“Dio dalla pietra” è il terzo simbolo elencato da Firmico Materno, che interpreta la pietra come Gesù che “sostiene i fondamenti della fede, e posto angolarmente, compone in proporzione media le membra delle due pareti, cioè consocia le diversità del corpo e dell’animo a partire dall’immortalità largita all’uomo”.
La pietra cresce (i cristalli salini si agglomerano) dunque è viva, ha energia, è lo stato più compatto dell’energia: quello che meglio figura l’eternità.
Inoltre forniva materia per gli strumenti antichi ed era perciò madre, anzi era lo strumento di ogni strumento, la fonte di ogni mezzo, l’origine della vita.
Perciò si spargevano d’olio o si incoronavano le pietre (“Vetus in trivio florida serta lapis” dice Tibullo, I,I,12), perché l’energia vi si è accumulata e può essere restituita.
Come ho scritto, il rullare delle pietre smosse dai danzatori era simile al tuono, l’accoppiamento rituale simile alla pietra squarciata dal primo fulmine di primavera: dal tamburo si procede al sasso per mediazione dello sposalizio.
I significati sono tanti, il fondamentale è che la pietra è come il dio: Diversità e Silenzio assoluti.
L’uomo è incantato dal mondo, assordato dall’errore, ammutolito dalla sofferenza: all’incanto occorre il disincanto, poi bisogna fare silenzio, perché nel silenzio “parlano le pietre”.
Nel sonno delle sue facoltà sensibili, Giacobbe accosta il capo ad una pietra ed ha la visione della scala al cielo: quando si desta consacra la pietra, che Filone chiama Logos.
Ciò che è fuori dal mondo dei valori, perciò spregiato dal mondo, serve a dissipare l’incanto, a sciogliere la pietrificazione: la pietra disprezzata da tutti è l’angolare (Matteo, 21, 42): ciò che sta fuori dal mondo lo regge (lo rende sopportabile) come la chiave di volta di un edificio.
La pietra è anche ciò che percosso, s’infiamma, come il Marino scrive nel IV canto dell’Adone:
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Selce ch’auree scintille in seno asconde
Il loro chiuso splendor mostrar non pote
Se dall’interne sue vene profonde
Non le tragga il focil che la percote
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La pietra per eccellenza sarà dunque pietra focaia che nasconde la fiamma o un areolito di origini celesti.
E’ resistenza su cui i peccati si infrangono: la Ka’ aba alla Mecca è annerita dai peccati degli uomini.
E Origene, nella II omelia sul Cantico dei Cantici, dice: “La pietra spiccata dal monte senza soccorso di alcuna mano è l’avvento di Nostro Signore nella carne, e non fu tutta la montagna a scendere verso la terra, perché la fragilità umana non l’avrebbe saputa sostenere intera; solo una pietra, pietra d’inciampo, roccia dello scandalo, scese nel mondo”.
Pietra è anche ciò che rimane dopo che si sono bruciati i peccati, col fuoco che è la Nuova Luce.
“Chi è questo fuoco sapiente che lascia illesa quella pietra preziosa che è in me, consumando solo i mali che ho commesso?” si chiede Origene.
Così l’arte alchemica affermava che la pietra celata nell’uomo dev’essere squadrata e vetrificata, che allora è capace di guarire da ogni male diventando filosofale: la pietra è corpo in cui si edifica una vita non già psichica ma spirituale: mossa dal “soffio” che attizza il fuoco.
La pietra viene consacrata dalla folgore, perché la pietra va spezzata affinché il dio appaia: si sarà grati a chi ci infrange il cuore: è la divina rugiada che lo scioglie.
Tuttavia si dovrà essere come roccia, impassibili come Dio stesso: il medesimo evento viene designato con segno sia positivo che negativo.
La tentazione di Gesù avviene in due momenti. Al primo è offerto il potere, al secondo, più sottile, gli si chiede di trasformare le pietre in pani.
Egli risponde che queste devono risuonare come Verbo, nutrire lo spirito, non il corpo.
Pietre cantanti sono quelle che si circondano di silenzio e perciò le pietre furono scolpite in figure rappresentanti note musicali nei templi (così afferma Filone delle steli scolpite e nei chiostri medioevali sono state scoperte e decifrate da M. Schneider).
Per il Petrarca la pietra è l’origine delle sue affinanti sofferenze, come nell’envoi della canzone Ne la stagion che‘l ciel rapido inchina:
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“Canzona, se l’esser meco
Dal mattino a la sera
T’ha fatto di mia schiera,
Tu non potrai mostrarti in ciascun loco;
E d’altrui loda curerai sì poco,
Ch’assai ti fia pensar di poggio in poggio
Come m’ha concio ‘l foco
Di questa viva pietra ov’io m’appoggio”
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Ma: affinchè sulla terra ci sia la vita, non ci vuole un corpo eterico incarnato? Che tipo di vita è quella della pietra?!
L’eterico in realtà “lambisce” il cristallo, così come l’astrale il vegetale al momento della nascita delle infiorescenze…non vi sono compartimenti “stagni” nel Tutto… ed il “dentro” ed il “fuori” vanno concettualmente ben cesellati…. e ricordiamo la Meditazione “l’Oro terrestre è la traccia minerale del Sole…” Se poi accompagniamo il Veggente Egli ci parla di interi eserciti di elementari che “vivono” entro le masse rocciose di Gaia,come altri sotto le radici , entro le piante ed entro gli alberi, nell’aria, nell’acqua , nel fuoco….sono gli “emissari” delle Gerarchie.(Ciclo “Le Entità Spirituali nei Corpi Celesti e nei Regni della Natura”)
Buon pomeriggio.
Grazie. In effetti, in questi pochi anni di pratica antroposofica, sono stato attirato istintivamente dai mondi vegetale e animale. Comincio a capire che il più tosto è proprio il minerale, che tra l’altro nasconde, nell’uomo, il mistero più alto dell’universo, il Cibo del Graal. Grazie a tutti per il vostro lavoro.