IL VIANDANTE CHERUBICO

Silesius In diverse conferenze il Dottore ricordò qualche distico di un mistico tedesco “ all’alba della vita spirituale dei tempi nuovi” : Angelo Silesio.

Silesius nacque nel 1624 a Breslavia ed il suo nome era Giovanni Scheffler. Studiò in Olanda ed in Italia ed esercitò la medicina. Si convertì al cattolicesimo e fu ordinato sacerdote nel 1661, in seguito entrò nell’Ordine dei Minori. Morì a Breslavia nel 1677.

Scrisse brevi liriche, pubblicate nel 1657 col titolo Geistriche Sinnund Schlussreime.

Steiner scrive di lui:” Come un essere spirituale egli aleggia al di sopra di ogni vicenda terrena, e ciò che dice è come il soffio d’un altro mondo, esente a priori dalla rozza impurità onde, di solito, la saggezza può solo faticosamente liberarsi.” (I MISTICI, 1948. Pag. 116 – 120).

In effetti Silesio si esprime con lievità e dolcezza…per dire in tante righe delle verità che, pensate a fondo, fanno quasi impallidire -per fare un esempio – le vie della Potenza.

Trascrivo la sua composizione più famosa, da cui ho preso il titolo per questa nota.

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Io non so ciò che sono, non sono ciò che so,

cosa e non cosa, un puntino ed un cerchio.

 

Nulla c’è che ti muova, tu stesso sei la ruota

che da se stessa corre e non ha riposo.

 

Fermati! Dove corri? Il cielo l’hai in te.

Se altrove cerchi Dio, mille volte lo perdi.

 

Io non sono fuorché Dio, Dio non è fuorché me,

io sono il suo fulgore ed egli è il mio ornamento.

 

Dio è il fuoco in me, io in lui sono il riflesso,

non siamo l’uno all’altro intima essenza?

 

Noi preghiamo: Signore, sia fatto il tuo volere,

ma vedi, egli non vuole, egli è l’eterna calma.

 

Amare è faticoso: non dobbiamo soltanto

amare; come Dio dobbiamo essere amore.

 

Creature: queste voci dell’eterna Parola.

Essa canta se stessa in leggiadria e furore.

 

Dio non faticò mai né riposò, ricorda:

riposo è la sua opera, opera il suo riposo.

 

Io sono un monte in Dio, debbo scalar me stesso

perché il suo caro volto Iddio mi sveli.

 

Puro come oro fine, arduo come la roccia,

netto come cristallo sia il tuo animo.

 

Immisurabile è il Supremo, lo sappiamo,

eppure un cuore d’uomo può racchiuderlo.

 

L’amore quando è nuovo fermenta come il vino;

più invecchia e schiara e più si fa quieto.

 

Dio non cura le opere e quando il santo beve

gli piace come quando prega o canta.

 

Chi un attimo soltanto si levò su se stesso

potrà cantare il Gloria con gli angeli di Dio.

 

Io non credo alla morte: morissi ad ogni ora,

passerei ogni volta a miglior vita.

 

Uomo, in ciò che tu ami, in ciò sarai mutato.

Sarai Dio se tu l’ami e, se l’ami, la terra.

 

Sboccia, Cristo gelato, maggio è alla porta,

se ora e qui non fiorisci, resti morto in eterno.

 

Amico, quel che sei tu non puoi rimanere:

l’uomo deve passare dall’una all’altra luce.

 

Nulla è se non tu e io, e se non siamo in due

neppure Dio è più Dio e rovinano i cieli.

 

La rosa che tu vedi coi tuoi occhi di carne

anche in Dio dall’eternità fioriva.

 

Due occhi ha l’anima: uno è fisso nel tempo,

l’altro si spinge fino nell’eterno.

 

La croce in cime al Golgota non ti potrà salvare

dal male, se in te stesso tu non l’abbia levata.

 

Tu non ami gli uomini? Hai tutte le ragioni.

L’umanità nell’uomo è quel che devi amare.

 

Uomo, se hai brama e nostalgia di Dio,

da lui ancora non sei tutto avvinto.

 

Uomo, sii essenziale: quando il mondo trapassi,

il Caso crolla e l’Essere rimane.

 

Dio non manca di nulla, non gli occorrono doni;

se è vero – perché vuole il mio povero cuore?

 

Pioggia non per sé sola cade, né sole splende,

anche tu sei creato per altri e non per te.

 

Dio dice sempre sì, è il diavolo che nega,

per questo egli non può riunirsi a Dio.

 

Se il diavolo potesse uscire da se stesso

di colpo lo vedresti sul trono del Signore.

