Recentemente, sono apparsi su un noto social forum alcuni contributi, sotto forma di post e di video, a dir poco molto problematici, in quanto diffondono sulla Scienza dello Spirito, sul pensiero e sull’azione di Rudolf Steiner, ma anche sul pensiero e l’opera di Massimo Scaligero, affermazioni che sono il contrario della verità, ossia sono delle palesi e documentabili menzogne. Alcuni amici, che mi hanno fatto conoscere, mettendomeli a disposizione, tali problematici contenuti, ritengono che non si possa tacere di fronte a tali sfacciate menzogne, e di conseguenza mi hanno spinto a comprommettermi, ad uscire in campo aperto, a pronunciarmi a tale proposito. Questi amici hanno ritenuto che fosse da parte mia un preciso dovere.
Quando, prima nel luglio del 1971 da Massimo Scaligero, e poi nel novembre del 1985 da Hella Wiesberger e dagli altri membri della Rudolf Steiner Nachlassverwaltung, ossia del Lascito di Rudolf Steiner, tra i quali il presidente del medesimo, Gian Andrea Balastèr, venni accolto nella Classe Esoterica di Rudolf Steiner – l’unica che io riconosca come autenticamente tale – presi l’impegno sacro davanti alla potenza di Michele non solo di fare mia la causa e il destino dell’Essere Angelico Antroposofia, di degnamente rappresentarlo col pensare, il sentire, il volere e l’agire, davanti al mondo, ma altresì di impegnarmi a dire e a difendere sempre la verità, a controllare e verificare – sempre e il più diligentemente possibile – se sia vero o meno quello che io od altri presentiamo al mondo come verità. E un tale impegno sacrale non è – non lo deve essere – trascurabile o disertabile. Proprio una tale opportunistica negligenza e diserzione di fronte ai molti, troppi, tradimenti, e alle menzogne, sorte soprattutto dopo la morte di Rudolf Steiner, ha portato all’attuale disastrosa situazione della Società Antroposofica e del movimento spirituale antroposofico. Le ultime, recentissime menzogne apparse su tale social forum rischiano di essere un ulteriore vulnus, una ulteriore offesa, una ulteriore mortale ferita, uno dei “colpi di grazia” inferti ad un movimento antroposofico, che da troppo tempo ha smarrito l’impulso originario e si è largamente snaturato.
Dunque, è doveroso non tacere. Che un tale necessario smascherare la patente menzogna possa portare a molti feroci attacchi, come già avvenuto in passato, anche recente, verso il sottoscritto, è cosa che perlopiù mi lascia del tutto indifferente, e, anzi, viste la fonte e la forma di tali attacchi, addirittura talvolta la cosa mi diverte non poco. In generale, per principio, non rispondo a simili attacchi – calunnie, minacce, ingiurie volgari – e per quanto possibile continuerò a non farlo. Ma gli attacchi, aperti o subdoli, alla Scienza dello Spirito, il mentire sul pensiero e l’opera di Rudolf Steiner e su quella di Massimo Scaligero, è cosa che certamente non verrà lasciata senza risposta. Perché, tra gli impegni sacri assunti nell’essere accolto nella Classe Esoterica, vi è quello di difendere l’Essere Angelico Antroposofia e la Verità.
Alcuni amici mi hanno comunicato, per esempio, quanto da una persona che mi dicono si celerebbe sotto uno pseudonimo – N.R. Ottaviano – nomen che richiama echi lontani nella storia dell’esoterismo in Italia, è stato pubblicato sul suddetto social forum a proposito di una modalità di esecuzione dell’esercizio di Concentrazione – il quale è qualcosa di più, e in parte di diverso, rispetto al semplice esercizio del controllo del pensiero, ossia il primo dei cinque esercizi di base – modalità che, a suo dire, Massimo Scaligero avrebbe dato e fatto praticare. Ora tale modalità di esecuzione della Concentrazione è una pura invenzione dell’autore di quel problematico post, autore che si propone apertamente come “Istruttore occulto”, e contraddice platealmente quanto Massimo Scaligero stesso apertamente afferma sia nelle sue opere scritte, sia nei suoi discorsi tenuti nelle riunioni, delle quali io possiedo gran copia di registrazioni. Inoltre, in quanto costui scrive vi sono tutta una serie di errori storici, che sono frutto di pura ignoranza: come avrò modo di documentare su questo temerario blog.
Prima di affrontare la disamina di come da costui venga presentato l’esercizio della Concentrazione – in una modalità che, come ho appena detto, contraddice apertamente le esplicite indicazioni orali e scritte di Massimo Scaligero – è bene ricordare l’intransigenza di Rudolf Steiner sulla questione della Verità. Infatti in Risposte della Scienza dello Spirito a problemi sociali e pedagogici, undicesima conferenza, tenuta a Stoccarda, 20 luglio 1919, GA-192, Editrice Antroposofica, Milano, 1974, p. 257, possiamo leggere:
«Io prego ora di confrontare tutto ciò con la verità di quanto è avvenuto, e si vedrà in quale misura si possa mentire. […]
Anche questi fatti devono venir considerati come un fenomeno storico; esso si manifesta nella circostanza che in un movimento, il quale vorrebbe lavorare secondo lo spirito, può venir coltivata al massimo anche la menzogna. È assolutamente necessario che da parte nostra venga oggi coltivato nel modo più rigido il senso per la verità. […] Oggi non si può che chiamare menzogna la menzogna, anche se la menzogna appare in un posto dal quale in astratto e in teoria si dice che ivi si cerca la verità. Sia che nascano in campo confessionale, sia in ambienti che cercano una concezione del mondo, oggi le menzogne, soprattutto quelle alle quali si possono contrapporre i fatti, devono venir bollate a fuoco, altrimenti non andremo avanti. Lo spirito della menzogna, lo spirito dell’inganno è infatti il maggior nemico del vero progresso spirituale».
