CONFERENZA DI MASSIMO SCALIGERO DEL 4 MARZO 1978

Massimo Scaligero

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04.03.78

(cliccare sulla data in azzurro per ascoltare)

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“Le divinazioni e gli auspici in rapporto all’interiorità dell’uomo: le loro legittimità.”

Prevedere-futuro

Noi non ci dobbiamo preoccupare dell’avvenire, perché l’avvenire lo creiamo, e se qualcuno ci indovina, che uscendo di qui, e passando per Via Cavallotti, ci cade una trave in testa, che facciamo? Non ci passiamo? E allora quella ci aspetta. E noi ci passiamo: ma allora tanto vale non saperlo.

E quindi dove troviamo indovini che ci predicono… cerchiamo di essere un po’ sagaci, non abbiamo proprio bisogno di prevedere niente.

Altro è, per esempio, che noi sappiamo certe linee, conosciamo certe linee dell’evoluzione, per cui sappiamo che cosa avviene in una determinata epoca, se certe condizioni interiori vengono o non vengono osservate. Questo è importante, sì.

Possiamo anche essere depositari di certe profezie, ma tutto questo funziona soltanto secondo uno spirito sagace che non se ne serve per fare il furbo con il destino, perché se un saggio sa che passando per Via Ciceruacchio gli cade il mattone in testa ci passa, e si fa cadere il mattone in testa.

D’altra parte ci possono essere anche degli… non dico Iniziati, ma illuminati che riescono a vedere qualche cosa del futuro.

Se sono veramente saggi tacciono. Se invece cominciano a fare mostra della loro bravura forse sono degli imbroglioni. Oppure può darsi che una volta indovinano e un’altra no, e qui siamo già su un piano che non è molto serio. Comunque l’argomento è interessante da un altro punto di vista, perché noi possiamo veramente prevedere il futuro, ma in quanto siamo capaci anche di ritornare indietro nel tempo, e allora questa veramente è un’esperienza di autocoscienza in senso superiore, che però non ci serve per fare gli astuti con il destino.

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L’uomo da sempre è un dio con la preghiera e con il rito. Così dice il vangelo, così conferma il miracolo. Perché ora dici: “E’ il pensiero”? Il messaggio che il Christo ci ha dato è: “Ama il prossimo tuo come te stesso.” Perché tu dici che il Christo è  portatore dell’Io? – Non lo dico io – Perché Teosofia e non Teologia? E su quale posso realmente dire: “Io credo in Gesù”? E su quale delle due posso realmente dire: “Io credo”?

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Dunque… l’uomo è un dio… La differenza tra il Buddha e un uomo qualsiasi è questa: che il Buddha sa di essere il Buddha, e l’uomo qualsiasi non lo sa, e quindi patisce. Così l’uomo da sempre è un dio con la preghiera e con il rito. Però i tempi son cambiati e, salvo San Gennaro e Padre Severino, oppure Padre Igino, perché Padre Pio è morto, è sempre morto… – la preghiera voi sapete che non l’abbiamo mai fatta mancare nelle nostre operazioni e che noi crediamo al miracolo, però… : il pensiero… Senza pensiero non facciamo niente. E qui non sto a rifare tutta la storia, perché ne abbiamo scritte di cose sul pensiero.

Tuttavia i guai di questo tempo io credo di poterli riassumere in una sola situazione, che è terribilmente semplice, come l’uovo di Colombo: che gli uomini credono che il cervello pensa, e anche quando non lo credono si comportano come se ci credessero, per cui se da questo cervello che pensa viene il materialismo, coloro che credono di combatterlo sono materialisti di un altro colore, e si azzuffano tra loro perché sono da una parte e sono dall’altra, ma tutt’e due son materialisti, e non si esce se non si riesce a capire questo errore tragico: che da una parte è… proprio si può dire la sintesi del fondamento di tutta una dottrina, e che noi dobbiamo dire che in questo senso è la più coerente e la più rispettabile perché almeno è… lo dice, che ha questo fondamento. Mentre quegli altri che parlano di Spirito, di superamento del materialismo, di moralità superiore, sono nella stessa situazione, soltanto che hanno un linguaggio diverso, l’unica cosa che li differenzia è un sentimento diverso.

