K. Appenzeller – LA GENESI ALLA LUCE DELL’EVOLUZIONE EMBRIONALE UMANA – Il Primo Giorno – Parte II

Copgenesi

IL PRIMO GIORNO

2. La via verso l’origine

Avviciniamoci con le immagini, ormai acquisite, alle prime fasi della Genesi. A colui che lasci agire su di sé una blastula umana, diventando cosciente che ha davanti a sé la prima differenziazione del giovane embrione, può presentarsi in maniera immediata davanti all’anima, potente, la frase della Genesi: “In principio Dio creò il Cielo e la Terra”. E nei suoi pensieri cresce potentemente la sferula embrionale, la sua vôlta si dilata nell’incommensurabile. Cielo e Terra sorgono davanti al suo occhio interiore, così come ancora se li rappresentava l’antico greco: la Terra come grosso disco, sul quale in forma di semisfera si distende il Cielo. Cielo e Terra, così come, peraltro, li sperimenta il bambino, persino l’uomo adulto, nonostante egli sempre di nuovo inculchi a se stesso il fatto che la Terra sia tonda e che il Cielo si incurvi anche “sotto”, sull’altro lato della Terra, ove non si riesce a vedere.

Tuttavia la blastula non sta affatto al principio dell’evoluzione embrionale. Per cui, questa prima fase deve poter essere confrontata ulteriormente con una evoluzione embrionale ancora più precoce. Noi sappiamo, a dire il vero, che prima della formazione della blastula non hanno luogo mutamenti di forma che possano paragonarsi con questa, e dobbiamo quindi presumere che anche la Genesi con la sua prima frase non faccia ancora creare nulla sotto forma di “Cielo” e “Terra”, così come ce li rappresentiamo nel nostro uso linguistico abituale. Dobbiamo piuttosto presumere – e questa supposizione corrisponde ai dati della Scienza dello Spirito (1), che qui sia intesa dapprincipio una specie di primo orientamento, che vengano separati l’uno dall’altro un regno celeste ed uno terrestre. Siamo tanto più giustificati nel fare questa supposizione, in quanto la Genesi configura per così dire plasticamente il Cielo e la Terra soltanto nel secondo e nel terzo giorno della Creazione.

La prima frase sfolgora come in lettere d’oro attraverso tutta la Genesi. Vedremo che la si può applicare ad ogni stadio dello sviluppo dell’embrione, così come risplende anche da ogni singolo giorno della Creazione, identico ad un possente gesto che orienta il mondo. Nella blastula abbiamo una forma nella quale sono per la prima volta evidenti, per le nostre usuali rappresentazioni, “Cielo e Terra”. Tuttavia se vogliamo confrontare sistematicamente la Genesi con l’evoluzione embrionale, ora dalla blastula dobbiamo ripercorrere l’evoluzione all’indietro, fino a che non troviamo quel punto nel quale, per la prima volta, incontriamo il principio “Cielo e Terra”, così come può essere inteso nelle prime frasi della Genesi.

Arriviamo dapprima alla morula. In essa troviamo quello che nella blastula chiamavamo Terra, che sta al centro, e vediamo questo centro terrestre circondato dall’altra parte, che abbiamo trovato nella blastula formata come vôlta terrestre. Nella morula vi è dunque la “Terra” al centro e attorno ad essa il “Cielo”; la Terra viene completamente avvolta dal Cielo.

Come sopra descritto, il complesso cellulare interno ed esterno alla morula si distinguono esclusivamente attraverso una differenziazione sostanziale sinora sconosciuta(2). Da esperimenti su animali risulta che non solo tali cellule possono essere scambiate tra di loro, senza disturbare in modo sostanziale lo sviluppo dell’embrione, bensì si riesce, per esempio, nel caso di embrioni di riccio di mare, ancora allo stato octocellulare, a cltivare embrioni interi a partire da singoli frammenti.

Nel caso della salamandra (triturus) da un unico nucleo cellulare di uno stadio di 16 cellule si è riusciti persino a coltivare un embrione intero, per la verità aggiungendo il medesimo ad una porzione di citoplasma(3) separata dalla cellula madre prima della strozzatura centrale (prima divisione cellulare dell’ovocellula). Viene realizzata nel caso di ascari e anfibi anche la fusione di due stadi bicellulari in un unico embrione; si ottiene allora una larva gigante (vedi D.STARCK: Embriologia, 1965). Un’unica cellula della morula è per principio nella condizione di produrre di nuovo un’intera morula e quindi un embrione intero, anche se forse un po’ più piccolo. I concetti di “Cielo” e “Terra” perciò non possono più essere qui messi in relazione con le singole cellule o gruppi di cellule. Ora però si sa che le cellule interne della morula si differenziano nel vero e proprio embrione, quelle esterne nei tessuti nutritivi di queste. Perciò si deve presumere che l’informazione per l’ulteriore differenziazione di questi due gruppi di cellule sia tale da orientarli dapprima circa la loro posizione nell’embrione. Come ciò avvenga ancora non lo si sa. Per le nostre considerazioni è anche sufficiente sapere che la sostanza della morula si orienta per così dire nello spazio, che per la sua differenziazione è essenziale se essa sia all’esterno o all’interno. Perciò, nel caso dei nostri concetti di “Cielo” e “Terra” non si tratta più di qualcosa che si vede esteriormente, bensì piuttosto del loro contenuto dinamico nel senso del “celeste” e del “terrestre”. Si allontanano i concetti di “Cielo” e “Terra” da un rapporto concepibile sensibilmente.

