PENSIERO IRRIVERENTE

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Che ne dite se tiriamo su dal pozzo sempre ombroso della Via del pensiero, qualche pensierino, anche se poi rischiamo sempre di farci male… Ve ne siete accorti? Vale la pena?

Sarà perché le diversità tra gli uomini sono grandi e poi perché pensieri e parole non sfiorano nemmeno un percorso così intimo, solitario e variegato. In sede d’apprendimento o di giustificazione logica già sembra che ci sia di mezzo una variante della maledizione di Babele, dove ogni voce sgomita per esprimere i giudizi o i vagiti più insensati o stravaganti.

Però la polifonica più stonata appartiene ad un limite decisamente basso, ipogeico e decisamente superabile: non si tratta, come vorrebbero le linguacce, di acritico accoglimento del verbo di chi, affascinandoci, per intrinseca debolezza umana poniamo sul trono del magistero (è interessante che proprio chi pensa in questo modo è, di regola, succube dei tromboni che a paludarsi da maestri e iniziati con l’astuzia dei rubagalline, ci marciano e ci mangiano a crepapanza secondo la natura della filiera alimentare darwiniana).

Al contrario, il solo avvicinarsi alla disciplina del pensiero, implica un grande sforzo di conoscenza e di volontà: la “persuasione” michelstaedteriana necessaria per osare un passo nell’Opus solare può, per molti, essere il primo risultato di un lungo (parliamo di anni o di tanta polenta) e sofferto incontro a schiaffoni (e altri tormenti: già la vita comune ce ne offre con lieta abbondanza) con la propria anima, assieme a quel briciolo di logica che viene usata per connettere qualsiasi cosa ma mai quale possa essere il suo significato per la coscienza da cui sorge: non ce ne accorgiamo ma è il primo seme di quella impersonalità che non è vuota parola  e che anzi, seppure ad intervalli aritmici, è una delle colonne fondanti della verità oltre la meschinità personale che, prima, era l’unico nostro mondo.

Certo, occorre l’aiuto, la trasmissione. Qualcuno che sia desto per scuotere gli addormentati.

E, come tutti sanno, nemmeno questo è sufficiente. Piaccia o meno, a monte della nascita, deve esserci stato un accordo o un legame che le dissoluzioni non possono disarticolare: un nesso sacro, adamantino.

Questa immagine non piace al soggetto ribelle (anche se essere ribelli è spesso una ottima attitudine), quello che si crede coi piedi ben piantati, che non vuole legami e aiuti: un modo di sentire e di pensare (di essere) che sarebbe rispettabilissimo se fosse puro e sincero: peccato sia spesso un’astrazione, quasi sempre sostenuta da una congrua dose di miopia, ignoranza e insincerità. Al punto che ogni tentativo di fornire a questa orgogliosa condizione dell’anima, idee, spunti di riflessione, angoli d’osservazione non usuali, è fatica sprecata.  Eppure nella realtà comune il contadino che seminasse su lastre di granito sarebbe un pazzo.

In effetti qui incontriamo un’altra delle leggi che governano i “mondi superiori” e, come in alto così in basso, pure il nostro (in quanto mondo di anime): si comprende davvero solo quello che già si sa, che in qualche modo è stato sperimentato anche se in forma diversa e inconsapevole.

Non è una regola volatile, cambiata dal tempo in cui Platone identificava la conoscenza con il ricordo.

L’obiezione che non potevamo ricordarci di questo o quello poggia sul ridicolo assunto che nell’archivio della coscienza non c’era.

Immaginate una sala più grande di 100 stadi di calcio e, da qualche parte metteteci una candelina: illumina intorno a sé una periferia ridottissima, poi solo ombre indistinte e un buio immenso. La candelina è la nostra autocoscienza e nell’immenso buio opera l’anima nostra. Mi pare che il Dottore dica, con un filo d’umorismo, che se la vita del nostro essere dipendesse dalla personale coscienza desta, moriremmo in un amen.

Il dottor Colazza, collaborando spregiudicatamente nel gruppo di Ur, offre allo studioso molti consigli e indicazioni pratiche. Alcune delle quali volte a potenziare il senso del ricordo.

E’ improbabile che ne sia stato fatto un serio uso.