Queste le parole del Maestro dei Nuovi Tempi, di Rudolf Steiner. Ma, già alcune pagine prima, pp. 254-255, egli, con parole che oggi suonano ben amare, così si esprime:
«Pensiamo alle menzogne che sono state dette negli ultimi cinque o sei anni fino ad ora in merito ai grandi problemi del mondo. Tutto testimonia per il senso del mondo attuale, tendente alla menzogna. Proprio qui, nell’àmbito della nostra Società, si dovette sempre ricordare quanto sia necessario acquisire nel modo più completo il senso per la vera realtà. Quando si iniziò a lavorare nel senso del movimento antroposofico, nel movimento stesso vi erano molte persone provenienti da condizioni precedenti che sempre volentieri correggevano la verità. Proprio in movimenti come è quello antroposofico si vede quanto si preferiscano coltivare gli antichi errori piuttosto che le nuove virtù. Scivolar via sulla verità in tal modo è qualcosa per cui si formò una speciale tendenza. Spesso era difficile, proprio nell’àmbito della Società Antroposofica, di immettere qualcosa che semplicemente consisteva nel chiamare menzogna una menzogna. quando succedeva che nella Società si facessero avanti persone per dire qualcosa che non era vero, si aveva sempre la tendenza di scusarle, oppure di presentare la menzogna in modo che si potessero rilevare le buone intenzioni sotto il non vero.
Invece è proprio necessario di dire non vero al non vero».
Ora, quando dopo la separazione dalla anglo-indiana Società Teosofica di Adyar, causata dal tentativo di Annie Besant e Chrìarles W. Leadbeater di spacciare l’ancora fanciullo Jiddu Krishnamurti, “Alcione”, per il venturo Buddha Maitreya, e il Christo, venne fondata la Società Antroposofica, fu scelto come “motto” di quest’ultima il detto di Goethe: «Die Weisheit ist nur in der Wahrheit», ossia: «La Saggezza è soltanto nella Verità». Quindi Saggezza e Sapienza – la Celeste, la Divina Sophia – è nella Verità, e non nella tacita complicità, non nella “diplomazia”, negli opportunistici accomodamenti in stile “politico”, o nell’accondiscendenza, nei confronti della menzogna. Rudolf Steiner – e, con lui, Giovanni Colazza e Massimo Scaligero – affermavano che si può, e si deve, essere compassionevoli e indulgenti nei confronti delle umane debolezze, mentre nei confronti dell’ambizione, della vanità, e della menzogna, si deve sempre essere inesorabili nel combatterle.
Ora, da molti anni, ad ogni piè sospinto, l’autore del suddetto post propone “comunicazioni” specialissime, “rivelazioni”, e “pratiche iniziatiche”, che Massimo Scaligero – per peculiare ed arcano “privilegio” – a lui, e solo a lui, avrebbe concesso. Tra queste “rivelazioni”, vi è la modalità da tale autore, per sua “gentile concessione”, “generosamente” comunicata su quel social forum, ed anche altrove, a proposito della Concentrazione, da eseguirsi sia nella forma dell’ascesi individuale solitaria che in comune con altri. Indipendentemente dalla palese falsità del contenuto di tale “pratica”, circa la quale vedremo cosa dice Massimo Scaligero, ch’egli chiama sempre più insistentemente “il mio Maestro”, vi è, paradossalmente da chiedersi s’egli abbia mai conosciuto personalmente Massimo Scaligero: malgrado tutte le sue insistenti allegazioni, il dubbio ch’egli non l’abbia mai conosciuto sorge spontaneo, ed è più che legittimo.
Affrontiamo la disamina della descrizione della Concentrazione, che l’autore del suddetto post ha pubblicato più volte sul noto social forum, sia con scritti sia con video, e che egli attribuisce esplicitamente a Massimo Scaligero, il quale, a suo dire naturalmente, gliel’avrebbe trasmessa – essendo lui ancora adolescente – e fatta praticare in riunioni rituali con varie persone. Di ciò – a quanto mi risulta, e non credo di sbagliarmi – egli verrebbe ad essere – sempre a suo dire – il solo testimone. Di ciò ho avuto modo di parlare con varie persone, che parteciparono, come io stesso del resto, per anni a riunioni di meditazione con Massimo Scaligero, e tutte hanno smentito tale modalità. Recentemente, ho anche avuto una lunga conversazione telefonica con un amico di Trieste, che conosco sin dagli anni settanta dello scorso secolo, discepolo di lunga data di Massimo Scaligero, ed egli stesso ha decisamente smentito tale modalità di esecuzione della Concentrazione. Questo, a mio modesto parere, rende poco credibile la partecipazione del nostro “mistagogico autore” a tali riunioni rituali con Massimo Scaligero. Nel caso in cui mi sbagliassi – ma me lo si deve dimostrare – prometto che mi batterò il petto con compunzione, ed ammetterò volentieri pubblicamente il mio errore. Ma non credo proprio che costui riuscirà a dimostrami che erro.
Anzitutto, nella descrizione ch’egli fa della Concentrazione, e ch’egli attribuisce esplicitamente, oralmente in video e per iscritto, a Massimo Scaligero, e non ad una propria elaborazione personale – e sarebbe già cosa grave ed oltremodo discutibile – vi sono delle incongruenze che è opportuno rilevare. Infatti, egli così letteralmente scrive:
«Fase Uno (preparatoria) : Rilasciamento-Silenzio
Il meditante assume la c.d. “posizione del Faraone”: seduto con la schiena dritta, le mani poggiate a piatto sulle ginocchia, il capo lievemente inclinato, gli occhi chiusi o semichiusi, la lingua appoggiata sulla parte superiore del palato. Il meditante inizia dunque a prendere coscienza del respiro, ovvero si limita ad osservare, a prendere coscienza, del respiro, ovvero dell’aria che entra ed esce dalle narici. Quindi, iniziando dal capo, egli immagina che tutti i suoi muscoli siano rilassati e distesi. Il meditante immagina di sottrarre ogni forza dai suoi muscoli, dall’alto (capo) verso il basso, fino a giungere ai piedi. Per rafforzare tale processo egli può utilizzare l’immagine di un blocco di ghiaccio che posto su una stufa arroventata si scioglie in acqua. Quindi egli dice a se stesso: “tutti i miei muscoli sono distesi. Io sono completamente disteso, io sono calmo, disteso, profondamente in me. Tutto in me è calma, pace infinita. Io sono libero, sono calmo”. Il meditante percepirà in tal modo uno stato di profonda quiete corporea ed animica e tale sensazione di quiete potrà essere ulteriormente rafforzata con alcune immagini plastiche e viventi:
calma, come in una tomba lontana, profonda, abbandonata
calma, come sul fondo di un trasparente lago alpino
calma, come in una notte siderea
calma, come in una città addormentata e deserta in un caldo e assolato pomeriggio estivo.
