ASPETTI DELETERI DI UN FALSO SPIRITUALISMO (di M. Scaligero)

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Già in altra occasione ci è stato possibile porre in rilievo qualche forma di un ambiguo spiritualismo, che, assumendo gli aspetti e l’apparente dignità dell’autentica tradizione dello Spirito, riguarda invece l’esperienza risultante dalla sommersione dell’Io in un piano inferiore a quello della normale coscienza di veglia, che pretenderebbe invece di trascendere.

I motivi di questo equivoco animismo sono già stati esaminati con chiarezza critica da studiosi come Julius Evola, in Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, e Réné Guénon, in L’erreur spirite. Ma a noi sembra interessante rilevare un aspetto nuovo e oggi diffuso di tale falso misticismo, in quanto si riconnette sia con quello smorzamento e con quella riduzione della coscienza che sono richiesti quali condizioni propizie per la diffusione di morbide suggestioni collettive, sia con lo sprofondamento insensibile di questi misticheggianti in una sorta di universalismo amorfo, indifferenziato (che nulla ha di comune con il principio della autentica universalità spirituale, la cui ipostasi consiste specialmente nel rapporto gerarchico di diversi valori).

Occorre premettere che, in questi pseudo-spiritualisti, la iniziale buona fede si accompagna con la fanatica decisione di servire un ideale non comune e con lo sforzo per conseguire un punto di vista fuori dell’ordinario, dogmatico, vero una volta per tutte. Da qui deriva il senso di un assolutismo ideale che è in effetto cristallizzazione di un abnorme atteggiamento psichico, definitivamente ritenuto il centro focale della verità, cui è relativa una persuasione di infallibilità, onde anche uomini di discreta levatura mentale, illudendosi di dinamizzare la psiche, divengono passivi strumenti di forze indefinibili appartenenti a un piano che, per essi, è quello metafisico e divino, mentre in realtà è il piano della sub-coscienza o di quella che in linguaggio psicologico si chiama “coscienza sognante”.

Tale assoluta certezza si forma in quella zona della psiche in cui comunemente per gli uomini nasce e si alimenta la fede, ossia l’apertura della personalità a una verità razionalmente non giustificabile. Su questo piano è presente una duplice possibilità: quella di cogliere, grazie ad una sublimazione della coscienza, ossia per virtú di uno “stato di veglia” superiore, l’essenza del vero spirituale e di stabilire verso l’alto un contatto con esso; e quella di aprirsi passivamente, per un inadeguato sviluppo della coscienza, a quelle forze del piano vitale e subconscio che automaticamente tendono a ridurre alla loro contingenza e alla loro cieca mobilità l’Io dell’uomo. In questo ultimo caso, è data allo sperimentatore semi-cosciente anche la possibilità di una percezione e di una visione extra-sensibile che altro non è se non la proiezione di aspirazioni e impulsi dell’Io su questo “mezzo” mobile e sottile, su questo elemento vitale e sub-conscio che si lascia facilmente improntare di parvenze e immagini riproducenti sotto forma simbolica aspetti della piú segreta individualità. Si è in pieno visionarismo soggettivo, con illusione di essere invece penetrati nel piano di una nuova certezza, di una realtà obiettiva superiore a quella normale: d’altro canto, un senso sottile di orgoglio, relativo a quella inadeguatezza o insufficienza della coscienza, cui sopra si accenna, sviluppandosi in seguito a tale esperienza extra-sensibile, rende difficilissima la possibilità di comprensione dell’errore da parte di costoro, e d’altra parte li rende succubi di forze che in se stesse hanno valore distruttivo ma al tempo stesso rispondono all’occulto impulso di ogni mito eversivo, di ogni idea confusamente ugualitaria, di ogni “egoismo mistico”.

