SUL SENSO DI FIDUCIA IN SE STESSI (di Savitri)

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Aggiungo queste ultime mie considerazioni alle impressioni che in me sono state suscitate dalla lettura del meraviglioso racconto di Anatole France che abbiamo pubblicato ieri (https://www.ecoantroposophia.it/2014/04/sci…-della-madonna/).

Si ripropone, tra le altre cose, la questione della … malattia della volontà, ossia della non corrispondenza tra ciò che si intuisce vero e la conseguente azione di vita, relazione evidentemente già imperfetta nella vita del pensiero.
Uno dei tanti aspetti che personalmente ho ravvisato per la mia esperienza è l’attenzione centrale rivolta in maggior parte al risultato e alla aspettativa, piuttosto che all’essere, al movimento del pensiero in sè.
Possiamo chiamare questa attenzione – all’essere, al movimento del pensiero in sè – anche amore, dedizione e quanto altro.

Riteniamo di “spendere” per la vita del pensiero il sufficiente per ottenere di conseguenza il bene, il buono, il bello… dei segni e delle prove… delle conferme, delle rassicurazioni.

La paura in sè, se se ne diventa consapevoli, è misura della importanza dei fenomeni e in un certo senso necessaria, per risalire poi alla paura dell’ego quando questo deve consegnare e non vuole, la direzione all’Io, perchè deve cedere tutti i suoi supporti ordinari e sicuri; “risalire” è condizione necessaria per poter modificare e dirigere in bene la realtà, prima che questa, come karma e maya solamente, possa sopraffare e aver ragione dell’uomo.

Sempre secondo la mia esperienza personale, ultimamente, tra lavoro, salute, realtà mia e dei miei familiari, mi sono accorta di essere completamente impotente secondo i vecchi canoni di intervento che conoscevo. La sensazione immediata è quella della realtà che non si lascia, non vuole farsi manipolare, come in passato, mentre in me intravedo l’idea giusta e la sua luce.

Così non mi resta che stare attenta al messaggio forte che il mondo mi sta mandando, rimettere in discussione la mia eventuale contestazione e ribellione, resistenza in merito, quindi quella parte di me che non ha lasciato completamente la presa e che crede di agire libera da condizionamenti, che crede di tendere sempre al giusto.

Quando riusciremo veramente ad essere nudi, solo allora si avrà tutta la forza e la leggerezza per procedere sicuri verso la meta, stando attenti allora però a non sentirsi invece indegni per essere nel mondo, molto facilmente e frequentemente, poco importanti e addirittura insignificanti e perdenti, indegni e incapaci di qualsiasi cosa…

Sarà una situazione di libertà totale ed estrema – nessun appoggio solito nè nessun suggerimento – per poter decidere la nostra giusta azione…

2 pensieri su “SUL SENSO DI FIDUCIA IN SE STESSI (di Savitri)

  1. Savitri,
    grazie per questi pensieri che mostrano come la fiducia nasca dal sorgere dell’Io oltre l’anima.

    La giusta azione nasce dalla conoscenza, la quale è vera quando scaturisce dalla intuizione dell’idea. L’intuizione di essa, come risultato della percezione da parte dell’Io di una realtà spirituale – perché l’idea-archetipo è Spirito in atto – porta con sé la propria certezza incrollabile, perché è al contempo conoscenza e realtà.

    L’intuizione dell’idea è già azione, e come tale è già realizzata nel Mondo Spirituale, e inizia a realizzarsi anche nella manifestazione della realtà sensibile, allorché essa è idea-forza capace di spingere l’essere umano libero all’azione.

    L’idea viene conosciuta attraverso il potere d’identità dell’Io con essa, attraverso un atto di immedesimazione nel percepire spirituale, che per sorgere esige la libertà dalla mediazione sensibile e corporea.
    La certezza dell’idea conosciuta e posta in atto, genera la fiducia assoluta nello Spirito.

    Hugo, fiducioso contemplante
    che si sbafa pastasciutte tante.

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