Eppure la vita del ricercatore assumerebbe una notevole e diversa dimensione se l’atto del sapere fluisse nella coscienza come un intimo ricordo – sebbene sconosciuto –  della nostra propria anima: l’effetto collaterale consisterebbe nell’embrionale ma certa consapevolezza dell’immensità che l’anima cela nella tenebra: oltre i bordi della coscienza desta, da cui al massimo sbucano frammenti di sogno che spesso non hanno né capo né coda ma da cui molte anime attingono speranze e vaticini.

Mi sto già portando troppo in là, poiché anche quello che in buona fede si crede di sapere non è mai vero che sia scontato.

In realtà tutti hanno ragione, specie quelli che non si avvicinano alla concentrazione: nessuno andrebbe spinto a farla. Sfido io, non è mica la scelta del colore dei calzini!

In tanti casi è l’approdo dopo un lungo viaggio sul mare. Può iniziare solo quando altre avventure hanno terminato di farci palpitare, quando la barca di molte illusioni riprende il largo senza di noi.

Naturalmente esiste una via più veloce e diretta, ma implica un surplus di sforzo e coraggio e l’intuizione sacra della necessità dell’azione nel punto dove il terreno sotto i piedi sembra mancare: si apre un baratro nella vita e finalmente si salta!

E’ un’azione maledettamente obbligata: da Pitagora alla Golden Dawn, da Patanjali a Steiner, da Tilopa a Scaligero, da Ramakrishna a Reghini, non trovi uno che in salse diverse non l’abbia indicata come il gradino iniziale della Grande opera di reintegrazione nello Spirito.

Questo valeva anche quando il transito dalla percezione della materia sensibile al mondo della vita creante era, per molti versi, piuttosto facile. Però, come ho detto, è atto differibile se siamo ancora alle prese con situazioni ed eventi che assorbono ancora tutto il nostro essere: cullato o affogato nel suo saṃsāra.

Poi però la corrente mahayanica e successivamente il tantrismo scoprirono che l’ascesa e la liberazione non implicava il distacco dal divenire… magari con l’aiuto di mediazioni.

Noi, storicamente e strutturalmente siamo andati avanti: ci siamo spinti più avanti. Per i tradizionalisti questa “evoluzione” è una fregatura bella e buona, poiché a ragione, vedono il peggio: la decadenza e la morte dell’antico splendore, il Caos dove regnava l’ordine del Cielo.

E’ davvero difficile, per chi sia compiutamente incarnato e dotato di buona vista, trovare qualcosa che, ai nostri giorni, possegga il carattere del bello, del vero e del buono a cui tuttavia le anime umane anelano… semprechè non ci si accontenti della giornata trascorsa senza troppi danni.

Oppure, nel campo dello Spirito, quando si trovi un borghesissimo equilibrio tra l’asprezza lacerante della realtà e appaganti comunelle in cui, con o senza tè e pasticcini, si chiacchieri di profonde verità spirituali che appagano con l’aiuto del comfort, menti e cuori.

E’ l’immensa saggezza dell’equilibrio tra una vita tranquilla ed il moderato esercizio interiore: così tutto è stimolante e facile (gradevole) alla digestione, come affermava una vecchia pubblicità e la sensatezza trionfante.

Gli arieti – quelli che danno testate ai bastioni di pietra dura – non andrebbero nemmeno commiserati. Andrebbero abbattuti, come tutte le bestie stupide e fastidiose poiché cozzano continuamente contro gli ostacoli impossibili. Insistono senza speranza (Steiner usa la parola “rassegnazione”). Tutti gli spiritualisti di buon senso dovrebbero convenire che una rassegnazione attiva, imprudente, che non molla, che non molla mai di dar testate, è più scandalosa di un bestemmione rimbombante in una chiesa.

Eppure mi chiedo (stupido come sono): “Cosa potremmo fare senza la concentrazione?”.

Se il termine, troppo ripetuto, finisce con l’irritare, possiamo anche sostituirlo con “attenzione polarizzata” o con l’esotico tatraka, termine ambiguo perché comunemente si traduce con “fissazione” (ma il bello dei termini in sostanza intraducibili è che possiamo ritradurli a piacere nostro). In fondo ci alleniamo a far convergere tutte le potenze interiori verso una semplice immagine di pensiero, preparandoci prima con un percorso discorsivo breve, ma voluto. Riscaldare muscoli, stirare tendini è cosa ben conosciuta in tutti gli sport, assai meno nel tentativo occulto.