L’ambiguità di tale esperienza psichica consiste nell’essere fondata su una tecnica meramente “medianica”, la quale rappresenta l’unico valore fenomenologicamente obiettivo – e perciò anche scientificamente accettabile – nonostante il falso aspetto di una rivelazione giungente dall’Alto. Coloro che prendono parte ad essa, mentre dovrebbero essere gli sperimentatori freddi e distaccati, sono invece presi nell’ingranaggio dell’esperienza e coinvolti in una morbida vicenda psichica. Non si tratta, infatti, della comune seduta spiritica, ma di una esperienza spiritica “nobilitata”, in quanto la persona che funge da medium diviene il “maestro”: coloro che ascoltano, pretendono che attraverso l’individuo medianico parli, in certi speciali momenti, lo spirito di un santo, o un Arcangelo, o lo stesso Divino. Naturalmente, nonostante che a un’esperienza di tale tipo venga sovente dato il grave nome di ultra-fania, si tratta sempre di una variazione del volgare fenomeno medianico: pur tuttavia i “discepoli” del presunto “maestro” tengono particolarmente ad affermare che non si tratta del solito fenomeno medianico ma di una vera e propria manifestazione del Divino.

Il confusionismo psichico e culturale in cui cadono tali individui giunge al punto di voler far derivare il complesso delle loro pseudo-dottrine esoteriche dal tronco delle antiche tradizioni metafisiche, quali la egizia, la vedica, la iranica, la ellenica, di cui esso non sarebbe che la nuova espressione nell’epoca attuale. Nulla di piú falso. Esiste una Tradizione spirituale che si svolge come controparte metafisica della storia e si ritrova, in una sorta di perenne identità, dietro la vicenda esteriore delle grandi civiltà e nell’opera dei grandi costruttori d’Imperi, dal ciclo vedico a quello indo-europeo ed ario-romano, sino al Medio Evo cattolico, al Sacro Romano Impero e all’ordine virile della società feudale e cavalleresca. Essa si svolge peraltro, culturalmente, lungo una “via regale” le cui pietre miliari sono rappresentate da personalità come Tommaso d’Aquino, Dante, Pico della Mirandola, G.B. Vico, Goethe.

Questo autentico spiritualismo si esprime sostanzialmente come ricerca, identificazione e realizzazione positiva di un tipo di morale il cui valore assoluto derivi da una conoscenza di carattere trascendente: il piano metafisico viene conosciuto attraverso l’elevazione della coscienza di veglia a una forma di coscienza piú chiara e piú vasta, che è quella stessa che viene sperimentata dai grandi mistici, dai piú alti pensatori, dai creatori, dai capi, da tutti coloro che possono condurre l’umanità, in quanto il loro sguardo può spaziare oltre i consueti limiti. Si tratta del conseguimento di un vero e proprio stato di “piú-che-veglia”, o di “super-coscienza”, che è altresí condizione essenziale per una morale superiore: morale che è, in sostanza, nella sua piena sensibilizzazione, una virtú preziosa che, applicata alla società, instaura la gerarchia spirituale. Dante e Goethe hanno sentito eccezionalmente questa verità.

Oggi, allato al retaggio immanifesto di questo spiritualismo regale, fondato su una sublimazione dell’autocoscienza, esistono deviazioni dovute alla illusione che sia sufficiente staccarsi dalle basi della coscienza ordinaria per poter attingere le verità spirituali, onde, una volta lasciate tali basi (il cui pieno possesso è già segno di un normale equilibrio interiore), senza un’adeguata conoscenza e senza un’opportuna chiarezza mentale, si precipita nel mondo sub-individuale e sub-cosciente, in un’avventura equivoca nel mondo dell’allucinazione, del delirio ossessivo e della megalomania. In questo piano la coscienza dell’individuo si smorza e non ha piú la possibilità di discernere il “fantasma” dalla verità spirituale.

Da un esame attento, abbiamo potuto riconoscere in tale fenomeno l’azione di oscure forze tendenti a degradare la coscienza dell’individuo, dandogli l’illusione della elevazione in un mondo superiore, e a renderlo strumento di idee ugualitarie, messianiche, pseudo-universalistiche. Il morbido animismo diventa qui il tramite di una vera e propria infestazione della coscienza che propizia, oltre alle anomalie psichiche, anche un atteggiamento morale e culturale confusionistico, a base di profezie e di interpretazioni cervellotiche e fatalistiche d’ogni avvenimento. I discepoli che ascoltano il verbo della medium scrivente o parlante, ritenendo di essere in contatto con il “maestro”, fanno cosí inconsapevolmente il gioco di sottili forze che certamente nulla hanno di comune con le forze pure dello spirito risvegliabili soltanto attraverso la virile ascesi, il sacro e cosciente eroismo, la rigida disciplina interiore applicata alla lotta quotidiana.

