È sempre difficile parlare di quella cosa “fumosa” quale è un gruppo operante su internet. Indipendentemente dalla forma in cui esso si presenti (un blog, un forum, un social network, una mailing list) ci troviamo sempre davanti ad un qualcosa mai completamente compreso, troppo giovane e troppo complesso per la nostra generazione.
Eliminiamo dunque il primo “grande ostacolo” mi riferisco al famosissimo Facebook. Potremmo riempire pagine su pagine parlando del conosciutissimo social, ma c’è chi lo ha già fatto. Io personalmente non intendo nemmeno dilungarmi troppo sull’uso “antroposofico” dello stesso. Diciamo solo che una gestione di un gruppo con argomenti delicati richiede, su questa piattaforma silicea, mezzi di moderazione e di aiuto al reciproco rispetto che Facebook possiede in forma troppo blanda. Quindi il consiglio ultimo è di non usarlo a questo scopo.
Veniamo però ad analizzare un approccio più regolato quale può essere un blog come questo oppure un forum. Siamo sempre di fronte ad un argomento, la Scienza dello Spirito, che si presta a varie mitizzazioni e leggerezze da un lato, e che risulta estremamente complesso in una situazione impersonale e dialettica come questa dall’altro. Bolliamo subito come improponibile la “forma anarchica” che aveva caratterizzato il primo forum di antroposofia italiano e che lo condusse allo sfacelo. Una moderazione di qualche tipo risulta necessaria.
Ma non è la moderazione il fattore di cui voglio parlare in questo articolo ma proprio l’approccio con cui si affronta, da utente, l’agorà virtuale. Spero mi vogliate perdonare se mi arrogo il diritto di rivolgermi a voi, amici miei, e quindi se dalla mia disamina escluderò i numerosi figuri che affollano la rete spacciandosi per la reincarnazione di Steiner ed altri mitomani affini.
Per una persona normale gli approcci possibili sono due. Il primo è quello didattico o di interscambio, che poi è quello che si propone questo blog. Mentre il secondo è un confronto più intimo e diretto con comunicazione di esperienze personali.
Penso che tutti noi abbiamo avuto una bella dose di quest’ultimo, spesso in forma negativa. Però se lo descriviamo in maniera generica indubbiamente esso sembra il migliore.
Molta gente infatti cerca una sorta di banco di prova, di “test area” per verificare i risultati ottenuti con la pratica antroposofica. Il forum/blog viene visto come un luogo di dialogo, seppur virtuale, dove io descrivo i miei progressi e tu descrivi i tuoi. Dal confronto nascerà la conferma del nostro procedere sulla “retta via”.
Ma pensiamoci un attimo: al di la dei problemi che questa comunicazione anonima crea (esagerazione degli eventi, senso di sfida, volontà di emergere) che cosa ci aspettiamo di ottenere? Nella migliore delle ipotesi, quella che non comporti una rissa virtuale (“flame” in termini tecnici), si avrà un gruppo di persone che si scambia pareri in un linguaggio fiorito ricambiandoli rispettivamente di complimenti. A turno poi qualcuno potrà avere dei problemi preventivamente risolti dagli altri in par condicio.
Il sottoscritto non è sicuramente senza peccato, anzi, spesso ho frequentato forum, antroposofici e non, proprio con questo intento. Al di là dei disastrosi risultati che il mio noto temperamento “ruvidino” mi procurava la domanda rimane: Perché?
Perché mi ostinavo a cercare questo assurdo confronto nonostante gli insuccessi? Per dimostrare al mondo che io ero diverso? Alternativo? In parte probabilmente sì, volevo “essere” farmi vedere, forse esibirmi.
Però volevo innanzitutto sentirmi parte di un “qualcosa” cercavo altre individualità che riempissero il vuoto dentro di me e di contro pretendevo di trovare il mio Io negli altri. Scritto così fa molto zen ma, nella realtà dei fatti, era solo una tristissima e sciapa esperienza.
Però non mi pareva tale. Anzi raggiungevo una sorta di appagamento in questo “gruppo” che si veniva a creare. Era una sorta di carboneria, di gioco di ruolo, che mi portava al di la della routine. Senza nessuno sforzo. Il tutto cullando il mio ego in questa gabbia dorata di circuiti al silicio. Menzionare un certo A. serve veramente oppure la sua firma è talmente palese da rendere inutile la cosa?
Trappola semplice quanto subdola perché sono assolutamente convinto che se questo mio scritto venisse letto da qualcuno nelle mie medesime condizioni la sua reazione sarebbe quella di definirmi un poveretto e di darmi tutta la sua comprensione di persona che invece opera nel pieno autoappagamento in un “competente” gruppo antroposofico. Nessuno è disposto a palesare ed abbandonare quelle che sono le sue dipendenze. Le negherà sempre.
Ma a me che è successo? Una cosa strana… ho incontrato delle persone, molte delle quali sono in questo sito, che si comportavano sui forum in maniera diversa. Dicevano cose semplici ma che suonavano incredibilmente vere anche in quel mare di frottole negate. E per di più, lontani dalla tastiera, stavano facendo “qualcosa”. Stavano vivendo l’antroposofia davvero non stavano fingendo di farlo. Non mi chiesi “che ci faccio qui?” davanti a loro ma li seguii cercando di capire cosa era quel nonsocché che mi sfuggiva. Mi illusi di poterli affiancare nel loro percorso ma ben presto capii che era una vana speranza. Se volevo “viaggiare” insieme a loro dovevo iniziare tutto d’accapo. Non c’era scampo.
Avevo quindi due scelte: o ripartivo da zero o continuavo per la mia strada di menzogna. Solo che ora sapevo di mentire.
Salve a tutti. Credo che la descrizione di esperienze interiori rilevanti, qualora lo si ritenga necessario,possa essere fatta solamente a livello di interscambio personale effettivo e non nel mondo virtuale-informatico. In quest’ultimo ambiente si possono invece palesare certi risultati di quanto esperito interiormente ma essendo la forma discorsiva veste sia di possibili esperienze personali reali sia di mere ripetizioni di quelle altrui l’unico organo di discernimento rimane la capacità dell’utente di cogliere la presenza dell’elemento di realtà, qualora presente. Questo è specialmente vero nel mondo antroposofico ove i rimescolatori del verbo steineriano si contano ad eserciti e dove l’esercizio di riconoscere l’autentico dal contraffatto è già una bell’addestramento.
Sicuramente, eppoi che esperienze occulte abbiamo mai da esprimere? Qualcuno sta dialogando col Guardiano? Col Cristo Eterico?
Le piccole esperienze sovrasensibili sono karmicamente utili al nostro io. Anzi, immensamente utili. Ma il comunicarle agli altri serve a nulla. Anzi è deleterio per noi e per gli altri in qualsiasi contesto.
🙂
Grande Balin!
Un giorno (è storia vera) un mio carissimo amico, che aveva avuto in sorte una eccezionale disposizione ad un monte di esperienze non sensibili, incontratici per una chiacchierata, lo vidi un tantino incupito. Gli chiesi il perché.
“Mi sono visto”, rispose. “E allora?” “Ho visto che infimo pezzo di m**** sono in realtà”. Aveva, per l’appunto, già un quarto di secolo di duro, serio, lavoro interiore.
E fu così che iniziò a non dare più alcuna importanza a se stesso.