Contro la banalizzazione dello Spirituale

CirceGreeks2

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In questa epoca oscura, malvagia e imbecille, l’uomo sta dimostrando tutta la sua stupidità muovendosi con totale spensierata incoscienza in quello che potrebbe dimostrarsi il massimo dei pericoli: la caduta nel subumano, la perdita della coscienza dell’io, la degradazione in una abiezione ignota agli altri esseri, animali compresi. Verrebbe proprio da parafrasare, stravolgendola, la Tavola di Smeraldo di Hermete Trismegisto, dicendo che ciò che è in basso è come ciò che è ancora più in basso, vista l’ostinazione con la quale l’essere umano si precipita nel varco che si apre pericolosamente sull’abisso di questa «trascendenza verso il basso».

E veniamo all’argomento più inquietante e doloroso: Massimo Scaligero innumerevoli volte ha parlato della responsabilità dell’esoterismo, affermando che gli esseri umani – buoni e malvagi, sapienti e stolti, infimi e sublimi – fanno tutti il massimo loro possibile, e spesso conducono una vita durissima, costellata di grandi dolori, di molte e gravi prove, sopportati per di più senza la luce di una conoscenza spirituale. Quelle che, invece, vengono meno – colpevolmente meno – al loro prescritto compito sono appunto le Comunità spirituali, che una tale luce dovrebbero portare – prima concretamente realizzare e poi generosamente portare – a coloro che son prigionieri nelle tenebre.

E invece le Comunità spirituali latitano nella più turpe diserzione. Latitano e disertano per fiacchezza della sfaldata volontà dei loro membri. Latitano e disertano, perché i membri delle medesime – che dovrebbero essere entusiasti, dediti, votati, eroicamente consacrati – per ottundimento del pensiero e sfilacciata volontà, portano avanti il tutto – secondo l’attuale decadente costume «italiota», che non è affatto «italiano», bensì profondamente «idiota» – all’insegna dell’improvvisato e dell’approssimativo, dell’episodico, dell’occasionale e del discontinuo, mostrando una volta di più l’incapacità di essere regola a se stessi, di essere interiore forza formatrice di se stessi, di attuare ed essere quell’«eghemonikòn», o «sovrano interiore», che già gli Stoici romani ed ellenici ponevano al centro della vita dell’anima. Ossia manca loro, ai sedicenti «spiritualisti», quello che nella mirabile tradizione spirituale cinese viene chiamato l’«asse che non vacilla», e in quella indiana, non meno luminosa, viene chiamata l’«incrollabile dimora» dal Buddha Shakyamuni, e l’«interiore, eterno, immortale Reggitore» da Yajñavalkya, il grande Maestro della Bṛhadâraṇyaka-upaniṣad.

La banalizzazione dello Spirituale è la difesa da parte dell’ego del suo stato di tamasica ignoranza, ossia in una condizione di avidyâ, di oscurante ignoranza, l’ego si avvince avidamente ad una condizione di turpe inerzia, di voluttuosa comodità, che gli permetta di continuare indefinitamente a rotolarsi nel fango e nello sterco, permanendo stabilmente – per lo meno a suo credere – in tale stato di abietta depravazione.

Unica terapia a tanta spensierata comodità, a tanta obnubilante voluttà, è il dolore che impietosamente dona amari, ma ben salutari, risvegli. Dolore che delude le voluttuose aspettative di indefinito godimento in una «suina» condizione (come quella dei compagni di Ulisse e quella degli umani di Indra, tutti temporaneamente trasformati in porci) di animali, la cui massima aspirazione sarebbe quella di rimestare col grifo nel truogolo. Dolore che disillude saviamente le ambigue «persuasioni», edonistiche e accidiose, di una ben limitata visione del mondo. Evitiamo, perciò, di pórci al livello dei pòrci: potrebbe non giungere nessun provvidenziale Ulisse, istruito da Mercurio e fornito della magica erba moly, benevolmente disposto a salvarci.

