IL PRIMO GIORNO
5. L’uovo cosmico
In linea di principio non vi è alcuna differenza se gli eventi vengono descritti in scala piccola o grande. Certamente, causa alcune difficoltà il rappresentare i processi della suddivisione nella maturazione (formazione dei corpuscoli polari), di fecondazione e formazione della blastula nella loro effettiva piccolezza. Nella maggior parte dei casi non lo facciamo neppure, bensì conserviamo a nostra disposizione, in forma di rappresentazioni, su per giù raffigurazioni che presentano appunto ingrandimenti considerevoli. Altrettanto difficile è il rappresentarsi la nascita del mondo nella sua vastità, per la nostra coscienza, quasi infinita. Noi traduciamo, quindi, ciò che è minimo e ciò che è massimo in rapporti umani. Per l’idea di una forma è entro certi limiti la stessa cosa se tale forma sorga nel grande o nel piccolo. E poiché la Genesi descrive il nascere e il mutare delle forme, in linea di principio essa è applicabile altrettanto bene sia alla nascita del mondo che alla nascita del mondo corporeo umano. Ma l’evento umano è tanto più piccolo di quello cosmico?
Se consideriamo l’evoluzione embrionale in relazione con la Genesi , scorgeremo abbastanza presto che veniamo costretti ad allargare la nostra conoscenza e a non considerare più la grandezza dell’ovocellula come l’unica realtà.
Il risalire sopra descritto dalla blastula all’ovocellula non fecondata, mostra come i concetti di «Cielo» e di «Terra» si sciolgano sempre più da un rapporto materiale, via via che si risalga sempre più indietro. Quello che nel caso della blastula potrebbe ancora essere messo in relazione con la formazione e la plasmazione, nel caso dell’ovocellula si riferisce ancora unicamente ad un punto. Tuttavia, nella misura in cui, tornando indietro queste immagini si emancipano dall’elemento materiale, esse si dilatano in rapporto al loro stesso contenuto sin nell’infinità dello spazio e, si potrebbe dire, aleggiano sull’uovo come possenti pensieri cosmici nel Primordiale Principio.
Chi ripercorre concettualmente sempre di nuovo questa via a partire dalla blastula in relazione col primo versetto della Genesi , potrà sperimentare come quest’ultimo appaia sempre tanto più potente quanto minore sia il suo riferimento materiale. E allorché un tale riferimento sia diventato puntiforme, risuonano rimbombando attraverso l’infinito le Parole del Principio Primordiale. – Attraverso un tale esercitarsi si può giungere al sentimento che le forze che plasmando portano a sviluppo l’ovocellula avvolgono l’intero spazio cosmico. E forse ciò è effettivamente giusto se poi ci si rappresenta l’ovocellula, secondo la sua sfera di forze, come una sfera avvolgente il cosmo, come un immenso uovo cosmico il cui centro, come il perno o il cardine in fisica, è l’ovocellula corporea.
Il considerare la Genesi nel suo rapporto all’evento embrionale conduce necessariamente in regni sovrasensibili. Chi colleghi con le Parole della Genesi un qualsivoglia significato fisico-materiale, lo fraintende. Esse descrivono stadi che precedono l’elemento fisico-materiale. Allorché più sopra era una questione di «sostanza primigenia», con ciò è intesa una sostanzialità non materiale, e non una sostanza tale che la si sarebbe potuta afferrare con mani corporee. La sostanza primigenia deve significare che è preesistita una «elementarità» sovrasensibile, che gli Elohim hanno trovata già presente. Chi attraverso lo studio della Genesi , oppure su altra via, sia giunto ad una certezza sufficientemente grande che nella Creazione del mondo ci sia stato qualcosa di preesistente, dovrà sostenere l’idea che la Genesi non descrive l’inizio di tutto l’essere. La presente considerazione vorrebbe indicare che la Genesi contiene l’evoluzione della Terra e dell’uomo dalla sua origine alla sua fine. Che essa inoltre mette in Parole le leggi dell’evoluzione, secondo le quali sono stati formati la Terra e l’uomo e tutto ciò che lo spazio umano-terreno produce. Se raggiungiamo questo scopo attraverso lo studio comparato della Genesi e dei processi dell’evoluzione organica che possono essere abbracciati con lo sguardo, saremo allora nella condizione, partendo dal regno dell’esperienza sensibile, di riconoscere la validità di queste dichiarazioni bibliche.
