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Al di là della solita premessa circa la libertà individuale di fare come e quanto uno sceglie per sé, a mio avviso direi che si sta facendo bene quando ci si abitua a tenere al centro di sé la disciplina come elemento fondante o vivo impulso, subordinando il resto. Essa è nel tempo uno dei contenuti più importanti della vita.
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Vi sono due tipi di ricercatori: i pochi che, pur vivendo completamente la vita, hanno formato un “centro di gravità permanente” nel cuore dell’anima, e i tanti che sono ingegneri e antroposofi o avvocati e antroposofi o camionisti e antroposofi… capite cosa intendo?
Tutte, più o meno, brave persone, per carità, ma per essi la Scienza dello Spirito è un abito, anche di buona fattura… ovviamente esterno, dismettibile e inesorabilmente soggetto al tempo, alla moda, all’usura e sopratutto inadatto (per forza!) all’azione interiore, ai veri mutamenti della struttura animica, già di per sé non facili.
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Permettetemi una osservazione. Se si ha già lavorato sui grandi temi della comunicazione spirituale (karma, reincarnazione, evoluzione cosmica ecc.) la lettura di ‘ampiezza’ può essere ridotta: sarebbe una perdita di tempo che agli antroposofi purtroppo piace tantissimo ( si riesce persino a sapere cosa preferiva a colazione Rudolf Steiner…).
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Oltre alla colazione, il Dottore fece anche altro: diede, ad esempio, ai discepoli un modo di lettura che sembra dimenticato e che porta frutti.
Credo sia importante.
Cerco di spiegarlo: si prenda un solo testo, breve, o a cui ci si senta maggiormente legati e… per brevità faccio un esempio concreto con Scaligero. Prendo il testo più sintetico, Il Trattato del Pensiero Vivente, che è ben più di ciò che si pensi (altro che barocco! Ho sentito anche questo.) ed è composto da capitoli brevissimi.
Leggo con attenzione e calma il primo capitolo (15 minuti o meno), il giorno successivo lo rileggo con acuita attenzione. Faccio lo stesso il terzo giorno e nei giorni successivi.
Oltre a comprendere il significato logico delle frasi e del capitolo nel suo complesso, se continuo (insisto con calma), rallento e inizio ad indugiare su una frase, un passaggio o su una singola parola: tutto si fa più lento e contemplativo, l’articolazione del discorso mi palesa impressioni simili a rovesciamenti in cui la logica e la comprensione rimangono ‘indietro’ rispetto al movimento.
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Inoltre, dopo tante letture delle medesime righe conosco quasi a memoria la paginetta. A questo punto lascio il testo e faccio passare per la coscienza l’intero capitolo, lo ricostruisco solo con la mia attività di pensiero e giungo al punto che persino il movimento dei pensieri tende ad arrestarsi: è un’esperienza nuova, poiché i pensieri si arrestano ma non il movimento che, a momenti, contemplo.
Poi passo, con calma serena, al secondo capitolo: stesso procedimento. Certo, il tutto lo sviluppo in tempi alquanto lunghi e la pazienza è necessaria.
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Dalla cattiva comprensione di quanto ho cercato di illustrare discende la lettura infinita e un pochino noiosa di un testo, spesso praticata nei gruppi, o l’indicazione ottuso-superstiziosa della necessità di “leggere la Filosofia della Libertà per 40 volte”: pure questa distorta interpretazione girava negli ambienti dove si coltivava la conoscenza scientifico-spirituale.
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Intanto, nel modo corretto, passo dal mero apprendere all’esperienza vivente come indicato nella breve prefazione, che non è un incipit necessario o presuntuoso messo dall’Autore (sto parlando del Trattato) e comprendo davvero, in diretta, la potenza della concentrazione ed il suo ‘come’ e il suo ‘perché’: allora crolla tutto il centennale castello di chiacchiere filosofiche, antroposofiche, culturali, con i mille dubbi e distinzioni: si realizza che l’essere del pensiero coincide con l’Essere che contiene tutto l’Universo… e il resto è meno che cenere.