Ma tutta questa situazione – con la correlativa necessaria severità – riguarda esclusivamente i sedicenti «esoteristi», i troppo tiepidi «spiritualisti», il cui amore per lo Spirito è troppo fiacco, perché arrivino a compromettersi. Coloro che si affannano ogni giorno nello strazio del vivere, senza una luce di conoscenza spirituale che li orienti, li sostenga e talvolta li consoli, già hanno fatto e fanno tutto quello che possono, e che devono. Sovente essi, nella loro ingenuità, dimostrano alquanta più coerenza e moralità, saggezza e coraggio, energia e generosità, intelligenza del cuore e abnegazione, della maggior parte degli esoteristi e scienziati dello Spirito, che regolarmente tradiscono l’impegno spirituale liberamente assunto, e nella vita si comportano talvolta come dei tagliagole senza scrupoli. Experto crede Ruperto. Quindi tutto il discorso non è per loro.

Vi è una cosa che un discepolo dello Spirito non può proprio permettersi, ed è l’essere «borghese» nell’anima. L’essere «borghesi» nell’anima significa vivere al risparmio, non compromettersi mai sino in fondo, preoccuparsi delle «apparenze» ben più che della realtà. L’essere «borghesi» nell’anima significa perseguire una vilissima «politica del minimo sforzo» e, di conseguenza, attuare una gattopardesca strategia di «cambiare tutto o nulla», purché «nulla cambi». Ovverossia, essere «borghesi» nell’anima significa essere interiormente profondamente «reazionari», e avversare qualsiasi sostanziale cambiamento, che minacci di smuovere l’ego dalla sua voluttuosa inerzia, dalla sua fiacca accidia.

Naturalmente, l’ego del «lavativo» discepolo cercherà mille e poi mille motivazioni dialettiche per «ammorbidire», ossia per snaturare, una Via così pericolosa per l’indisturbata sopravvivenza dell’ego. Si dirà che la Via del Pensiero non è una Via per tutti, che può rivelarsi essere una «via del sublime egoismo», che bisogna stare attenti a fare troppa concentrazione perché fa o può far male (se è per questo all’ego la concentrazione fa malissimo, anzi può dimostrarsi addirittura mortale), che esiste una «via dell’anima», una necessaria «via o prassi del sentire», che una completa austerità per molti è insopportabile (sicuramente per l’ego essa è odiosamente insopportabilissima), che alla Soglia del Mondo Spirituale, e ad incontrare il Guardiano che sorveglia la medesima, oramai non si deve più giungere individualmente – in solitaria, direbbero gli ardimentosi alpinisti – bensì «tutti insieme appassionatamente». Viene «consigliata» una pavida prudenza, si invitano «premurosamente» gli audaci a «non esagerare» – intensivamente e quantitativamente – con l’impegno interiore. E in taluni casi, non poi così infrequenti, si giunge a deformare e diffamare la Via e Colui l’ha donata, nonché a calunniare chi, sia pure con mille inadeguatezze e cadute, cerca di percorrerla, e di indicarla ai sinceri cercatori dello Spirito.

Ma lo Spirito non può ontologicamente essere deludentemente «borghese» e reazionariamente «conservatore», bensì lo Spirito è quanto di più audacemente rinnovatore, la forza più radicalmente trasformatrice, dissolvitrice e rinnovatrice, autenticamente «rivoluzionaria» dell’Universo.

Una volta, Massimo Scaligero rivolgendosi a noi giovani, parlò dello Spirito del Tempo o Antico dei Giorni, e citò un verso della Bhagavad Gita, nel quale il Supremo, manifestantesi nel suo Avatâra in Kṛṣṇa diceva: «Io sono lo Spirito del Tempo, eretto nella sua enorme statura, per la distruzione dei popoli». Massimo Scaligero commentò il verso mettendo in evidenza come lo Spirito del Tempo sia l’essere veramente rivoluzionario, che abbatte e dissolve ciò che non ha la forza o la volontà di trasformarsi da sé, ed aggiunse come lo Spirito del Tempo si serva degli stessi Dèi distruttori per lacerare e demolire quelle «apparenze» che avvincono all’illusoria Mâyâ l’incosciente e bramoso essere umano. È lo stesso uomo egoico, che nel suo istinto conservatore, si espone all’azione dissolvitrice dello Spirito del Tempo attraverso l’azione, indubbiamente terribile e pericolosa, degli Dèi ostili e distruttori.

