GIUSEPPE GARIBALDI ( parte prima )

giuseppe_garibaldi_1866 

PRIMA PARTE

Introduzione

Singolarissima figura, semplice nell’apparenza, ma nel fondo così complessa, dotato di virtù e capace di passioni così rare a trovarsi congiunte in un uomo che, vivo ancora, egli può essere giudicato a volta a volta dagli stessi giudici su cento modi dissimili, apparire ai lontani, sotto certi aspetti, infinitamente diverso da quello che è, rivelare anche a chi gli vive accanto da anni, con parole inaspettate e atti imprevedibili, lati nuovi e mirabili di se stesso, essere nel suo paese medesimo adorato, odiato, benedetto, vilipeso, levato al cielo come il più alto benefattore del suo popolo e segretamente desiderato morto come un flagello vivente, come una calamità incarnata della sua patria.

Edmondo de Amicis

*

La vita di Giuseppe Garibaldi fu straordinaria.

“Quando noi diciamo «uomo straordinario», intendiamo rispetto alla media comune degli uomini; ché, rispetto alla storia, nessun uomo e nessun fatto sono straordinari: tutto rientra nelle leggi naturali che si elevano a necessità storica…”.(1)

In realtà Garibaldi si fece tramite di eventi extra-ordinari nella vita socio-politica e culturale che modificarono il mondo. Alla sua figura si sono legati i destini di interi popoli; alcuni dei più grandi sconvolgimenti geo-politici del secolo XIX; l’ammirazione e gli entusiasmi unanimi di milioni di persone. L’Italia ne onora ancora il ricordo, nonostante il fervido istinto iconoclasta degli ultimi decenni che ha portato ad una feroce dissacrazione per un personaggio proposto per lo più come eroe nazionale, icona dell’unità italiana. La Chiesa cattolica sembra aver dimenticato le sue invettive contro Papa e preti. Fascisti, comunisti, liberali lo hanno rivendicato quale loro musa ispiratrice.

“Garibaldi è l’unico personaggio che, negli anni al culmine della guerra fredda, sia apparso tanto in un francobollo americano quanto in un francobollo sovietico”.(2)

Nessun straniero, mai, ha sollevato in Inghilterra l’entusiasmo suscitato da Garibaldi con la sua campagna di Sicilia nel 1860 e con la sua visita a Londra nel 1864. Eroe nazionale ed ancora osannato nell’Uruguay, la sua fama vive anche nell’Argentina che pure lo incontrò da nemico. Tuttavia ogni tentativo di celebrazione o di analisi storica risulta essere necessariamente limitante. La figura di Garibaldi è in certo qual modo riuscita a scivolare, in questo secolo, via dalle mani dei suoi estimatori e dei suoi detrattori.

Sugli altari e nell’immaginario popolare è a tutta prima assurta una figura incompleta e parziale che è in realtà ben lontana da ciò che fu Giuseppe Garibaldi. Accanto “all’Eroe dei due Mondi” che segue l’archetipo del condottiero e a cui si può facilmente accostare un Cesare, un Alessandro o un Napoleone, accanto all’uomo pubblico incantatore di donne, esempio di coraggio e portatore di tutte le migliori qualità umane, un altro Garibaldi aleggia ed inquieta. Garibaldi ci risulta inquietante e non perfettamente comprensibile sostanzialmente per tre motivi.

Innanzi tutto, la sua vita non ci appartiene, non fu una vita accostabile a quelle dei suoi contemporanei e ancor meno e afferrabile da noi uomini del duemila. La più vivida fantasia di un Salgari o di un Verne, l’anelito romantico sette e ottocentesco non hanno partorito nella fantasia una vita più avventurosa, più fortunata, più segnata da incontri decisivi e imprese formidabili di quella che visse, realmente, lui. Una vita che naturalmente si prestò ad essere romanzata, alla cui mitizzazione contribuì per primo lo stesso Garibaldi, e che nelle varie edizioni autobiografiche perde la valenza storica e che entra nella letteratura dei romanzi d’avventura. Eppure fu una vita che seppure riletta negli ultimi decenni da una analisi storica rigorosa che ne ha decimato l’aneddotica, rimane comunque eccezionale.