Questa tecnica è descritta in “UR” vol. I 1927 nell’articolo a firma “ARVO” alias il duca Giovanni Colonna di Cesarò, discepolo diretto di Rudolf Steiner. Massimo suggeriva di ricorrere a questa fase preparatoria allo scopo di sgomberare la mente dalle impressioni, emozioni, sentimenti, etc. della giornata. Tale fase preparatoria diventa ASSOLUTAMENTE indispensabile nel caso di incontri rituali».
L’autore di questa problematica descrizione della Concentrazione è incorso, probabilmente in maniera involontaria, in un grossolano errore storico. Infatti, l’Arvo del “Gruppo di Ur” non era affatto il duca Giovanni Colonna di Cesarò, figlio della baronessa Emmelina de’ Renzis, discepolo di Rudolf Steiner e, come la madre, traduttore – con l’eteronimo “Saro Giadice” – di varie opere di Rudolf Steiner. Arvo, infatti, era proprio Julius Evola, e questo risulta anche dall’analisi dei testi nei quali lo stesso Evola fa riferimento al movimento Neugeist germanico, diverso e in contrasto con l’Antroposofia di Rudolf Steiner. Probabilmente, il nostro autore ha ricavato tale erronea identificazione dal libro di Renato Del Ponte, Evola e il magico Gruppo di UR, Borzano, SeaR, 1994. Ma Renato Del Ponte si sbagliava. Infatti, già negli anni venti e trenta del Novecento era noto, sia in Italia che in Francia, che Arvo era lo stesso Evola. Ne è testimonianza un libro francese, Zam Bothiva, Asia Mysteriosa, testo edito, a Parigi nel 1929, dalla “Fraternité des Polaires”, fondata da due amici di Julius Evola, Mario Fille e Cesare Accomani. Ora, nel libro viene rivelato apertamente come Arvo sia lo stesso Evola, il quale non ha mai smentito tale attribuzione. Altra prova ne è il fatto, che alcuni articoli di Arvo, non pubblicati in UR-KRUR degli anni venti, apparvero nell’edizione edita dai Fratelli Bocca nel 1955, quando Giovanni Colonna di Cesarò era morto già nel 1940. La stessa cosa fu confermata in un articolo di “Aurelio Perenne” – che Renato Del Ponte ritiene essere il kremmerziano Piero Fenili, amico e frequentatore del barone romano di origine siciliana – sulla rivista “Politica Romana” negli anni novanta dello scorso secolo.
Ora, fare precedere l’esercizio della Concentrazione da una discutibile “pratica” evoliana è cosa che la mia amica Fang-pai, sapiente figlia del Celeste Impero, definirebbe educatamente, e caritatevolmente, “inappropriata”. Infatti, la Concentrazione deve essere praticata in totale indipendenza da qualsiasi condizione fisiologica, sia essa corporea, sia essa psichica. La Concentrazione, venga essa praticata in solitudine o con altri compagni di ascesi, non ha e non deve aver bisogno di preventive pratiche di “rilassamento” corporeo e di “distensione” psichica. Su questo Massimo Scaligero, in scritti e in riunioni comuni, fu sempre estremamente chiaro, ossia sul fatto che la Concentrazione va eseguita senza alcun preliminare: quale che sia la condizione fisica o psichica. Anzi, a volte la difficoltà può essere motivo di più energica esecuzione di essa, e di più meritoria vittoria sugli ostacoli. Quindi non solo, quanto consigliano Arvo-Evola ed il nostro “mistagogico autore”, che si propone apertamente come “Istruttore occulto”, ossia come “Maestro”, non è affatto una condizione assolutamente indispensabile nella pratica individuale e comune, ma addirittura è cosa è assolutamente e doverosamente da evitare. Ma su quello che Massimo Scaligero scrive contro simili pratiche fisio-psichiche, spacciate come preliminari necessari alla pratica della Concentrazione solitaria e comune, ritornerò – con adeguate citazioni – più sotto in questa mia stessa disamina.
