L'incontro con Massimo Scaligero

studio3Il mio incontro con la sua Opera, e pochissimo dopo con lui stesso, avvenne oltre quarantré anni fa. Decisivo per me fu l’incontro personale con lui poiché tale evento sommosse tutte le forze della mia anima. Era una delle ultime giornate di primavera o forse una delle prime della sopravvenente estate di quell’anno. Lo incontrai nel suo studio, in una viuzza della parte gianicolense di Monteverde Vecchio, in quello studio all’ultimo piano di Via Cadolini, che per me divenne presto – anzi sùbito – un luogo sacro, come un luminoso eremo montano o un sacro tempio nel quale era possibile incontrare gli Dèi.

In larga misura avevo letto la vasta, tumultuosa, ed ampiamente contraddittoria, letteratura dell’Occultismo circolante a quel tempo in Italia, e ne avevo tratto idee alquanto confuse su come avrei potuto procedere nel mio cammi­no di formazione interiore. Veneravo le antiche Vie e i luminosi Maestri di un passato che mi sembrava ormai trascorso, ma ero consapevole dell’attuale decadenza che in Occidente, e persino in Oriente, dilagava a livello spirituale. Ero inoltre piuttosto scettico sui tanti se­dicenti “Maestri” che propinavano metodi addomesticati, tendenti a porre al servizio dell’ego bramoso forze occulte per abbeverare l’inesausta sete di potere e di voluttà dell’attuale uomo animalizzato. Tali sedicenti istruttori venivano definiti in antichi testi d’Oriente “prostituti spirituali” ed io concordavo pienamente con tale definizione. Sentivo fortissimamente la necessità di qualcuno che guidasse i miei passi sul sentiero spirituale, ma procedevo inevitabilmente guardingo nei confronti degli allettamenti che con profusione venivano offerti dalla legione costituita dai vari mercanti dell’Occulto. Ho sempre ringraziato il Cielo per l’incontro con Massimo Scaligero perché egli si dimostrò, oltre ogni mia immaginazione, al di sopra delle più esigenti aspettative che un cercatore spirituale potesse avere nei confronti di una Guida o di un Maestro autentico.

Massimo non volle mai né mai permise che lo si chiamasse Maestro. Perciò lo era. Egli diceva spesso (e lo scrisse a chiarissime lettere) che il Maestro è l’Io, e lo si educa nell’interiorità con rigorosa ascesi. Mai, nei numerosi incontri personali – che presto divennero ritmici – o negl’incontri riunioni con gli amici a Via Barrili, ho visto in lui la sia pur minima traccia di vanità; mai l’ho visto compiacersi della deferenza spontanea che tante persone con semplicità e immediatezza inevitabilmente gli portavano incontro; mai l’ho visto venire a patti, per ragioni di convenienza o altro, con la menzogna o coi tatticismi opportunistici di un modo di agire politico che come un malcostume levantino oggi dilaga in ogni campo e che ha infettato purtroppo anche il nostro ambiente.

Nel primo incontro che ebbi con Massimo, ebbi sùbito il senso della travolgenza dello spirito o della Sopranatura. Per la prima volta avevo di fronte non un intellettuale o un filosofo che parlava, sia pure con profondità e correttezza, di dottrine lette in antichi testi e tramandate lungo i secoli da una tradizione fedele e devota: mi fu immediatamente chiaro che Massimo era uno sperimentatore eccezionale del Mondo Spirituale che parlava unicamente di quel ch’egli sperimentava direttamente. Immediatamente mi pose il compito di non perdermi nei labirinti di un inutile apprendimento intellettuale, bensì di passare quanto prima all’azione attraverso una rigorosa pratica interiore. Al centro del cammino iniziatico egli poneva senza attenuazione veruna l’importanza della Via del Pensiero Vivente, l’assolutezza dell’Ascesi del Pensiero-Folgore, non solo come la Via più radicale che il discepolo dello Spirito oggi possa seguire, ma addirittura come l’unica che conduca alla mèta.

Per anni egli fu di una generosità senza pari nel donarmi le indicazioni delle quali avevo bisogno nel mio cammino interiore. La stessa generosità la ebbe nei confronti di chiunque si rivolgesse a lui con sincerità di cuore sollecitando la sua guida fattiva.

E devo dire che Massimo, negli incontri che avevo con lui, fu sempre un energico suscitatore del clima interiore del pensiero puro. Il dono incomparabile che ricevevo ogni volta dai colloqui con lui era il clima della Magia Solare del Pensiero-Folgore. Egli suggellava ed accendeva ulteriormente tale clima col Rito della concentrazione o della meditazione, breve o lunga, praticata insieme, col quale voleva accompagnare ogni nostro incontro.

In tali incontri non lo vidi mai appannato o deconcentrato. La sua presenza interiore, la sua consapevolezza siderea, era potente, dinamica e spontanea. Egli si sentiva sempre totalmente libero, qualunque fosse la situazione in questione, nei confronti della persona che aveva di fronte.

