Alcuni ragazzacci sembrano essersi affezionati ad una riga di un testo di Massimo Scaligero. Ciò al punto di considerarla, forse, alla stregua di un motto, oppure di una stravagante sintesi di qualcosa che, per loro rappresenta una bandiera, un apice inamovibile o uno scoglio. Probabilmente con essa dichiarano un proprio limite verso il quale va tutta la mia comprensione. So bene quanto sia difficile manifestare apertamente le proprie difficoltà, specie quando, giovanissimi, ci si credeva capaci di raggiungere ogni mèta senza tempi lunghi e senza troppe difficoltà.
Poi, raggiunto l’imbrunire, si guarda indietro e ci si accorge che parte dello slancio iniziale ha perso nel tempo la sua bella forza, che la dedizione avrebbe preteso il meglio di noi stessi: cosa che non siamo riusciti a mantenere, che troppe volte il pessimo in noi ha preso il sopravvento, che non abbiamo tenuto saldo nelle bufere della vita, che forse nemmeno la costanza ha convissuto in noi senza incertezza.
Se si hanno occhi per vedere, sono tante le cose che vorremmo fossero state diverse. Io credo però che ogni essere umano ha, in fondo a se stesso una intangibile dignità che nulla o nessuno può portagli via. Per questo, invece di scalciare al vento, credo che l’uomo possa comportarsi con limpida fermezza (puramente interiore) sempre, anche quando cede al mondo il suo ultimo fiato.
Come l’atleta paolino o il guerriero egli può battersi anche quando la battaglia sembra ormai perduta: v’è in ciò un eroismo più alto rispetto ai rari tripudi di chi crede di vincere la scaramuccia di una singola vita terrestre.
“Boia chi molla”: con queste parole Scaligero mi salutò alla fine del nostro primo incontro e trascinare tale frase in contesti politici sarebbe vergognoso per chi lo pensasse. Penso invece che possa valere per sempre.
Qualcuno non capirà quale sia il senso di ciò che per ora ho scritto (ma spero che giunga a chi è stato destinato, almeno), di questo mi scuso e ritorno al nocciolo espresso nelle prime quattro righe.
La frase di cui parlavo (neppure completata) è questa: “La Via del Pensiero rischia di divenire una via del sublime egoismo”.
Essa, così scritta e riscritta, presenta non poche pecche. Non voglio neppure sospettare un suo uso contro qualcuno. Spero che ciò non sia vero anche se c’è stato chi ha pensato proprio questo.
Ma, procedendo con ordine sereno, essa, già con il sistema deprecabile del fuori contesto, può diventare una menzogna o un’arma. Inoltre, dato che i ragazzacci invocano costantemente bontà e moralità, hanno per caso valutato come essa possa provocare dubbi ed incertezze in chi, con tutte le difficoltà che ordinariamente ha attraversato, è giunto faticosamente a comprendere la Via del Pensiero – fatto non meccanico e in divenire – giusto in tempo per notare consciamente o meno che “scafati” discepoli della medesima Via riportano tali, contrastanti parole scritte dal Maestro stesso? E’ un bene questo?
E ancora: come essa possa provocare tripudio tra pigri e sciocchi che, senza arte e conoscenza s’accontentano di una cubitale critica verso lo scomodo pensare. Anche questo è un bene?
Ho parlato di menzogna e per provarlo, lasciando che i lettori giudichino da sé, riscrivo l’intero brano dal quale la riga è stata strappata:
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“La ricongiunzione del pensiero con l’Io è l’iniziale moto della Volontà magica: l’atto della libertà possibile unicamente all’uomo autocosciente. La pura connessività del pensiero dialettico può portare lo sperimentatore a intuire una simile logica del pensiero vivente: l’autonomia di questo rispetto ai sensi e alla psiche, la sua possibilità di donare l’iniziale esperienza del “corpo sottile”. Ma ciò non è ancora ritrovare il Logos: anzi, questo è il momento in cui l’asceta corre il rischio di usare inconsciamente l’acquisita virtù del puro pensiero contro il Logos: secondo un residuo impulso della radicale natura egoica. Egli può diventare l’istruttore di molti discepoli avidi di dipendenza da un maestro che dialetticamente mostri di possedere la via.
La Via del Pensiero rischia di divenire una via di sublime egoismo, se non viene illuminata dalla luce della Iside-Sophia. V’è un possibile punto d’arresto nella sfera dell’intellettualismo esoterico, dotato della sua dinamica interiore e persino dei suoi poteri: certamente limitati. Si può parlare di arresto della via, al livello di un intellettualismo esoterico organico ma incapace di connessione radicale con l’Io, ossia con il Logos. E’ la zona che può essere superata soltanto, ove si segua radicalmente l’Ascesi del Pensiero: così che apra la via al cuore, dal quale risorge la Memoria delle cose divine, la Iside-Sophia.