Un altro aspetto che fa riflettere e l’assoluta contraddizione con cui onesta vita fu vissuta.

“Fin da ragazzo ebbe subito una infinita pietà per ogni sorta di sofferenza e mai sarebbe riuscito a sopportare la vista di un uomo o di un animale sofferente…. Per tutta la vita fu un uomo di guerra, pronto a combattere una battaglia dopo l’altra, e spesso combattendo un tipo di guerra particolarmente atroce,  e guidando soldati, molti  dei  quali  ancora ragazzi…, fu sempre profondamente toccato, però, davanti a soldati feriti o moribondi.

Presiedette uno dei primi congressi internazionali per la pace…, ma scrisse poi nelle sue memorie: “La guerra es la verdareda vida del hombre ”, la guerra è la vera vita dell’uomo. Fu deciso nemico della pena capitale, ma i suoi soldati sapevano come fosse capace di ordinare una fucilazione senza nemmeno togliersi il sigaro di bocca”.(3)

“Lo credono i più d’animo incerto, pieghevole a tutte le passioni di chi lo circonda, operante quasi sempre più per impulso altrui che di moto proprio; ed è invece così tenace nelle sue idee e forte nella sua volontà, e sta così fieramente in difesa dell’indipendenza loro, che il discutere con lui anche per chi egli più stima ed ascolta, è la più ardua, la più erculea delle imprese”.( Edmondo de Amicis)

Eppure le sue idee, le sue intenzioni iniziali furono il più delle volte in assoluto contrasto con la sua azione. Ebbe una vita di pensiero molto particolare, a tratti modesta, talvolta assolutamente utopica e teorica; venne considerato un pessimo politico ed un mediocre stratega, uno scrittore ed un poeta a tratti piacevole e a tratti pedante; la sua volontà, il suo destino, cambiarono invece il mondo. Questa incredibile disunità di pensiero, sentimento e volontà disorientarono ed impressionarono le persone che lo conobbero.

“Garibaldi aveva, come disse George Sand, qualche cosa d’arcano che faceva pensare; la irradiazione dei grandi predestinati, il riflesso della visione interna di un mondo. [….] Dante gli avrebbe dedicato un canto, Michelangelo una statua, Galileo una stella”. (Edmondo de Amicis)

Un terzo aspetto suscita inquietudine. Mi riferisco al suo rapporto, alla sua appartenenza massonica. In realtà molto è stato scritto riguardo a Garibaldi massone, soprattutto da parte della stessa massoneria, la quale lo ha, al pari delle fazioni politiche, voluto prepotentemente fare suo.

“Le Premier Maçon du Monde” fu sempre strettamente legato alla Massoneria ottocentesca. Proprio questa sua fedeltà fa sì che oggi su di lui sia caduto un velo di indifferenza e silenzio quale risposta imbarazzata della società italiana ad un movimento che da sempre, ma ancor più negli ultimi quindici anni, ha suscitato diffidenza nell’opinione pubblica. Il sottile filo massonico che  unisce  l’indipendenza  americana  e  la rivoluzione francese all’impresa dei Mille, pone la spinta nazionalistica del secolo scorso in una luce che suscita non poche perplessità e domande. Il rapporto tra Garibaldi e la massoneria fu più complesso di quanto molto spesso le logge non lo abbiano voluto rappresentare.

“La Massoneria……. lo piange come padre e come figliuolo …..”.(4)

E’ ben vero che gli aiuti politici ed umani dei fratelli massoni furono realmente determinanti per lo svolgimento della sua azione; ma Garibaldi non fu mai solo il buon figliuolo che perseguì e realizzò gli ideali politici della massoneria, egli fu insieme critico ed innovatore: il suo impulso modificò profondamente la massoneria.

Il presentimento che egli usò la massoneria più di quanto essa fece con lui, che per una sorta di predestinazione, “Garibaldi doveva essere il Gran Maestro, il Sovrano Gran Commendatore, la Guida”(5) è un’impressione che ebbero diverse personalità massoniche. Una biografia straordinaria,  una personalità  speciale  ed  un  lato “esoterico”, rappresentano muri contro i quali si infrange, da un secolo a questa parte, ogni analisi storica.