Perché stiamo dicendo questo? Questa domanda del nostro potentissimo… anzi ultrapotente, è simpaticissima perchè ci fa riassumere tutto. Perché?

Perché una volta la situazione dell’uomo non era questa, quindi c’era un uomo il quale aveva il cervello… pero’ certi cervelloni… Però intorno a questo cervello c’erano delle anime che erano capaci di guardare senza cervello… ahi, che ho detto!… guardare indipendentemente dal cervello: e che perciò avevano delle grandi intuizioni. Per esempio se noi prendiamo i pensatori greci, perché erano grandi? Perché avevano ancora una struttura eterica del pensiero indipendente dalla cerebralità. Infatti sono tutti dei grandi intuitivi.

Tutto questo noi, sappiamo che è così, lo possiamo apprendere dalla Scienza dello Spirito, però coloro che fanno esperienze di pensiero lo sperimentano questo, perché sanno che ci sono dei momenti in cui si è liberi dalla cerebralità e si penetra in certe realtà in una forma obbiettiva, precisa, determinata; altri momenti in cui si è nella cerebralità e si è tanto intelligenti, tanto logici ma d’una ottusità allarmante, per chi già sa come stanno le cose naturalmente, allarmante perché l’ottuso di natura è tutto, ha lì tutto il suo mondo, però uno che fa esperienza di pensiero sa benissimo che tutta l’anima dipende dal fatto che la coscienza è cerebrale. E quindi si può essere teologi secondo San Giovanni della Croce, perché quasi tutta la teologia mistica è fondata sulle intuizioni e le visioni di San Giovanni della Croce; si può essere formidabilmente religiosi, amici della preghiera, del miracolo, di tutte le forme della devozione rituale, ecc., e tuttavia il pensiero condizionato dalla cerebralità è tutta una retorica, perché quella teologia è una chiacchiera e non ti fa fare niente oltre il limite dialettico cerebrale: non c’è nessun contatto col sovrasensibile, e il minimo contatto che ci può essere è un contatto sentimentale oppure di teologia esaltata. La religione si trova a questo punto, e dobbiamo riconoscerlo se no non usciamo dai guai, perché bisogna che veramente una certa corrente, una minoranza umana compia il passo oltre la prigione, il carcere cerebrale.

E’ veramente un carcere perché c’è una filosofia, e quando noi diciamo filosofia qui ci mettiamo tutti i filosofi, perché?: “Ah, c’è Hegel!”. Sì, ma l’idealismo che cosa ha fatto per impedire che nascesse il materialismo? Non ha fatto niente. Ha semplicemente chiacchierato, ma non c’è niente che noi, pescando nell’idealismo troviamo come un metodo per superare il materialismo. Per poter compiere quest’ impresa abbiamo dovuto trovare uno yoga superiore, che poi era un pensiero occidentale, dopodiché abbiamo riconosciuto lo Steiner, colui che portava il messaggio del pensiero vivente e ci indicava la Via di Michele, e quindi la redenzione del pensiero. E se uno ama la religione deve redimere il pensiero, perché senza il santo pensiero non si può percorrere la via della santità.

Quindi, questa è la vera Theosophia, perché la vera, la sana esperienza del pensiero ci porta a percepire la zona in cui ciò che ci dà le basi della coscienza affonda nel Divino, e questa comincia ad essere la vera esperienza religiosa. E se non c’è questo non si può più parlare di religione se non in termini sentimentalistici, retorici, che sono ancora buoni per un certo livello umano che ha bisogno ancora di pastore, è al livello del gregge, quindi ha bisogno del pastore, ma guai se il pastore è il lupo camuffato da pastore, e questo pericolo c’è, anzi. Quindi è un ripiego: perché il gregge possa un giorno essere condotto a una esperienza dello Spirito occorrono delle Guide spirituali, ossia occorrono degli esseri che abbiano superato questo carcere della cerebralità.

