AUTODISCIPLINA

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Qui di seguito voglio proporvi questo scritto di Franco Giovi apparso su l’Archetipo dell’ottobre 2005; una vera manna per i testoni tendenti all’indisciplinatezza come il sottoscritto, ma credo possa essere di una qualche utilità anche per chi testone ed indisciplinato non è.

L’articolo (che in originale potete trovare qui: www.larchetipo.com/2005/ott05/esercizi.htm ) si sviluppa in 8 punti, che proporrò  accompagnati da quelli che sono da considerare come semplici appunti personali (in blu, sotto ogni punto) con i quali cerco di esporre a me stesso con altre parole il contenuto dei punti medesimi, che di loro non necesitano invero di commento alcuno (insomma, la parte scritta da me potete tranquillamente saltarla a piè pari; quello che conta veramente è ciò che l’Autore ha esposto).

Non indulgere a bassa dottrina, non vivere senza vigilanza.
Non indulgere a falsa opinione, non compiacerti del mondo.
Non eccitarti, non inebriarti, vivi secondo profittevole Disciplina.
Chi vive secondo Disciplina vive gioiosamente in questo e nell’altro mondo.

Dhammapada (Detti del Buddha)

La disciplina è una necessità chiesta all’uomo dalla vita stessa.
Non v’è tappa del suo tirocinio terreno che non sia scandita da regole a cui egli deve conformarsi: dalla scuola all’azienda, dalla famiglia alla società. L’uomo, sia esso di temperamento anarchico o borghese, si adegua di fatto alla disciplina imposta. I dolori inizierebbero se e quando gli venisse prospettata la possibilità dell’autodisciplina da imporre a se stesso prendendo le mosse dall’unico punto di indubitata certezza a cui costantemente si appella anche quando ignora il suo appellarsi: il proprio soggetto.
L’azione voluta dall’Io, perciò autodisciplinata, è il primo grado superiore di pratica della Libertà. È sperimentabile che nell’uomo ordinario questa possibilità risulti ignota o incomprensibile. Egli sovente trae persino un oscuro vanto (tamas) della propria incapacità ed ignoranza: «Sono fatto cosí e nulla può cambiarmi!».

Anche le grandi religioni non amano affatto l’idea, per esse pericolosa o blasfema, di autodisciplina: appare come esempio sintomatico che nei poderosi volumi dell’Enciclopedia Cattolica tale voce sia assente, mentre è rintracciabile la “disciplina” nell’unica accezione di una sorta di flagello usato un tempo per vigorose penitenze corporali.

Le individualità sane tra gli indagatori dell’occulto sanno con chiarezza che le regole della ricerca implicano l’elaborazione della vita interiore e che questa non si produce da sé ma si attua attraverso la prolungata ripetizione di ferree discipline, produttive di forze autonome dalla potenza degli istinti, che mantengono l’uomo vincolato ad una sfera di sofferta cattività del tutto opposta alla Luce che è sempre sul punto d’affiorare nell’autocoscienza.

Poiché le definizioni lapidarie sono spesso di scarsa sostanza per il cuore umano, vorremmo riflettere un poco sui caratteri o qualità (certamente non esaustivi) dell’uomo disciplinato, sperando che alla fine rimanga un senso, un’impressione, la cui natura possa venir riconosciuta dall’anima.

La disciplina (si parla di disciplina col sotteso significato di autodisciplina) è un requisito chiave in ogni aspetto della ricerca e della trasformazione interiore, e al contempo è in se stessa un beneficio primario derivato dalla pratica degli esercizi. Abbiamo tutti bisogno di disciplina; riconosciamo in molti la sua importanza. Alcuni sono anche in grado di trarre da essa una speciale gioia, e bisogna enfatizzare il fatto che, senza una minima disciplina, anche il piú profondo e sacro testo della Sapienza resterebbe solo un libro tra i tanti.

Ecco alcuni caratteri distintivi di un individuo disciplinato:

1. Un individuo disciplinato impara ad orientarsi verso gli obiettivi che si è posto. Egli sa quello che vuole ed il pensiero è in accordo con la volontà, costantemente consapevole dell’obiettivo. Una persona disciplinata forma pensieri chiari in merito al modo di giungere alle sue mete, o quantomeno all’impegno per raggiungerle, e anche se i metodi le sono stati forniti da altri, li utilizzerà senza pregiudizi, almeno sino a quando questi le appariranno comprensibili, controllabili e sensati.