Parlava sempre partendo unicamente dalla reale richiesta, ossia dalla necessità interiore dell’anima di chi si rivolgeva a lui, indifferente all’effetto piacevole o spiacevole che le sue parole potevano suscitare nella poco consapevole psiche di chi lo ascoltava. Così come era assolutamente indifferente alla lode e al biasimo, alle opinioni che gli altri potevano farsi di lui. In chi lo incontrava non tollerava recitazione spirituale o morale ch’egli, ogni volta, inesorabilmente smascherava. Abbatteva energicamente ogni forma, palese o travestita che fosse, di ambizione, di opportunismo, di arroganza, di vanitosa intellettualità. Non blandiva mai in coloro che a lui si rivolgevano quei lati morbidi della personalità morale con i quali molti fanno molteplici compromessi, rivestiti delle più svariate giustificazioni dialettiche. Nei confronti delle inevitabili debolezze e degli errori di chi segue l’arduo sentiero dello Spirito, Massimo era tollerantissimo. Quella che non tollerava mai era la menzogna, la recitazione di esperienze interiori puramente immaginate.

Non si faceva alcuna illusione circa la tenuta spirituale della cerchia dei tanti che nominalmente si richiamavano a lui e che in ben pochi avrebbero potuto dirsi veramente suoi discepoli. Molti diluivano la sua severa indicazione ascetica in un misticismo sentimentale o in un verboso dialettismo intellettuale: né più né meno come accadde nei confronti di Rudolf Steiner e della Ascesi da lui indicata. In realtà ben pochi attorno a Massimo Scaligero erano i praticanti interiori. Pochissimi, poi, colsero la centralità della Via del Pensiero.

Una volta, ero allora ancora molto giovane, mi disse: “Non ho nessuno a cui trasmettere la fiaccola!”. E ad un mio amico che gli chiedeva che cosa sarebbe accaduto dopo la sua scomparsa, Massimo disse: “Sei mesi dopo la mia morte, sarà tutto finito”. Quell’amico me ne ha reso varie volte esplicita testimonianza. Ciò spiega tanti eventi accaduti immediatamente dopo la sua dipartita e negli anni successivi.

Tuttavia, la mia non è e non vuole essere una posizione pessimistica. La volontà consacrata, veicolo della esperienza trasfiguratrice dell’idea, può compiere il miracolo della trasformazione radicale di un essere umano fiaccamente adagiato nella ottusa vicenda corporea, condizionato da una psiche nevrotica e istintiva, stordito da un illusorio apparire che gli si impone con la usurante magia dei suoi falsi valori, in un uomo spirituale, fondato sull’inesauribile forza originaria dell’Io, aperto alla realtà del mondo spirituale e perciò capace di superare ogni limite.

È vero che ci è stato dato in sorte di vivere in un’epoca spiritualmente tragica e pericolosa, ma Massimo ha insegnato che proprio nelle epoche di pericolo il Mondo Spirituale dona all’uomo le sue forze più potenti e rende possibili le più audaci imprese spirituali. Inoltre Massimo nella sua Opera è stato prodigo di indicazioni operative come forse nessun altro, e ci ha dato strumenti potenti per realizzare l’impresa interiore.

Solo, non dobbiamo smarrire il cuore dell’Ascesi Solare da lui indicata: quell’esperienza del pensiero puro che, partendo dal livello del pensiero libero dai sensi, audacemente s’innalza, intensificandosi, sino ad essere quella Forza-Folgore del Pensiero Vivente che è la veste di Luce e d’Amore del Logos. Occorre donarsi con slancio alla pratica interiore, amare la concentrazione, quella concentrazione che Massimo affermava che, coltivata con assolutezza, può da sola condurre all’Iniziazione e all’esperienza del Mondo Spirituale. Infine, occorre fare della gratitudine e della fedeltà a Massimo l’Arte della memoria interiore di un compito che non deve essere smarrito bensì perseguito con impeto e coraggio.

Un pensiero su “L'incontro con Massimo Scaligero

  1. In effetti, caro Hugo, mi pare che tu tratteggi la medesima persona che anch’io conobbi.
    La mia impressione conobbe due tappe: la prima fu il ‘casuale’ acquisto di un libro grosso e azzurrino intitolato La via della volontà solare. Anzi, preso con i peggiori sentimenti possibili, giacché un mio discepoluzzo aveva acquistato, il giorno prima, una delle due copie che c’erano in libreria contravvenendo al mio consiglio di non prendere roba di un discepolo di Evola.

    Acquistai il libro poiché il caporale non doveva sapere più del suo capitano!
    Così cozzai su due cose: la prima era un linguaggio che il sagace operatore della Scienza dei magi capiva a spizzichi e brandelli. La seconda cosa (erano le righe sullo Shi-chiai) mi arrivò dentro e mi capovolse il cuore: chi aveva scritto quelle righe comunicava per esperienza DIRETTA: un lampo immenso, indubitabile! E, con esso, la consapevolezza della sua autorità di Maestro.

    Passarono diversi anni di studio e di lavoro. Vi giuro, non fu questione di farmi bello e preparato: era solo che dovevo incontrare Scaligero in un certo momento. Appena nel ’69 mi sentii pronto per incontrarlo. Così conobbi di persona colui che Hugo ha così ben disegnato, seppure parzialmente (suppongo per riserbo).

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