Quanto alle riunioni nelle quali Massimo Scaligero parlava il mercoledì e il sabato, anche in questo caso sono patenti le incongruenze nelle affermazioni del nostro autore. In un articolo da me pubblicato su Ecoantroposophia l’11 Gen, 2014, intitolato “Verità contro menzogna”, riportai e commentai quanto egli aveva esposto come descrizione di quelle riunioni di Massimo Scaligero. Trascrivo fedelmente:
«[Il nostro autore] dà una descrizione alquanto errata delle riunioni che Massimo Scaligero teneva a Via Barrili 12 a Monteverde, dapprima solo al sabato e, poi da metà degli anni settanta, due volte a settimana, il mercoledì e il sabato, dimostrando di non avervi mai partecipato. Da come il nostro affabulatore descrive lo svolgimento di quelle riunioni, chi vi ha partecipato capisce subito ch’egli non vi è mai stato presente: neppure una volta. Infatti, così prosegue nella sua «commossa» evocazione della scomparsa del nostro amico [Alfredo Rubino]:
«La conferma dell’enorme stima e della totale fiducia che Massimo nutriva nei Suoi riguardi si ebbe dopo la morte terrena del Maestro, di cui sta per ricorrere il 34° anniversario, dal momento che Massimo, nelle Sue ultime volontà lasciò ad Alfredo il compito di dirigere quelli incontri bisettimanali (il mercoledì ed il sabato pomeriggio) che Massimo conduceva per amici e discepoli a Monteverde Vecchio. Si trattava di riunioni molto particolari: Massimo arrivava, si sedeva dietro un tavolo e leggeva, a volte accompagnando la lettura con brevi commenti, Opere di Steiner o Sue medesime. Quindi, da un recipiente posto sul tavolo, estraeva a caso, uno o due biglietti, preparati in precedenza: erano domande scritte dai Discepoli o dagli Amici di Massimo, che, guarda caso, erano sempre straordinariamente correlate con il discorso immediatamente prima fatto da Massimo. Alfredo lasciò immutato lo stile di questi incontri riuscendo peraltro a ricreare perfettamente la profonda atmosfera Spirituale che si percepiva quando Massimo era vivo». […]
Massimo Scaligero svolgeva quelle due riunioni sempre alla stessa maniera: entrava nel silenzio totale dei presenti, faceva un gesto di saluto con un ampio gesto della mano destra, si sedeva, e leggeva tutte le domande scritte che erano state poste sul tavolo. Ma in quelle due riunioni mai egli lesse o commentò opere di Rudolf Steiner o proprie. Mai in anni e anni. Non estraeva le domande a caso ‘da un recipiente’, che su quel tavolo non è mai esistito, bensì le raccoglieva dal tavolo dove erano poste direttamente, oppure da una antica copia di un libro nel quale chi domandava a volte, ma non sempre, le poneva. Non ne leggeva una a caso, bensì nel silenzio meditativo le leggeva tutte, e poi cominciando da una le commentava tutte, intessendole e connettendole l’una con l’altra. Oltretutto vi è la testimonianza delle integrali registrazioni delle riunioni di Massimo ad attestare questa nostra affermazione.
È vero che Alfredo Rubino, per volontà di Massimo Scaligero, proseguì quelle due riunioni del mercoledì e del sabato, ma anche allora non esisté nessun recipiente nel quale le domande venivano poste. Semmai è da osservare che fu Alfredo ad introdurre la lettura di un testo di Massimo Scaligero ed uno di Rudolf Steiner nelle riunioni del mercoledì e del sabato».
E l’articolo venne onestamente commentato, malgrado la sua dichiarata antipatia nei suoi confronti, da un avversario di Hugo de’ Paganis, e gliene rendo atto, in questi termini:
«Buon giorno.
Chi frequenta un poco Eco sa bene che il sottoscritto, per più di un motivo, non è certo un “simpatizzante” di Hugo de Paganis.
Ma la verità prima di tutto, soprattutto delle “equazioni personali”: ed avendo partecipato per otto indimenticabili anni alle riunioni di Via Barrili devo sottoscrivere in pieno quanto Hugo scrive relativamente ad esse. Si svolgevano ESATTAMENTE nel modo descritto nell’articolo e non in quello raccontato dal collezionista di certificazioni “iniziatiche”. ( Fra l’altro amo e conosco quasi palmo a palmo la Ciociaria i suoi boschi, le sue acque, i suoi lupi, orsi, aquile, e conosco molti ambientalisti ed antiambientalisti locali ,compresi incredibili politicanti “alla Razzi-Crozza”. ma nessun “esoterista ciociaro ” )
E se le cose stanno come dice Hugo in merito a falsificatori e a “iereofanti egizi”, credo che non sia questione di “web” ma di ………CIM e ASL».
Tutto ciò ha fatto sorgere, ancor più, alquanti legittimi dubbi, e non solo a me, circa la partecipazione dell’autore della su riportata descrizione, come del post sulla Concentrazione, alle riunioni nelle quali Massimo Scaligero rispondeva alle domande. Egli parlava da una cattedra sulla quale era disteso un panno blu scuro, non vi era alcun recipiente di vetro – come invece è stato recentemente da lui affermato sul noto social forum – nel quale venivano poste le domande scritte, e alla fine della riunione non veniva svolta alcuna Concentrazione. Prova ne è – e lo si sente benissimo dalle registrazioni delle riunioni – che, appena Massimo Scaligero finiva di parlare, le persone si alzavano sùbito dalle sedie di legno in maniera notevolmente rumorosa. Quindi Massimo Scaligero passava e stringeva la mano a tutti – proprio a tutti – i presenti. Questo era lo svolgimento delle riunioni. Potrei citare molti amici – non pochi di essi sono tuttora presenti sul detto social forum – i quali possono tranquillamente confermare questa mia versione conforme ai fatti, e penso anche non pochi altri, che proprio miei amici non sono, ma che rispetto, i quali, se sono onesti e sinceri, possono, volendo, confermare le mie parole.
Nell’arbitraria e fallace esposizione in quattro parti dell’esercizio della Concentrazione – modalità falsamente attribuita a Massimo Scaligero – diffusa in internet in forma scritta, e anche tramite alcuni video, viene dunque proposta una modalità di esecuzione che, nella prima fase, prevede una pratica psico-fisiologica di rilassamento corporeo e di distensione psichica, come preliminare all’esercizio di Concentrazione stessa, con tanto di pratica respiratoria. Tale pratica viene addirittura – al dire di chi l’ha proposta on-line – tassativamente prescritta come indispensabile in tutti gl’incontri nei quali la Concentrazione venga eseguita assieme ad altri. Infatti, come abbiam visto più sopra, costui così scrive:
«Massimo [Scaligero] suggeriva di ricorrere a questa fase preparatoria allo scopo di sgomberare la mente dalle impressioni, emozioni, sentimenti, etc. della giornata. Tale fase preparatoria diventa ASSOLUTAMENTE indispensabile nel caso di incontri rituali».
