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Un tempo le immagini grandiose della natura in cui l’uomo era immerso erano nutrimento, oggi sono state sostituite da ben altro diverso cibo. Possiamo reputarci fortunati se, cercando tra una casa e l’altra, nel panorama che intravediamo dalle finestre delle nostre abitazioni, le colline e le cime dei monti si offrono generose e fedeli ai nostri occhi.
La natura è anche gelo e caldo eccessivo, violenza, disagio forte per l’uomo, stimolo intenso per cercare incessantemente l’equilibrio: un po’ di calore a temperare il freddo, un po’ di fresco a indebolire le temperature roventi… E’ alto pensiero quello che donò all’uomo dei primordi un potere d’istinto che semplicemente, senza irruzioni devianti, ingenuamente, ma nel rispetto di un equilibrio naturale, era mezzo per conservare la vita. Oggi la vita è mezzo per nutrire gli istinti e tenerli desti: emozioni fini a se stesse, replicate all’infinito, come l’eco di un gong che non si ferma mai. Un incanto perenne.
Così la corsa e la concorrenza alla produzione sfrenata di beni, superante l’effettiva necessità e capacità di acquisto, hanno inondato e soffocato l’uomo, rendendo la sua ricchezza attuale incapace di “sfamare” il mondo.
Anche un bambino sarebbe capace di ravvisare questa grande caratteristica di subumano che l’uomo ha conseguito: eppure orecchie sorde e un pensare automatico, incantato, impotente, accolgono questa semplice verità.
Il miraggio del grande livello di tecnologia e della ricchezza, del lusso di questa epoca, continua a essere il grande abbaglio di quello che ancora è considerato Tesoro, mentre la figlia di queste brame che sempre viene alla luce continua ad essere l’inflazione paralizzante un equo equilibrio sociale; mentre continuano ad esistere uomini che si sacrificano per il benessere di altri accentratori di ricchezze; mentre ciò che si vuole continuare ad assicurare è una massima sfrenata produzione, a garanzia della salute dell’economia e quindi del benessere dell’uomo: che contraddizione!
Il grande burocrate-mostro paralizza per prima coloro che, per indole e karma, sono deputati ad offrire il lavoro all’uomo, coloro i quali sono così costretti, per contenere costi che non possono sopportare, a usare, come il contadino intelligente e saggio di un tempo, tutto del porco che allevava e portava al peso ideale prima del suo sacrificio.
Il lavoratore offre tutto se stesso, corpo e anima e spirito alla sopravvivenza dello Stato, pena il discrimine, l’accusa di assenteismo, minacce di non sostentamento durante la vecchiaia. Intanto versa all’infinito (si fa per dire: fino alla sua morte) parte del suo sudore, il denaro per una pensione che forse non prenderà mai.
A nulla serve l’odio per risolvere nella fattispecie quello che Marx codificò a grande colpa e peccato del capitale e dei suoi amministratori: questa sarebbe l’errata politica a favorire l’ingiusta e spropositata ingerenza dell’economia nella vita sociale. Trattasi di un’errata politica che al massimo riesce a sostituire alla bandiera della classe offesa lo stendardo di un’equivoca ma affascinante globalizzazione: una globalizzazione che vorrebbe assicurare la parità dei diritti e dei doveri mentre ciò che si riesce a percepire è sola propaganda del terrore e minacce di povertà e instabilità civile. Ciò che l’uomo riesce a intravedere (questo gli è inculcato, in modo subliminale ma spesso anche a chiare lettere) da questa nuova promessa è solo necessità di assolutizzazione del potere che così si vanterebbe di poter garantire l’ordine e le non prevaricazioni.
Anche il settore religioso, malato di spiritualismo, della malattia del materialismo, inculca paure e minacce di apocalissi e distruzioni per ottenere il suo status quo di potere di controllo o per ottenerne dell’altro. Bandiere di morte sono sventolate dai portatori di rimedi e promesse salvifiche.
Ogni tentativo è considerato necessario se finalizzato a risolvere il grande disagio, l’unica clausola è lasciare intatto il settore della cultura, dello spirito dell’uomo, del pensiero, della libertà: intatto così come ora è: in balia del potere economico e di quello giuridico amministrativo. Intatto così come è ora: ossia prigioniero. Ossia impossibilitato a iniettare nel sociale il giusto, la verità. Ossia capace solo di garantire lo status quo.
Di che genere possono essere le azioni che partorisce un siffatto settore della cultura, quel settore che dovrebbe essere deputato a formare l’uomo integro nella sua totalità costitutiva? Ci si appella alla morale quando la stessa morale è impedita nel suo essere già nel suo stesso luogo di nascita: lo spirito; quando la realtà spirituale dell’uomo, Madre della Morale, è asservita alla burocrazia e agli interessi economici!
Chiunque, vittima e persecutore, deve ritrovare prima in sè la vera morale e non agire secondo quella imposta, fuori di lui; divenuta piuttosto quella un’astrazione, un morto pensato: nutrito col cibo delle larve.
Se si continuano a formare individui in conformità a principi prostituiti al denaro e agli interessi della politica, al potere spiritualista, nulla il diseredato può attendersi, nemmeno nell’ordine della speranza.
Chi è che può liberare la morale?
Quello che può liberare lo spirito e la cultura ha un solo nome: l’Uomo.
Coltivare questo genere di pensieri così diversi dalle comuni scuole di pensiero ( eterno palliativo ) è retorica? E’ astrazione?
Se questa è astrazione allora cosa è il sistema sociale che da secoli persevera coi suoi mezzi nel tentare di assicurare la giustizia per tutti mentre ciò che riesce a ottenere è solo uno sprofondare sempre maggiore nel caos?
Soluzioni e rimedi che nascono solo dalla paura e dalla disonestà, quindi dall’ignoranza e dalle brame, fanno permanere l’uomo nella sua natura, ossia nel karma. Nello stesso tempo la moralità non è cosa che si possa imporre con la forza, nel profondo del pensiero libero essa deve essere trovata e poi scelta e coltivata.
Per questo il mostro della tecnologia e della materia teme il pensiero libero e lo propaganda come inutile, pericoloso e astratto, servendosi della scienza e della logica – chiuse nei loro limiti – come fruste e attestazioni di realtà.
Qualcuno venne a indicare la soluzione, quella che deve essere la prima libera azione: quella del pensiero dell’Io, necessaria proprio al culmine del buio più assoluto raggiunto dalla civiltà umana.
E quando l’ Iniziato ripete l’importanza della necessità che il pensiero libero sia coltivato da principio da pochi, non parla di privilegi bensì proprio della caratteristica del pensiero, che è purezza con potenzialità di divenire, seme che alloggia proprio in sedi difficilmente raggiungibili e riconoscibili; seme che raggiunto, attivato e coltivato, ha potenza immane di significato e potenzialità per tutti gli uomini. Infatti, nessuno al di fuori dell’uomo può decidere e imporre un risveglio pianificato della morale: ogni luce deve accendersi da sè.
Per questo, una a una, all’imbrunire, piano piano si accendono le luci. E ogni palpito di esse sembra fondersi con un battito del nostro cuore.
Contemplate nell’infinità oscurità della notte sembrano così poche…
Eppure ardono.
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