Istituzioni sociali, culturali e religiose cristallizzate, la cui funzione è storicamente superata – anzi oramai decisamente mummificante e irrigidente – attraversano crisi e sconvolgimenti drammatici, i quali eloquentemente mostrano che «ciò che è vecchio, convien che muoia», e che è appunto l’abbandono e il dissolvimento dell’antico, indebitamente sopravvivente alla sua positiva, ormai trascorsa, funzione, la condizione necessaria e imprescindibile della nascita del «nuovo». Anzi, ad una visione più audace è palese come sia il nascere e il sorgere del «nuovo» a provocare il decadere e il morire dell’antico, che non vuole trasformarsi.

Così come le istituzioni, culturali e religiose cristallizzate, nella loro rigidità, temono la trasformazione e la ostacolano con ogni mezzo, così pure la natura inferiore nell’essere umano, la natura egoica, teme, evita, cerca di sottrarsi, ostacola e combatte con ogni mezzo quella trasformazione, che deve mettere fine a tale esistenza egoica, la quale è una forma di adulterio e di tradimento nei confronti del Mondo Spirituale, della nostra Patria originaria, e del nostro essere originario, che è lo Spirito.

Questo elemento conservativo della natura egoica, che può assumere nei vari casi forme «reazionarie» o apparentemente «rivoluzionarie», rimane sempre profondamente «borghese», infidamente «borghese», deludentemente «borghese», ed è ciò che più respinge ogni realizzazione spirituale. L’ego segretamente «sa» molto bene ciò, ed è per questo che si sottrae con grossolane o raffinate strategie ad ogni profondo, autentico, sincero, impegno nella pratica interiore. L’ego, nel suo stato di menzogna evita di fare «sul serio» l’ascesi, di compromettersi sino in fondo nell’ascesi: la può anche fare, ma sempre – magari incoffessatamente – come un «giuoco»: ed è per questo che la natura «egoica» è «borghese» nel suo profondo. È nell’attuale, stupida e banale, civiltà «borghese», che si vede per es. il fenomeno, profondamente insincero, di bravi borghesi che «giuocano» – giuocano goffamente e comicamente – alla guerra.

L’evento più tragico della vita dell’umanità – la guerra che distrugge la vita, la cultura, la civiltà, la stessa natura – diventa un banale «giuoco di ruolo», nel quale tutto è finto, tutto è menzogna e non si rischia niente. Mentre nella guerra vera, invece, si rischia tutto: si dà e si riceve la morte, si può venire feriti, o menomati, resi definitivamente invalidi. Dalla guerra – quella vera – si possono ricevere ferite interiori inguaribili, si può essere portati a immani crisi morali, all’estrema disperazione. In taluni casi, la guerra – quella vera – può persino trasformare un essere banale in un autentico eroe, capace di donare, senza veruna retorica, la propria vita per le persone che con lui combattono o per la Patria. Tutto questo nel borghesissimo «giuoco di ruolo» non c’è, perché in esso tutto è menzogna, finzione, senza peraltro alcun rischio.

La cosa più grave è quando la stessa Scienza dello Spirito viene ridotta ad una «recitazione», ad un «giuoco di ruolo», ad un divertissement rispetto alla piatta routine della vita borghese, la cui menzogna viene disvelata dalla fiacchezza dell’impegno della volontà, dal non compromettersi mai, dal non rischiare mai nulla: il tutto a beneficio della sopravvivenza del miserabile ego umano, che non vuole morire. E invece deve morire. Deve schiantare, polverizzarsi, dissolversi: in una parola sparire!

Al fine di evitare tale miseranda quanto ben meritata fine, tra le varie strategie messe in atto dall’ego, vi è la pure la banalizzazione. Vi è quella becera – new age style – un po’ hippy in ritardo, un po’ theosophical, e vi è invece la banalizzazione più radical chic, più trend di giornalisti, di politici e politicanti, di attori, degli economisti, dei letterati, degli ecceteristi, ossia di tutti coloro che liquefanno la Scienza dello Spirito in un oceano di chiacchiere. Pur di non praticare con dedizione, con sincerità, con progressivi impegno e intensità la Via del Pensiero. Pur di non praticare con consacrazione la concentrazione interiore. La quale nei suoi vari gradi, che vanno dal semplice controllo del pensiero, alla concentrazione volitiva e unicitaria, alla concentrazione profonda, sino alla contemplazione, è l’unica Via, includente in sé ogni altra tecnica interiore, l’unica che conduce alla liberazione del pensiero, al Pensiero Vivente, al Pensiero-Folgore, all’Iniziazione.