Tutto ciò è in aperto contrasto con tutto quanto Massimo Scaligero ha sempre – in forma scritta nelle sue opere, e in forma orale nei suoi incontri, dei quali possiedo, appunto, registrazioni in gran copia – indicato, con parole che più chiare e definitive non potevano essere, per la pratica individuale e comune della Concentrazione. Non solo da lui veniva negata la necessità di tale pratica suggerita da costui, ma addirittura apertamente sconsigliava, come controproducenti, ogni tecnica di rilassamento corporeo e di distensione psichica. E se vi è qualcosa ch’egli giudicava pericolosa era proprio ogni forma di pratica respiratoria, che nell’uomo moderno lega ancor più l’interiorità del praticante al sistema nervoso e a quello muscolare. Ciò è esattamente il contrario di quanto si propone la Via del Pensiero con la pratica del “controllo del pensiero”, ossia dei primo dei cinque esercizi “ausiliari” (chiamati Nebenübungen, nel testo tedesco dei cosiddetti “Quaderni Esoterici” ). Mai – ripeto mai – nelle circa centomila pagine della Gesamtausgabe, l’Opera Omnia di Rudolf Steiner, che possiedo integralmente, viene prescritta, o anche solo accennata, una pratica quale quella comunicata dal nostro problematico “Istruttore occulto”. E mai – ripeto mai – in tutta l’Opera di Massimo Scaligero viene prescritta, indicata, o anche solo fuggevolmente accennata, una “pratica” del genere. Che Massimo Scaligero l’abbia indicata è – a mio modesto modo di vedere – rigorosamente una “fiaba”. Ma vediamo che cosa Massimo Scaligero scrive in Yoga, Meditazione, Magia, Teseo, Roma, s.d., ma 1971, nel quinto capitolo, intitolato Quiete metafisica, ove, alle pp. 33-34, è detto:
«La liberazione del pensiero dalla cerebralità affranca le forze dell’anima dalla necessità della divergenza istintiva, e in taluni momenti può portare il sistema nervoso a uno stato di quiete: a quello medesimo che esso realizza nel sonno, allorché esclude la coscienza. La quiete è un evento puramente interiore, anche se sembra prodursi nella corporeità. La quiete interiore ha in sé la condizione per la realizzazione della quiete fisica, ma il rapporto non è reversibile. In realtà il corpo, come puro essere fisico, è in stato di profonda quiete: è la psiche, con le sue tensioni sul sistema dei nervi, la turbatrice di tale quiete.
È erroneo chiedere alla corporeità fisica la distensione interiore. Indubbiamente è possibile mediante sedativi agire sul sistema nervoso e renderlo inerte, ma la calma che ne consegue è effimera. Tuttavia, anche quando si ricorre a procedimenti più sani, propizianti la quiete per via corporea, tale quiete, se i produce attinge comunque al principio che può donarla inesauribilmente, avendola in sé: in sostanza essa può essere impedita soltanto da un processo fisico che, sollecitato per via interiore, presuma costituirle fondamento. È tuttavia vero che il corpo fisico, una volta reso alla sua quiete, la restituisce come profonda quiete interiore.
La distensione vera appartiene al sistema nervoso: ma in quanto gli derivi da immobilità interiore. Il principio della distensione va ritrovato fuori del sensibile. Il sistema muscolare per il suo riposo necèssita semplicemente di immobilità fisica, ma tale immobilità non riposa, se non è immobile il sistema nervoso. […]
Il rilasciamento del sistema nervoso è opera del pensiero che giunga a svincolarsi dall’organo cerebrale. Lasciato consciamente alla propria costituzionale alterità, l’organo cerebrale consegue la sua basale immobilità: tende alla sua originaria possibilità di mediare lo Spirito. L’immobilità si trasmette a tutto il sistema dei nervi, come possibilità di autonomo funzionamento, non interferente nelle funzioni della psiche.
La cosiddetta relaxation, suggerita da moderni metodi di disciplina psicosomatica, è la via verso forme più sottili di tensione nervosa, perché lega la psiche all’imagine del corpo rilasciato, che non può realmente attingere a sé, ossia rilasciarsi, se è prevenuto da tale imagine. Non si può agire sul sistema nervoso, facendo leva sul medesimo. La via della distensione corporea è l’autonomia del pensiero, che dà modo all’organo cerebrale di attuare la propria immobilità in sé. Le forme della contemplazione interiore sono vere soltanto se realizzano una simile condizione, ossia la cessazione dell’influenza della cerebralità sullo stato di coscienza».
Ora, non vi è chi non veda come quanto indicato da Massimo Scaligero è l’esatto contrario di quanto affermato dal nostro “mistagogico Istruttore”. La “pratica” indicata da quest’ultimo è persino come metodo totalmente sbagliata, in quanto chiede preventivamente ad una condizione corporea e psichica quella calma, la quale semmai sarà – anche cronologicamente, oltre che essenzialmente – l’effetto posteriore della Concentrazione. La Concentrazione non ha nulla prima di sé neppure cronologicamente: essa comincia sùbito con un deciso atto di volontà pensante, quale che sia la condizione della psiche o del corpo: senza presupposti o condizioni di sorta. Quanto consiglia il nostro affabulante “Istruttore” porta non a distaccarsi dal sistema nervoso e, più in generale, dalla corporeità, bensì a legarsi maggiormente al sistema nervoso, e ad affondare vieppiù nella corporeità: questa, come insegna Massimo Scaligero, è la via della nevrosi e della medianità. Come evidenzia altresì pure Rudolf Steiner nell’Appendice del 1918 al libro L’Iniziazione, Come si conseguono conoscenze dei mondi superiori, moltissime volte ripubblicato dalla Editrice Antroposofica di Milano.