Il “Cielo” diventa l’esterno, addirittura un esterno che spinge al movimento, od un campo di forza che si vuole sviluppare verso l’esterno – vedremo in seguito come il trofoblasto si espanda prestissimo ad enorme grandezza – e la “Terra” diventa ciò che all’interno vive embrionalmente e preme per la conformazione. “Cielo” e “Terra” diventano ciò che si potrebbe chiamare “un qualcosa che si rivela esteriormente, un qualcosa che si annuncia verso l’esterno” ed “una vivacità interna, un elemento interiore vivente”. Queste sono formulazioni di RUDOLF STEINER, da lui adoperate per la caratterizzazione di questi concetti nel primo versetto della Genesi, che tuttavia non si riferiscono espressamente all’evoluzione embrionale (vedi RUDOLF STEINER, I misteri della storia biblica della creazione).

Tuttavia neppure la morula è ancora l’inizio dell’evoluzione embrionale. Tornando indietro, risaliamo all’ovocellula fecondata. In essa non vi è ancora alcun sostrato sostanziale del quale si possa dire: questa parte si svilupperà verso l’esterno nel trofoblasto, quella verso l’interno nell’embrioblasto. I concetti di “Cielo” e di “Terra”, nel senso di ciò che potremmo chiamare “ciò che anela all’esterno”  e “ciò che vive nell’interno”, qui si riferiscono ancora unicamente al luogo, ovverosia il loro unico rapporto con la materia è quello che essi non possono essere pensati in un qualsivoglia luogo, bensì unicamente qui proprio nell’ovocellula.

Ma poiché all’interno dell’ovocellula non può esser presente più alcuna relazione materiale, questi concetti non sono più applicabili allo spazio dell’ovocellula, bensì si riferiranno a concetti relativi allo spazio come tali, possiamo anche dire allo spazio cosmico, nel quale l’ovocellula ormai è il suo punto di riferimento. Chi volesse vedere nel citoplasma e nel nucleo cellulare dei correlati per “Cielo” e “Terra”, dovrebbe fraintendere per principio ciò che qui viene inteso. “Cielo” e “Terra” superano qui i limiti dello spazio ovocellulare e divengono così possenti nella loro potenza, che a tutta prima non si sa, se voglia nascere un mondo oppure un uomo.

Ma l’ovocellula fecondata non è ancora l’inizio ricercato. Risaliamo ancora più indietro e giungiamo alla fecondazione stessa. Ivi giungono dal regno dell’ “esterno” le cellule seminali e si congiungono con l’ “interno” nell’ovocellula. Dal principio del “Cielo” che agisce verso l’esterno si riflette il principio della fecondazione. Nel movimento dei semi riconosciamo un movimento contrario al movimento del “Cielo”. La fecondazione è l’incontro e l’unificazione del principio maschile e di quello femminile. Ma qual’è la natura di questi due principi? L’uomo ha in se stesso la forza di agire verso l’esterno, sia attraverso la propria edificazione corporea che mediante l’inclinazione intellettuale della sua mente; egli plasma, forma e impronta verso l’esterno. Ma la donna possiede la forza di vivificare lo spazio interno, di racchiudere nel proprio corpo la vita, di essere lo spazio vitale per il bimbo che nasce e cresce. Se questi principi si incrociano anche nella vita, tuttavia non sono falsi se li si considerano separati. Così la forza del “Cielo” che tende verso l’esterno è affine all’elemento maschile, la forza della “Terra” che reca nel suo interno la vita è affine  all’elemento femminile. Ma ciò che tende l’un verso l’altro, un tempo era riunito. Così come l’elemento maschile e quello femminile, così pure il “Cielo” e la “Terra”.

Se troviamo il momento nel quale il principio di “ciò che tende verso l’esterno” e di “ciò che vive nell’interno” vengono una volta separati da un’unità preesistente e divisi come dualità nella manifestazione, abbiamo allora trovato pure l’inizio dell’evoluzione della Terra e dell’uomo terrestre, alla cui ricerca siamo. – Tuttavia dapprima vediamo: ciò che tende l’un verso l’altro in precedenza deve essere stato uno. Questo è un lato della cosa.

E l’altro: ciò che tende l’un verso l’altro può di nuovo incontrarsi, può nuovamente essere uno. E poiché i due principi si sviluppano ulteriormente nel loro tendere l’un verso l’altro diventano, per la loro riunificazione, un nuovo elemento dell’esistenza. E la suddivisione in due dell’unità è il presupposto per la nascita di un terzo.

