IL CORAGGIO OLTRE IL LIMITE

G D'A.

.« Limite alle forze?
Non v’è limite alle forze.
Limite al coraggio?
Non v’è limite al coraggio.
Limite al patimento?
Non v’è limite al patimento.
Dico che il non più oltre
è la bestemmia al Dio
e all’uomo più oltraggiosa.
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Di là dal coraggio,
di là dal sacrificio,
di là dalla vita,
di là dalla morte,
ecco il luogo altissimo,
ecco il luogo profondissimo,
ecco il luogo segreto,
mistico e ardente,
dove io respiro ».

Gabriele d’Annunzio,
Ai compagni d’ala e d’anima.
Il dì 7 di agosto 1918. Sul campo di S. Pelagio.

*

Vi è un impulso interiore nell’anima del quale il cercatore dello Spirito ha assolutamente bisogno, se vuol percorrere sino alla mèta la Via ch’egli si è liberamente prescelta per giungere alla realizzazione cosciente dello Spirito. Posto, tuttavia, ch’egli si sia realmente prescelta, liberamente e coscientemente, una tale Via, poiché – come ammonisce Lao-tse – la Via dello Spirito non è e non può essere la via ordinaria, ossia la via volgare, la via comoda, in definitiva, la via egoica: quella che seguono tutti. E ciò che rattiene tutti, o i molti, nella comodità della via egoica è la paura. Paura di che cosa? Paura dell’ignoto spirituale che ci trascende e che temiamo conoscere. Paura di quell’ignoto spirituale che esige imperiosamente che noi superiamo la eccessivamente comoda natura umano-troppo umana in noi, ossia quella natura umano-animale che è la distorta, caricaturale, immagine dell’autentico Uomo Interiore, del verace Uomo Spirituale, ossia di quello che sapientemente Lao-tse chiama: l’Uomo Vero. Il che naturalmente – vorremmo dire: ovviamente – implica che l’«uomo ordinario», in quanto essere umano-animale, non è l’Uomo Vero, e che, perciò, egli si trova immerso in uno stato di menzogna: menzogna su se stesso, sul mondo, sullo Spirito. L’«uomo ordinario» è immerso in uno stato inautentico, in uno stato antispirituale, contraddicente il suo essere originario. Ed egli teme conoscere la verità su tale sua vilissima condizione di vera abiezione. La teme talmente da scambiare per « spontaneità della sua natura », quella che in realtà non è altro che il suo impotente assenso, il suo passivo subire la manifestazione non ostacolata della decaduta e nondimeno arrogante natura psichica e animale in lui. Paura di conoscere, quindi, la sua stessa paura.

L’«uomo ordinario» teme, appunto, conoscere questa scomoda verità sul suo reale stato, ma teme ancor più conoscere l’autentico stato spirituale che trascende e supera lo stato di miserabile abiezione nel quale egli normalmente si trova. Ignora, e segretamente teme, l’autentico Spirituale che lo trascende. Teme, soprattutto, la radicale trasformazione interiore a lui richiesta e necessaria per innalzarsi alla conoscenza di un tale Spirituale. Teme, infine, lo sforzo, l’energia della quale dovrebbe essere capace per realizzare tale conoscenza. La sua è proprio una condizione vilissima.
Ma qual è, dunque, l’impulso interiore necessarissimo – e assolutamente imprescindibile – del quale ha bisogno il cercatore sincero che, coscientemente e audacemente, sceglie il sentiero della realizzazione concreta – e quindi non filosofica, non culturale, non mistica – dello Spirito, ossia la «Via» non ordinaria cui allude Lao-tse? Come nasce, come si alimenta e vien tenuto vivo quest’impulso interiore capace di sospingere il cercatore sull’arduo sentiero spirituale da lui scelto? Indubbiamente, è necessario un grande coraggio per affrontare una Via che richiede tutto da chi la affronta. Un tale coraggio è necessario per affrontare la verità su se stessi, evitando la tentazione di attenuarla, di diluirla, di edulcorarla, di «travestirla» a se stessi con illudenti menzogne. Un coraggio anzitutto conoscitivo. Ma un tale coraggio, pur tanto necessario, non è sufficiente perché egli è ancora fermo entro il limite che lo paralizza. La sua conoscenza non è ancora sufficientemente coraggiosa e quindi egli ancora non conosce realmente. Non conosce così intensamente da poter superare il limite, trascendendo la natura umano-animale che lo asserve e lo imprigiona. Entro tale limite egli può rimanere anche per tutta la vita, pur continuando a macerarsi in un’autoconoscenza che diviene, alla lunga, sterile e impotente, e quindi, in definitiva, insincera e illusoria.