Quindi l’amare il prossimo… “Ama il prossimo tuo come te stesso” è bellissimo, è veramente una formula meravigliosa; però uno può anche dire “E’ bellissimo, io voglio fare questo” dopodiché finisce tutto lì perché appena passa per Via Cavallotti incontra uno che je pesta il piede… : “Ahò, beh?!?” e lo vorrebbe uccidere, oppure arriva quello delle tasse… addio “Ama il prossimo tuo come te stesso”, perché che cosa è questo? E’ un sentimento e questo sentimento bisognerebbe tradurlo in una idea, questa idea in una forza, questa forza deve caricarsi di volontà e allora diventa potente come un istinto. Se diventa potente come un istinto allora avrete Madre Teresa di Calcutta, la citatissima, perché… le siamo molto grati perché ci abbiamo un esempio a cui ricorrere continuamente. Dove la piglia la forza di volontà questo essere? E’ eccezionale perché non conosce certamente la Via del Pensiero ma la forza ce l’ha, ma noi conosciamo l’origine di questa forza. E’ la stessa forza che in altri agisce negativamente come potenza d’istinto. Infatti gli uomini quando sono fatti forti degli istinti sono formidabili, perché non è la forza loro, non è la forza della volontà, è la forza dell’animalità istintiva. Ora, quando la nostra volontà, liberata dalla cerebralità riesce ad avere la stessa forza nell’amare il prossimo come te stesso allora realizziamo il Christo. Ma vedete che si tratta di superare sempre quel limite. Quindi mi pare di aver risposto al potentissimo amico.

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Qui ci avremmo una domanda del Filarcante, uno che firma il “Filarcante”. Dice “Intesa sull’orientamento verso la cultura, un nuovo Platone, tanto per intenderci, vorrei sapere: questo nuovo Platonismo si continua in quello che sfociò alla fine del secolo 16° nel chiaro bruno di Nero Giordano”, ah, il Giordano Bruno. Sic sunt bona nostra!

E questo va benissimo, perché prelude qualche cosa che noi dovremmo realizzare un giorno mediante la Tripartizione.

Questo ci rimanda a quella meravigliosa immagine mediante cui il Christo indica – non solo instaura la Eucarestia,  ma indica – il vero senso della liberazione dell’uomo. Ma siccome qui c’è una domanda che mi porta proprio a quest’argomento, la prendo subito, e dice:

“Il pensiero liberato come memoria del Logos”

schiavi ai lavori forzati -

Ecco, avevamo parlato appunto del pensiero celebrale che non è libero, perché determinato dai dinamismi cerebrali, quindi la lotta è lunga.

Ora quando il Christo istituisce la Eucarestia dice “Fate questo in memoria di me”, ricordate chi sono Io: ma questa memoria è una memoria cosmica, ossia, ricordate che sono l’origine del Sole, l’origine della Terra, l’origine di tutto ciò che della Terra è solare; e poi nella coppa, dà la bevanda che il nuovo patto…

Però tutto questo ci rimanda a quello che Lui dice, con cui risponde alla tentazione di Arimane, quando parla del pane. A quella tentazione il Christo risponde dicendo: “Non si vive di solo pane”. E lì il Vangelo dice che dopo, Arimane si allontanò, ma per poco tempo;  qui abbiamo il commento del Dottore che dice: “Sì, perché?”

Perché c’era una sostanza arimanica, che è il metallo della terra, che avrebbe agito in Giuda perché i trenta danari erano argento. I metalli argento e oro sono metalli arimanici.

E finché il pane si paga con metallo arimanico, quel pane non dà nutrimento spirituale, invece Lui lo dà come qualche cosa che non soggiace ad Arimane, questo nutrimento.

Ora pensate alla Tripartizione, in cui c’è un’idea luminosa, che farà – se le cose andranno bene, fortuna dell’avvenire – che il lavoro non deve essere pagato, che uno non deve lavorare per vivere, perché il lavoro non è comprabile, e quindi il pane non deve soggiacere al danaro; ossia il pane è il frutto della terra, ossia il frutto dell’ antico Sole, e quindi viene, è il Corpo del Christo,  infatti ecco l’Eucarestia, che è questa.