 

Tu considera bene: in Dio c’è eternità,

col diavolo all’inferno vi è solo un tempo eterno.

 

Credi tu, pover’uomo, che il grido della tua bocca

sia giusto inno di lode a un immobile Dio?

 

L’amore entra da Dio non annunziato,

sottile ingegno fa lunga anticamera.

 

Un cuore che sia quieto in Dio come Dio vuole,

sarà spesso toccato da lui: è la sua cetra.

 

Io non muoio né vivo. Dio stesso muore in me

e ciò che debbo vivere egli tutto lo vive.

 

E Dio è più in me che se l’intero mare

fosse raccolto in minuscola spugna.

 

Tu stesso fai il tempo, l’orologio è i tuoi sensi;

se arresti l’inquietudine, il tempo non c’è più.

 

Uomo, Dio nulla pensa: se avesse in sé pensieri

potrebbe vacillare qua e là, e non gli si addice.

 

So che senza di me Dio non vivrebbe un attimo:

fossi annullato, renderebbe l’anima.

 

Anch’io devo esser sole e coi miei raggi

dipinger l’incolore oceano del Divino.

 

Uomo, dacché il volere e il correre non contano,

devi far come Dio, che vince non volendo.

 

Quando Dio fu nascosto nel grembo di una Vergine,

allora il punto in sé contenne il cerchio.

 

Debbo esser Maria, Dio da me partorire,

s’egli deve concedermi l’eterna beatitudine.

 

Io stesso debbo essere virtù e ignorare il caso

se la vera virtù deve da me sgorgare.

 

In quanto è morta la mia volontà,

Dio deve ciò ch’io voglio:

io stesso gli prescrivo il modello e la meta.

 

Cristo stesso, se avesse un po’ di volontà,

per quanto santo, credimi, cadrebbe.

 

I sensi, nello spirito, sono uno

e per un solo uso: chi contempla

Dio, anche l’ode, lo sente, gusta e odora.

 

Chi è come non fosse, come mai fosse stato,

colui, o beatitudine, è fatto un Dio palese.

 

Che è, non peccare? Non occorre chiedere.

Vai, e te lo diranno i muti fiori.

 

La preghiera più nobile: quando colui che prega

si muta in ciò dinnanzi al quale supplica.

 

Lo zero, la creatura, se si antepone a Dio

non vale nulla: dietro di lui, sarà pregiata.

 

Ciò che fan tutti i santi può farlo un uomo solo.

Guarda: non fanno altro che abbandonarsi a Dio.

 

Amico, adesso basta. Poi leggerai dell’altro.

Ora vai, e diventa tu stesso Scritto ed Essere.

 

A me, però, dalle confessioni religiose che male si accordano con i fatti naturali, non echeggia nulla dello spirito di quella vera e ampia pietà, che trovo in Boehme e in Angelo Silesio. Anzi, questa pietà più alta sta in perfetto accordo con l’azione delle forze naturali. Non c’è alcuna contraddizione tra il compenetrarci delle nozioni fornite dalla moderna scienza naturale e l’intraprendere al tempo stesso quella via verso lo spirito, che fu cercata da Boehme e da Angelo Silesio. Chi si accinge a percorrerla nel senso in cui la intesero quei pensatori, non ha da temere di cadere in un piatto materialismo se porge l’orecchio alla narrazione dei segreti della natura descritti nella Storia naturale della creazione. Chi accolga in questo senso i miei pensieri, comprenderà con me e come me l’ultimo versetto del Viandante cherubico, col quale vogliamo pure conchiudere questo libro: Amico, ora basta. Per il caso che tu voglia leggere più avanti, va e diventa tu stesso la scrittura, tu stesso l’essere.” (R. Steiner: I MISTICI Ed. Bocca 1948, pag 124 – 125).

2 pensieri su “IL VIANDANTE CHERUBICO

  1. Bene egregium scripsisti, optime Isidore!

    Cosa egregia ben scrivesti, mio ottimo Isidoro! Se c’è una cosa che sempre mal vide una certa confessione religiosa e la sua scellerata milizia, è l’alta Mistica, di un Meister Eckhart, di un Jacob Boehme, di un Angelo Silesio, per citarne solo tre nomi tra molti. Quella confessione religiosa, e la sua mai troppo esecrata compagnia, hanno sempre favorito spregiudicatamente, per non dire cinicamente, non l’alta Mistica, in grado di aprirsi in qualche modo il varco ad autentiche conoscenze spirituali, semmai il il misticismo sentimentale col quale, obnubilati lo spirito dell’uomo e la sua coscienza pensante, l’anima più senziente e sentimentale sguazza e si crogiola in emozioni sempre più legate alla sfera somatica, e sempre più spesso sprofondante in quello che Rudolf Steiner chiama “erotismo astrale”.