Va detto che l’istituzione massonica, attualmente in stato di decadenza, e talvolta di grave degenerescenza in Italia e  nel mondo, presentava nel Settecento, e in parte in alcuni luoghi anche nell’Ottocento, aspetti migliori di quelli attuali, in special modo in Italia. Vi erano nel nostro paese sopravvivenze di antiche tradizioni misteriche, di origine dionisiaca, orfica, pitagorica, neoplatonica, tradizioni, che nel Medioevo riemersero tra i “Fedeli d’Amore” e, poi nel Rinascimento e all’inizio dell’evo moderno, sotto la forma di Accademie Platoniche. Queste accademie nel Settecento presero la forma, secondo un impulso del tempo, di logge massoniche e coltivarono in forme nuove l’antica sapienza. In particolare a Napoli, a Firenze e a Venezia, esse si richiamarono ad origini da loro definite “eleusine”. A Napoli, ad opera di personalità come Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero, sorse un milieu che, attingendo ad antiche tradizioni partenopee ancora presenti, sorse l’Ordine o Rito di Misraim, dal carattere apertamente occulto e iniziatico nel senso migliore del termine.

E’ degno di particolare nota il fatto che Giuseppe Garibaldi abbia sentito il bisogno di ricollegarsi proprio a questo Rito massonico dichiaratamente “occultista”, di origine puramente italiana e indipendente dalle influenze francesi, inglesi e tedesche. E che – stando a quel che scrive nel suo libro sulla storia dell’Ordine di Misraim Gastone Ventura, storico qualificato di tale corrente massonica – a metà Ottocento, all’epoca dell’impresa dei Mille, fossero presenti “nel 1860 una loggia di Palermo ed una loggia di Napoli: nella prima sarebbero stati iniziati numerosi ufficiali garibaldini già appartenenti alla Massoneria dell’Alta Italia ai quali, in maggioranza, sarebbe stato conferito il grado di Filosofo ermetico; la seconda sarebbe stata posta in sonno per sfuggire alle rappresaglie della polizia borbonica, dopo la battaglia di Calatafimi”. Mentre, in un suo studio su “i Riti egiziani della Massoneria”, così scrive: “A Napoli la loggia misraimita colà esistente si era posta in sonno con la costituzione del Grande Oriente e del Supremo Consiglio di Palermo da parte di Garibaldi che ne era stato proclamato Gran Maestro ad honorem mentre ai suoi ufficiali erano stati riconosciuti gradi elevati del Rito di Misraim e decorazioni in quello di Memphis”.

Rudolf Steiner parlò ripetutamente di Garibaldi  e con lui degli altri artefici del Risorgimento Italiano. Soprattutto essi rappresentano uno dei fili conduttori che Rudolf Steiner dipana in diversi cicli di conferenze che tenne prima a Dornach e poi in giro per l’Europa nel 1924 e che sono conosciute come “Considerazioni esoteriche su nessi karmici” (O .O 235 – 240). Naturalmente le comunicazioni che fece R. Steiner pongono la biografia di Garibaldi in una luce del tutto particolare. Elevato dal senso storico materialistico ed inserito in un amplissimo contesto metastorico, l’uomo appare ora quale interprete di un corso di eventi prima ancora che fisici, spirituali.

Se molti aspetti della vita di Garibaldi e dei  suoi rapporti con gli altri artefici del Risorgimento si chiariscono, altri enigmi più profondi  si presentano. Quali servitori dello spirito di popolo italiano, ma ancor più preparatori della reggenza di Michele, Garibaldi ed i suoi compagni ci impongono una rilettura dei moventi spirituali del Risorgimento e l’analisi dei compiti presenti e futuri dell’Italia. D’altro canto proprio la figura di Garibaldi pone in maniera sorprendente una serie di problematiche circa le indagini karmiche di R. Steiner.

I primi due settenni.

Giuseppe Maria Garibaldi nacque a Nizza alle 6 del mattino del 4 luglio 1807.