Se ci rappresentiamo come l’embrione materiale sia all’interno dell’involucro di calore dell’organismo materno – giacché nient’altro che calore penetra nell’ovocellula dall’organismo materno – e se ci rappresentiamo inoltre, come il nascituro fanciullo umano sia collocato in tale calore, che è anche il portatore del calore animico della madre in attesa, e come la madre da parte sua nella sua fiduciosa speranza si senta avvolta dall’intera natura compenetrata di forza divina, abbiamo un’immagine per quelle Parole alle quali ci siamo già avvicinati a tentoni: «e lo Spirito di Dio covava sulle Acque» – ve Ruach Elohim merachephet al-pĕné ha majim. – L’immagine della cova di un uovo cosmico appare esplicitamente in qualche racconto della Creazione; la Genesi utilizza a tale scopo di nuovo soltanto una Parola – merachephet (covare, aleggiare). Ma ciò basta per dirigere il pensiero al calore della cova, che deve essere necessariamente presente , se uno sviluppo deve riuscire. Vive, secondo RUDOLF STEINER7, in queste Parole tanto l’aleggiare quanto il compenetrare di calore. E quando sentiamo come il calore di uno spazio crei per la giovane vita una specie di abitazione, possiamo percepire attività di calore già nella prima lettera della Genesi, nel suono beth.
6. Della nascita della Luce
Il nostro sistema planetario era, una volta in epoche primordiali, così si presume, un unico corpo. Nel corso dell’evoluzione la Terra e i Pianeti si sono separati da quest’unico corpo cosmico ed hanno iniziato i loro cammini attorno al corpo abbandonato, il Sole. Dai singoli pianeti ed anche dalla Terra si separarono in simile maniera delle lune. Questa rappresentazione, risalente a KANT, corrisponde essenzialmente ancora a quella che invale oggi (C.F. VON WEIZSÄCKER). Come venisse formato questo corpo cosmico comune, se esso sia da rappresentarsi come gas o nebbia oppure da una formante massa pulviscolare, la ricerca non può ancora deciderlo. Ma se questo corpo racchiudeva in sé il Sole, esso era verosimilmente luminoso, oppure in esso è sorta gradualmente la facoltà di illuminare.
Se si considera il processo della separazione della Terra dal Sole, che ora deve qui essere preso in considerazione in maniera particolare, a partire dalla Terra, si vede il Sole separarsi dalla Terra. Questo tipo di considerazione è altrettanto naturale di quello che si ha quando si parla dello spuntare o levarsi del Sole, anche se si sa che questo «spuntare » o «levarsi» si realizza attraverso una rotazione della Terra. Si può addirittura dire che questa maniera geocentrica di considerare sia la più naturale per il punto di vista umano o per quello terreno.
Ora si deve considerare quanto segue. Se un corpo luminoso è nello spazio e non vi è nessun altro secondo corpo vicino a questo, esso non può ancora irradiare così chiaramente, rimane oscuro. Il generatore della luce vede la sua propria luce soltanto quando la stessa compare da qualche parte. Se tuttavia questo corpo luminoso ha un altro corpo non luminoso in se medesimo e separa ora la parte generatrice di luce da quella non luminosa, allora la luce cade dal di fuori su quest’ultima. – Un tale processo dev’essersi svolto nel lontanissimo passato, alla nascita della Terra. Di questo racconta la Genesi. Essa descrive dapprima come gli Elohim uno dopo l’altro produssero, in maniera duplice, un elemento anelante all’esterno ed un elemento vivente all’interno, e chiama queste formazioni polari Cielo e Terra. Poi viene descritto come gradualmente si prepari qualcosa – come ondeggi confusamente ciò che è elementarità, come ciò venga ancora attraversato dalla Tenebra. E secondo il senso letterale allora ciò suona: ma quel che ora vuole formarsi in questa dualità circonda il covante calore dello Spirito degli Elohim. – E a questo punto si compie tale separazione attraverso l’attività degli Elohim. In quei tempi remotissimi, quella sostanzialità, attraverso la quale le forze creatrici splendevano dall’interno, cominciò a separarsi da quella spegnentesi materialità non autoluminosa – e per la prima volta la giovane Terra venne illuminata dall’esterno, sulla Terra sorse il giorno:
E DIO DISSE: SIA LA LUCE!
E LA LUCE FU. E DIO VIDE,
CHE LA LUCE ERA BUONA.
Ora gli Elohim videro la Luce, ch’essi avevano prodotta. Questa sorse per la prima volta. Tradotto alla lettera questo punto suona: «E Dio vide la Luce, che buona» [n.d.C.: Dio vide la Luce, (vide) che (era) buona]. Con ha-schamajim, il Cielo, l’elemento solare che si allontana dalla Terra, gli Elohim estraggono fuori e riflettono la loro Luce, con la quale essi dal di fuori plasmano e vivificano ha-aretz, la Terra (Questo significato delle Parole bibliche della nascita della Luce è il risultato dell’investigazione spirituale di RUDOLF STEINER. Vedi: La Genesi. I misteri della storia biblica della creazione).