Già, cosa potremo fare senza la capacità di portare l’attenzione polarizzata su qualcosa per più di un mezzo respiro? Ovviamente niente di speciale.. .ma la natura aiuta e si campa lo stesso. Però in questo caso, se esisteva nel vostro cuore uno speciale ricordo, una vampa di nostalgia per lo Spirituale che chiedeva di rafforzarsi, di farsi sentire anche oltre, correte pure in chiesa o nella loggia o nei gruppi: lì troverete un po’ di soddisfazione, forse troverete qualche sintomatico che attenua il “morso del serpente”. Quasi certamente il prezzo da pagare sarà l’inganno: ingannerete voi stessi e il mondo. Così vanno le cose: ciò che non si tenta di attuare è tradimento: molti discepoli hanno tradito il Dottore, molti amici hanno tradito Scaligero.

Ruffiani e prostituti sono emersi dal fondo, come bolle di metano. Attivissimi nel depredare o nello scalare le vette ove le corrispondenti funzioni avrebbero dovuto essere di severo sacrificio di sé. Le sparse mandrie applaudono a cotante, iridescenti bolle, volgendo (talvolta) con malcelata antipatia occhiate interrogative agli insignificanti arieti. Vedono molta arroganza, presunzione, esasperato individualismo… insomma nulla di buono nella dichiarata ossessione di questi ultimi.

Tutto comprensibile, poiché la mandria non concepisce la singolarità, la spoliazione animica, il distacco interiore…

…in cui gli arieti trovano, con la concentrazione a lungo perseguita, lo spazio vuoto d’anima, dove le forze del mondo possono manifestare la propria realtà di vita-luce o almeno annunciare l’alba del Sole.

17 pensieri su “PENSIERO IRRIVERENTE

  1. Buongiorno caro Isidoro!
    Quale possenza traspare dalle tue righe, però vi avverto un sentore di tristezza per questo mondo tendente al decadimento. Come non condividere d’altronde? Benché il Kali Yuga sia terminato più di un secolo fa nel quotidiano è quasi impossibile scorgere i segni di una nuova epoca della Satya, anzi, oserei dire che parte della propria Opera interiore sia per l’appunto quella di dare vita a questi piccoli e tenui segni di Verità e Vita.

    Quando parli di “atto del sapere che fluisce nella coscienza come intimo ricordo” mi verrebbe da rispondere retoricamente con un “Che cos’è il Sapere Sacro se non un ricordo dell’anima rivissuto dalla propria coscienza resa via via più viva dal calore dell’IO?”.

    E che mondo sarebbe senza Arieti? Senza quella Forza Cristica, padrona della natura inferiore, non vi sarebbe vero e vivo Pensiero.

    • Appunto… Vedi vivo pensiero attorno a te? L’Io non dovrebbe essere una perla rara ma l’esperienza comune di ogni uomo oggi come oggi. Le incarnazioni aumentano (e sicuramente questa urgenza non è sintomo allegro), siamo ormai sette miliardi di anime. Dovremmo assistere ad un rinascimento globale ed invece…
      La cosa che mi lascia perplesso, ma che probabilmente è dovuta al mezzo del blog ove la scrittura cela le espressioni, è l’avvertire in generale quasi un godimento di “superiorità” in chi ha compiuto qualche piccolo passo verso lo spirto. A me invece fa quasi paura il capire sempre di più, se il “non fermarsi” è diventato quasi un’esigenza vitale è pur vero che ci son momenti in cui bramerei sinceramente la precedente “beata ignoranza”. Passano ma ci sono…

  2. L’IO esperienza comune nella nostra epoca? Ahimè caro Balin, questa esperienza diverrà comune solo molto in là nel tempo. Oggi come oggi ci si ferma ben prima, la maggiorparte della popolazione addirittura fatica a rendersi conto di possedere un’anima! Molti considerano solo una parte di essa, quella chiamata mente, e credono che sia esclusivo parto della cerebralità. Insomma, il corpo fisico che genera l’Anima! Orrore! Lo Spirito in questo è semplicemente ignorato.
    Ma queste sono necessarie limitazioni a cui bisogna arrivare prima di poter risalire la china. Insomma, senza Caduta vera e propria non ci sarebbe Risalita.