Nacque suddito dell’imperatore Napoleone I e quando fu battezzato nella chiesa di San Martino in Nizza, il 19 luglio 1807 il suo nome fu scritto in francese, Joseph Marie.

“Napoleone era allora al culmine della potenza. Il giorno della nascita di Garibaldi, era a Tilsit sulla frontiera russa, a concludere quella serie di incontri con lo zar Alessandro I, che avrebbe portato, due giorni dopo, al trattato d’alleanza con il quale la Russia si sarebbe impegnata a seguire una politica di neutralità filo – francese ed anti – britannica. Al di là dell’Oceano, quello stesso giorno, i sette milioni di cittadini statunitensi celebravano il trentunesimo anniversario della Dichiarazione di Indipendenza”(6).

“Non posso incominciare a raccontare la mia vita senza prima far cenno ai miei buoni genitori che fecero tanto per la mia educazione morale e fisica, cercando di inculcarmi il loro carattere ed il loro amore”. (7)

Contrariamente a quanto affermato dalla tradizione, il padre di Giuseppe, Domenico, non era un povero pescatore, ma un marinaio ed un piccolo commerciante, ricco abbastanza da poter disporre di una nave , la “Santa Reparata” di 29 tonnellate. Il  nome  Garibaldi  fa  pensare  ad  una  origine  tedesca  della  famiglia, sebbene alcuni biografi abbiano rintracciato un Garibaldo che era duca di Torino nel VII secolo.

“Jessie White Mario……amica e biografa di Garibaldi, credeva di trovare tracce dell’origine teutonica di lui nel colore biondo – rossiccio dei suoi capelli, nel suo incedere lento e solenne, nel suo modo di parlare calmo e pacato e senza gesti, e nella sua predilezione della vita di campagna, rispetto a quella di città”(8).

“E’ mia madre! Io asserisco con orgoglio che essa, Rosa Raimondi, può servire di modello alle madri. E credo che questo d’aver detto tutto” (9).

Rosa Raimondi era una ragazza di Loano quando nel 1794 sposò Domenico. Dal loro matrimonio nacque nel 1797 una prima figlia, Maria Elisabetta, che sarebbe morta solo due anni dopo. Nel 1804 nacque un maschio che ebbe il nome del nonno, Angelo. Tre anni dopo nacque Giuseppe. Nel 1810 nacque suo fratello Michele. Quando aveva 5 anni e mezzo, nel 1813 vide la luce un altro fratello, Felice e nel 1817, a maggio, nacque una sorella, Teresa.

“I figli di Rosa e Domenico si fecero, ognuno a suo modo, onore, sebbene tendessero a morire precocemente. Angelo emigrò negli Stati Uniti, divenne un ricco uomo d’affari a New York e chiuse la sua carriera come console del regno di Sardegna a Filadelfia, dove morì nel 1853 a 49 anni. Michele divenne un ottimo capitano marittimo del Mediterraneo: morì nel 1866 a 56 anni. Felice fu il meno ambizioso, s’accontentò di trovare successo con le donne; fu impiegato in una compagnia di navigazione a Napoli e qui morì nel 1855 a 42 anni.

Giuseppe, il futuro rivoluzionario, il futuro soldato d’America e d’Europa, visse una vita molto più avventurosa di quella dei suoi fratelli, eppure fu l’unico ad arrivare alla vecchiaia. Quando morì nel suo letto, a quasi 75 anni, già era chiamato l’eroe dei due mondi.”(10)

Nel 1814, rovesciato Napoleone, il Congresso di Vienna sancì la restaurazione dei vecchi regimi e dei vecchi confini; così Nizza tornò ad essere parte del Regno di Sardegna ed il settenne Joseph divenne a tutti gli effetti  Giuseppe,  sebbene  in  casa  lo  avessero,  da  sempre,  chiamato Peppino.

Garibaldi crebbe in riva al mare – abitava infatti nel porto di Nizza – ed il destino suo e quello dei suoi fratelli fu inizialmente quello di seguire le orme paterne e del nonno per mare.