Il nostro “mistagogico Istruttore” afferma di aver riportato fedelmente quanto prescritto da Rudolf Steiner e Massimo Scaligero, ma quanto da lui scritto è contraddetto proprio da quest’ultimi. Infatti, così scrive costui nella sua oltremodo problematica descrizione della Concentrazione:
«Fase Tre: Concentrazione Profonda
ll meditante consegue la sintesi finale dell’esercizio di concentrazione che gli starà davanti obbiettivamente. Si tratta, in realtà, di vedere davanti a se un “quid” che simboleggia la Forza- Pensiero evocata dal meditante cogliendo così e di conseguenza percependolo, il Pensiero nell’atto precedente, pre-dialettico, al suo formarsi. Tale “quid”, tale “segno-simbolo” può essere utilmente rappresentato da un punto luminoso localizzato internamente, all’altezza della radice del naso, nel punto in cui le sopracciglia si avvicinano tra loro. A tale immagine va simultaneamente evocata la sensazione interiore di FERMEZZA. Quindi da tale punto luminoso si diparte una corrente luminosa che percorre la colonna vertebrale arrestandosi a livello del coccige: a tale immagine va accompagnata la sensazione interiore di SICUREZZA. Il meditante mantiene la contemplazione del segno-simbolo in uno stato di purità silenziosa: purità che simboleggia l’assoluta indipendenza dell’Io dall’anima».
La descrizione che ne dà Rudolf Steiner nei cosiddetti “Quaderni Esoterici” è alquanto diversa. Ve ne sono varie traduzioni. Ho quella fatta da Alfred Meebold ai primi del Novecento, quella fatta eseguire da Romolo Benvenuti, ed ho quella dattiloscritta che mi donò Massimo Scaligero già in occasione del nostro primo incontro nella primavera del 1970. Trascrivo da quest’ultima quanto Rudolf Steiner prescrive dopo la conclusione dell’esercizio stesso, quello del controllo del pensiero:
«Questo esercizio va fatto giorno per giorno, almeno per un mese. Si può prendere ogni giorno un pensiero nuovo, ma si può anche soffermarsi per parecchi giorni sul medesimo. Dopo fatto quanto sopra, si cerchi, in un secondo tempo, di portarsi a piena coscienza quell’interiore sentimento di fermezza e di sicurezza che, osservando attentamente la propria anima, noteremo ben presto. Si concluda poi (terzo tempo), l’esercizio, concentrando la propria coscienza sopra un punto situato alquanto aldi sopra della radice del naso in mezzo agli occhi, e, da lì scendere nel mezzo della schiena lungo la spina dorsale, riversando il sentimento conquistato in quelle parti del corpo collegandolo con le parole: fermezza e sicurezza».
Se guardiamo la traduzione che Massimo Scaligero stesso fece delle Regole iniziatiche, nella redazione del 1912, e da lui pubblicata alle pp. 144-152 della edizione originale del Manuale pratico della Meditazione, Teseo, Roma, edizione che preferisco, visto che nelle ultime l’attuale editore gianicolense si è permesso di attuare in taluni punti una sorta di discutibile “redazione creativa”, cambiando parole e quant’altro, possiamo leggere:
«Alla fine dell’esercizio (II tempo), si cerchi di portare a piena consapevolezza il sentimento di interiore fermezza e sicurezza, che con attenzione più sottile si potrà presto notare nella propria anima: lo si concentri in un punto alquanto all’interno alla fronte, tra le sopracciglia. Si concluda (III tempo) con l’imaginare una linea movente direttamente da questo punto verso la nuca e scendente lungo il solco mediano della schiena (dal cervello alla colonna vertebrale), come se si volesse riversare tale sentimento in tale parte del corpo».
La redazione del testo tedesco riporta la versione del 1906, e dice letteralmente:
«Am Ende einer solchen Übung versuche man, das innere Gefühl von Festigkeit und Sicherheit, das man bei subtiler Aufmerksamkeit auf die eigene Seele bald bemerken wird, sich voll zum Bewußtsein zu bringen, und dann beschließe man die Übungen dadurch, daß. man an sein Haupt und an die Mitte des Rückens (Hirn und Rückenmark) denkt, so wie wenn man jenes Gefühl in diesen Körperteil hineingießen wollte».
È evidente che nel testo originario si tratta di percepire un sentimento, e non di “evocare” o “immaginare” un punto luminoso. Ed è altresì evidente dal testo di Rusdolf Steiner, che la corrente eterica va dal punto tra gli occhi alla nuca, e da qui sino in mezzo alla schiena, e non di “immaginare” una linea luminosa che arriva – in stile “tantrico” – dal punto sito in mezzo agli occhi giù al coccige. Del resto io possiedo i disegni – datimi da Romolo Benvenuti – dei movimenti del III tempo degli esercizi, disegni fatti eseguire da Giovanni Colazza, e trasmessi sino a noi. Quelli che abbiamo letto più sopra – mi pare evidente – sono degli “sviluppi creativi” del nostro fantasioso “Istruttore occulto”, e non quanto prescritto da Rudolf Steiner. Questi avverte nei “Quaderni Esoterici”, che gli esercizi devono essere eseguiti dal praticante wortwörtlich, ossia ad litteram, alla lettera, così come sono prescritti: senza intelligentissimi “sviluppi creativi”. Tali esercizi – lo afferma molte volte Rudolf Steiner – non sono escogitazione “umana”, neppure da parte dello stesso Rudolf Steiner: essi sono dati dalle Gerarchie divino-spirituali attraverso i Maestri invisibili. Lo afferma lo stesso Rudolf Steiner molte volte nelle esoterischen Stunden, ossia nelle “lezioni” della sua prima Scuola Esoterica. Ora, siccome il nostro “Istruttore occulto” si è premurato di avvertire i suoi lettori, che non essendo egli chiaroveggente, a «differenza di Mimma Benvenuti» (così scrive egli stesso), e che quindi non poteva basarsi altro che sul proprio pensiero logico e non sulle rivelazioni di quest’ultima, non si vede proprio come egli si possa permettere di porsi a Capo – come afferma egli stesso – di una “struttura esoterica”, e di insegnare, portando cotali “sviluppi creativi” a quanto indicano Iniziati come Rudolf Steiner, Giovanni Colazza, e Massimo Scaligero.