Dall’unità del Dio creatore provenne la dualità di “Cielo” e di “Terra”. Attraverso ciò poté sorgere il terzo elemento, l’uomo. – Il principio del “Cielo” non si esaurisce dunque in “ciò che tende verso l’esterno”, bensì si completa unicamente nella “riflessione”.

Ed il principio della “Terra” non si esaurisce nella “vita nell’interno”, bensì la sua realizzazione si trova nell’ “aprirsi verso l’esterno”.

Alla stessa maniera si completano e si realizzano il principio maschile e quello femminile.

Vediamo volgersi l’un verso l’altro i regni embrionali di “Cielo” e “Terra” anelanti reciprocamente nella fecondazione.

Se ora, procedendo ulteriormente a tastoni, risaliamo indietro, troviamo un processo notevole al più alto livello. L’ovocellula, proveniente dal buio dell’ovario che, sino ad allora, durante il suo intero sviluppo, si era comportata in maniera passiva, comincia improvvisamente ad agitarsi. Il nucleo cellulare abbandona il centro della cellula, da lui ereditato da tempi antichi, e si sposta nei pressi della periferia. Qui esso si scinde in due parti, delle quali una abbandona l’ovocellula ed arriva a stare come cellula autonoma, praticamente costituita dal nudo nucleo (senza citoplasma degno di essere nominato), come cosiddetto corpuscolo polare (vedi Tavola I) tra ovocellula e zona pellucida, mentre l’altra parte come nuovo nucleo cellulare ritorna al centro della cellula.

Che cosa è accaduto? La sostanza del centro cellulare, come nel caso di un vulcano, viene espulsa dall’ovocellula,e in seguito la mano espellente si ritrae poi nell’interno della “Terra”. La sostanza si muove dal centro alla periferia e dalla periferia al centro.

Questo processo esige come un’aratura della sostanza dell’uovo, uno scavare nel protoplasma elementare. Inoltre i movimenti vanno nella direzione delle forze del Cielo e della Terra, ma sono movimenti rozzi e informi. Abbiamo il presagio che qui abbiamo a che fare come con una eco della potente voce del Cielo e della Terra.

Ma poiché l’eco segue la voce, dobbiamo ancora una volta volgerci indietro, se vogliamo incontrare il reale principio primordiale dell’umanazione corporea.

Perciò ora vediamo qui l’ovocellula, come se avesse appena cominciato a risvegliarsi da un lungo sonno, nel quale essa è rimasta nell’ovario materno, prima che la voce giungesse su di lei.

In essa era adagiata in un legame cellulare, era una tra molte, fino a che negli ultimi mesi e settimane essa non venne gradatamente preparata a qualcosa di completamente nuovo – all’entrata di un nuovo spazio. Ora risuona la Parola:

Bereschit bara Elohim et ha-schamajim vet ha-aretz –

IN PRINCIPIO DIO CREO’ IL CIELO E LA TERRA

E sorge una goccia di sostanzialità vivente, una piccola sferula nel libero spazio del corpo materno, che forma il primo punto di partenza per le forze creatrici, la cui Parola creerà un corpo umano. Con un embrione di uovo – ora possiamo rappresentarcelo così – si congiunge la forza di ciò che tende verso l’esterno e la forza di ciò che si agita in maniera vivente nell’interno, la forza del Cielo e quella della Terra.

E poi risuonano le parole:

ve ha-aretz hajta tohu va-bohu, ve choschek al-pĕné tehom, ve ruach Elohim mĕrachephet al-pĕné ha majim

E LA TERRA ERA DESERTA E VUOTA

E LA TENEBRA ERA SULLA FACCIA DELL’ABISSO;

E LO SPIRITO DI DIO ALEGGIAVA

SULLA FACCIA DELLE ACQUE. (4)


(1) Vedi RUDOLF STEINER : I Misteri della storia biblica della creazione, (ciclo di conferenze tenuto a Monaco, 1910, O.O. 122)

(2) E’ possibile che ciò avvenga attraverso una polarizzazione strutturale (Cfr. nota II, a p. 346)(1) Vedi RUDOLF STEINER : I Misteri della storia biblica della creazione, (ciclo di conferenze tenuto a Monaco, 1910, O.O. 122)

(3) La sostanza organica, di cui è costituita una cellula, è chiamata protoplasma. Nel protoplasma si distingue il citoplasma e il carioplasma. Il citoplasma è la sostanza della cellula al di fuori del nucleo cellulare, il carioplasma è la sostanza del nucleo cellulare.

(4) Secondo Lutero: “sull’acqua”. Per la prima Parola, Lutero scrive: “Am Anfang”, “All’inizio”. A meno che non venga rilevato diversamente, come traduzione testuale viene adoperata quella secondo Lutero. 

 

(Continua)

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