Massimo Scaligero – Il Trattato del pensiero vivente. “V’è un pensare che non è stato ancora pensato”
Un breve prologo, trentanove paragrafi, un’appendice. Così è strutturato il “Trattato”. In un precedente post avevamo pubblicato il primo paragrafo del libro. Oggi, dopo aver riportato di nuovo il prologo, proseguiamo col secondo, brevissimo, passaggio a seguire.
Ma perché tutta questa parsimonia con i testi di Scaligero? Ma perché è importante porsi di fronte a questi pensieri con il massimo dell’attenzione, per poterne percepire tutta la forza, la luce, l’immensa grazia. Ricercando senza posa ogni volta il giusto assetto interiore, motivati da un senso di profonda e crescente gratitudine.
Poche frasi ogni volta, quindi, potrebbero davvero bastare, se comprese e accolte in nuce per quello che sono, ossia, come portatrici [in potenza e in atto] di tutto il pensiero. Come in un frammento l’intero, già in un testo brevissimo, un assaggio della più piena libertà. Un anticipo di ogni ulteriore possibilità.
Una via questa che certo sottintende sempre, ricordiamolo, la pratica della retta concentrazione e meditazione, secondo i canoni indicati dallo stesso Scaligero.
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Da
Massimo Scaligero, Trattato del pensiero vivente. Una via oltre le filosofie occidentali, oltre lo Yoga, oltre lo Zen (Tilopa 1961)
Il presente trattato, anche se logicamente formulato e accessibile, propone un còmpito attuabile forse da pochissimi. La sua concatenazione di pensieri è congegnata in modo che il ripercorrerla comincia a essere l’esperienza proposta: esperienza che, in quanto si realizzi, risulta non una tra le varie possibili all’uomo, ma quella della sua essenza interiore, che lo spirito esige da lui in questo tempo. Il trattato non è filosoficamente confutabile, essendo fondato su tale esperienza: che va compiuta, se si vuole disporre dei mezzi per porla in questione. Ma chi possa compierla, comincia a vivere in un pensare che non ha nulla da porre in questione, perché penetra il mondo.
E’ il pensare che è la verità di tutte le teorie e di nessuna, essendone la sostanza predialettica. Chi percepisca la distinzione tra il seguire logicamente un discorso e il muovere nel pensare che ne tesse la struttura logica, può verificare l’esperienza proposta: vivendo i pensieri di queste pagine, può sperimentare la potenza della « concentrazione», o la tangibile presenza dello spirito: la via al pensiero vivente, la trascendenza comunque presente, ma sconosciuta, in ogni pensiero che pensa.
da p. 8
2
V’è un pensare che non è stato ancora pensato: un pensare che non può darsi come pensiero, finché è pensante nel processo della riflessità e limita la sua attualità al momento dialettico, che è già determinazione. E’ il pensare che può sorgere solo nella contemplazione dell’atto pensante: il pensiero pensante se stesso, reale perciò in quanto esprimente il proprio essere.
Pensiero che non ha bisogno del momento riflesso, per manifestare la propria vita: sperimentabile perciò senza mediazione dialettica. Un tale pensare non è ancora conosciuto dall’uomo, perché non può scaturire in lui se non come originario potere del pensiero: come potere di vita. Potere di vita che non è imagine filosofica, ma percezione dell’essere radicale del mondo, nascente come forza-pensiero non vincolata ad oggetto, avente in sé tutto il pensabile, dall’essenza: essendo essa l’essenza.
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Massimo Scaligero, Trattato del pensiero vivente. Una via oltre le filosofie occidentali, oltre lo Yoga, oltre lo Zen (Tilopa 1961)
buddha – foto di Patrizio Yoga su Pixabay
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per gentile concessione de