Da quanto risulta da questa mia disamina di quel costui afferma, ed ad ogni occasione ripete, sorgono – così sembra a me, e non solo a me – numerosi legittimi dubbi circa le sue insistenti affermazioni di conoscenza intima di Massimo Scaligero, di frequentazione delle sue riunioni, ed eziandio anche della conoscenza e della corretta comprensione della Via da lui mostrata.
È proprio vero che non si finisce mai di meravigliarsi, e che – come affermava Eraclìto di Efeso – «se non ti aspetterai l’inaspettato, non giungerai alla verità». Tra le molte – invero troppe – “comunicazioni”, che mi hanno destato sommo stupore e meraviglia, vi sono alcune affermazioni del nostro “mistagogico Istruttore” circa alcune questioni e dati essenziali della Scienza dello Spirito. Tralasciando le sue allegate “attestazioni” di diretto discepolato con Massimo Scaligero, e di frequentazione quotidiana, lui vivente, della sua casa – cosa che, non solo a me, bensì a molti che Massimo Scaligero hanno ben conosciuto, appare oltre modo dubbia (per usare un gentile eufemismo) – e delle “descrizioni dal vivo” di riunioni con Massimo Scaligero, che a chi lo abbia realmente frequentato appaiono ancor più problematiche e dubbie (sempre per usare un educato eufemismo), non può non suscitare divertito stupore il fatto che uno che afferma di essere il Gran Hierophante dell’Antiquus Ordo Aegypti, ossia dell’Ordine Osirideo Egizio, Gran Maestro del Rito Rettificato di Misraim e Memphis, Gran Maestro dell’Ordine Martinista Egizio Isiaco-Osirideo, Primate di una Chiesa Gnostica Apostolica Egizio Yohannita, e quant’altro, poi su dati fondamentali della Scienza dello Spirito, e addirittura del testo dei Vangeli, compia errori madornali, dica delle enormi sciocchezze che hanno come scusante unicamente la sua grande ignoranza, sans arrière pensée, delle reali questioni iniziatiche.
Ma prima di entrare in medias res circa le sue più che problematiche “affermazioni” riguardanti contenuti sacri della Scienza dello Spirito, voglio toccare alcune questioni per così dire “storiche” visto ch’egli, congiuntamente con un suo sodale, con “esternazioni” che la mia sapientissima amica Fang-pai, figlia del Celeste Impero, con un’espressione gentile ed educata, trova “inappropriate”, esternazioni apparse sul detto social forum, che mi hanno oltremodo divertito. Riproduco qui di séguito le suddette “esternazioni” di costui e del suo sodale riguardanti la vexata quaestio dell’identificazione che, sulla scorta di un errore di Renato Del Ponte, essi fanno – sbagliando, come dimostrerò – dell’Arvo del Gruppo di Ur col duca Giovanni Colonna di Cesarò, e poi farò le mie osservazioni. Tralascio unicamente alcune poco educate espressioni di volgari ingiurie nei confronti del sottoscritto, che la mia sapientissima amica Fang-pai mi invita, compassionevolmente, a non trascrivere:
«Di differente è [sc. rispetto all’esercizio della Concentrazione] vi era unicamente la fase uno, preparatoria, nella quale è illustrata una tecnica descritta nel primo volume di “UR” da “Arvo” al secolo Giovanni Colonna di Cesarò discepolo diretto di Rudolf Steiner. Incredibilmente il De Pascale afferma, in uno dei post in cui mi ha attaccato, che “Arvo” non fosse Colonna di Cesarò, bensì Julius Evola! Si tratta davvero di un errore grossolano dal momento che è noto a tutti coloro che si occupano seriamente di esoterismo che Evola firmava i suoi articoli nella Rivista UR con gli eteronimi di “EA” e di “IAGLA”. Del resto se il benevolo lettore confronterà gli articoli di “ARVO” pubblicati in UR con quelli di “EA” e “IAGLA” li troverà diversissimi per stile e contenuto! Che “ARVO” fosse il duca Giovanni Colonna di Cesarò, ministro delle Poste nel primo governo Mussolini, figlio di Emmelina De Renzis, una delle prime discepole italiane di Steiner e discepolo di Steiner a sua volta, mi fu confermato oltre che da Massimo da moltissime altre persone: Mimma Scabelloni, cugina e continuatrice dell’opera di Scaligero, suo fratello Amleto, suo marito Romolo Benvenuti, la sorella di Massimo, Adelina, moglie dell’esoterista Paolo M. Virio, l’illustre orientalista Mario Bussagli, Enzo Erra, Pio Filippani, grande orientalista ed esoterista e infine dallo zio di mio padre Romolo Cota che aveva conosciuto il Colonna di Cesarò personalmente. A sciogliere ogni dubbio sulla identità di Arvo è lo stesso Renato Del Ponte, il maggiore biografo di Evola che nella sua pregiata opera “Evola e il magico Gruppo di Ur” ed.Sear, Bolzano [sic!] 1994, afferma a chiare lettere che il duca Colonna di Cesarò firmava i suoi articoli nel gruppo di Ur con l’eteronimo di “Arvo” o di “Krur”.Allora chi ha ragione? […] Ma è ben noto che nel mondo antroposofico i fondamentali dell’esoterismo sono spesso sconosciuti! La tecnica descritta da Arvo nel primo volume del Gruppo di UR fu suggerita a me e ad altri amici da Massimo allo scopo di “acquietare la mente ancora piena delle impressioni della giornata” PRIMA di iniziare l’esercizio di concentrazione».