Per superare la zona neutra, in cui è possibile il ritorno alla viltà senziente o al tradimento dell’intelletto, occorre il trasferimento dal sussistente modo di essere dell’anima a un modo di essere originario, perduto: che era necessario perdere, per riconquistarlo da un grado di spontaneità a un grado di libertà: la Memoria delle essenze perenni, che è l’intima struttura dell’anima, smarrita: eliminata dalla coscienza dialettico-sensuale.
L’originario modo di essere dell’anima risorge nella misura in cui essa giunga a contemplare fuori di sé ciò che le è divenuto processo intimo: il formarsi dell’idea, l’imaginare creatore. Questo imaginare è il s e n t i r e liberato, che volge verso la zona in cui può accendersi, come fiamma dell’Amore Divino, la potenza dell’antica fede ridestata, la virtù dell’assoluta consacrazione di sé. Essa viene preparata dal connubio del Pensiero con la Volontà.”
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Chi vuole e può, legga con molta attenzione le precedenti righe: appartengono ad un Testo piuttosto difficile e di alti contenuti che Scaligero fece uscire nel 1973 per le Ed. Teseo col titolo “Il Logos e i Nuovi Misteri”.
Allora, i ragazzacci, tra le 5.000 pagine dei 28 libri scritti da Scaligero tra il ’59 e l”80 sono andati a cercare, in uno tra i più avanzati per quanto viene indicato per l’ascesi e la connessione di questa all’esperienza dei Misteri, risorti dal Sacrificio del Cristo, l’unica frase mozza che pare contraddittoria ad almeno 4.500 pagine del Suo Insegnamento.
E’ lo scherzetto di un perenne Carnevale…o cosa?
Se con la frase in oggetto si voleva discriminare la plebe ignorante dai pochi aristocratici sapienti…con quale coraggio?
Oppure (ma, seriamente, quasi non oso dirlo), si voleva tirare confini tra chi “ha accolto il Cristo nel suo cuore” e chi ha, nel suo lavoro interiore, tutto sbagliato? Chiedo: con quale (arbitrio e) certezza?
In questo ultimo caso da dove giunge il giudicare (contraddittorio: recita il bene ma esprime critica), dall’alto o dal basso?
Se una sola tra queste domande fosse in qualche modo congrua alla realtà, quello che apparirebbe sarebbe solo la manifesta miseria di “ego” smisurati, seppur fingenti tutte le virtù dei tre mondi.
Cari miscelli, c’è poco spazio per alternative.
A meno che sia tutto un’illusione e che apparteniate a chiese o correnti che, in lecita libertà percorrano strade assai diverse da quanto si riconosce come Scienza dello Spirito. Ma allora diventa incomprensibile una più o meno dichiarata appartenenza a quella Manifestazione dello Spirito che in Rudolf Steiner, Giovanni Colazza, Massimo Scaligero e altre poche figure ha trovato la via per comunicare agli uomini.
Ma se è questo il reale in cui vi muovete, allora potrebbe venirvi addebitato il più che biasimevole fatto che Massimo Scaligero venga usato per i propri scopi: lo so, ciò sta andando sempre più di moda e così diventa consuetudine accettabile. Viene fatto da molti ed è la cosa più facile a farsi: specie col mare magnum dell’Opera di Steiner: prendere una manciata di righe con le quali qualsiasi cosa ed il suo opposto possono avvalorare ogni punto di vista personale!
Ma se vi è difficile evitare questa pratica, potreste almeno togliervi dalla bocca quel zuccheroso “amato maestro”: un po’ di rispetto non recitato (quello che do anche al mio cane), forse sarebbe sufficiente.
E se vorreste dare, donare veramente, un piccolo tributo alla comunità di coloro che tentano l’arduo cammino, date qualcosa che sia vostra sperimentata esperienza, non certo e non a caso righe e frasi spillate dall’immensa produzione del Dottore (con Scaligero la cosa è più difficile), con cui manipolare il facile sentimento degli ingenui.
Sebbene sia rude (quando si diventa vecchi si tende, con poca diplomazia, a dire quel che si pensa), è sempre un po’ difficile dire queste cose a cuore aperto, senza acrimonia, ma posso assicurarvi che vi sto parlando come amico, a cui veramente dispiace dire quello che ho voluto dirvi.
Ora vi saluto senza alcuna animosità e anzi, com’era in uso dalle mie parti, intrise un tempo di cortesia europea, chino il capo con un sussurrato “Servo Vostro”.