Dove troviamo nell’embriologia il correlato di queste immagini?
Abbiamo visto come il «Cielo», nel senso del principio maschile, possa essere rappresentato come il luogo dell’ovocellula che spinge in tutte le direzioni verso l’esterno, mentre invece la «Terra», nel senso del principio femminile, possa essere rappresentata come vivente all’interno. Inoltre abbiamo trovato il tohu va-bohu essere come una sorta di eco di queste forze risuonanti attraverso lo spazio, che ha la sua raffigurazione nella suddivisione di maturazione, ossia nella formazione dei corpuscoli polari. Così come il «Cielo» in quanto forza maschile agisce verso l’esterno, così i corpuscoli polari vengono staccati dall’ovocellula come un elemento maschile. Soltanto attraverso ciò l’ovocellula è divenuta autenticamente femminile. Ora essa ha ottenuto la facoltà di concepire, essa attende (con ansia) quel che produrrà nella sua vita interna, essa attende come «Terra». – Così come il Cielo e la Terra una volta si separarono l’uno dall’altra, così anche l’essere umano deve svilupparsi in due forme separate l’una dall’altra, in uomo e donna. Ma come la Luce si riflesse dal Cielo che si allontanava per illuminare la Terra e renderla capace di germinare, così l’elemento maschile ritorna alla donna per risvegliare nel suo corpo la vita.
Nell’organismo maschile si compie un evento analogo a quello relativo all’organismo femminile. Nella donna, nel corso delle suddivisioni di maturazione, sorgono nella maggior parte dei casi tre corpuscoli polari, i quali appunto, come abbiamo visto, sono molto più piccoli dell’ovocellula e vengono distrutti. Nel caso di ogni cellula seminale maschile si formano tre cellule corrispondenti ai tre corpuscoli polari, le quali mantengono la stessa grandezza della loro cellula originaria. Tutte queste cellule diventano cellule seminali (spermium – spermatozoi) sessuali mature. Nell’uomo si formano per così dire unicamente corpuscoli polari, che crescono tutti come spermatozoi; nella donna è l’unica ovocellula matura quella che trae da sé medesima la sostanza dei corpuscoli polari. Ambedue gli eventi si rapportano l’uno verso l’altro in maniera polare.
Così come nella migrazione della sostanza dei corpuscoli vive il pensiero di ha-schamajim, così nell’ovocellula rimasta indietro vive il pensiero di ha-aretz. E come nell’elemento solare sospingente di ha-schamajim si riflette la Luce ed incontra la Terra, così l’elemento corpuscolare ritorna dalla periferia come la forza del seme maschile. Ciò che si è svolto macrocosmicamente in un organismo cosmico, avviene qui in due organismi umani. Solo apparentemente, giacché questi due, nel loro incontro, divengono uno.
Allorché il contadino ara la Terra e getta i semi nel solco, egli è l’aiutante delle forze della Luce. Giacché sono esse che fanno verdeggiare il grano e maturare le spighe. Secondo un’antica leggenda8 Zarathustra ha ricevuto dal dominatore celeste del Sole, Ahura Mazdao, un pugnale dorato, per arare con quello la Terra. Attraverso il possesso di questo pugnale, che rappresenta le forze della Luce, egli poté diventare il fondatore dell’gricoltura. – Quando, dopo la fecondazione, l’ovocellula si accinge alla prima scissione cellulare, allora le forze della Luce arerebbero effettivamente la Terra. Nel caso degli embrioni di rana e di riccio di mare questo processo della prima suddivisione cellulare viene chiamato appunto, come già menzionato secondo il suo aspetto, «aratura». Nel caso della rana si è riusciti addirittura ad avviare lo sviluppo dell’ovocellula, invece che attraverso la fecondazione con seme maschile, unicamente mediante iniezione con un ago di vetro nell’uovo, dal quale si è sviluppato un piccolo ranocchio (partenogenesi). Anche nel caso del coniglio sono stati eseguiti tanti tentativi; in questo caso gli ovuli vennero portati a sviluppo mediante influsso termico a breve termine (o stimolazione chimica) ed ottenute figliate di animali normalmente mature9. Si vede come anche imitazioni di stimolazioni luminose possano sostituire la forza di Luce del seme.
7Vedi: RUDOLF STEINER, Il Vangelo di Matteo.
8Vedi: RUDOLF STEINER, Il Vangelo di Matteo.
9Vedi D.STARCK, Embryologie
(Continua)
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