Cari amici,
se non vi dispiace vado subito al nocciolo di queste righe con una domanda forse ingenua oppure meno ingenua di quel che appare: “Perché nel movimento antroposofico (collettivo e individuale) c’è tanta paura nei confronti della Filosofia della Libertà?”.
Ho usato il termine “paura” e così troverò tantissimi scudi alzati. Avrei dovuto o potuto scrivere indifferenza, scarso interesse, rimozione, ecc. ma poiché credo assai poco al candore personale in chi segue da decenni la Scienza dello Spirito, non farei un buon servizio se usassi una fumosa diplomazia per evitare una parola indicante una nota animica fondamentale che, quando ascende e si fa discorso, in attimi come il geniale Fregoli, si traveste d’altro, persino nascondendosi in panni di elegante fattura bene imbottiti di sacrificio, moralità e volontà (desiderio) di azioni eroiche.
Anche e soprattutto di amore si parla e si straparla, come se questa elevatissima virtù – reale presenza dello Spirito nel mondo e potenza trasformatrice di ogni realtà – potesse venir accesa (o spenta) al pari delle lampadine, con un “clic” sull’interruttore. Come se la personalità corrente, che è qualcosa di più di un incidente di percorso ma non molto, non fosse consanguinea della stessa Forza che divise l’uomo dal mondo universale attraverso ciò che nell’anima si esprime come impulso d’odio e separatezza. Persino l’io in quanto intuibile e sperimentabile al centro della coscienza ordinaria, viene avvertito nelle individualità più deste e sensibili, come se attraversasse una sorta di “ossificazione” che pochi decenni fa ancora non esisteva.
Non coltivo il pessimismo ma vorrei soltanto che i lettori ed i ricercatori tenessero i piedi ben ancorati al suolo, ossia alla realtà che purtroppo è spesso meno carina delle rappresentazioni che gemmano dall’impulso spiritualista. Essa, la realtà, però educa l’uomo al pensiero corretto: è il sano contrappeso alla fantasia, quella che di “morale” non ha proprio nulla poiché nasce nel servaggio dell’anima dominata dal corpo ossia dalla animalità che giunge sino ad ingombrare e drogare la coscienza: fantasia che quando si agita nel pescivendolo o nell’antroposofo ha la medesima dinamica.
In realtà, quello che si evita non è un “libro” ma l’assunto della Scienza, che ha per fondamento l’osservazione pensante rivolta ad un fenomeno, il più possibile indipendente dalle condizioni esistenziali ed animiche dell’osservatore.
La Filosofia della Libertà risponde a questi requisiti, ponendo solamente come fenomeno da osservare il pensare stesso. Compreso questo, comprendiamo subito dopo che l’osservazione del pensare non è una condizione ordinaria.
Abbiamo un illustre esempio. Quando il libro fu stampato, Steiner mandò una copia a Eduard von Hartmann, il grande filosofo dell’Inconscio (oggi quasi dimenticato) che in una conferenza di molti anni dopo, il Dottore definì come “l’uomo più intelligente del XIX secolo”. E, infatti von Hartmann, oltre a tante annotazioni a margine, marcò laconicamente la cosa con una sola parola: “impossibile”.
In questa parola sta tutta la chiave per capire la Caporetto generale, non dell’antroposofia in sé ma dell’averla abbandonata come scienza, preferendo estrarre da essa una mistica che, in essa, non c’è mai stata.
“Nella mia concezione, l’essere umano si apre e porta in sé a oggettiva manifestazione il mondo spirituale esterno; mentre il mistico intensifica la propria vita interiore, cancellando così il vero aspetto dell’elemento spirituale oggettivo” (la corsivizzazione delle parole, equivalente alla sottolineatura, è mia).
Ed è proprio questo che si è fatto e si sta facendo anche ora, energizzando anche indirettamente caratteri e atteggiamenti dell’anima che ribaltata com’è esigerebbe un “ribaltamento delle luci” per stare almeno diritta come si conviene, con la terra sotto ed il cielo sopra.
L’anima personalizzata a misura propria, cioè della propria natura consueta, non esce (e mai uscirà) dalla ruota dell’imperduranza e dell’impotenza: capace soltanto di creare scenari spirituali del tutto soggettivi per un solipsistico uso e consumo. Da ciò risulta consequenziale l’ottuso scontro, la rissosità, l’avversione cieca di cui fanno continua mostra i dinamici campioncini dell’amore fraterno ed i piazzisti del cammino spirituale.