    Tu parli inoltre di godimento di “superiorità”. Lasciando a te il compito di analizzare nella tua interiorità perché TU avverta questo in quello che leggi, volevo solo precisare che effettivamente in ogni tipo di Organismo (dal più basso ente materiale alla più alta entità spirituale) vi è una gerarchia. Solo in un epoca come la nostra, dominata dal Signore della Menzogna e dell’Appiattimento, si può pensare che siamo tutti uguali e che ognuno di noi sia copia dell’altro e che è cosa buona e giusta omogeneizzare l’intera popolazione terrestre in una grande famiglia di cloni mentali.
    La realtà è che esistono differenze tra noi, non sto parlando di una concezione aristocratica di Superiori ed Inferiori, quanto di una distinzione, che ognuno deve fare in cuor proprio, tra chi ha maggiore consapevolezza e coscienza di Sé e chi invece vive senza porsi troppe domande.
    Ciononostante siamo tutti ugualmente importanti, nessuno di noi ha la priorità sugli altri, ognuno è qua per giocare la propria parte. Così come in un alveare servono api operaie e api regine, così all’Umanità sono necessari sia grandi Iniziati che uomini comuni che ignorano la propria natura.

    • Trucchi della dialettica caro Cibon ma se rileggi il tuo commento o lo fa leggere a qualche tuo amico NESSUNO ti dirà sinceramente che tu ti paragoni ad un ape operaia… Ed allora? Citi solo le regine per controparte. 😀

      Fatti una risata perché, ovviamente, non credo che tu volessi intender questo ma spesso nella foga di scrivere diamo per scontato che quello che sta dall’altra parte capisca i sottointesi.

      In quanto all’esperienza che diverrà comune “al di la del tempo” direi che di tempo non è che ce ne sia poi molto. Vulcano è lontano ma Giove no (vedi la Scienza Occulta). E lì chi non c’è non c’è e se ne rimane a pascolare su qualche altro mondo come il famoso “pastore” su Marte impietosamente immortalato dai robottini NASA. Ma son scherzi della natura, dicono…

      Chiarisco una cosa però. Questa non è una critica. Solo una perplessità mia. Ti esprimi sempre in maniera così chiara e pacata che trovo interessante la discussione ed istruttive le incomprensioni.

      • Ahh… segugio di un Balin, mi hai scovato! Ora dovrò ammettere pubblicamente che ho un sincero debole per le Regine! 😀 Sarà la tradizionale “Bataille de Reines” che c’è dalle mie parti ad avermi condizionato 😉

        Vedi, c’è una cosa che mi affascina molto di questo temuto, ma amato W.W.W.: i sottintesi! Solitamente in un dialogo “de visu” con persone conosciute le incomprensioni vengono chiarite subito e i sottintesi facilmente intuiti. Nella “ragnatela”, invece, è difficile che i sottintesi veicolino il messaggio voluto e lasciano quindi totale libertà al lettore di interpretarli secondo il proprio “gusto”. Non è forse questa un’espressione paurosamente incredibile di Libertà?
        Ci sono ovviamente potentissime Forze che cercano di creare solo confusione e menzogna da questa situazione. Umilmente credo che sia però nostro compito quello di dare Luce a questi sottintesi e di trarre massima istruzione (come affermi benissimo tu, caro Balin) da ogni possibile incomprensione. Qui è all’opera il Doppio che benché possa trascinarci in un’infinita caduta, ha in sé la Forza (che noi dobbiamo comprendere e trasmutare, passami il termine alchemico) che può permetterci di toccare il cielo con un dito! Ne ha parlato anche Isidoro in un altro commento e sicuramente tu, Balin, sai perfettamente ciò di cui sto parlando.

        Su Giove, sarò miope io, ma non lo vedo così vicino ed imminente. Come diceva il Dottore, la quinta e la sesta epoca saranno in questo decisive e ci sono ancora alcuni eventi chiavi che dovranno verificarsi. Ma qui mi taccio perché non vorrei sviare il tema della conversazione.

          • Scusami tu, ho visto solo ora il tuo messaggio!.. Il tema è indubbiamente interessante e contingente, però parlarne, soprattutto in pubblico, è sempre molto delicato e in qualche modo pericoloso.