La distanza che intercorre tra il momento della designazione di un obiettivo ed il suo raggiungimento può essere coperta in maniere differenti. Differenti percorsi per raggiungere il medesimo obiettivo possono incidere sensibilmente sull’efficacia del raggiungimento stesso. Sapere esattamente, prima della partenza, dove si trova l’obiettivo e qual’è la strada migliore per raggiungerlo garantisce maggiori possibilità di riuscita, affina il senso dell’orientamento e aiuta a far tesoro delle esperienze fatte lungo la strada, ivi comprese quelle apparentemente erronee o negative. E’ un’arte che si può imparare ed allenare. Indipendentemente da quale sia la meta o l’obiettivo che ci si è posti non sempre è scontato che essi siano ben chiari e delineati nella nostra coscienza. Ad un obiettivo stabilito in condizioni di coscienza non adeguate conseguirà una tensione ed una efficacia esecutiva non adeguata. Un arciere bendato che abbia preparato il tiro con la dovuta attenzione e concentrazione avrà molte più probabilità di colpire il centro del bersaglio rispetto all’arciere non bendato e con dodici decimi di vista che abbia sistemato bersaglio e pensieri in maniera approssimativa. Una perfetta preparazione rischia di venir inficiata da cadute di attenzione e consapevolezza, che bisogna pertanto allenarsi a mantenere e ravvivare qualora se ne percepisca il venir meno, giacché la disattenzione è causa di disgrazia. Anche il percepire di tale venir meno può essere allenato, rafforzato e sviluppato. Non meno importante è la chiara definizione ed il chiaro portare a coscienza dell’entità dello sforzo richiesto per arrivare alla meta nonché degli strumenti e dei mezzi necessari e/o disponibili. Non sempre si può disporre in maniera immediata dei suddetti mezzi (specie se si è di fronte ad obiettivi che si sono in qualche modo posti da sé, senza volontà iniziale, almeno in apparenza, del soggetto) ed in tal caso potrebbe essere necessario affidarsi a metodi altrui, da utilizzarsi in maniera spregiudicata permettendo al contempo lo sviluppo graduale di metodi e mezzi propri; gli uni e gli altri da utilizzarsi in alternativa o concomitanza, in dinamica correlazione e fintanto risultino validi e coerenti all’atto pratico.

2. Una persona disciplinata è sempre disposta ad impegnarsi. In parole semplici, non si può raggiungere niente senza lo sforzo necessario a raggiungerlo. E mentre la stragrande maggioranza degli studiosi pratica un sentiero spirituale a parole, ama fare programmi ed è incessantemente “proprio sul punto di cominciare ad impegnarsi seriamente”, l’individuo disciplinato viene spinto dalla disciplina che lo distingue, a muovere realmente, per cosí dire, un piede dopo l’altro e a fare veramente quelle cose di cui gli altri seguitano a parlare.

Stella solitaria nella notte buia e appoggio dove appoggio non c’è; vento calmo nella tempesta e onda virile che scuote la bonaccia…la disciplina è un amico silenzioso, di quelli con i quali ci si intende con uno sguardo, in un dinamico equilibrio autoalimentantesi e traente sempre nuova forza da sé stesso. Come l’amicizia anche la disciplina va coltivata con dedizione, costanza ed adeguata disposizione d’animo.  La disciplina è l’amico scomodo, quello che dice le cose in faccia dando modo di vederle così come sono, nella loro vera sostanza permettendo una adulta, libera e responsabile attitudine a fronte delle varie situazioni della vita.

La disciplina è come l’acqua calda, occorre riscaldarla costantemente o si raffredda.

3. Una persona disciplinata produce energia. Non essendo né pigro né evasivo, l’individuo disciplinato possiede il potere d’iniziativa. Spesso è in grado di praticare il piú strenuo lavoro spirituale anche in solitudine, senza sollecitazioni o suggestioni di amici o di figure carismatiche, poiché impara a trarre forze dal proprio essere. Egli irradia una serena vitalità e mai lo si sentirà lamentarsi di essere troppo stanco per fare ciò che è necessario fare.

La disciplina è dinamica. Coltivata con energia ne produce altrettanta ed oltre, ammantandosi della forza gentile scaturente dal suo stesso movimento. L’individuo che la coltiva sa che a fronte di ogni apparente impedimento può sempre attingere ad una risorsa più reale e concreta, e quindi vincente, rispetto ad esso; cio comporta libertà e conseguente responsabilità. L’individuo disciplinato sa che il lamentarsi dissipa energia e impara man mano a rapportarsi in maniera adeguata con tale attitudine. La forza conseguente alla disciplina ha come portato anche un equilibrato rapporto con l’altro, essendo costitutiva di spazi vitali e operativi autonomi affinanti le individuali capacità autopercettive riguardo al proprio essere e divenire, permettendo così anche un fattivo operare non dipendente dalla presenza di amici e/o figure carismatiche.

