce l’ha trasmessa Massimo Scaligero. La vivente Scienza dello Spirito è tutta nell’opera di Massimo Scligero, nel suo aver ritrovato l’aureo “filo d’Arianna” della Via del Pensiero Vivente, nel suo porre al centro l’esperienza ascetica della Filosofia della Libertà, nel porre al centro e al vertice della pratica interiore la concentrazione portata sino alle sue estreme conseguenze di liberazione del pensare dal servaggio corporeo.
      Partendo dalla Via del Pensiero si ritesse l’invisibile trama aurea, michaelita, che un giorno porterà alla realizzazione in una dimensione più vasta dello Spirito, ad una trasformazione della coscienza umana, e di conseguenza anche alla realizzazione della Tripartizione.
      Le personalità di rango spirituale delle quali parla il Dottore sono presenti, ma la loro azione sfugge agli schemi precostituiti dell’intellettualismo antroposofico, e come tale sfugge allos guardo miope della dirigenza burocratica di coloro che hanno – anche ufficialmente – trasformata la creazione di Rudolf Steiner in una impresa commerciale, registrata all’Uffico Svizzero del Commercio.
      La fiducia è nell’audacia del pensare, nello slancio e nella fedeltà della volontà consacrata.

      Hugo,
      che non essendo uno spaventapasseri,
      sotto le palme si abbuffa di datteri.

  5. Scusate se entro nella conversazione. So poco o nulla di queste cose.
    Pero’ alcuni vostri pensieri mi hanno colpito.

    Leggo tanto in giro, e come me chiunque un po’ si interessi, sul grigiore, sul deserto di questa famosa “antroposofia” che avrebbe dovuto gia’ essere universale e abbracciata da tutti.

    Sapete, spesso io penso a quegli uomini arrabbiati contro l’occupazione straniera, ribelli e desiderosi di giustizia e indipendenza che s’aspettavano dal Salvatore una rivoluzione e la liberazione, dei segni prodigiosi ed eclatanti.
    Da una parte molti antroposofi accettano e acceterebbero qualsiasi compromesso, dall’altro poco si curano dell’ espletamento riguardante proprio questa epoca, come l’antroposofia insegna, come il cuore dell’insegnamento di Steiner insegna, riguardante ogni uomo individualmente…

    E infine, tutti attendono che qualcosa arrivi, che qualcuno faccia, che un santo e un iniziato prodigioso arrivi…..si palesi, dimostri…
    Penso che chiunque, non antroposofo, pero’ religioso, rida di questa “moderna” antroposofia.

    Che ha infatti essa di innovativo ed epocale nella pratica?

  6. Il problema è ancora una volta come coniugare il desiderio in senso “martinista” (di L.C. de Saint Martin e non di Papus 🙂 con la necessità dell’incontro spirituale con l’altro che quasi sempre è mediato da forme non più all’altezza delle finalità originarie e/o non più adeguate all’esigenza del tempo presente…

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