26 pensieri su “Contro la banalizzazione dello Spirituale

  1. Proprio come dicevo in un commento ad un altro articolo, vedo nei giovani e nelle persone comuni la vera speranza per questa epoca travagliata.
    Mi ricordo quando tempo fa, in realtà non molto, mi avvicinai per la prima volta a coloro che si dichiaravano antroposofi o simpatizzanti. Era da un po’ di tempo che studiavo con grande attenzione la Scienza Occulta di Steiner e alcuni passi dell’opera di Scaligero, mesi e mesi di intenso studio mi avevano riempito di fiducia per il mondo giacché vi trovavo un’inaudita forza nei pensieri racchiusi in quelle righe. Per me fu come ritrovare una mappa di un mondo che già conoscevo istintivamente, ma di cui avevo dimenticato l’effettiva conformazione territoriale.
    Preso da grande entusiasmo mi catapultai alla ricerca di persone con cui condividere esperienze e comincia la mia “quest” sociale proprio su Internet. Va da sé che il primo approccio con il mondo antroposofico fu disastroso. Come potevano persone che conoscevano così bene i testi del Dottore comportarsi in modi così ridicoli? Grandi discussioni a suon di citazioni prive della ben che minima Forza che si dovrebbe intravedere nelle parole di chi ha raccolto frutti nel Lavoro interiore. Sedicenti guide, conferenzieri e maestri privi di qualsiasi vicinanza alla Soglia. Come potevano questi divorare le comunicazioni del Dottore senza riviverle? Nella mia ingenuità non riuscivo proprio a trovare una risposta.
    Quindi concordo Mr Sugo, la banalizzazione dell’antroposofia è davvero triste soprattutto per chi si dichiara discepolo della Via del Pensiero. Certamente ognuno ha il suo percorso da seguire ed è bene che ciascuno tragga il meglio che può dalle comunicazioni spirituali. C’è chi ha sufficiente forza per riviverle e per farle fruttificare, c’è chi invece non può far altro che leggere e rileggere, trarne qualche briciola e vivere nell’eco di queste parole ripetute ma mai veramente comprese e rivissute.
    Certo è triste e sicuramente non si parla di esoteristi in questi casi (checché ne dicano i diretti interessati), però è comunque un lento procedere verso il Vero e il Bello universali.

    Di sicuro l’Antroposofia morta con Steiner è rinata nella Roma di Scaligero, ma onestamente non ho i mezzi per capire se essa possa ancora rinascere e ripresentarsi come una grande Scuola Esoterica dell’Europa. Forse nei nostri tempi senza Maestri ogni scuola e dottrina deve lasciare libero spazio alla più assoluta libertà ed autonomia individuale. L’autorità, frutto dell’esperienza riconosciuta, che un tempo delineava le gerarchie di insegnamento, ora sta scemando via via sempre più. Tutti sanno tutto e tutti pretendono di custodire la verità nelle proprie tasche. Questa è indubbiamente opera del Pescecane di cui si parlava in un altro articolo e per trarre il meglio da questa IMMUTABILE situazione io cerco per l’appunto di non fossilizzarmi, ma di trarre insegnamento da ogni circostanza e persona. Anche il panettiere sotto casa, o il pastore dei pascoli vicini possono essere incosapevoli ma grandi Maestri per le questioni sollevate dal duro lavoro interiore.

  2. Caro Cibon, di sicuro l’Antroposofia non è morta con Steiner!
    Essa vive in ogni essere umano che, come dici tu, ha sufficiente forza per farla rivivere e farla fruttificare, vive in ogni cuore che la sente una necessità vitale per la sua anima.
    Le persone che lavorano seriamente su questo piano non sono molto visibili perché non sentono alcun bisogno di apparire nel mondo. Io credo, o spero, che esse siano molto più numerose di quello che pensiamo, anche perché è nella natura del bene il crescere ed espandersi in silenzio.