4. Una persona disciplinata agisce con vero coraggio. Il coraggio per essa diviene l’abitudine ad agire nonostante i brutti ostacoli che si trovano sul cammino; nonostante i piú neri ed ingannevoli suggerimenti travestiti da pensieri che vengono sussurrati dall’invisibile alla coscienza; è la volontà di andare avanti quando il mondo si disumanizza e si pietrifica. Il coraggio è una necessità pratica della vita: nell’avversione e nella collera del mondo circostante, nella stanzetta dove si medita sempre avvinghiati al proprio peggiore nemico.

Dovremmo ricordare.
Spesso dimentichiamo.

La soddisfatta sorpresa provata allorché affrontammo con insospettato coraggio situazioni difficili, disperate ed inattese diventa un tesoro perduto negli anfratti del tempo se non viene seminata nell’anima in maniera appropriata e coltivata con silenzio, calore, pazienza e trasparente attesa permettendo così il germogliare del coraggio. Nutrito dal ricordo esercitato con costante, tranquilla e ferma volontà il coraggio può trasformarsi in solida e rigogliosa pianta. Quanto in tale maniera coltivato permette di autoeducarsi a far fronte alle difficoltà generosamente elargite dalla Vita, e se il ricordo non giace abbandonato in polverose soffitte s’offre come importante strumento per mantenere la rotta durante le tempeste dando modo di trarre preziose lezioni riguardo al soffiare dei venti, al mutare di correnti e maree, all’affiorare degli scogli…nonché al canto delle sirene.

Il coraggio non consiste nel non aver paura.
Nel non farsi avere dalla paura è il coraggio.

5. Una persona disciplinata non si arrende. L’individuo comune è grande nel fare progetti, e talvolta anche nell’incominciarli. Ma dopo un iniziale scoppio d’entusiasmo, rallenta, si autogiustifica e lascia perdere. È una triste considerazione che una vasta maggioranza di ricercatori non giunge alla disciplina per soddisfare le esigenze conformi a raggiungere gli obiettivi a cui anelava. Una persona capace di disciplina è spesso la personificazione del detto: “Chi si arrende non vince mai e il vincitore non si arrende mai”.

Quando non siano supportati dalla disciplina i progetti, anche i più alti e nobili, sono deputati a sciogliersi come neve al sole delle inevitabili difficoltà realizzative; spesso ancora prima di prendere il via. Paura, stanchezza e improrogabili impegni rischiano di fare il paio con vari, veri o presunti malanni e impedimenti nel dar forma e vita al quella poltiglia paludosa che risucchia e trattiene l’individuo impedendogli di andare oltre. Con buona pace dei grandi progetti e dei nobili intenti. La disciplina non contempla la resa; contempla solo la disciplina. Mandalicamente creantesi, distruggentesi e ricreantesi ogni volta ed una volta raggiunta l’identità con sé stessa, essa insegna a riconoscere le sabbie mobili quando ancora sono in formazione, dando modo all’individuo di fronteggiarle al meglio e di porsi in maniera adeguata di fronte ai portati di tale fronteggiamento.
Per proseguire.
Oltre.
E oltre ancora.

6. Una persona disciplinata è realista. Vivendo con i piedi ben piantati sulla terra, sperimentando reali fatiche e difficoltà, non è interessata affatto a conquistare irreali castelli di fantasia. Essa è disponibile ad impegnarsi, con sé e con gli altri, per ottenere risultati concreti, sperimentabili; perciò evita con cura il fanatismo e l’astrazione. Può osservare con ammirazione il lavoro di uno spazzino in strada ed essere disgustata nel dover ascoltare un frivolo cicaleccio sul significato filosofico dell’Iniziazione.

7. Una persona disciplinata è in grado di superare delusioni e scoramenti. Tutti pensiamo che il nostro dolore sia il peggiore che esista; ma una persona disciplinata accetta la propria umanità e anche se sente di poter fare grandi cose, sa che sconfitte, dolori, fallimenti e delusioni sono parte della vita. Le persone senza disciplina sembrano sfaldarsi quando le cose vanno male. Ma la vera disciplina significa molto di piú del restare fedeli ai propri ideali quando le cose vanno per il verso giusto: tutti sono in grado di rimanere in piedi se il terreno è solido. Chi incarna la disciplina rimane dedito alla sua opera anche davanti alla morte.

