Vorrei porre lo sguardo su frammenti di discipline in uso tra maghi e stregoni; una tra queste era più importante rispetto alle altre: si trattava di esercitare un certo dominio sul cuore e sul sistema vascolare. Nel medio evo e sino quasi ai nostri giorni, ciò poteva essere ottenuto per mezzo di droghe di origine vegetale e talvolta animale.
Ho notizia che ancora oggi, in certe zone delle campagne europee, questo viene praticato da stregoni. Non scrivo per fare la morale, comunque sono pratiche estremamente pericolose, non fosse altro che per le sostanze altamente tossiche impiegate e anche qualche nome importante del passato panorama occulto europeo chiuse la sua vita anzitempo a causa di errori nelle preparazioni.
Del resto, i possibili risultati, per un certo modo di vedere, erano piuttosto ghiotti: viaggi in astrale, alcuni poteri e molti altri fenomeni extra- normali.
Prescindendo dai venefici composti, è esistita un’altra via, più ascetica e disciplinata che portava ai medesimi effetti.
La tecnica era questa:
Ci si aggiustava in una posizione determinata, si rilassavano i muscoli e si chiudevano occhi ed orecchi (questi ultimi con la cera).
Poi si rallentava leggermente la respirazione, concentrandosi sulle pulsazioni cardiache, immaginando il cuore che si contrae e si stende.
Affiora allora una percezione, ordinariamente inavvertita (in un individuo sano) che risulta ben poco piacevole. Le pulsazioni vengono avvertite come esagerate, dolorose, mentre il polso si accelera. Si prova anche un senso di angoscia che non dovrebbe essere pericoloso.
Con un periodo di pratica, le sensazioni negative cessano e l’impressione della contrazione cardiaca diviene naturale.
Allora è il momento di passare ad un secondo stadio: ci si rappresenta le pulsazioni come gradualmente distanziate. Si immagina di contrarre il cuore volontariamente e sempre più lentamente.
Con un po’ di pratica ci si accorge che il polso in effetti rallenta. Allora è giunto il momento di invertire il processo cercando di accelerare le pulsazioni. Così si continua, un giorno rallentando e il giorno dopo accelerando le pulsazioni.
Poi, con calma e prudenza, si accentua il fenomeno. Generalmente, l’occultista che dopo circa un anno di esercizio, giunge a rallentare a volontà le pulsazioni verso le 30 al minuto e ad accelerarle fino a 140, ha raggiunto lo scopo su questo gradino.
Circa a metà dell’opera e adoperando lo stesso procedimento, l’operatore si esercita a diminuire l’ampiezza dei movimenti del cuore, con lentezza. Lo scopo da raggiungere è, in pratica, quello di ottenere una pulsazione regolare ma appena percettibile.
Ottenuto questo risultato, esso va potenziato con la respirazione superficiale, fino a ridurre il corpo in uno stato di morte apparente.
Questa è la condizione più adatta per l’esecuzione di realizzazioni magiche…se si rimane svegli, se non si cade in trance, se non si entra in anomali stati di autoipnosi e se siano stati felicemente superati i pericoli generali, sia fisici che psichici, facilmente immaginabili, presenti lungo questo lavoro.
Per evitare l’aborto finale di una così lunga esercitazione, dal principio della via, si concentrava l’attenzione su una rappresentazione forte, quasi sempre simbolica o che rappresentasse la realizzazione dell’opera.
Come nel mondo ogni cosa ha la propria singolarità ma nessuna è totalmente separata dalla moltitudine delle altre cose, potrebbe sorgere la domanda se nella scuola occulta moderna vi sia qualcosa che possa assomigliare alle tecniche descritte, più vicine al fachirismo che a vie dello Spirito.
La risposta è negativa…ma anche nel sano occultismo troviamo, ad un certo livello e come effetto, modificazioni nella percezione del sistema sanguigno e nel centro cardiaco. A ciò corrispondono, accanto ad interiori risvegli, anche certe capacità magiche.
La chiave si trova, in primis, nell’attivazione del “sole che splende tra gli occhi”. Leo dà di ciò alcuni prudenti cenni nel II volume di Ur.
Anche Massimo Scaligero ha disseminato in più volumi alcune pratiche che rimandano a modificazioni della percezione sanguigna, di fatto quasi celandole, vista la modesta ampiezza e profondità di cui si fa uso nello studio dei testi. Comunque e sempre subordinandole alla cosciente liberazione di determinate correnti eteriche, rigorosamente sciolte dalle categorie fisico-corporee attraverso la pratica della concentrazione e meditazione.
Isodoro grazie. In “Fisiologia occulta” il Dottore indica come prima operazione quella di “staccare il nervo dal sangue”. Questa operazione corrisponde alla formazione di quel “centro provvisorio” nella testa di cui parla Colazza? Poi però bisogna “ridiscendere” nel sangue, perchè bisogna cominciare a percepire tramite di Esso. E’ giusta la sequenza?
Caro amico, mi sembra che sia stato il Dottore a parlare di un “centro provvisorio” (pag. 117 dell’Iniziazione. Ed Antroposofica, 1971), mentre il dott. Colazza indica in “Note per l’animazione dei Centri” le meditazioni appropriate per il risveglio di alcuni chakra o loti (che, in movimento appaiono piuttosto come vortici di forma conica). Queste ultime sono riprese da Scaligero in Tecniche della concentrazione.
Comunque sia, non vedo alcun significato nell’uso di determinazioni concettuali, astratte per forza di cose, su questa tematica.
Qui vale solo la disciplina corrispondente e l’esperienza: è solo l’esperienza quella che porta alla conoscenza. Anzi è proprio l’intelletto (ordinario) che tenta di dare un ordine rappresentativo a fenomeni che, per la loro natura sono oltremodo lontani e incomparabili a qualsivoglia rappresentazione e che, per giunta, sono intensamente mobili e quasi sempre NON si affacciano nell’ordine in cui, per necessità formale, vengono descritti.
Infatti, se ci si cala nelle descrizioni, pur espresse da Iniziati, si può avvertire un certo grado di genericità che potrebbe sembrare insoddisfacente, tanta è la nostra abitudine, sviluppata nella certezza stabile delle cose sensibili, di “inquadrare” i dati.
E infine, scusa la franchezza, a che ti serve stabilire il prima e il dopo di esperienze che esulano dal sensibile, rare e lontane persino per gli operatori più capaci?
L’alternativa, bene che vada, è riempire la povera nostra testa di pensieri inutili che non soddisfano niente di serio e propulsivo.
Il lavoro non lo mollo. Ho ben presente, sempre, la trappola dell’astrazione; ma ho un bisogno reale, parte della mia natura, di uno sguardo dall’alto per orientarmi. Come un pittore che si allontana dalla tela per aver chiara la prossima mossa.
Grazie Isidoro, abbi pazienza.
O come chi sbircia il risultato di un’equazione in fondo al libro illudendosi che questo gli sveli il procedimento per ottenerlo? B-)
Se vuoi un consiglio da chi, ‘sto errore lo ha fatto millemila volte lascia perdere gli “sguardi da lontano”. Si fa una fatica boia lo so; a volte è quasi una vienza su sé stessi. Ma, credimi, si ha solo da guadagnarci.
Grazie Balin. Anche questo è importante.
Una Solare giornata.