    Spregiudicatamente quella confessione religiosa, e la sua militante compagnia, propongono ai singoli individui il deliquio di un misticismo sentimentale, non di rado sfociante appunto in una emotività erotica, e alle masse l’eccitazione collettiva di adunate oceaniche nelle quali le emozioni travolgono facilmente la fragile coscienza personale, né più né meno di quanto accade nelle esplosioni fluidiche di emotività ed istintività negli stadi durante le partite di calcio, o nei concerti rock. Esplosioni fluidiche delle quali si nutrono entità antispirituali avverse all’uomo, alla sua nascente autocoscienza, alla sua libertà di così difficile conquista.

    E chi conosce per esempio le processioni della “settimana santa”, come si svolgono nel meridione d’Italia, ma anche in altri paesi in Europa e fuori, con “flagellanti” che sanguinano tra invocazioni e canti – né più né meno di quello che fanno in Iraq, a Kerbala o a Najaf, gli Sciiti nella festa della “Ashura”, nella quale commemorano la “passione” dei figli di Ali, il genero di Muhammad – o nelle periodiche adunate di fedeli oranti e salmodianti a Lourdes o a Fatima, sa bene a che cosa alluda. Si tratta di quello che i vecchi occultisti chiamavano la “magia del dominio delle masse”. Più volte Massimo Scaligero mi disse esplicitamente che nulla di ciò che è di massa può essere lo Spirituale…

    E’ sempre il solito riproporre la passività di una “via dell’anima”, che obnubila la coscienza individuale e paralizza le forze dello spirito. Ben altro clima è quello che si respira invece nell’alta Mistica, che Rudolf Steiner descrive ne “I mistici all’alba dei nuovi tempi”: in essa non di rado si avverte quell’atmosfera rarefatta e purissima, che è possibile respirare nelle culminazioni delle Vie d’Oriente le quali, per quanto ormai trascorse, pure hanno qualcosa di mirabile e suscitano tuttora l’ammirazione e la devozione di ogni cercatore spirituale onesto e sincero.

    Nell’alta Mistica medievale e rinascimentale si respira, come nelle Upanishad, nella Bhagavad Gita, nel Buddhismo originario e nel Mahayana, nel Taoismo e nello Zen, quell’atmosfera rarefatta e purissima di quelle immacolate giogaie innevate d’altissima quota, ove solo pochi audaci animosi si avventurano. A chi segua sinceramente e con cuore ampio la Via del Pensiero, che Rudolf Steiner e Massimo Scaligero ci hanno donato, quelle mirabili Vie d’Oriente, ma anche l’autentica alta Mistica d’Occidente, possono fornire nobili temi di meditazione, che non di rado possono aiutare l’asceta del pensiero che voglia sperimentare la forza-folgore del pensare libera di ogni tema, di ogni oggetto. E suscitare intuizioni folgoranti.

    Hugaccio, che con ferma intenzione
    ogni volta nella concentrazione
    vuol sfidar se stesso a singolar tenzone.

  2. Grazie Hugo.
    Spero che i lettori, leggendo Silesio, comprendano e discriminino il tenore della vera mistica dalla broda sentimentale che ora passa – impudica e impunita – addirittura per una scienza dello spirito.

    Mi guardo intorno, leggo delle imprese dell’uno e dell’altro, metto pure nello stesso paniere talune difficoltà testate tantissime volte nell’estremo della pratica…
    …così mi ritrovo lucido ma pessimista: in genere le persone sognano la vita, i valori, l’antroposofia, la scienza dello spirito (che per me è via diversa rispetto all’antroposofia). Sognano nel sogno e gli spiritualisti, purtroppo, sono più sognanti di tanti altri.
    Non racconterò mai, per un cencio di rispetto, quale fu il livello delle immaginarie favole poste a motivo trascendente di “importanti” discepolati: roba da schiantarsi dalle risate (o rimanerne disgustati ad vitam).

    Permettetemi di trascrivere ciò che disse, in tarda età, uno che meditava insieme al dottor Colazza e a Massimo Scaligero, ma che non piace al Corriere della Sera e agli ambienti che si dicono devoti (?!) a Scaligero:
    “Cari ragazzi, i generali sono morti, io che sono un caporale me ne andrò presto. Voi – la truppa – mettetevi l’elmetto, accucciatevi in trincea e mantenete, ben desti, la posizione”.
    Le analogie, dato il personaggio, sono militaresche, però si adattano assai bene alla realtà…e magari fosse come diceva!

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