Però finché Arimane domina il pane mediante il danaro, quel pane non può aiutare l’uomo.

E’ quindi l’idea luminosa, … che però bisogna andare cauti a dirlo, perché sennò ti pigliano per pazzo, e già è avvenuto che dicessero “queste sono utopie…”, ma realmente se si vuole uscire da questo carcere di cui dicevamo,  si deve capire che il lavoro non può essere comprato: il lavoro non è merce,  e che bisogna liberare il pane dal metallo arimanico, e allora finalmente avremo via libera verso il Logos.

E questo pensiero liberato, che cosa è, se non quello di cui dicevamo prima,  che è il pensiero che supera il limite celebrale.

Il limite celebrale è un limite arimanico.

Noi sappiamo benissimo che l’uomo è dominato nel pensiero dalle potenze arimaniche e luciferiche, e che rari sono gli esseri che non vengono dominati così.

Coloro che conoscono la meditazione sanno che sforzo doloroso devono compiere per aver un pensiero che non sia dominato dai due, perché quotidianamente noi dobbiamo pensare secondo un condizionamento.

E siccome per l’umanità attuale c’è il pericolo – dal punto di vista arimanico – che l’uomo cominci ad avere un pensiero autonomo, Arimane ha fatto un grande giuoco col distruggere l’economia terrestre, in modo da arrivare a una preoccupazione continua in tutta la Terra per la vita, per il sostentamento quotidiano, in modo che l’uomo non abbia più tempo da pensare alle cose dello spirito, e quindi la preoccupazione per l’esistenza – il mezzo diventa il fine – e in questo c’è riuscito: perché Arimane sa benissimo che se degli esseri possono esseri indipendenti da questo, hanno la sagacia di usare bene il loro tempo, ossia la sagacia di dedicare il tempo alla meditazione, che diventa sempre più difficile, perché il tempo ci viene invaso dalla serie degli incidenti del giorno.

Quindi questa lotta sarà vinta dai portatori del Logos Solare, quindi “Portae inferi non praevalebunt”. Tuttavia bisogna guadagnarselo, con volontà decisa, e con coraggiosa insistenza nel giusto atteggiamento.

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E adesso….

”Io mi sento nel sentire, come è possibile volersi nel volere, onde realizzare il Christo in me?”

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La chiave è sempre il pensiero.

E poi dobbiamo ricordare la tecnica che è suggerita dal Dottore.

Nel pensare si può dire che noi ci dobbiamo mettere fuori del pensare.

Infatti l’esercizio della concentrazione ci porta ad obiettivare il pensiero, e dobbiamo insistere a lungo proprio per poter vedere il pensiero come un ente dal quale siamo indipendenti, un ente che ci dà l’esperienza dell’identità dell’Io, perché finalmente l’Io, piuttosto che essere riflesso dalle sensazioni fisiche, per cui siamo continuamente alla mercé di tutto quello che fisicamente accade, viene riflesso dalla corrente eterica del pensiero.

E lì noi abbiamo la prima immagine dell’Io.

Avuta questa immagine, l’Io ha una indipendenza, consegue una indipendenza, per cui vede le entità del pensiero obiettive, fuori, e gli esseri che portano il pensiero, sia degli spiriti elementari sia cosmico, sono delle entità da cui l’uomo si distingue, quindi c’è proprio un distacco dell’Io dal pensiero.

Diversa è l’esperienza del sentire: nel sentire dobbiamo sentirci dentro.

Se siamo capaci di questa indipendenza dal pensiero, noi possiamo avere la vera esperienza del sentire entro il sentire: bisogna tuffarsi nel sentire, come qualcuno che si tuffa nell’acqua, però sa nuotare, oppure come un pesce: perché il sentire è simboleggiato dalle acque, e nelle acque il pesce si trova molto bene, perché non è afferrato dalle acque, scivola nelle acque, non è prigioniero dell’acqua il pesce, ma è libero, guizza dove vuole, non solo, ma… si potrebbero dire diverse altre cose.

Comunque entro il sentire.