“Da ragazzo, spesso, gli bastava attraversare la strada per trovarsi nel porto, tra le navi,  e qui parlava con i marinai, e imparava da loro ad arridare le vele, o a serrare nodi; e chiedeva ai pescatori d’andare con loro alla festa della tonnara a Villefranche, o ai banchi di sardine di Limpia, o alla cattura delle ostriche. Ma altre volte, eccolo steso tra gli ulivi, a leggere un libro; o a vagare tutto solo nelle colline sopra Nizza, camminando per ore ed ore solitario nei boschi, sognando ad occhi aperti ed imparando ad amare la natura e gli animali.”(12)

Garibaldi fu allo stesso tempo eccellente marinaio ed esperto in terra ferma, sia per mare che per terra fu contemporaneamente guerriero e uomo di pace, marinaio, cacciatore e buon pastore. Tra gli otto e nove anni, mentre andava a caccia con un cugino salvò una donna che stava annegando in uno stagno.

“Dodicenne si gettò al salvamento di alcuni ragazzi, la cui barca s’era rovesciata e li trasse dal mare; fattosi adulto, e divenuto nuotatore formidabile avrebbe salvato in altre tre occasioni ragazzi e uomini che stavano per annegare.”(13)

Sempre a dodici anni una spaventosa tragedia colpì lui e la sua famiglia. Il 17 gennaio 1820 morì in un incendio la piccola sorella Teresa di 2 anni e otto mesi con la nutrice che dormiva con lei. Non fu possibile soccorrerle perché la nutrice aveva chiuso l’uscio dall’interno. Questo fatto toccò profondamente Garibaldi, anche se ne parlò pochissime volte e mai permise che i suoi ospiti si chiudessero a chiave in casa sua…

In realtà i suoi genitori non volevano fare di Giuseppe un marinaio e per farlo studiare lo affidarono  a tre  precettori  privati,  due  dei  quali ecclesiastici ed il terzo laico, il signor Arena. Quest’ultimo insegnò per primo a Garibaldi l’italiano poiché egli parlava quel misto di provenzale ed italiano che si parlava a Nizza ; gli insegnò anche la matematica.

Garibaldi, che fu sempre un acceso anti – clericale, ricordò come buona l’educazione ricevuta da Arena e pessima quella ricevuta dai due preti; tuttavia espresse simpatia per uno dei due che gli insegnò l’inglese e si rammaricò di non averlo imparato meglio, visto lo speciale rapporto che ebbe per tutta la vita con gli inglesi.

Fu sempre portato per le lingue e, a parte il francese e l’italiano, in Sud America imparò lo spagnolo ed il portoghese. Theodore Bent, esploratore inglese che fu ospite a Caprera, riferì che parlava anche un ottimo tedesco. Non fu un buon alunno e a tante chiacchiere accademiche preferì imparare da solo le materie che gli sarebbero servite per ottenere il diploma di capitano marittimo e in particolare fu attratto dall’astronomia. Altre materie fu la vita ad insegnargliele.

“Io imparai la ginnastica arrampicandomi sugli alberi e lasciandomi scorrere per le corde della nave; la scherma, col difendere la mia testa e cercando del mio meglio per rompere quella degli altri e l’equitazione imitando i primi cavalieri del mondo, vale a dire i gauchos!”. (14)

Divenne inoltre un nuotatore eccezionale. Per assicurargli una educazione migliore il padre lo mandò a studiare a Genova. La voglia di andare per mare era tanta e poiché i suoi genitori erano contrari decise, un giorno in cui era in vacanza a Nizza, di salpare per il Levante di nascosto con tre o quattro ragazzi della sua età. Vennero fermati al largo di Monaco dalla Guardia Costiera informata da un abate che aveva scoperto il loro piano. Garibaldi si convinse che l’essere stato ripreso fu una fortuna e in una edizione delle sue memorie scrisse:

“Vedete che combinazione: un abbate, l’embrione di un prete, contribuiva forse a salvarmi ed io tanto ingrato  da perseguire quei poveri preti. Comunque un prete è un impostore; ed io mi devo al santo culto del vero”. (15)

Finalmente divenne marinaio ed il suo nome fu iscritto negli archivi marittimi di Nizza il 12 novembre 1821, quando aveva quattordici anni. Nonostante ciò, il suo primo viaggio lo fece solo più di due anni dopo, il 20 gennaio 1824 ad Odessa.

