Certo, ognuno ha la propria rispettabile storia, ma sarebbe offensivo se dicessi che probabilmente 1 o 2 anni d’antroposofia sono troppo poco, non tanto in termini di tempo convenzionale quanto nel senso di conoscenza e del livello di questa?
*
Comprendere è lunga e pugnace impresa, così è difficile comprendere con qualche lettura d’attacco che l’antroposofia sia una corrente iniziatica, cioè un evento spirituale mediato nel mondo tramite eccezionali figure umane operanti concordemente a esseri sovraumani.
*
Il fatto che essa sembri accessibile poiché è facile reperire testi, non dovrebbe trarre in inganno: come in fondo è sempre stato, la Scienza dello Spirito è “moderna” nella misura in cui si è voluto che essa fosse adeguata ai tempi e, cosa più importante, alla struttura della coscienza umana contemporanea.
*
Coscienza che dapprima, leggendo i testi magari senza impegno, capisce poco rispetto ai molti livelli che si aprono in perfetta corrispondenza al pensiero che diventi attivo, insieme al sentire e al volere. Un paragone concreto e comprensibile del divario iniziale potrebbe venir dato dall’esercizio di “asta e filetto” che si eseguiva in prima elementare e che precedeva gli iniziali tentativi di scrittura. Scambiare l’asta e filetto con il saper scrivere porta a pasticci senza fine.
*
Pur nel rispetto dei sentimenti di tanti, mi sembra che troppo sovente si sia scambiata la Scienza dello Spirito per uno dei tanti spiritualismi all’acqua di rose della new age e se non lo si è fatto spesso si fa il possibile per farlo sembrare.
Ridurre o tradurre l’antroposofia a schematizzazioni, farne dei “Bignami”su cui per sopraggiunta pure discutere, è possibile e molti l’hanno già fatto: sapendo tutto senza aver capito nulla.
*
Se dico che l’antico Saturno fu una massa di calore che si evolse in una massa gassosa che chiamiamo antico Sole, non faccio sintesi spirituale ma esprimo un contenuto simile a: «Luigi l’altro ieri ha mangiato cinque biscotti e ieri ne ha mangiati sei». E il prodotto è solo una caricatura che non porta da nessuna parte.
Quello che mi domando è: cosa si legge veramente? Non di certo le opere dedicate al Metodo conoscitivo goethiano o La Filosofia della Libertà – sono troppo difficili con il loro linguaggio filosofico – ma almeno Teosofia… dove però il Dottore ricorda che la comune lettura «non vale per questo libro» in cui «ogni pagina, spesso anche pochi periodi dovranno essere conquistati con sforzo» poiché «chi si limiti a scorrerlo, non lo avrà affatto letto», e aggiunge che quanto in esso viene comunicato, va pure “sperimentato”.
*
Oppure La Scienza Occulta dove, poveri noi, nella sua caratterizzazione (1° Capitolo) l’Autore sottolinea l’importanza primaria dell’attività psichica, «ché il lettore perviene ai fatti descritti solamente se riesce a svolgere egli stesso, in modo adeguato, tale attività».
Ecco: mi sono permesso di usare il Dottore (e di ciò mi scuso) per affermare che lo studio dell’antroposofia non può, per il carattere dei suoi contenuti e per lo scopo che si prefigge, essere ‘facile ’e neppure ‘facilitato’.
*
L’apparente facilità con cui possono venire letti i Testi è il primo, occulto, ostacolo che si presenta all’anima del ricercatore. Il Dottore già in un testo complessivo come La Scienza Occulta dice tutto ed è già la perfetta sintesi di ciò che può venire afferrato dalla ragione e quanto può manifestarsi al ricercatore dello Spirito.
*
Ma dico: chi, di fronte ad un testo in latino medievale o ad una complessa dimostrazione matematico-geometrica o davanti all’Etica di Spinosa, chi potrebbe pensare di capire evitando gli sforzi necessari?
Persino per farti diventare uno con la divisa, ai Centri Addestramento Reclute, ti facevano marciare otto ore al giorno per tre mesi! L’uovo di Colombo consiste in uno sforzo disciplinato, in un pensiero che si rianimi dalla passività del percepito sensibile adeguandosi al contenuto della lettura, al suo percorso: riattivandolo con una attività logico-immaginativa per iniziativa nostra ma strettamente conforme all’architettura di ogni singolo rigo del testo. Questo è il primo lavoro che andrebbe fatto, proprio per “motivarsi” e non perdere tempo.
*
È scorretto, sbagliato (questa l’ho sentita), confrontare L’Iniziazione con il Manuale. L’Iniziazione di Steiner non è una semplice somma di indicazioni, ma un complesso dialogo su come e cosa l’anima debba sperimentare nel lungo cammino che la separa dalla condizione ordinaria sino alla soglia di una totale reintegrazione spirituale a cui sono chiamati pochissimi, e nessuno nel breve tempo di una singola esistenza.
Ciò nondimeno le indicazioni più elementari che il ricercatore trova nelle prime pagine del testo sono tutte condizioni necessarie, come avere le gambe per camminare.
*
Il Manuale, invece, è ciò che il suo titolo suggerisce: un manuale. Scaligero, voglio ricordare, nell’arco di oltre vent’anni aveva scritto già 15 libri che non trattavano ippica o cucina. Poiché da un lato eravamo un po ’scemi e dal lato opposto qualcuno era ormai attivo e preparato, scrisse con il Manuale un testo d’uso, rivolto, in primis, a chi già operava avendo compreso cosa fosse la Via del Pensiero di cui, a parer mio, i primi capitoletti sono comunque una splendida sintesi molto concreta. Studiarli e comprenderli alla radice offrono all’anima il terreno più solido che possa presentarsi.
*
L’antroposofia è una Scuola di vera vita interiore ma non deve essere una imitazione della scuola in cui, pigramente, si chiede al compagno la risposta su di un argomento che, per inettitudine o indolenza, non si è studiato. Così si va qua e là e si chiede a qualcuno di dare una risposta facile ad interrogativi che non dovrebbero nemmeno esistere se almeno si possedesse il prodotto più ottuso dello studio antroposofico: il nozionismo relativo alle Opere fondamentali. In questo campo l’orientatore deve sviluppare la massima comprensione ma non una sorta di buonismo ideologico che diviene complicità, poiché in tale modo sorregge e dignifica difetti e mancanze: l’opposto dell’atto morale di cui, a sproposito, si parla spesso.
*
So che queste righe possono sembrare dure (il che non vuole assolutamente essere): possono essere sentite persino come rimproveri o schiaffi; però mi si lasci passare nell’anima un’osservazione di Scaligero: «A volte uno schiaffo salva una vita».