Allora noi ci sentiamo in una zona in cui agisce il Logos, perché questa domanda dell’amico che parlava del Christo ci rimanda veramente a questa esperienza del sentire, che non può venire se non c’è liberazione del pensiero.

Quindi difficile farlo capire a coloro che non conoscono la Scienza dello Spirito, perché altrimenti si sperimenta un sentire inevitabilmente luciferico, soggettivo, chiuso dentro di noi, che può anche avere esaltazioni, quelle esaltazioni sono veramente retoriche, tant’è vero che la Chiesa per secoli ha sempre temuto in certi mistici simili esaltazioni, e giustamente! Si può avere invece l’esperienza mirabile del sentire come il sentire del Logos, allora si comincia ad avere una sintesi di pensare e sentire, questa è la Via di Michele.

Infatti entusiasmo per il pensiero puro è il vero sentire.

Per il volere, invece, le cose sono diverse: si tratta di sentirsi al di sopra del volere, come uno che sentisse al di sotto di sé un cavallo. Entro… dunque…: dinanzi al pensiero, entro il sentire, al di sopra del volere; come se il volere fosse una forza che noi vediamo scorrere nelle membra, nel sistema di ricambio.

Naturalmente tutto questo deve essere tradotto in immagine pertinente, non è niente di astratto, risponde veramente ad una configurazione occulta dell’esperienza. Se noi ci identifichiamo con il volere in altre zone dell’essere, questo è provvisorio; anche nella testa ci possiamo… se noi, per esempio, sentiamo il punto in cui nasce il pensiero e sentiamo veramente scaturire il pensiero, è un’esperienza abbastanza lucida e viva, e direi… benefica. In quel momento c’è una corrente del volere ma tende a scendere in basso e lo stesso può avvenire anche nel cuore.

E l’esperienza, invece, del volere, autentica, è qualche cosa che ci porta a vederlo come un sostegno di tutta la vita, della vita, alla stessa maniera che gli arti sostengono, sì, gli arti, ma specialmente gli arti inferiori, sostengono tutto il corpo.

Il tronco non ha nessuna partecipazione a questo e il volere bisogna sentirlo come una corrente indipendente dal tronco. Il tronco deve riposare, perché è il punto in cui operano le forze della Buddhi, ossia del Sentire Superiore, quindi del Logos, e deve essere lasciata una grande quiete a questa zona, perché le potenze del volere possano essere al massimo dinamiche, e allora questo volere ci aiuta, ma noi dobbiamo aggiungere che giovarsi di questo volere, implica dei doveri interiori precisi, perché siccome dà una grande forza, bisogna poi questa forza usarla saggiamente, altrimenti… basta un uso irregolare di questa forza e non solo sparisce l’esperienza ma avvengono cose piuttosto pesanti.

Quando questa corrente della volontà è in accordo con l’Io, quindi con il pensare e il sentire, allora veramente si può sentire l’ Io Superiore, l’Io in se stessi e questo è come dire: “Non Io, ma il Cristo in me”. Credo che non ci sia da aggiungere altro perché il tema è piuttosto delicato.

E adesso vediamo di concludere con una…

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 “Ci avviciniamo alla Pasqua, ora come non mai, in questi terribili giorni di tenebra dell’umanità, la nostra comunità spirituale dovrebbe meditare sulla discesa della sostanza del Sovrano Amore nei cuori degli uomini e nel cuore della terra. Perciò è importante riaccendere in noi, con il potere sacrificale della parola ispirata dalla diretta esperienza il ricordo del Sacro Evento, così che ne possiamo effettivamente essere degni.”

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 (Marina Sagramora – Vegetaura)

Sì, l’evento della Pasqua si prepara anche con un mutamento nella vita della natura, con un irrompere delle forze vitali della natura, che per questo devono servirsi di spiriti elementari superiori e di spiriti elementari inferiori.