Quello che gli necessita è il coraggio di voler conoscere l’inconosciuto Spirituale, che è oltre il limite che fatalmente lo arresta. Limite dal quale egli si fa arrestare. Limite fatale al quale, tuttavia, non è fatale ch’egli si arresti. Limite che è un pensiero ch’egli non riesce compiutamente a pensare. Si lascia fermare e paralizzare da un pensato oltre il quale egli non riesce, non vuole, non osa pensare o imaginare . Gli occorre, infine, il coraggio di conoscere la forza, l’intensità della forza che è necessaria per attuare la trasformazione dell’anima che faccia dischiudere in lui il nuovo stato interiore: l’assolutamente diverso, l’affatto inaspettato. La forza che può far superare la bronzea barriera che arresta l’uomo ordinario – barriera che spegne l’aspirazione condizionata, insufficientemente intensa – viene da oltre il limite.

Questa forza, tuttavia, pur provenendo dallo Spirituale al di là del limite, in realtà è già presente nell’anima del sincero ricercatore, dunque al di qua del limite. Massimo Scaligero chiama tale forza: volontà solare, e chiama: «Via della volontà solare», l’arduo sentiero che questi deve percorrere. Questa «volontà solare» è quella che si attua nella concentrazione. Vi è una progressione dell’intensificarsi della forza di questa «volontà solare» nei gradi di attuazione della concentrazione: a partire da un preliminare, semplice, volitivo controllo del pensiero logico, alla concentrazione vera e propria come ricostruzione del concetto-sintesi dell’oggetto, alla concentrazione su questo stesso concetto-sintesi, sino alla concentrazione-contemplazione profonda del concetto-idea percepito al di là di ogni possibile forma, e alla contemplazione della pura forza-pensiero libera da ogni oggetto. La «volontà solare» si attua sempre più nel processo della concentrazione come forza indivisa, nella quale pensare sentire e volere sono uno. Anzi essi sono l’Uno. Questo progressivo attuarsi della «volontà solare» è un audace atto di donazione assoluta di sé, un incondizionato donarsi che è un radicale essere liberi dal passato, dal già fatto, dai movimenti obbligati della memoria automatica, da ogni routine spenta e meccanica, dalle abitudini, dalle forme cristallizzate di una decaduta «natura» coagulata in noi come psiche razionale e animale. È il progressivo intensificarsi di un «fuoco» che, ardendo, «purifica», disciogliendo e cancellando le coagulate configurazioni della «natura», che condizionano l’«uomo ordinario». È un de-configurarsi, un de-condizionarsi, un coraggioso far tabula rasa di tutto ciò che noi veramente non siamo, ma con cui ottusamente e fiaccamente c’identifichiamo.

Naturalmente, questo far piazza pulita di tutto il passato e il conseguente attuarsi del «vuoto» dell’antica natura è temuto e avversato dalla parte umano-animale dell’«uomo ordinario», che reagisce in ogni modo possibile nel tentativo di sopravvivere al proprio naufragio. L’umano-animale può reagire in maniera virulenta o sottile. Può reagire con imponenti emergenze istintive o emotive, con la brama o con l’angoscia, con la fatuità o col deviare il problema sul piano «culturale», o «mistico», o peggio ancora «politico». Si può presentare addirittura il caso in cui nell’ «intellettuale impegnato» – ossia nell’asceta mancato – si fondano, in maniera insana e improvvida, «cultura», «misticismo» e «politica». Vi è da chiedersi, allora, quale sia la causa che spinge ad inoltrarsi su questi binari morti sui quali si arresta e fallisce l’impresa interiore. Il veleno offuscante e paralizzante è sempre la paura. La paura che impedisce l’intraprender «lo cammino alto e silvestro», che spinge a ritornare alla «selva selvaggia», alla «diserta piaggia», a rinunciare alla «speranza de l’altezza», e a volgersi indietro «a lo passo che già mai lasciò anima viva».
Illuminanti, a questo proposito, sono le parole di Massimo Scaligero ne La Tradizione Solare:

«La correlazione metafisica è la donazione di Sé all’e s s e n z a, epperò il moto d’amore incondizionato, realizzabile nell’anima: l’essenza essendo identica in ogni ente. Insufficiente è la volontà di verità in chi muove non dall’elemento originario della coscienza, bensì da un principio che si rappresenta fuori di sé, attribuendogli una virtù suscitatrice che non sa scorgere in sé: non gli è concepibile l’atto di amore inscindibile all’atto della conoscenza »(p. 120). E poco più oltre:
«La conoscenza è la ricerca della verità. L’amore per la verità può essere tale da far scorgere il segreto della presenza dell’elemento solare nell’anima. La insufficienza dell’amore per la verità, è sostanzialmente insufficienza del coraggio necessario a contemplare il processo del pensiero nella coscienza. Tale contemplazione è un atto improgrammato, non previsto, non tradizionale: un atto libero, che immette nei processi del mondo un elemento di interna resurrezione: l’elemento originario solare che va oltre essi. È l’atto possibile a chi muove dall’elemento solare della coscienza, non dai prodotti cristallizzati di essa, assunti come premesse per un ulteriore argomentare. Invero la Tradizione perenne è il ritrovamento del Logos solare. Perciò viene detta Tradizione Solare» (pp.120-121).

Dalla dimensione della paura può sorgere, in taluni, l’impulso ad attaccare la Via del Pensiero Vivente, che è il veicolo – l’unico – dell’attuarsi della volontà solare. È capitato di udire come «la Via del Pensiero possa diventare la via del sublime egoismo», come «occorra stare attenti a non fare troppa concentrazione perché può far male», come, in definitiva, la Via della concentrazione non sarebbe la Via Regia al Logos e che, di conseguenza, la Via indicata da Colui che è stato chiamato il Maestro d’Occidente sarebbe «una via incompleta e superata». In realtà, può essere superato unicamente ciò che stato conosciuto, attuato e conquistato. E non si può non vedere nelle suddette espressioni, che possono ingannare molti, se non l’espressione non solo della paura dello Spirituale, bensì anche della radicale avversione nei confronti dello Spirituale e della sua conoscenza. La concentrazione – se eseguita così come è stata instancabilmente indicata con abbagliante e ripetuta chiarezza da Massimo Scaligero, se eseguita con coraggio e purità di cuore – non può mai fare male, perché essa è l’attuarsi dello Spirito in noi e attuare lo Spirito non solo non può far male, anzi è la medicina radicale del male umano, di ogni male umano. Mentre fa sicuramente malissimo non attuare lo Spirito.

Osiamo dire che tale Via del Pensiero, recando in sé l’elemento solare originario, non solo è insuperata bensì è anche insuperabile. Questo elemento solare non è possibile superarlo, ma solo illimitatamente attuarlo. Attuarlo sempre di più, oltre il limite raggiunto lottando, oltre la misura di conoscenza, di volontà, di coraggio, dei quali si è stati capaci sino a quel momento, oltre quello che si è stati capaci di pensare o di imaginare. Avere tanta volontà di Assoluto, tanta sete d’Incondizionato, da aprirsi in sé stessi alla forza che può portarci oltre il limite che prima ci arrestava. Avere il coraggio di trovare il riposo nel movimento incessante, nell’agire instancabile che rinuncia al mero fruire del già fatto – che irrigidirebbe al di qua del limite – e di portarsi oltre ogni barriera alla quale la natura, anche come natura spirituale, aspirerebbe arrestarsi. Un tale coraggio è quello richiesto per percorrere sino alla mèta la Via che lo Spirito esige dal ricercatore sincero, Via, che in contrapposizione alla via egoica, vien detta Via solare ed eroica.
Rispetto all’importanza per l’ascesi individuale solitaria e per quella attuata dall’individuo nella Comunità Solare, sono decisive, a nostro avviso, le seguenti parole de La Tradizione Solare, nella quale, alle pp.133-134, è detto:

«L’Evento centrale accennato, anche se riguarda la totalità del genere umano, nella sua dimensione invisibile fa appello alle comunità spirituali e alle rare individualità che costituiscono nei popoli le minoranze sconosciute, o isolate, o misconosciute il cui còmpito è collegare il karma dei popoli con il principio solare. Resta tuttavia a vedere quanto dell’elemento solare nelle personalità qualificate sia ancora suscitabile ai fini di una restituzione della Tradizione Solare: quale potenziale irriducibile di volontà e di dedizione sia ancora in essi possibile in senso sacrale, e fino a che punto il caos delle parvenze e l’ethos del laido e del livellato, divenuto valore della cultura, abbiano avuto il potere di spegnere in essi l’impeto della fedeltà e della lotta. Un simile spegnimento equivale a un tradimento, ossia a una dissoluzione dello Spirito, non dissimile a quella in atto nella cronaca quotidiana dell’attuale vita dei popoli.
Anche se non si può parlare di un tradimento cosciente, bensì di insufficienza di coscienza che rende possibile il tradimento, l’entità decisiva di tale tradimento non è quella delle associazioni e dei gruppi spirituali, scadenti nel destino delle chiese e dei mediocri pontificati medianico-dialettici, ma quello di coloro che conoscono e tuttavia rifiutano di rendere operante l’elemento solare dell’anima. La Tradizione Solare è la Scienza dello Spirito che restituisce all’interiorità umana la coscienza dell’elemento solare e il metodo per realizzarlo nell’attività in cui può divenire immediatamente consapevole. Chi riesca a riconoscere in tale Scienza il còmpito che le corrisponde, non può non avere in esso l’indicazione dell’impegno dominante della propria vita».

Queste parole severe di Massimo Scaligero sono più che giustificate dall’insufficienza di dedizione dimostrata dall’immemore accolita di molti che da lui ricevettero insegnamento, consiglio e aiuto e che poi hanno smarrito il dono della Luce ricevuta nei meandri paludosi di una torpida e ottusa quotidianità, di una fiacca compromissione con i valori ambigui e illudenti di una esteriorità mondana, fatta di brama, di delusione, di disgusto e di avversione. In altri casi, indubbiamente più gravi, si è giunti all’aperta o all’abilmente mascherata avversione nei confronti della Via Solare da lui indicata, per la coscienza, o il rimorso, di aver fallito l’impresa interiore, di non aver osato, o di aver rinunciato, per paura della tensione assoluta che la Via Vera esige .
La Sapienza Celeste è una Dea che dai suoi innamorati esige ch’essi per suo amore tutto donino, tutto sacrifichino, tutto osino: che La amino con assolutezza, che non condividano questo amore per Lei con altri oggetti – inevitabilmente di natura effimera e volgare – perché una tale condivisione non potrebbe essere, ai suoi celesti occhi, altro che adulterio e tradimento. Per esser veraci amanti della Sapienza Celeste è necessario divenire Fedeli d’Amore. E la misura autentica di amare la Sapienza Celeste è di amarLa senza misura, perché solo un Amore Assoluto, cioè voluto incondizionatamente oltre ogni ostacolo, oltre ogni barriera, oltre ogni limite, può congiungere il cercatore che si faccia Fedele d’Amore a Lei.

Anni fa, parlavo con un caro amico sapiente, audace ermetista e grande ammiratore di Massimo Scaligero. Egli mi fece un’esegesi spirituale delle mirabili parole di Gabriele d’Annunzio, riportate all’inizio come motto. Mi mostrò quanto fosse importante, per la Via eroica, l’atteggiamento interiore e lo stato interiore dell’anima in esse alluso. Poiché, al di là di quel che è stato detto più sopra, vi è un grande segreto celato in tali parole, lasciamo alla sagace meditazione del sincero ricercatore la gioia della sua scoperta. Il disvelamento di un arcano che può essere intuito solo con Intelletto d’Amore.