Rudolf Steiner, sedici anni dopo la prima pubblicazione della Filosofia della Libertà (e altre otto opere), nel più ampio testo da lui scritto sull’uomo e il suo divenire cosmico, La Scienza Occulta, dedica una speciale parentesi a quanto può essere ritrovato nel suo libro precedente, nel quale converge il risultato “a cui il pensiero umano può giungere, quando invece di abbandonarsi alle impressioni del mondo esteriore fisico-sensibile, esso si concentra soltanto in se stesso” (qui il corsivo è dell’Autore) e continua osservando che il pensiero puro, come entità vivente giunga alla conoscenza del mondo, della vita e dell’uomo. Indicando questa via come più sicura e più esatta.
Circa nel 1922, rispondendo ad una domanda che presumibilmente riguardava il destino della sua vasta opera, il Dottore rispose che sarebbe rimasta “solo La Filosofia della Libertà” e che in essa “era contenuta tutta l’antroposofia”.
Risposta che non può non essere intesa se non “sub specie interioritatis”, essendo il libro fatto di carta e non di leghe iperuraniche. E forse non è isolata follia quanto apparve scritto e firmato sul Das Goetheanum nel gennaio 1992, in occasione dell’uscita in lingua tedesca di un libro di Massimo Scaligero in cui si garantiva la connessione eterica del suddetto libro con il chef d’oeuvre di Steiner (evidentemente ignorando i non compos mentis italici contrari a Scaligero, da essi non compreso ma nemmeno letto: contraddizione grottesca e senza scusanti).
Per non dilungarmi troppo concludo questo excursus, ricordando ancora una severa conferenza di Steiner, tenuta all’inizio del 1923 che, forse dà una parziale risposta alla domanda, canagliescamente retorica, che ho posto nelle prime righe.
Molte cose non andavano bene nella Società Antroposofica, tra beghe, discussioni, scarsa capacità scientifica, compromessi, ecc. che il Dottore denunciò apertamente, come denunciò pure l’estraniamento dei movimenti connessi (ora diremmo “le figlie”) dal nocciolo spirituale dell’antroposofia. Suppongo si sappia com’è andata poi, nonostante l’estremo sacrificio del Maestro!
Ai dirigenti convenuti, Steiner fa osservare che anche nel diffondere l’antroposofia, sarebbe dovuto subentrare un atteggiamento diverso. “Si tratta di quanto segue. Vorrei rimandare al mio libro La Filosofia della Libertà, pubblicato tre decenni or sono…quando oggi si parla di pensiero, proprio quando se ne parla nelle cerchie più influenti, si collega ad esso il concetto di passività nell’atteggiamento dello spirito umano…di fronte a ciò, nella mia Filosofia della Libertà ho messo in rilievo l’elemento attivo nel pensiero umano, ho messo in rilievo come la volontà penetri nell’elemento del pensiero, come si possa sperimentare la propria attività interiore nel cosiddetto pensiero puro, mostrando al tempo stesso, come da tale puro pensiero sgorghi tutto ciò che può diventare impulso morale nella realtà. Ho quindi cercato di descrivere l’inserimento della volontà nel passivo mondo dei pensieri ed il conseguente risveglio di questo mondo a quanto l’uomo attivamente compie da un punto di vista interiore”. Prosegue indicando in questa esperienza un reale risveglio della coscienza, rispetto ad un precedente stato (ordinario) affine al sonno e oltre. “Si giunge a vedere che il pensiero passivo si comporta nella vita dell’anima proprio come il cadavere di un uomo nel mondo fisico.”
Poi il Dottore comunica un certo tipo d’esperienza che si attua con il pensiero vivificato, ”ossia bisogna giungere al di là di Saturno per trovare il mondo a cui siano applicabili i pensieri viventi, in cui si possa tuttavia trovare ciò che dall’universo agisce creativamente sulla nostra Terra” proseguendo in ulteriori descrizioni cosmiche che si manifestano quali esperienze attraverso il puro elemento della volontà.