Con questo primo viaggio iniziò la vita avventurosa di Giuseppe Garibaldi.

Terzo settennio

1821 -12 novembre -14 anni: iscrizione nei registri dei marinai.

1824 – 29 gennaio -16 anni: primo viaggio verso Odessa sulla nave “Costanza” con il capitano Pesante.

1824 – novembre – 17 anni: secondo viaggio, questa volta con suo padre  sulla “Santa Reparata” lungo la costa francese.

1825 – 26 marzo -17 anni: partenza con il padre per Roma dove rimane un mese. La seconda volta che mise piede a Roma fu nel 1848 a combattere per la Repubblica Romana. Scrisse nelle sue memorie che qui ebbe una visione della Roma del futuro, capitale di un’Italia unita, libera dalla soggezione papale.

1826/28 – 18/20 anni: attività su navi mercantili sia verso Gibilterra sia verso Oriente. Ha diverse avventure a causa di ripetuti arrembaggi dei pirati greci. Dopo uno di questi venne mandato a terra sull’isola di Citrea a cercare aiuti : “mentre si recava   alla Capitaneria si imbatte in un  soldato semplice inglese che, vedendolo scalzo, gli diede un paio di scarpe”. E’ la prima cortesia ricevuta da un inglese. La seconda pochi giorni dopo: furono salvati da una nave britannica dopo l’ennesimo abbordaggio dei pirati.

Primo amore di Garibaldi: Francesca Roux, promessa di matrimonio al suo ritorno dal viaggio in oriente: tornerà solo dopo 4 anni e troverà Francesca già sposata.

1828 -13 marzo: attracco a Smirne; un marinaio cade in mare e viene salvato da Garibaldi.

1828 -24 agosto-21 anni: arrivo a Costantinopoli. Garibaldi si ammala e la malattia dura più del previsto. Rimane a Costantinopoli dove fa il precettore ai tre figli della signora Timoni in italiano, francese e matematica. Impara il greco e guarda con ammirazione alla guerra di indipendenza della Grecia contro la Turchia.

Quarto settennio

1828/31: attività su navi mercantili

1832 – 27 febbraio: ha il primo comando di una nave.

– marzo: in un viaggio come secondo sulla nave “Clorinda” viene ferito alla mano destra di striscio durante un conflitto a fuoco con i pirati.

1833 – 22 aprile – viaggio verso Costantinopoli con 13 sansimoniani guidati da Barrault che regala a Garibaldi il libro “II nuovo Cristianesimo” che conserverà per tutta la vita. E’ il primo incontro con il socialismo, ma Garibaldi rimane impressionato dalla sincerità e dall’idealismo di Barrault e indignato dalla persecuzione di cui i sansimoniaci erano vittime.

– 22 novembre: fine della carriera nella marina mercantile.

– dicembre: primo incontro con Mazzini, si affilia alla Giovine Italia insurrezionale a Genova (incontro che in realtà fu molto improbabile; incontro sicuro fu nel 1848).

– 26 dicembre: si arruola per servizio di leva nella marina da guerra sarda a Genova.

1834 – 3 febbraio: si imbarca sulla fregata Des Geneys.

– 4 febbraio: fallita l’insurrezione a Genova fugge a Marsiglia.

– 3 giugno: condannato a morte in contumacia dal Consiglio di guerra divisionario di Genova:

“Qui cominciava la mia vita  pubblica e pochi giorni dopo leggevo per la prima volta il mio nome su un giornale; era una condanna a morte nei miei confronti riportata dal “Popolo Sovrano” di Marsiglia”.

2° viaggio ad Odessa e vari viaggi su navi mercantili con il nome di Joseph Pane.

1835 – infermiere a Marsiglia durante l’epidemia di colera.

Partenza per Rio de Janeiro.

Quinto settennio

1836 – arriva a Rio. Fa numerosi proseliti alla Giovane Italia; acquista una lancia per il commercio costiero.