  3. Indubbiamente hai ragione Mar_zia, nel singolo individuo l’Antroposofia non può, o meglio, non deve morire! Ciò a cui mi riferivo era la sua controparte sociale, il come l’Antroposofia diventa relazione interumana e seme per una nuova società.
    La Via del Puro Pensare non cessarà mai di esistere, al massimo potrà cadere nell’oblio, o peggio ancora, nella corruzione. Però non mi perdo certo d’animo! Anzi, se gli stessi Ostacolatori sono obbligati a usare mezzi così soffocanti e potenti è perché temono davvero ciò che sta accadendo. Se lo stesso Arimane deve trovare abito umano per influenzarci più da vicino, per quanto possa essere spaventoso e terribile, questo non può che rincuorarci perché significa che noi, intesi come Umanità tutta, gli facciamo paura!

    Guardo con grande trepidazione ai tempi nostri che nascondono i grandi preparativi per il tempo prossimo, ci sarà da divertirsi, da faticare e da soffrire, ma quanta Vita in tutto questo!

  4. Quando ho letto questo articolo l’ho stampato e riletto più volte assieme a quello “del pescecane” di Isidoro. Sono articoli fratelli. Quindi mi sono iscritto ad Ecoantroposophia, (non lo avevo mai fatto in questo sito nuovo). I complimenti sono fuori luogo vista la gravità dei temi trattati. Ti chiedo formalmente,quando ti sarà possibile di iniziare una trattazione sistematica di ciò che hai scritto in proposito dello Spirito del Tempo. Non attendo risposte a questa mia ma un futuro saggio, sempre più necessario.
    Un abbraccio udb

    • Temo che un “saggio” senza nomi e cognomi non farebbe altro che alimentare le ipocrisie di certi signori. Semplicemente si illuderebbero di non esservi coinvolti. Quei tre o quattro figuri che invece si sentissero “richiamati all’ordine” si limiterebbero a scrollar le spalle franchi del loro anonimato. Ed allora a che servirebbe? A dare a noi una edificante lettura?

    • Caro Uomo dei Boschi, penso che proseguirò a scrivere su ciò che per me è essenziale nella Scienza dello Spirito, cioè la pratica interiore, e la centralità della concentrazione. Non scrivo sistematicamente, ma secondo che dice il mio amato Dante: “come Amore va dittando…”.
      Quanto allo Spirito del Tempo, è un argomento “sulle vette”, potrebbe parlarne un Iniziato. Sempre come disse il mio Dante a Virgilio: “Non Enea, non Paolo io son!”. Ma se trovo in Massimo e nel Maestro dei Nuovi Tempi, volentieri lo riporterò!
      Mi fa piacere che ci sii anche tu su Eco: i lupi dei boschi sono amici degli uomini dei boschi. Un po’ di sana selvaticità aiuterà a depurarsi dalla banalità borghese!

      Hugo al sugo, amico di Isidoro al pomodoro.

      • Ma sei sicura, Savitri ch’egli sia proprio un Uomo dei Boschi, e non anche lui un Lupo dei Boschi?
        Lassù al Nord, sia sulle coste adriatiche che in montagna, ne conosco diversi di lupacci dei boschi! Lupacci a due zampe, naturalmente!

  5. gli ostacolatori sanno già da milioni di anni (che per loro non esistono) come funziona il gioco in cui siamo immersi, non a caso da un certo periodo in poi ci hanno fatto balzare da una tecnologia zero a roba galattica, per dominarci meglio.
    loro sfruttano il fatto che noi abbiamo perso una certa “memoria” che ci impedisce di capire chi siamo veramente e cosa potremmo fare, nel frattempo facciamo un gioco a due portandoceli dietro e dentro.
    se intensificano l’opera è perchè sanno che hanno poco tempo in quanto fra qualche secolo il piano che viviamo potrebbe subire profonde mutazioni e potrebbero non riuscire più a bloccare e sfruttare la nostra forza creativa, che è l’unica cosa che a loro interessa.
    A mio avviso tutta l’opera del pensiero e delle ascesi è proprio mirata a sciogliersi da questo connubio mortale e cominciare a riappropriarci del nostro vero potere sfuggendogli di mano in attesa che arrivino le mutazioni che dovranno esserci.
    Mai come oggi gli ostacolatori hanno avuto il gioco cosi facile proprio perche siamo in una fase di materialità pura “soli con noi stessi”.
    Mi permetto di dire che se l’ostacolatore deve scegliere, sceglie di ottundere la mente delle persone più sveglie, quelle che lo sono meno le lascia stare a priori perchè innocue, quindi coloro che dovrebbero stare più attenti sono proprio coloro che perseguono le “vie” spirituali, vie che oggi sono per lo più delle autostrade di sola andata per il mondo dell’ostacolo, basta guardare come sono complicate e piene di parole e di concetti che sembrano mimare perfettamente il caos che domina la nostra società, laddove non fossero questo sono riesumazioni poco attuali di dottrine e tecniche di cui non possiamo più capire il fondamento, quindi una perdita di tempo a meno che uno non abbia ancora una costituzione tale da poterle applicare, ma forse parliamo nemmeno dell’1% della popolazione mondiale

