RAGIONE E RELIGIONE

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Ciò che credevo fosse per me (in me) attinente alla religione viveva già prima di incontrare la Chiesa, cercai persino di con-fonderlo con essa. Dico sul serio. Da giovanissimo andavo alla compieta e recitavo tutto il rosario; entravo nelle chiese ombreggiate e semi deserte a pregare. Mi comunicavo a digiuno la domenica mattina, ma non credo fosse una colpa se nei raggi della luce e nell’aria il mio cuore incontrava immediatamente il mistero che era nostalgia per la mia anima.

Solo poi (anni dopo), in un drammatico confronto intimo, arrivai ad una scelta radicale nella quale non trovò più posto la via (e le lusinghe) che la Chiesa poteva offrire.

Con questa piccola confessione personale desidero convincere i lettori nostri che non porto alcun risentimento verso la religione tanto che le successive riflessioni appartengono ad una richiesta che mi fu commissionata da un amico sacerdote, il quale mi aveva chiesto qualche riga che riguardasse ragione e religione che per opinione comune sono sempre in dissidio.

Perdonerete le mie riflessioni se vi ricordo che mi trovavo con “anima e corpo” nel mio periodo magico-rituale! Poiché avevo diversi amici sacerdoti, mi scandalizzava il modernismo di quelli che gettavano via il Breviario e, con esso, tutte le cose che ritenevano superate e superflue: il “nuovo corso” della Chiesa…

Per cui, di occulto-palese, nelle mie righe, vi era solo una critica al modo di vedere dei nuovi sacerdoti, seppure limitata nell’uso dei termini (altrimenti avrebbero gettato la paginetta nella spazzatura e amen).Si vede inoltre come allora non avevo ancora affrontato il tema del pensiero e della sua priorità nella coscienza e nella conoscenza: ero solo un giovane, velleitario occultista.

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Le forme e i sistemi religiosi divengono caduchi e corrotti e devono essere distrutti, altrimenti perdono completamente il loro significato profondo: diventando oscuri nella conoscenza e nocivi nella pratica.

A suo modo la ragione ha sostenuto una partecipazione importante nella storia religiosa, facendo crollare ciò che non reggeva e rifiutando le aberrazioni derivate.

Ma nel suo sforzo per sbarazzarsi da ignoranza e superstizione che si sono posate sulle forme e sui simboli religiosi, la ragione intellettuale, non illuminata dalla conoscenza spirituale, non soltanto tende a negare ma, per quanto le è possibile, a distruggere le verità e le esperienze che esse contenevano.

Le riforme che attribuiscono una superiore importanza alla ragione, austeramente virate al negativo, protestanti su ogni cosa, creano nuove regole religiose prive di ricchezza spirituale e di pienezza di emozione. Esse non sono ricche di contenuto: la loro forma ed il loro spirito risultano impoveriti, spogli e freddi.

Inoltre non sono davvero razionali, perché non vivono in virtù del loro ragionamento, che allo spirito razionale appaiono tanto irrazionali quanto quelli dei credi che hanno sostituito, e ancor meno vivono grazie alle loro negazioni, bensì della quantità di fede e fervore dei nuovi devoti.

La fede ed il fervore sono sovrarazionali nell’insieme del loro scopo e contengono certamente pure taluni elementi infrarazionali.

Se tali correnti rinnovate possono sembrare alla mentalità comune meno grossolane di quelle con il loro credo meno interrogativo e critico, ciò avviene spesso perché si avventurano più timidamente o evitano il dominio dell’esperienza sovrarazionale.

C’è poco da fare: nel suo aspetto religioso, la vita degli istinti e degli impulsi non può essere purificata in modo soddisfacente dalla ragione: può esserlo piuttosto mediante una sublimazione che li eleva fino alle illuminazioni dello Spirito.

La linea naturale dello sviluppo religioso procede sempre per illuminazione e le riforme religiose sono più efficaci quando illuminano a nuovo le forme antiche, anziché distruggerle. Quando le sostituzioni avvengono per maggior pienezza di contenuto piuttosto che per maggiore povertà e, in ogni caso, quando purificano il campo con un’illuminazione sovrarazionale, non certo con “chiarimenti” razionali.

Una religione puramente razionale non può essere che un arido deismo e da tali tentativi non si è mai riusciti ad ottenere vita e permanenza: perché essi agiscono contrariamente alla legge naturale e alla legge spirituale: al dharma della religione (Ho riscritto “dharma” al posto di due righe complicate).

Se la ragione viene chiamata a svolgere una parte decisiva, deve essere una ragione che principia dall’intuizione, mai disgiunta dalla visione interiore e dall’intensità spirituale.

Mai si dovrebbe dimenticare che l’infrarazionale ha pure in se verità segrete che non appartengono al dominio della ragione né dipendono dal suo giudizio.

Il cuore ha la sua conoscenza, la vita ha il proprio spirito e divinazioni, irruenze e incendi di energia segreta, di aspirazione e di slancio: che solo lo sguardo dell’intuizione può sondare e che solo il verbo ed il simbolo possono configurare ed esprimere.

Sradicare tali cose dalla religione o purgarla di ogni elemento della sua pienezza col pretesto che il tempo è trascorso, che le forme sono poco moderne o oscure, senza il potere di illuminarle dall’intimo (senza la pazienza di attendere la loro maturazione dentro noi stessi) o senza la capacità di sostituirle con simboli più luminosi, non significa purificare ma solo impoverire.

Tuttavia non è necessario che le relazioni tra spirito e ragione siano ostili o prive di qualsiasi contatto, come spesso accade in pratica.

La religione non è tenuta ad adottare come principio la formula: “Credo perché è impossibile” o quella di Pascal: “Credo perché è assurdo”.

Ciò che è impossibile o assurdo per la religione sola e priva d’aiuto, diventa reale e possibile per la ragione che si eleva oltre il proprio limite mediante il potere dello spirito e viene irradiata dalla sua luce.

Allora essa è dominata dalla coscienza intuitiva, che è il modo umano di raggiungere un’altezza di conoscenza più alta. La spiritualità che scende dall’intuizione non esclude né scoraggia alcuna attività o facoltà umana, ma opera piuttosto per innalzarle tutte fuori dalla loro imperfezione e dalla loro brancolante cecità. Con il suo tocco le trasforma e le promuove a strumenti della luce, della forza e della gioia di Dio, sino alla natura che lo manifesta sino al nostro sguardo.

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