In questo processo, le entità luciferiche e le entità arimaniche tendono ad afferrare l’uomo: le entità luciferiche mediante la respirazione, le entità arimaniche mediante la sollecitazione di tutti i processi minerali che dal profondo vengono mossi dalle radici delle piante. E quindi c’è un processo che noi possiamo chiamare minerale-calcareo mediante il quale le potenze arimaniche superano diaframmi e dal profondo della terra tendono ad elevarsi verso l’uomo, per il fatto che nelle piante avviene un trapasso di queste forze e poi l’uomo ne viene assediato e quasi reso ottuso, per il fatto che la gioia vitale della primavera lo rende ottuso.

Ecco, questa è un’ osservazione che possiamo ricollegare col fatto che l’uomo è diventato un essere cerebrale e che quindi quando sente gioia, è difficile che sia una gioia dello Spirito, è una gioia animale. Quindi tutto quello che viene come vitalità della primavera è preventivamente afferrato da queste potenze.

Nella primavera le entità luciferiche e arimaniche sono congiunte per distruggere l’uomo e per un certo periodo ci riescono, è un periodo pericoloso. Ci riescono… ah, l’uomo è difficile che se ne accorga però… se segue bene se stesso se ne accorge. E specialmente coloro che hanno una vita interiore ritmica si accorgono che prima della Pasqua c’è una lotta per mantenere l’Io indipendente dai processi vitali della primavera.

Bisognerebbe andare in campagna e avere un’esperienza pura della nascita, dello sbocciare delle gemme, dell’aprirsi dei fiori, e superare l’elemento animale ed estetico anche – perché estetico/sensuale – per poter afferrare ciò che di cristico c’è nelle forze della primavera. Ossia sono forze di nascita che però, qui questa poesia della primavera la cogliamo in un fatto esteriore, però dobbiamo anche pensare che ci sono forze che si imprigionano nelle forme delle piante per dare questa vita, quindi c’è un sacrificio.

Questo sacrificio però deve essere seguito dall’uomo, e l’uomo deve sentire la poesia di questo sacrificio e nella contemplazione pura dei processi di rinascita della natura, a cui non deve essere estraneo il pensiero dell’autunno – perché tutto questo deve essere sentito ritmicamente – con questo l’uomo redime, si rende indipendente dalle aggressioni luciferico-arimaniche, che si può dire che questo è il periodo dell’anno in cui queste entità hanno la speranza di distruggere l’uomo.

Voi potete dire: ma che se ne fanno se l’uomo è distrutto? No, perché loro pensano di incamerarlo, Lucifero, in una zona in cui lui vive spiritualmente e Arimane nella terra. Tutto questo a un certo punto viene… subisce un colpo di scena: nella Settimana Santa si acuisce la tensione, però coloro che meditano possono anche sentire la vita del Graal e prepararsi… preparare l’anima al Venerdì Santo e riconoscere la storia di Parzifal. E se arrivano a quella settimana con animo desto, allora l’evento della Pasqua ridà ad essi la forza, ridà l’elemento magico-solare di cui hanno bisogno. Naturalmente noi ci riserviamo di parlare di questo quando l’evento è più vicino, in maniera da poter dire qualche cosa di più pertinente riguardo alla Resurrezione.

In questo evento della Pasqua noi abbiamo l’occasione di collegarci con quello che di vivente oltre i processi luciferici  e arimanici è nella natura, però dobbiamo essere persuasi che non si tratta di niente di vitale, e di fisico: si tratta di processi assolutamente interiori che però, nelle fioriture, nel verde, nel verde tenero della pianta, nell’irrompere della vegetazione ha un simbolo; ed è difficile liberare questo simbolo dalla retorica estetica e dal piacere vitale. E’ qualche cosa di più sottile, di più radicale che ci rende capaci di sentire, nella primavera, la forza della Pasqua. Il pensiero della morte e della Risurrezione ci aiuta a sentire il valore vero della primavera. E questo lo possiamo fare fin d’oggi, qualcuno si può anche giovare, per esempio, della descrizione della Emmerich.

5 pensieri su “CONFERENZA DI MASSIMO SCALIGERO DEL 4 MARZO 1978

  1. Non credo che scritti simili possano essere commentati (per dire cose banali o fuori contesto rivolgersi da altre parti), ma un corale grazie alla fatica degli amici che ci recano tali doni…questo sì che possiamo manifestare ben forte!

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