La disciplina è formativa. Agisce come forza esterna alla formazione dell’individuo che la persegue e la accoglie lasciando, per il fatto stesso di essere perseguita ed accolta, ampio spazio e accordo alla partecipazione ed alla libertà dell’individuo che diviene quindi al contempo formato e formatore, contenuto e contenitore, creato e creatore.

Nasce così l’individuo sicuro.
Cresce così l’individuo umile.
Prospera così l’individuo realista.

Conscio per sperimentazione diretta della reale essenza positiva e aiutatrice degli ostacoli che ogni nuovo giorno la vita gli pone dinnanzi, l’individuo che persegue la disciplina si pone di fronte ad essi in maniera appropriata, educandosi ad avanzare con passo costante senza inebriarsi nelle vittorie né avvilirsi nelle sconfitte, tanto nelle piccole battaglie quanto nelle grandi guerre e financo dinanzi alla prova suprema. Castelli in aria, fantasticherie, aspettative e sogni di gloria stanno bene al loro posto, ma sono zavorra inutile nelle tasche e nella bisaccia. L’individuo disciplinato lo sa; non si aspetta nulla dalla disciplina, né tantomeno si reputa migliore di alcuno, rendendosi così aperto al proficuo e libero incontro con l’altro.

8. Un individuo disciplinato dà forma all’anima. Egli, non ponendo limiti di tempo al suo essere disciplinato, costruisce stabili qualità interiori completamente diverse dai moti capricciosi dell’anima sollecitati dal decorso degli avvenimenti. La forza della disciplina si configura in saldezza, dedizione e illimitata pazienza. Questi sentimenti sono soltanto allusi dai nomi usati per indicarli: vengono sperimentati come parti di un organismo che si forma nell’interiorità dell’anima stessa: un organismo dotato di proprie forze e di capacità conoscitive.

Pur partendo dal ed agendo sul palcoscenico fisico sensibile l’individuo disciplinato si trova man mano a costruire un qualcosa di sempre meno dipendente da esso, dando così modo di nascere in un terreno di coltura a-spaziotemporale ad un “quid animico” in grado di crescere e svilupparsi in maniera indipendente e alt(e)ra rispetto a quanto, seppur sostanzialmente affine, risulta essere passivamente soggetto a forze esterne (che spesso si illude invece di controllare). Perseverando nella disciplina tale “quid animico” si rafforza ed aumenta in presenza, consapevolezza e destità; lungi dall’essere mezzo e via di fuga/(c)astrazione rispetto al fisico-sensibile, quanto va così (tras)formandosi può agire con sempre maggior presenza, fermezza e padronanza rispetto a quanto su tale palcoscenico va in scena.

Siamo riusciti a suscitare una impressione, seppure minima, del carattere della disciplina? Un gesto, un passo trasformatore sul sentiero della Luce e della Vita interiore sarà perlopiú impossibile, a meno che non si abbia la disciplina per perseverare con generosità, contemporaneamente accettando se stessi e facendo il massimo per superare se stessi, senza tener conto di quanto questo diventi difficile. Il lato positivo di ciò è che, quando si coltiva la disciplina, subentra un effetto valanga; il tempo non passa inutilmente: l’uomo comune, smarrito e passivo, non potrebbe nemmeno immaginare quanta forza e capacità possieda una persona disciplinata.

Nel mondo, gli uomini si dividono in due grandissimi gruppi: maestri e discepoli. Questo è un segreto che i piú ignorano ma che gli studiosi dell’Occulto possono intuire. Chi non conosce questo segreto sta ancora dormendo. Non sono gruppi distinti: ogni uomo che vive sulla terra è, per destino, maestro di qualcuno e discepolo di altri. L’esoterista porta lentamente queste misteriose tessiture a consapevolezza, e allora inizia, con l’autodisciplina, a soddisfare le elevate esigenze che il rispetto e l’amore per il prossimo impongono a chi si avvede delle responsabilità connesse con la trama karmica dell’educazione umana. Egli inoltre suscita o riaccende una consapevole potenza di devozione: condizione preliminare necessaria a ciò che l’Insegnamento chiede per essere il vivente veicolo dello Spirito.

Franco Giovi

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