Ora, il maestro ultrafano potrebbe rappresentare un interessante soggetto per l’indagine psicologica o psichiatrica, ma il male è che intorno ad esso si raccolgono e si formano questi “discepoli” i quali, mancando di un’autentica cultura esoterica e di un’adeguata capacità critica, mentre credono in buona fede di elevarsi spiritualmente al disopra della massa degli uomini, vengono invece condotti lungo le vie di un calmo e sistematico delirio monomaniaco.

Acquisita la certezza di essere stati eletti dalle potenze superne per una missione eccezionale su questa terra, i discepoli a loro volta assumono il tono di piccoli maestri, interpretando autorevolmente cose e fatti, riferendo il significato di ogni evento all’azione occulta del “maestro”, dando consigli alquanto enigmatici, usando un linguaggio di sapore leggermente apocalittico-messianico, secondo i casi e cum grano salis. Al tempo stesso il “maestro”, aumentando il numero dei suoi succubi, acquisisce sempre maggiore autorità e, in obbedienza al gioco di una logica extra-individuale, realizza la tecnica di ipnotizzare, senza averne l’aria, il centro dell’auto-coscienza personale, attraverso un metodo apparentemente dimostrativo che soddisfa l’Io del discepolo, prevenendone ogni iniziativa. Il lavorío sottile si intensifica attraverso una serie di affermazioni categoriche e profetiche, che finisce con l’abolire in ciascun individuo la libertà di giudizio, lo sviluppo della coscienza autocritica, lasciando tuttavia l’illusione di una libertà che è sostanzialmente perduta.

Nel prendere poi le mosse per realizzare i princípi dettati dal “maestro”, il discepolo agisce con una illusione di libero arbitrio non diversa da quella di coloro che, subendo una suggestione post-ipnotica, giustificano in forma rigorosamente razionale la loro corrispondente azione, tendendo a conferirle un carattere effettivo di libertà e di autocoscienza.

Una volta adagiata la coscienza su questo complesso illusorio, tutta la immaginazione del succube si dedica alla sistematizzazione razionale della pseudo-verità accettata: perciò vengono chiamate a raccolta anche le migliori possibilità della logica formale. Immaginazione e logica formale hanno da quel momento il compito di organizzare in un preciso sistema la rivelazione del “maestro”: si trova perciò la maniera di riconoscere sempre confermate dalla realtà le previsioni di esso, anche quando accade perfettamente il contrario di quanto aveva previsto. Ciò spiega perché ben spesso è constatabile come anche individui dotati di una normale cultura e di un apparente senso critico, cadano nel succubato ultra-fanico o spiritualistico.

Altro effetto degno di menzione è l’acquisizione di un senso di missione nel mondo e tra gli uomini, che – secondo questi semi-coscienti – dai piú non viene compresa, ma che dovrà tuttavia essere svolta anche a costo del sacrificio. Si tratta di una vera e propria autofilia, o narcisismo, o amore di sé, caratterizzata da una sopravvalutazione delle proprie doti mentali, culturali e morali, e corrispondente a quello che in psichiatria viene chiamato delirio ambizioso. In costoro si manifesta altresí come tendenza soggettiva a considerare tutto soltanto in rapporto a se stessi, senza assolutamente tener conto dell’esistenza degli altri, dei valori e delle opinioni degli altri, nonostante le premesse di comprensione altruistica, di abnegazione e di solidarietà universale. Non esiste alcuna verità fuori di quella da loro conosciuta: tutte le altre correnti, le altre culture sono condannate o svalutate. Cosí, sotto le parvenze dell’universalità, si alimenta il piú oscuro settarismo.

L’atteggiamento autofiliaco sembrerebbe contrastare con la accennata passività di costoro nei riguardi del santone medianico, ma non è che la naturale conseguenza di essa. Infatti, il santone ha potuto far breccia nei loro spiriti, solleticandone abilmente la vanità e l’egoismo, con la suggestione della loro particolare e personale missione nel mondo e con il far credere loro di essere gli eletti nella grande massa degli uomini. Allora si spiega anche perché il delirio autofiliaco, che nei succubi discepoli esisteva probabilmente prima del contatto con il santone astrale, in una forma tuttavia non patologica e che perciò era possibile modificare e anche guarire attraverso una metodica e chiara educazione della coscienza, si sia sviluppato in forma inequivocabile soltanto dopo il contatto con la morbida “entità”.