  3. Peccato che adesso l’Umanità più che guidata è appesa ai fili di un manipolo di contro-iniziati (anzi diciamo proprio di “finiti”) che si divertono a “far piovere” o “far bel tempo” secondo uno schema più degno di un gioco da tavolo o di un gioco di ruolo più che del gioco cosmico.
    Con questo non voglio dire che lo spirito prima o poi non avrebbe fatto sentire la sua voce anche con mezzi come questi, ma diciamo anche che nel bene o nel male la volontà degli uomini è libera di agire e agisce.
    Nella natura è tutto diverso, li tutto è stabilito e ognuno fa la sua parte senza fiatare, ma anche per questo la natura è un qualcosa di statico e superato, lo stiamo vedendo anche negli uomini, nei loro corpi che mutano in continuazione, cioè mi spiego, secondo il mio pensiero mentre in natura gli esseri rimangono tali, nell’uomo si vede in continuazione che vuole metterci sempre del suo per andare oltre ciò che è, e ciò un pò lo distanzia dalla natura

  4. Già! Il non fermarsi mai è uno dei pochi salvacondotti che, come uomini, possediamo. Conosco gente che è discesa all’inferno: solo non si è fermata e, come papà Dante, ne è uscita con più forza, con capacità maggiori. Il Mentitore vive fuori dal tempo e non comprende come possiamo continuamente sfuggire dagli artigli in cui ci intrappola continuamente. Ghermita l’anima, per il dio oscuro è GHERMITA PER SEMPRE. Cosa che non è vera se andiamo avanti.
    Andare avanti è la moralità faustiana: quella dei Nuovi Tempi. Ogni opera che giornalmente ci sforziamo di realizzare è realmente un passo avanti (anche se segreta e senza dimensioni). In tal senso se si riduce la Scienza dello Spirito a principi fissati come fossero le tavole della Legge, allora sì che “peccheremmo” di brutto!

    • Penso che il fatto che la Scienza spirituale abbia filosoficamente dei “non confini” anziché dei dogmi sia uno dei pochi barlumi di speranza. Pensa che, col senno di poi, la metodica di un Archiati con i suoi “schemini sulle incarnazioni terrestri” che molto tempo fa apprezzavo ora la considero a dir poco inquietante.

    • Le nostre immagini non sono mai casuali Balin. Anche quando il testo dell’articolo poco si presta a rimandi e suggerimenti visivi immediati noi cerchiamo sempre di integrarlo con una immagine simbolica sul tema trattato. Non e’ sempre facile ma quando la cosa mi risulta un po’ piu’ complicata i saggi e sapienti di Eco arrivano in mio soccorso.
      Se intraprendiamo il coraggioso e periglioso viaggio interiore – irto di difficolta’: pieno di delusioni, errori e sofferenze – non abbiamo forse bisogno di determinazione e fedelta’ per proseguire? virtu’ di cui certo non difettava “questo” Cavaliere?
      Balin, pensi che quando avrete svezzato la principessa Balina potrai tornare operativo come prima? Perche’ ti includeremo nel novero dei saggi e sapienti consiglieri grafici! Ora non risponderesti in tempo reale secondo le necessita’ del momento di pubblicazione….Saluti carissimi e un bacino specialmente a Balina.

      • Savitri quello è Kligsor non Parsifal. La tela rappresenta l’incontro col cavaliere evirato del nostro prode 🙂

        Ovviamente appena la principessina sarà un pochino più indipendente tornerò operativo e non vedo l’ora. Tra l’altro ho iniziato due libri che meritano due articoli spero di trovare il tempo per scrivere. 🙂

        • Sicuro? bene, allora troveremo il giusto cavaliere!!!!!! Protestero’ subito nei confronti del mio saggio consigliere! 🙂 Ecco perche’ ridevi! 😛 Intanto tu fa finta che sia Parsifal!
          Attendiamo i tuoi articoli, tra l’altro un intenditore, e io sono d’accordo con lui, ha detto che sai scrivere e che il tuo ultimo pezzo era super!
          Secondo me Balina non solo diverra’ presto indipendente ma ti terra’ pure al guinzaglio! ( Come non ci e’ riuscito nessuno mai!)

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