    • Non è del tutto esatto la comparsa relativamente recente delle cosidette “teorie della cospirazione” ci fa spesso pensare ad una intensificazione dello sforzo degli ostacolatori. Non è così. Il loro lavoro è sempre massimo e costante (ricordiamoci sempre che non stiam parlando di uomini) solo che sta funzionando semplicemente molto meglio di quanto doveva. Paradossalmente si potrebbero pure sforzar di meno.

  6. il fatto che l’uomo si sia depotenziato da l’illusione che si stiano sforzando di più, anche quello è un nostro difetto, cioè non vedere che siamo noi ad indebolirci ma attribuire la causa a fattori esterni

    • Nemmeno questo è propriamente vero. L’uomo ha raggiunto la quasi indipendenza dell’Io e quindi è più potente che mai. Al limite non raggiunge più i risultati spettacolari dei tempi dell’anima di gruppo ma questo non vuol dir nulla. Semplicemente l’uomo non fa un tubo. Tutto lì. Semplice.

  7. si sicuramente esteriormente l’uomo è molto forte, riesce a fare cose mirabili, ma come la mettiamo con l’uomo interiore?
    come fanno una 20ina di uomini in tutto il mondo a lisciare il pelo a ben 7 miliardi di individui?
    come fanno le varie religioni a tenere ancora banco ?
    come fanno le ideologie a tenere banco anch’esse nonostante non portino piu da nessuna parte?
    e la politica come fa ancora a riuscire a farsi votare nonostante il naso si sia allungato a tutti davanti agli occhi del mondo intero?
    va beh dai la gente voterà anche giustamente per accaparrarsi un posto di lavoro, ma tutto il resto come fa ancora a stare in piedi? forse perchè l’uomo interiormente è una roccia?

  8. L’uomo interiore è il motore di una Ferrari. Però perché funzioni bisogna accenderlo.

    E non stare a credere che ci voglia chissacché. Un anno di esercizi ben fatti. Ti pare tanto? A me no. Però nessuno li fa.

    (Ovviamente gli esercizi antroposofici si possono sostituire con qualsiasi pratica spirituale seria, non è che abbiamo l’esclusiva)

    Però non stare a pensare che l’uomo si sia atrofizzato o sia debole. Semplicemente è spento.

  9. Salve, sono Trittolemo, figlio del re di Eleusi, e essendo esperto di agricoltura sacra, mi rendo conto, caro Hugo al sugo, che sei un autentico carciofo, e sicuramente eccellerai nella carciofosofia, della quale parlava il nostro Massimo.
    Trittolemo

    • Caro Trittolemo, benvenuto tra noi. Cerere mi diceva un gran bene di te, non so come tu lo abbia capito, ma veramente ho realizzato la “petra vegetabilis”, ovvero il carciofo filosofale, che è buonissimo sia al sugo, sia al pomodoro, che in pinzimonio.
      Hugo al sugo, qualche volta al pomodoro.

  10. Oltre a stigmatizzare i vostri futili interventi, vorrei ricordare gli ampi ed entusiastici giudizi di tal Scaligero Massimo (ahimè non registrati) che riguardavano, in particolare, il Carciofo alla Giudia.:)

  11. Isidoro al pomodoro, ma sai quanti me ne sono mangiati di “carciofi alla giudia” al Portico d’Ottavia al Ghetto?! E della ricotta fritta ne vogliamo parlare? Meglio di no, che già a parlare di queste cose “bbòne” 400 kcal me le sono prese! Hahahahhahahah!
    Hugo al sugo di pomodoro

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