SCOPI

 

 Hephæstus

Tra chi realizza pienamente quello che aveva concepito e chi non ha potuto realizzare nulla di ogni cosa, vi è di sicuro una gradazione quasi infinita di valori intermedi.

E’ una scala assai complessa poiché, oltre alla differenza tra i gradi di conseguimento dell’ideale che si voleva raggiungere, viene ad aggiungersi la differenza fra le qualità diverse dell’ideale medesimo.

Vediamo un po’: vi sono ambiziosi che mirano ad interessi materiali, sentimentali o intellettuali personali.

Altri che si propongono scopi più generali, più elevati e che possiedono l’impeto di scavalcare, a momenti, sé stessi.

Altri che, per così dire, sentono da millenni il canto delle stelle e vogliono scalare le cime che conducono agli splendori della Verità, della Coscienza e della Pace, quelli oltre ogni tempo.

E’ facile capire che la forza immessa negli sforzi e nelle rinunce  deve essere proporzionale all’ampiezza e all’elevazione dello scopo che ci si è proposti.

In ogni grado, dal più modesto al più trascendente, è raro trovare la quantità e l’equilibrio tra la somma di sforzi individuali, la forza di sacrificio di cui dispone chi si è proposto una meta e la somma delle rinunce di ogni genere e di ogni ordine che tale scopo esige.

Nei momenti in cui la costituzione complessiva di un essere umano permette la coerenza di ognuno di tali elementi è possibile il trascendimento di sé oltre il vincolo terreno.

Per questo servono le discipline. Che debbano essere molte o poche è destino individuale.

Il significato della “disciplina”, il suo significato originale, è quello di essere un discepolo.

Seguire la disciplina ed essere discepolo sono un tutto unico, come ossigeno e idrogeno sono una cosa sola quando vediamo l’acqua.

I tempi sono mutati, il maestro esteriore appartiene ad un momento precedente, ma rimane il fatto che il discepolo è uno che impara, che è pronto ad imparare da un maestro.

Dunque il primo requisito di un allievo, di uno che impara, è quello di obbedire. L’obbedienza è l’inizio e la base della disciplina.

Dei tempi antichi sappiamo qualcosa dei modi in cui si esigevano le dimostrazioni della disciplina dell’obbedienza da parte del discepolo. Poi la Conoscenza era un quid vivente che passava dalla coscienza del maestro in quella del discepolo.

Nel mondo dello Spirito ciò non è cambiato. Un giorno di decenni orsono un Iniziato che avrebbe abbandonato il corpo fisico dopo pochi mesi, mi disse forse con una punta d’amarezza ma con il tono neutro dell’obbiettività: “ Non c’è nessuno a cui possa trasmettere….”.

Un tempo fu necessario per il discepolo che la Trasmissione avvenisse in condizioni di animo del tutto passivo e ricettivo, frutto di obbedienza assoluta. Questo era il procedimento universalmente accettato. Molte cause hanno prodotto nell’uomo un maggiore senso di sé ed un forte sentimento di libertà che non consentono più una condizione di quel genere.

Ma, in ultima analisi, la dedizione, l’abnegazione verso il maestro, liberatesi dal maestro, sono riapparse dentro al discepolo, si sono incarnate in lui. Sono regole a cui egli accetta di obbedire.

Però ci sono regole e regole. Dipendono dallo scopo che ci si prefigge: se esso è ristretto, superficiale, le regole sono dello stesso calibro e per quanto efficaci in campi definiti, hanno (avranno) un effetto limitativo, persino debilitante sulla coscienza dell’individuo.

Se la disciplina significa obbedire, dovrebbe essere obbedienza ad una legge ampia ed elevata. La disciplina perfetta verrà soltanto dall’obbedienza alla legge più elevata. Il cuore della disciplina è quindi lo sforzo di superare sé stessi.

Invece di un sé inferiore che immancabilmente segue le leggi della natura inferiore, ciò che occorre è elevarsi ad un livello superiore di coscienza e alle sublimi leggi dell’Essere.

“Un determinato atteggiamento fondamentale dell’anima deve servire d’inizio. L’occultista chiama questa disposizione fondamentale il sentiero della venerazione, della devozione, di fronte alla verità e alla conoscenza. Soltanto chi possiede questa disposizione fondamentale può divenire discepolo dell’occultismo”.

Tanti hanno letto queste parole, pochi hanno avuto il rispetto e la devozione e la disciplina necessaria per condurre il proprio cuore “nelle profondità della venerazione e della devozione”.

Semplificando al massimo: si fa perché si ama. Si fa tutto per amore. Ma questo termine è così frainteso che è come se non avessi detto nulla.

3 pensieri su “SCOPI

  1. “L’obiettivo ti misura”, mi disse qualcuno. E’ vero in ogni senso, caro Isidoro. Per quanto possa essere alto e vibrante, si è sempre a rischio di cadute e tradimenti. E ci si scontra ogni giorno con l’incapacità di essere all’ altezza di certi Ideali… Grazie, dal profondo!

  2. Isidoro,
    Leonardo diceva che “il grande amore è figlio della grande conoscenza: chi tutto conosce, tutto ama!”. Ed io aggiungo che ” la grande Conoscenza è figlia del grande Amore: chi tutto ama, tutto conosce!”.
    Ovvero chi amerà l’Uno-Tutto, conoscerà l’Uno-Tutto, l’Uno Unissimo di Proclo e dei Platonici antichi e moderni. Ma non si ama, se non si conosce!

    Hugo, che non essendo Leonardo,
    si frigge e si pappa un bel cardo.

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