“E benché abbia sempre detto che l’ordinaria ragione umana, scevra da pregiudizi, possa ammettere i risultati della Scienza dello Spirito, ho anche sottolineato come per chiunque sia oggi accessibile un tale atteggiamento della coscienza, attraverso il quale poter conseguire direttamente un nuovo pensare ed un nuovo volere, onde sentire di penetrare effettivamente nel mondo di cui narra la Scienza dello Spirito. Sarebbe stato necessario evitare di leggere qualcosa come la mia Filosofia della Libertà con lo stesso atteggiamento con il quale si leggono altre esposizioni filosofiche”.
Davanti a queste parole, pronunciate da uno dei più grandi Iniziati che si sono palesati nella storia umana, il peggiore criterio possibile usato comunemente dall’anima è il cieco ossequio o il totale respingimento. Ciò è persino comprensibile, data la condizione del “umano troppo umano” anche se sarebbe auspicabile che l’individuo avesse il coraggio conoscitivo di lasciar penetrare qualche fastidioso granello di pensiero estraneo e perturbante nel suo oliato meccanismo di spiegazioni e giustificazioni che gli consente di mantenere una ferrea e statica opinione su tutte le cose.
Ma come potrebbe essere possibile accendere nell’anima una condizione di libertà individuale capace di esperire le condizioni che La filosofia della Libertà sembra esigere? Probabilmente esercitando se stessi all’atteggiamento scientifico, necessariamente portato al limite delle sue caratteristiche.
La raccomandazione di Steiner è questa: “…elimino tutte le definizioni mentali conseguite mediante la percezione della mia visione del mondo e trattengo solo quello che appaia all’orizzonte delle mie osservazioni senza che io faccia qualcosa, allora ogni malinteso verrà escluso”.
Qui si indica la morte di tutte le definizioni pensanti raggiunte tramite la conoscenza ossia la condizione zero della coscienza!
Appare chiaro che con ciò va fermato il pensare ulteriore e con esso tutto il più o meno vasto mondo dei nostri pensati e con essi il nostro mondo personale e la brama di essere che sostiene ogni nostra rappresentazione.
La mistica personale, che è sempre ipertrofia di ciò che semplicemente crediamo di essere e valere, va ridotta all’assoluto silenzio.
Quanti sono coloro che accettano di “morire da vivi”? Credo pochi, mentre i molti coltivano subcoscientemente una sorta di orrore per la più che audace azione interiore che, progressivamente, sembra spogliare di tutto l’entità umana, specialmente se arricchita dalla conoscenza esoterica che invece è per lo più fondata su un errore di valutazione evidente: non è esoterico ciò che naviga sul mare della discorsività. Questo non è un assioma mio, ma un fatto. Un fatto irriconosciuto, respinto: ma così è e tale rimane.
Ma cosa ci resta che renda forse possibile una “violenza buona” così radicale? Non di certo il continuo monologo con noi stessi a cui siamo abituati: esso è infinito ma non esce mai dal proprio circuito, equivalendosi in ogni suo punto.
E’ necessario l’esercizio, la disciplina dell’anima capace di interrompere progressivamente tutti gli apriorismi della nostra esistenza: l’atto, non l’elucubrazione.
L’itinerario, le esperienze della Filosofia della Libertà sono sostanzialmente raggiungibili solo quando l’anima possa riconoscerle, ma per riconoscerle, l’Io abbisogna del grado corrispondente all’intuizione – non parola vaga – come definita nella terminologia antroposofica. L’intuizione può affacciarsi là dove il pensare che contiene tutto il sentire e tutto il volere, in quanto rappresentativo, venga consumato: il fine ultimo della Concentrazione quando non venga scambiata con il pur sano controllo delle rappresentazioni o altra operazione mentale o giochino psichico, essendo propriamente estinzione dell’essere in quanto brama radicale di vita.
Questo è il veridico livello dell’opera, in quanto si cerchi, per questa via, lo Spirito (e le eventuali “carenze” se reiterate quasi giornalmente, appartengono a chi fa il possibile per allontanarsi, assai più di chi fatica per avvicinarsi. Un pochino di logica, no?) .