1837 – 30 anni – 4 maggio: ottiene di combattere quale corsaro per la Repubblica di Rio Grande del Sud contro il Brasile.

– 7 maggio: prima cattura: lo schooner Luisa, ribattezzato Farropilha.

– 15 giugno: combattimento navale contro gli uruguayani, è ferito gravemente alla carotide.

– 23 giugno: sequestro della Farropilha e prigionia sulla parola a Galeguay.

– novembre; tenta la fuga, ripreso viene torturato.

1838  – ricomincia la guerra corsara contro il Brasile con varie catture di navi.

1839  – 17 aprile: combattimento del Galpon de Charguenda a Brejo de Comaguà.

-14 luglio: naufragio con la Farropilha II.

– agosto; primo incontro con Anita.

– 23 ottobre: Anita si imbarca a Laguna sulla sua nave.

– 15 novembre: incendia ed affonda le sue navi per sottrarle al nemico.

-14 dicembre: combattimento del Passo di Santa Vittoria sul fiume Pelotas.

1840  –  33 anni -16 settembre; nascita del figlio Menotti a Saint Simon.

1841  – primo incontro con Francesco Anzani e ritorno a Montevideo dove vive facendo il piazzista e l’insegnante.

1842  – gennaio: assume il comando della marina da guerra dell’Uruguay in lotta contro il tiranno argentino De Rosas.

–  26  marzo; matrimonio religioso con Anita a Montevideo.

–  23 giugno: partenza per la spedizione al Paranà con tre navi: prime catture.

– 16/17 agosto: combattimento navale di Costa Brava, per non arrendersi brucia le navi.

– 21 novembre: riprende il comando navale con altre forze.

– dicembre: per la terza volta brucia le sue navi.

Sesto settennio

1843     – nasce a Montevideo la Legione Italiana

– 20 aprile: nasce a Montevideo la “Camicia Rossa” della Legione Italiana

– 10 giugno: battaglia del Cerro.

– 17 novembre: combattimento delle Tre Croci.

1844     – 28 marzo; secondo combattimento del Cerro.

– 6 settembre: occupazione isola Martin Garcia – 37 anni.

– 3 novembre: occupazione del Salto.

– 6/23 novembre; battaglia vittoriosa del Salto.

1846   – 8 febbraio: battaglia di Sant’Antonio.

1847   –

1848   – 15 aprile: salpa da Montevideo con 63 legionari per l’Italia.

–  23 giugno: sbarca a Nizza: accoglienza trionfale.

– 29 giugno: a Genova, ha ora 150 legionari.

– 5 luglio: incontra a Roverbella re Carlo Alberto: gli offre la sua spada.

– 14 luglio; il governo provvisorio di Milano lo assume come generale

– 14/26 agosto prima campagna di Lombardia (Luino, Bodero, Morazzone)

– 27 agosto: ripara in Svizzera.

– 6 ottobre: eletto deputato di Chiavari al Parlamento Subalpino.

– 8 dicembre: è invitato, con i suoi legionari, dalla Repubblica Romana.

1849     – 20 gennaio: è eletto deputato di Rieti al Parlamento di Roma.

– 5 febbraio: arriva a Roma, presenzia all’apertura della Costituente, è colpito da un grave attacco reumatico.

– 24 aprile: viene richiamato a Roma da Rieti dove era accasermato e nominato generale di brigata della Repubblica Romana.

– 25 aprile; sbarco dei francesi a Civitavecchia per attaccare Roma.

– 27 aprile: entra in Roma con le sue truppe.

– 30 aprile: primo vittorioso combattimento a Roma contro i francesi; è ferito all’addome.

– 6/17 maggio: campagna napoletana (Palestrina, Valmontone, Velletri).

– 2 giugno: ripresa dell’attacco francese contro Roma.

– 30 giugno: ultimo combattimento e caduta della Repubblica Romana.

– 2 luglio: esce da Roma con Anita e le sue truppe, deciso a continuare la lotta.