Poiché la figura del Vate-Soldato ha suscitato e suscita in taluni cultori della Scienza dello Spirito varie difficoltà e non poche prevenzioni, è il caso di riproporre alcuni pensieri su Gabriele D’Annunzio pubblicate a suo tempo sul vecchio forum da Attila, che volentieri ne concede ad Ecoantroposophia la disponibilità e un necessario adattamento del linguaggio al presente sito, eliminando talune espressioni virulentemente polemiche – secondo noi, peraltro, pienamente giustificate.

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L’impacabile veggenza interiore conduce alla solitudine dell’anima”.
Gabriele D’Annunzio

Gabriele D’Annunzio cultore di una celata Sapienza? Assolutamente sì, se in un’epoca – quello che fu chiamato le siècle stupide – nella quale il positivismo faceva a fine Ottocento la mistica della locomotiva a vapore e del motore a scoppio, a lato delle fatuità dei balli ai Grand Gala nei vari Grand Hôtel, illusioni che la Prima Guerra Mondiale tutte spazzerà via sanguinosamente, egli scriveva parole come queste: “Io sono un ardentissimo novizio della scienza occulta. Da qualche tempo io vivo in un altro mondo. so finalmente come si fa a sollevarsi dalla terra, a navigare verso una nuova regione, a camminare per una selva di sogni, a ragionare con gli spiriti, ad esse ospite in un reame di fiabe, ad abitare in palazzi d’oro immateriali e di perle imponderabili. Io so che tutto è una emanazione della sostanza una, infinita ed eterna; e che l’uomo terrestre è l’immagine dell’uomo celeste; e che li universi sono i riflessi dell’Uno”. E questo è il Vate ermetista e kabbalista.

Ma pochi sanno come D’Annunzio fosse attento lettore di Rudolf Steiner. Infatti, egli possedeva nella sua biblioteca il libro Iniziazione e Misteri, edito a Napoli, nel 1923, dalla Casa Editrice Partenopea, dove a p. 43 vi è una citazione di Filone d’Alessandria, riportata da Steiner, e ben evidenziato da D’Annunzio, segno di attenta e interessata lettura, che con parole significativamente simili dice: “Sovente, allorché mi riscoto dal sopore della corporeità e rientro in me, distogliendomi dal mondo esteriore, e penetro dentro me stesso, scorgo una mirabile bellezza; allora io sono certo di essermi internato nella parte migliore di me; metto in attività la vita vera, sono unito col divino, e in lui fondato, e conseguo la forza di trasferirmi nel mondo trascendentale”.

Ma D’Annunzio aveva anche altre opere di Rudolf Steiner, tuttora presenti nella biblioteca del Vate al Vittoriale, tra queste il libro Teosofia, edito nel 1922 a Milano dalla Casa Editrice Aliprandi. Ed ancora anni dopo, il 3 settembre 1935, segno di un suo profondo e persistente interesse, il Vate abruzzese così scrive ad Antonio Bruers che al Vittoriale gli riordinava la biblioteca: “Tu che meglio di chiunque altro leggi l’incognito, svela al tuo misero fratello la divinazione di Steiner nella mia Officina operosa”. E si hanno anche varie notizie e testimonianze di altre opere di Steiner, possedute e lette dal Poeta-Soldato, andate poi smarrite o rimaste in altre mani dopo la di lui morte.
Che, malgrado la sua vita caotica e trasgressiva, nella parte più profonda di sé D’Annunzio avesse le idee ben più chiare di tanti antroposofazzi ed antroposofesse chiacchierone, lo si può vedere dalle parole davvero illuminanti, riportate nel suo Libro segreto, ove dice: “ A Eleusi in un pomeriggio d’estate appresi da una pietra che, secondo un’essenzial legge dello Spirito, l’arte stessa può diventare esotèrica. In antico religioni e filosofie non vissero se non di silenzio: conobbero ed osservarono la necessità del silenzio. Quelle che a tale necessità si sottrassero, quelle furono sempre mal comprese difformate profanate avvilite”. Chiaro, no?!