Quanto vado scrivendo nella presente disamina non è affatto vòlto ad attaccare N.R. Ottaviano, o colui che, mi dicono, si celerebbe in internet dietro tale pseudonimo, ma unicamente a difendere l’obbiettiva verità storica e spirituale riguardante l’Antroposofia e la sua Via di realizzazione, contro – questo sì – le menzogne che la deturpano e la distorcono in maniera caricaturale. Se avessi veramente voluto attaccare la persona, e con tutto quello che so di lui sarebbe stato facilissimo farlo, avrei usato ben altri strumenti e ben altro linguaggio, e per il mio contraddittore la faccenda si sarebbe rivelata pessima. Al massimo, per alleggerire la tensione inevitabile alla esposizione della presente disamina, mi permetto ogni tanto una lieve, garbata, scherzosa ironia circa le sue pretese magistrali e i mirabolanti titoli iniziatici dei più diversi Ordini occulti, ch’egli ostenta. Per quel che riguarda l’obbiezione ch’ei mi rivolge, vi è da osservare che gli eteronimi usati da Julius Evola non sono solo quelli da lui citati. Infatti, sono Ea, Iagla, Agarda, e – non me ne voglia il mio avversario – anche Arvo. Gli eteronimi del duca Giovanni Colonna di Cesarò, invece erano, in Ur, Krur, e allorché, dopo la rottura di Evola con Reghini e Parise, Krur divenne il nome della nuova rivista, egli assunse l’eteronimo di Breno. La notizia riportata da Renato Del Ponte è errata. Quanto al fatto che il nostro “Istruttore occulto” abbia ricevuto “conferma” di tale identificazione da tutta una serie di “illustri esoteristi” – e citare come pezze d’appoggio personaggi veramente equivoci come Adelina “Luciana Virio” Scabelloni, e Paolo “Virio” Marchetti, il cui perverso occultismo magico-sessuale, di stampo cattolico, Amleto Scabelloni, in un colloquio che avemmo nei trascorsi anni ottanta, mi caratterizzò, con feroce sarcasmo, come “bafomettiano”, è al contempo scandaloso e comico – da parte mia è legittimo, e ben comprensibile, vedere la cosa come oltremodo dubbia, essendo tutte quelle personalità defunte da molto tempo, e solo testimone delle proprie affermazioni, al solito, è unicamente il nostro “mistagogico Hierophante”.
Ma a smentire l’identificazione di Arvo con Colonna di Cesarò non sono solo io, ma è il libro, apparso contemporaneamente alle annate originali di UR, Zam Bothiva, Asia Mysteriosa, che cita varie volte Evola, e nella seconda edizione, da me posseduta, apparsa negli anni trenta del secolo scorso, vi è esplicitamente affermata tale identificazione con Evola. Siccome tale testo non è di facilissimo reperimento, e la lingua francese non è da molti posseduta, posso fare riferimento alla traduzione italiana di tale libro, eseguita sulla prima edizione francese, e soprattutto alla Presentazione di Gianfranco de Turris, a Zam Bothiva, Asia Mysteriosa, La Confraternita dei Polari e l’Oracolo di Forza Astrale, a c. di Gianfranco de Turris e Marco Zagni, traduzione di Marco Zagni, Edizioni Arkeios, Roma, 2013. Nella Presentazione ricca di dati e notizie, che copre le pp. 7-16, di Gianfranco de Turris, viene chiarito che dietro l’eteronimo di Zam Bothiva vi sia l’occultista, amico di Julius Evola, Cesare Accomani, che aveva ricevuto l’Oracolo da Mario Fille a partire dal quale venne fondato il gruppo esoterico o Confraternita dei Polari, che si riuniva a Montmartre, a Parigi, in casa di Accomani.
Ora, Gianfranco de Turris – che di tutto potrebbe essere accusato fuorché di non conoscere l’opera di Evola – afferma apertamente che Cesare Accomani – secondo quanto scrive Evola nell’edizione di UR del 1955 – ebbe contatto con Evola nel 1928, ma da riferimenti bibliografici si può far risalire addirittura un contatto di Accomani con Arturo Reghini nel 1926. Per non dilungare troppo questo articolo riporto per ora solo una citazione di de Turris, tratta dalla sua Presentazione a p. 9:
«In Asia Mysteriosa nella Appendice “I Polari” c’è una indicazione di data: “nel giugno e luglio 1929….”. Il libro uscì dunque nella seconda metà di quell’anno. Ecco un’altra conferma che quando Julius Evola parlò diffusamente della faccenda ne scrisse per esperienza diretta e non per aver letto il libro. Che l’articolo, di cui si è appena fatto cenno, “sopra un oracolo aritmetico e sopra i retroscena della coscienza” a firma “Arvo” apparso su Krur n. 2, febbraio 1929, p. 40-47, sia di Evola non possono esservi dubbi: a parte lo stile, fa riferimento ad un episodio che si ritroverà identico in Asia Mysteriosa da un’ottica opposta».
A p. 10, de Turris aggiunge:
«Evola/Arvo definisce l’Oracolo una tecnica di “assoluta meccanicità e impersonalità”, anche se, precisa, “sulla portata delle risposte non abbiamo elementi per poterci pronunciare con sicurezza».
Ora, io non ce lo vedo proprio Giovanni Colonna di Cesarò ad interessarsi ed usare un metodo occulto così equivoco, chiaramente medianico, i cui risultati nel tempo dettero eloquenti risultati disastrosi proprio nella Confraternita dei Polari, fondata a Parigi su tale Oracolo.
Infine, mi sia permessa un’osservazione circa quanto affermato dal nostro “mistagogico Istruttore”, ossia esser stato lo zio di suo padre, dunque il suo prozio, Romolo Cota – al solito, unicamente a suo dire – discepolo di Giovanni Colazza, e addirittura suo allievo nella Facoltà di Medicina. Ora, Giovanni Colazza non ha mai insegnato nella Facoltà di Medicina, e il nome di tale prozio del Nostro non risulta mai in nessuna delle liste dei discepoli di Colazza che io ho nel mio archivio – ben 113 nomi nella lista più nutrita – per cui, mi voglia perdonare il mio avversario, ma mi è davvero molto difficile credere alle sue attestazioni.
Hugo, un grandissimo grazie poiché l’opera di contraffazione è ormai norma e regola. Grazie soprattutto per l’instancabile difesa della Concentrazione.