L’autofilia e il delirio ambizioso si accompagnano, come si è accennato, alla affermazione di un ideale di altruismo e di filantropia sui generis, in quanto viene formulato soltanto in sede teorica e in funzione di una visione settaria della vita, cosí che esso non riesce se non a rendere propizio l’adagiarsi della coscienza in una sorta di grigio indefinibile universalismo dialettico, in cui sono automaticamente aboliti i piú elementari e necessari concetti della vita di relazione.

Riteniamo utile aver dato pochi cenni sugli aspetti di tale deteriore animismo, soprattutto per la relazione che esso presenta con la tragica crisi del mondo presente, quale elemento non trascurabile nello schieramento delle forze dell’“anti-Tradizione”. Se nella Tradizione riconosciamo l’unica forza che può ricondurre l’uomo sulla direzione del sacro, dello spirituale, dell’eterno, grazie alla possibilità di riconquista di una chiara coscienza metafisica e di una conoscenza superiore, mediata da un senso profondo della responsabilità della personalità e da una disciplina catartica, eroica e “solare” – che nulla ha di comune con le morbide avventure spiritistiche, con i visionarismi fallaci, con il sensazionalismo di fenomenucci da salotto e di presuntuosi profetismi – non possiamo non ravvisare in ogni forza che tenda a smorzare la coscienza negli individui, l’azione di quelle potenze che impediscono all’uomo di riprendere coscientemente contatto con l’unica direzione “tradizionale” capace di condurre al superamento dell’attuale crisi: la direzione sacrale ed olimpica.

Il male peggiore che affligge l’umanità moderna è proprio la perdita di tale direzione, dovuta soprattutto ad un unilaterale sviluppo dell’aspetto esteriore-materialistico della personalità che si verifica a detrimento dell’aspetto spirituale-animico. Ne deriva una sorta di debolezza interiore che pone l’uomo alla mercé di ogni suggestione che si presenti sotto forma di soluzione del problema morale o gnoseologico o spirituale: si va cosí dal confusionismo intellettuale-filosofico all’invasamento pseudo-mistico; limiti, questi, entro i quali si può considerare conclusa tutta quella umanità che inconsapevolmente costituisce il fronte dell’anti-Tradizione, ostacolando la riconquista di un autentico ordine universale e gerarchico.

Quell’apertura dell’anima degli individui verso un “vero” extra-umano, che nell’ordine tradizionale dava la possibilità ai Capi di guidare le masse, attraverso la duplice esperienza sacrale ed eroica, lungo una via di ascesa individuale e sociale, oggi, per il distacco dalla direzione tradizionale e per la conseguente perdita di un’autentica conoscenza metafisica, è degenerata in una passiva ricettività rispetto ad ogni idea, ad ogni pseudo-dottrina, ad ogni errore pseudo-animistico. E poiché in tali condizioni non è possibile conseguire il contatto con il piano meta-fisico, con il sopra-umano, con il Divino, occorre riconoscere che il male autentico dell’umanità moderna consiste nell’essere inconsapevolmente manovrata – e ben spesso posseduta e invasata – da forze oscure, arimaniche e luciferiche, eversive e degradanti, capaci anche di dare ad essa l’illusione di un “progresso” e di una “evoluzione spirituale”.

Ma queste correnti dell’“anti-Tradizione”, cosí trionfanti nel mondo moderno, soltanto di fronte a una forza e ad una conoscenza possono venir smascherate ed eliminate: la forza e la conoscenza derivanti dalla Tradizione la quale è essenzialmente Scienza dello Spirito, non inventata o manipolata dai moderni, ma scaturita, alle origini delle piú grandi civiltà, dal contatto che una “razza dello Spirito” realizzò con ciò che nel mortale è immortale, con ciò che nel finito è Infinito.

Anche nel volgersi alla Tradizione, occorre tuttavia guardarsi dal cadere in certo confusionismo culturale, che, facendo ancora una volta il gioco delle forze infere, tenderebbe a far scambiare per “tradizionale” alcune moderne contraffazioni di esso, in cui è possibile incontrare, sotto forma di una eredità di tradizioni “templari” o “rosa-cruciane”, un altro aspetto del falso spiritualismo.

Massimo Scaligero

da «La vita italiana» N. 349, aprile 1942

per gentile concessione de L’Archetipo

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