E’ stata anche data la via delle immagini cosmiche: quella che dovrebbe essere “più facile”, sempre ché si dia un senso nuovo a tale parola. L’avete vista indicata, questa via, su l’Archetipo, nelle limpide parole del dott. Colazza:”La Scienza dello Spirito, infatti, invece di esporre una dottrina (Pesate bene l’”enormità” di tali parole!)– come avviene in altri campi del sapere umano – suscita immagini vive che sviluppano, di per se stesse, forze di evoluzione e trasformazione. Così, chi riesca a percepire in sé l’operare delle Gerarchie che hanno contribuito e lavorano tutt’ora alla sua formazione umana, risveglia la coscienza di quanto vive nel suo essere, e si congiunge alle superiori forze dello Spirito in una relazione attiva…Chi formi questo quadro d’insieme e lo faccia vivere in sé, sviluppa forze viventi e muove un passo verso l’Illuminazione della coscienza…”.
Però anche in questo caso l’anima dovrebbe avere un eccezionale portato karmico o una completa disciplina di preparazione che si traduce nella capacità di porre dietro a sé la personalità ordinaria per offrire spazio e luogo all’attività del pensare-sentire-volere quando esso incontri, senza autoimpedimenti, le articolazioni immaginative dello Spirito.
Compiere questo sacrificio, per il quale serve tanta forza e tanta dedizione, per il quale è indispensabile uscire dalla mistica del proprio sé, è obbiettivamente difficile, per cui, anche questa direzione sembra essere stata sostituita da una sorta di astrazione discorsiva, anche da chi si ritiene operatore capace, alla conta dei fatti preferendo ogni sorta di rivoluzione o rifondazione che, fuori dalla realtà dello Spirito, è solo illusione nobile nell’illusione ideologica del mondo.
Questa è la partita che viene giocata nel prezioso ambito della libertà individuale,in nuce esistente davvero, ma che sembra accolta con poco entusiasmo dall’anima la quale non vuole subordinarsi all’io se non avvisa in sé l’intima presenza dell’Io Sono che i più intendono come esperienza mistica.
O siamo capaci di accostarci all’evento storico dell’Antroposofia con un superiore pensiero, un superiore sentimento e una superiore moralità, o tutto il nostro lavoro non può che fallire.
grazie Isidoro, sempre grandi sono la tua capacità e il tuo impegno nel riportarci sempre all’essenziale.
Ripassando gli stralci dello Steiner sopra riportati, due sono le rappresentazioni che mi vengono alla mente,solo apparentemente contraddittorie. La prima, la profonda intima connessione del Dottore con la Tradizione Primordiale. Si intuisce, si sente, non so: malgrado utilizzi una terminologia differente, appare solo un ulteriore passo dello stesso cammino, della stessa ricerca sviluppatasi dai Santi Rishi in poi. Allo stesso tempo, il grande, straordinario carattere rivoluzionario, nuovo, modernissimo, che applica alla ricerca spirituale, rintracciando nell’arido pensiero logico razionale, così bistrattato dall’esoterismo nominalistico, l’ultimo scalino da cui ricominciare l’ascesa. Quella vera. Sono le stesse, identiche considerazioni che possono sorgere da una lettura non troppo superficiale dei libri di Massimo Scaligero. Sembrano assolutamente appartenere allo stesso lignaggio spirituale. Forse troppo rivoluzionari per essere profeti nel loro tempo ?
Magari, se questo blog esiste, vuol dire che non è detto…
Caro veeraj, grazie per quello che mi dici e so che è sempre poco, incompleto.
Però, del resto, cosa posso farci? I ricamini all’uncinetto? Perché sai bene che, in effetti c’è poco da dire (a parte gli svolazzi su temi stravaganti o semi-tradizionali).
Quello che hai notato nel tuo commento è importante: intuire che, attraverso il Dottore passa la Sapienza Primordiale. Talvolta, nella Scuola esoterica, poi nella Classe, Steiner lo affermò apertamente. Intuire ciò porta a comprendere la PROFONDITA’ di quanto scorre nei suoi scritti. E la grandezza del “nuovo” che ci ha comunicato.
Forse verrà un tempo in cui, accanto alle possenti figure del Buddha, di Nagarjuna, si intenderà anche la figura di Rudolf Steiner e del suo più essenziale discepolo, ossia Massimo Scaligero.
Ma per i molti, ora sembra troppo presto: per chi ancora non intuisca la portata della Filosofia della Libertà o del Trattato del Pensiero Vivente sembra bastare un gradino inferiore, quello dell’antroposofia generale, che è una buona introduzione di avvicinamento, anche quando venga valutata come il “non plus ultra”.