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(Continua)

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Note

1) G. Bovio – dal discorso commemorativo tenuto a Bari, in “ Scritti filosofici e politici” Napoli, Ernesto Anfossi Editore – Librajo 1883

2) J. Ridley “ Garibaldi “ A. Mondadori Editore 1975

3) Ibidem

4) C. Gentile “ G. Garibaldi” Edizioni Bastogi, 1981

5) Ibidem

6) J. Ridley “ Garibaldi” A. Mondadori Editore 1975

7) G. Garibaldi “Autobiografia”

8) J, Ridley A. “Garibaldi” A. Mondadori 1975

9) G. Garibaldi “ Autobiografia”

10) J. Ridley “Garibaldi” A. Mondadori 1975

11) Ibidem

12) Ibidem

13) Ibidem

14) G. Garibaldi “ Autobiografia” Trad. Speranza von Schwartz

15) Ibidem

10 pensieri su “GIUSEPPE GARIBALDI ( parte prima )

  1. Grazie Trittolemo, è una sorpresona!

    Poi la “storia” è incalzante, ha un suo ritmo…peccato che Eco non abbia aggiunto, sotto l’ultima riga, un (CONTINUA..) bello grosso. Certo, al principio c’è una “Prima parte” in grassetto, ma poi leggendo, chi se lo ricorda?

    Insomma: viva Trittolemo, abbasso Eco! 🙂

    • Va bene, mettero’ un continua. E creero’ una sezione dedicata appena ho tempo cosi’ dal menu’ della home troveremo subito gli aggiornamenti sul lavoro garibaldino del nostro nuovo collaboratore.

      Un benvenuto come Autore di Eco a Trittolemo che ci segue da tempo dai suoi lidi oltre confine. Grazie amico.

  2. Un grazie di cuore al nostro affezionato “eleusinio” lettore Trittolemo, che con questo articolo si è fatto autore, portandoci a conoscenza una serie di aspetti su Garibaldi, una figura importante – e da questo punto di vista trascurata – di quella “storia occulta” celata ma sempre agente dietro gli eventi apparenti della Storia.
    L’articolo, per la sua estensione e la sua densità, (così mi dice, rispondendo alla mia curiosità, l’infaticabile Savitri) ha dovuto essere diviso in più parti e, oltre alle considerazioni biografiche, illustra non solo quanto come comunicazioni scaturisce dalle indagini di Rudolf Steiner, ma contiene altresì una serie di considerazioni del suo autore (sempre secondo quanto riferitomi dall’ottima Savitri) circa le influenze “graaliche” che si sono manifestate nella vita e nelle azioni di Garibaldi e di alcuni altri protagonisti del nostro Risorgimento, manifestando e incarnando in tal modo archetipi e forze del Mondo Spirituale sin dentro la storia umana. Per cui l’aspettativa delle successive parti è grande, almeno per quel che mi riguarda. Penso, tuttavia, che non saranno pochi i lettori interessati da questo aspetto della “storia occulta”.

    Di nuovo un grazie a Trittolemo per la questa sua benemerita “fatica”, che osiamo sperare sia la prima di una feconda serie del nostro nuovo autore.

    Hugo, che dopo aver letto attento tutto,
    or si sbafa un panino col prosciutto.

      • Avendo sempre io mille voglie,
        or mi mangio la millefoglie,
        contro l’altrui mente contorta,
        alla crema sbaferommi la bella torta!
        A chi vuoi che la mia salute prema?
        La torta sarà sempre alla crema.

        Hugo, che trovandosi beato lì per lì,
        mangia la pasta alla crema chantilly.

    • Gentile Mir83, so che, nella seconda parte del suo articolo, il nostro eleusinio Trittolemo risponderà a questa Sua legittima domanda. Così almeno pare dal fatto ch’gli stia illustrando la cronologia della vita dell’Eroe dei Due Mondi.

      In effetti, molte biografie di Garibaldi attestano che vi fu un rapporto tra la fondatrice della Società Teosofica, Helena Petrovna Blavatsky e Garibaldi nel corso delle vicende del nostro Risorgimento. Ma attendiamo pazientemente che Trittolemo svolga, pubblicandolo su questo “blog”, il seguito del suo interessante lavoro.

      Hugo, di conoscenze vere assai curioso,
      che nel cercar non sarà mai furioso.

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