“…….il più che biasimevole fatto che Massimo Scaligero venga usato per i propri scopi: lo so, ciò sta andando sempre più di moda e così diventa consuetudine accettabile. Viene fatto da molti ed è la cosa più facile a farsi: specie col mare magnum dell’Opera di Steiner: prendere una manciata di righe con le quali qualsiasi cosa ed il suo opposto possono avvalorare ogni punto di vista personale!”
E’ uno sport datato. Ogni volta che me ne capita un bell’esempio sorrido….. di coloro che sono in malafede e cosi’ operano…
Non posso sorridere pero’ delle eventuali conseguenze di chi non immagina certi infatilismi (infantilismi, capricci, magari a una bella eta’ poi…).
In questo caso illustrato e comprovato da isidoro si puo’ vedere chiaramente come la citazione estrapolata e mozzata dimostri o denunci un concetto, mentre il contesto tutto dal quale e’ stata tranciata ne esponeva tutt’altri e ben piu’ compiuti. Perche mai si deve costringere un Maestro a contraddire se’ stesso, tutta la sua Opera? Infatti nella sola citazione si puo’ evincere solo il concetto che la via del pensiero e’ pericolosa. Una bella responsabilita’ per chi l’ha usata questa citazione e la usa cosi’ troncata dal suo periodo, dal suo paragrafo, dal suo capitolo.
Oppure trattasi di ignoranza, di superficialita’? Beh…allora in tal caso poco si e’ usato il pensare, che puo’ essere un estremo indesiderabile tanto quello del pensiero che giace in stallo e in deliquio nel sublime egoismo.
In ogni caso, con tale comportamento nella lettura e tale uso delle parole di Scaligero, in buona fede o in mala fede che si sia, si dimostra di non essere assolutamente nella condizione di poter distinguere dei sublimi egoisti dagli altri pensatori.
Ci sarebbe un bell’elenco di codesti fatti…… da collezionare e postare ogni tanto, circostanziati, per mostrare di cosa possono essere capaci gli scienziati dello spirito, si riesce addirittura a far dire a Steiner cose incredibili! Mirabolante davvero!
Cara Savitri, hai letto con quale frase termina il brano? “Essa viene preparata dal connubio del Pensiero con la Volontà”: vige la massima ostilità nei confronti della volontà e orrore per la sconosciuta Volontà, che è l’immediato arto del vero Io. Ad essa si può giungere con momenti di abnegazione e sacrificio di sé che sono assoluti: ma per (solo) tentare di giungere a ciò, occorre passare dallo spiritualismo all’acqua di rose all’esoterismo.
Un amico, dotato di buona memoria prenatale e altro ancora, che è uno di quelli che mai compaiono sulla scena, su questo genere di fatti mi ricorda sempre, con serena indifferenza, che in una sfera legata a parole vuote, a sentimenti vuoti, v’è una ressa di persone che, per l’esoterismo reale, semplicemente non esistono.
Già! Calcano la scena futilmente, da ombre: hanno scelto.
Erro se ipotizzo, piu’ che una rinuncia della Volonta’, un uso della suo livello piu’ oscurato per cio’ che gli istinti piu’ bramano?
La volontà e la Volontà sono condizioni enormemente diverse. La seconda è il POTERE DELLA DEA, in atto.
Gli istinti e passioni, poiché mediati (e in realtà soffocati) dal corpo sono alienazione di forza: certo volitiva/senziente, ma la Volontà scorre oltre tutto ciò.
Le rappresentazioni comuni ci portano diritti a qualcosa di erroneo (anche Vivekananda credette che la devozione a Maria facesse degli italiani un popolo dedito alla Shakti Divina), mentre nell’Occultismo Essa è l’Essere che è Benedizione trasmutatoria oltre il Kime assoluto: possente come una cascata, ampia come l’universo.
Isidoro, In Oriente si direbbe che la vera VOLONTA’ è Kriyashakti, la Potenza d’azione dell’Unica Dea, la mia Amata. Il Suo operare è fondata sulla comunione con l’Assoluto, sull’Uno-Tutto, in cui tutto è già attuato – “immobile principio dell’azione”, direbbe Massimo Scaligero – e per tale motivo la sua travolgenza non conosce ostacolo. Solo l’infranto volere dell’uomo, schiavo della torpida coscienza senziente e del passivo, lunare, volere impastato nei processi somatici, è oscura ostruzione alla Sua travolgenza. Ma se l’audace volere umano, lottando con “kimè”, con pugnacità, risorge, allora nel suo individuale volere s’invera il Volere dei Mondi, si attua la comunione con la Shakti che può tutto.
Hugo, che con pensiero potente
dissolve l’ostacol fetente.