Certo, si parla di pensiero, di Io, di intuizione ma possedere una conoscenza non “parlata” di queste realtà rimane, per ora, un fatto assai raro…anche tra i ricercatori più seri.
Oltre tutta la più buona volontà, serve tempo, tantissimo tempo.
Credo che COMPRENDERE davvero qualcosa nel merito può essere il “senso” di una intera vita!
Isidoro grazie, sei unico!
Grazie isidoro.
Grazie Isidoro, ciò che qui scrivi qui ha davvero molta importanza.
Il buon Dottore, oltre alla via della “Filosofia della Libertà” che Massimo ha esplorato e descritto in tutte le sue vastissime profondità, ci donò per l’appunto anche quest’altra via, che alcuni chiamano via dei Pastori. Ne La Scienza Occulta, nel V capitolo più precisamente, ne descrive per l’appunto le modalità attuattive.
Steiner ci dice che queste due vie sono ugualmente valide e portano entrambe al Pensiero libero dai sensi. Da lì in avanti non ci sarà più differenza tra le due Vie maestre giacché entrambe saranno necessarie per poter proseguire lungo il cammino iniziatico.
C’è tuttavia una questione che vorrei porti, in cuor mio ho già abbozzato una umile risposta, però mi piacerebbe udire il tuo pensiero (e di tutti gli altri ovviamente!)
Steiner giusto prima di accennare alla via Regale della Concentrazione, sempre nel V capitolo scrive ciò:
“La via che conduce al pensiero libero dai sensi, per mezzo delle comunicazioni della Scienza dello Spirito, è completamente sicura. ”
Benché affermi subito dopo che l’altra via è ancora più sicura e pura, questo “completamente sicura” mi ha turbato assai. Mi sembra di capire da ciò che scrivi, in caso contrario scusami, che anche tu nutri qualche perplessità nei riguardi di una sicura percorrenza di questa via “immaginativa”. Che siano cambiate le condizioni di partenza dell’uomo medio moderno?
E’ davvero possibile che al giorno d’oggi l’unica via veramente sicura sia quella della “Filosofia della Libertà”?
In realtà credo che tu mi abbia già risposto in chiusura del tuo ultimo articolo (Scopi), però se non ti dispiace mi piacerebbe sviluppare ulteriormente la questione.
Merci!
Caro Cibon,
per l’uomo “medio” devo trattenere un istintivo pessimismo. Accoppatemi pure ma la vedo così. Quando vedo una carenza che sembra persino non permettere l’attenta e spregiudicata lettura…che vuoi che dica?
Comunque, ammesso che mi sbagli, lo studio (ad esempio) della Scienza Occulta mi pare più “facile” che far propri i pensieri della Filosofia della Libertà.
Quest’ultima appare come antimetafisica, antifinalistica, persino antireligiosa. Non credo che l’Opera venne proibita dal controllo zarista solo per il titolo. Non erano scemi e si accorsero (assai meglio degli antropò) che avevano dinamite tra le mani.
Ti dico una cosa tremenda: La filosofia della Libertà è assai distante, addirittura polare all’antroposofia: in essa non v’è un sopramondo o le “magnifiche sorti” del divenire umano, nessun “al di là”.
Regole esterne? Ma quando mai. La mistica del sentimento e la metafisica della volontà non hanno asilo. Lo spiritualismo è demolito e bandito…
E non continuo. Del resto essa è qui e non scappa ma la sua comprensione non può non implicare un lavoro intenso, intensissimo (vitale) di diversi anni.
Credo che la sua costante presenza nel milieu antroposofico sia solo un mix tra il fascino dell’incomprensibile e il rispetto formale verso il Dottore.
Intendiamoci: non credo che nemmeno l’ambiente “scaligeriano” abbia annusato l’odore di quest’opera…anzi!
Sicuro di quanto dico? Per negazione sicurissimo!
Mi viene in mente una cosa. Un esempio. Quando una persona cade si può pregare perché si rialzi, si può aiutarlo a rialzarsi. La cosa difficile è aiutarlo a rialzarsi trasformando l’atto stesso in una preghiera/comunicazione. Doppia (tripla? Quadrupla?) fatica… l’uomo comune preferisce una delle prime due soluzioni.
Carissimo, noi preghiamo e se non si rialza, volgiamo gli occhi al cielo commentando che è volontà del Signore che rimanga giù stecchito: altruistico, pulito e facile. W lo spiritualismo 🙂