Savitri e Isidoro,
l’estrapolare dalle 5000 limpide pagine dell’Opera di Massimo Scaligero, una singola frase, e per di più mozza, è il risultato di una rinuncia all’impresa interiore. Molti, troppi, dopo aver ricevuto dal Cielo e dal Destino l’incontro con la Via del Pensiero, sono stati in principio animati dal un calore che che illuminava il loro pensare, riscaldava il loro sentire, dinamizzava il loro volere. Ma una tale animazione era un prezioso dono celeste, che – oltre l’entusiastico accoglimento iniziale – esige il passare immediatamente all’azione, con “kimè”, la pugnacità delle Arti Marziali dell’Oriente estremo. Il fuoco di quella celeste accensione donata necessita di essere costantemente alimentato, altrimenti si spegne. Il magico momento dell’iniziale potente accensione che anima pensare, sentire e volere, viene smarrito, perché si crede riguardi solo l’emotività senziente dell’anima, mentre riguarda soprattutto la volontà accesa dal pensare.
Smarrire quel magico momento di donata comunione con la sovrasensibile forza animante provoca un inevitabile obnubilamento della coscienza ed un fatale scadimento di livello della volontà, la quale si sfilaccia, si disperde, si paralizza, o come dicono a Roma, si “ammoscia”.
E’ come lo smarrire il miracolo dell’innamoramento, se un tale mirabile stato interiore non viene alimentato dall’unione ascetica del pensiero con la volontà, che soli possono generare l’Intelletto d’Amore, quella “angelica intelligenza d’Amore”, della quale parlano Dante, Cavalcanti, Guininzelli e tutti i Fedeli d’Amore.
L’emotività sentimentale, in realtà, è un ben misero surrogato di un tale Intelletto d’Amore: si giunge a credere ch’essa possa sostituire il faticoso, instancabile, ostinato impegno ascetico nella Concentrazione. Si giunge a credere che la Via del Pensiero, come Massimo Scaligero ce l’ha donata, abbia bisogno di “correzioni” che la rendano più umana, più alla portata della brama di turpe inerzia di un’anima accidiosa e ignava.
Si giunge talvolta – per giustificare l’obnubilamento della coscienza e la caduta di livello della volontà – a tentare di ridisegnare la figura spirituale del Maestro, a tentare di far dire a Lui quel che nelle sue 5000 pagine MAI disse, o il contrario di ciò che disse. Ma questi, come direbbe Arturo Reghini con la sua mordacità toscana, “son sforzi nani”.
Hugo, che nel pensier mai vede inganni,
mentre nelle emozioni trova solo danni.
Battaglia lunga. Non solo per Scaligero ma pure per Steiner e la Bibbia. Anche se ti confesso che quando ho letto “Boia chi molla” un salto sulla sedia lo ho fatto pure io. La tentazione di isolare una frase dal contesto è da combattere per tutti. Grazie:)
Caro Balin, ti capisco!
Ma in un mondo dove molto è relativo, le parole e frasi assumono sensi strani.
Pensa che da me, la società antroposofica venne fondata per l’intero Paese poiché il regime si fidò dell’avvocato Martinoli, di provata “fede fascista”.
Poi, anni dopo, Martinoli fu uno dei pochi (credo quattro), in Italia, a fare i corsi di “Mistica Fascista”. Iniziò col motto: “Credere, obbedire, combattere”…trasformando la cosa nel pensiero della Tripartizione data dal Dottore. Così il corso divenne una scuola (forse la prima) di studi sulla tripartizione, ben prima di Olivetti.
Vedi? Qui, scrivendo, siamo obbligati a fissare parole e rappresentazioni, ma davvero esse contano poco se le assumiamo solo razionalmente…:)
Caro Isidoro. Mi stai chiedendo di superare in pregiudizio che mi accompagna da una vita. Qui mi pare di riuscirci, grazie a voi.
Ricordo Rastignac ai tempi di Ecoforum……..
Parlava di questa abitudine come di un vizio, il vizio di usare le parole di Steiner ( e di Scaligero) come pietre….
E a una contestazione del genere i lanciatori di pietre non rispondono mai, ma in compenso fanno delle belle arrampicate sugli specchi e cambiano argomento….. da parlare di qualcos’altro c’e’ sempre….. fino al prossimo lancio. Pero’ come ha detto nell’articolo isidoro……e insieme a lui…. saluto senza alcuna animosità e chino il capo.
Dai che si sono evoluti…hanno mozzato il paragrafo di Scaligero dopo diverse righe. Ma quanto dev’essere difficile completarlo!
Forse perché è lunghetto o perché termina con parole che, per chi si ostina a celebrarlo invertendo l’insegnamento, sarebbero loro a tornare, dopo tanto, sulla retta via…mica si può chiedere l’impossibile, no?
Animosità? No, assolutamente: iniziano a procurarmi una (debole) divertita tenerezza. Ripeto: ragazzacci!