Ma c’è di più! Il valente orientalista Enrico Pappacena, sincero e ardente seguace della Scienza dello Spirito di Rudolf Steiner, nonché discepolo e amico di Giovanni Colazza e di Massimo Scaligero, così scrive di Gabriele D’Annunzio, chiamandolo “il più grande poeta che l’Italia ha avuto dopo l’iniziatissimo Alighieri”, alludendo palesemente a rapporti con chi avrebbe potuto essergli Maestro: “D’Annunzio era, senz’altro, a conoscenza dell’iniziazione e delle possibilità che l’Iniziazione offre, nonché delle norme e delle espressioni che essa impone. Le prove esteriori di tale conoscenza sono numerose e facilmente individuabili, da un lettore attento. Mi basterà ricordare una sola, e di per sé eloquentissima. La simbologia della rosa, del giglio, del melograno. Da fonte autorevole seppi, anni fa, in Abruzzo, che Gabriele D’Annunzio aveva ricevuto da un grande Maestro di vita spirituale, l’invito a rinnegare tutte le proprie opere – come Platone rinnegò la sua abbondante produzione poetica -, per dare inizio ad una vita nuova e ad una nuova scrittura. D’Annunzio si rifiutò. Egli si sentiva celebratore dell’Universo quale appare ai sensi scaltriti e della Vita quale può essere liberamente sperimentata. Non volle varcare la soglia, o passare nel Regno della sola Pura Spiritualità Causatrice, ove sovrani dominano tutti i Grandi che conosciamo e quelli che ignoriamo ( le Guide operanti, ma non manifeste), dai primissimi Cantori del divino sino al Goethe e a Rudolf Steiner. È chiaro che D’Annunzio non avrebbe potuto ricevere quell’invito (i Maestri lasciano poi, sempre, assoluta libertà), se non fosse stato giudicato idoneo al superamento, che, d’altronde egli fece pur bene a non attuare, in questa vita”.

E questo fia suggel ch’ogni uomo sganni.

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Sicuramente D’Annunzio visse in maniera coraggiosa la sua tragica vita, e coraggiosamente agì sia nelle sue imprese migliori che nei suoi errori, ch’egli – come ricordava Attila nella chiusa del suo articolo sul precedente forum – pagò sempre di persona. S’egli peccò, peccò fortiter, ossia virilmente, temerariamente compromettendosi. Ma come affermava Massimo Scaligero, il Logos ama ed è vicino a chi coraggiosamente si compromette.

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21 pensieri su “IL CORAGGIO OLTRE IL LIMITE

  1. L’umana biografia, specie di Individui fuori della norma è veramente complessa.
    Qui ad esempio, nel caso di D’Annunzio, abbiamo letto come il poeta-soldato si interessasse a Steiner (cosa peraltro abbastanza comune nel milieu occultistico e artistico-culturale dei primi decenni del XX Secolo,così vitale a differenza dell’attuale deserto dell'”alta cultura” di oggi….)
    Ma se vediamo il “rovescio” della questione, e cioè cosa l’Iniziato solare pensasse di D’Annunzio, ci troviamo di fronte a giudizi di una severità immensa, e sì che Steiner sapeva praticare la positività…
    Nelle 20 ed oltre conferenze (in via di traduzione in Italiano grazie all’amico Piero Cammerinesi) del ciclo “Il Karma della Non Veracità” tenute fra il 1916 3 1917 dal Dottore, D?Annunzio (chiamato da Steiner col.suo cognome anagrafico Rapagnetta) viene raffigurato coime uno dei principali responsabili della tragica “inversione di alleanze” italiana durante la Grande Guerra. E tutti gli studiosi di Steiner e della sua Antropos-Sophia dovrebbero sapere come il “salto della quaglia” italiota sia stato esiziale per i destino della Mitteleuropa (che di lì ad un ventennio sarebbe stata fagocitata dalla asurica Ombra hitlerita) e per la tragedia dell’avvento del “pensiero unico” anglofono (con le attuali “appendici eurocratiche”, vero Mr.Draghi?) che ha distrutto ogni spiritualità europea e cristiana e che, se non verrà “tamponato” rischia di gettarci nella “Ottava Sfera”….
    Sì l'”umana biografioa” è quanto di piu’ complesso esiste nei mondi visibili ed invisibili……

  2. SONO ANAGARIKA, NOVELLA “ENTRY” IN ECOANTROPOSOPHIA, E VORREI IN QUESTA RISPOSTA ESPRIMERE GRATITUDINE PERENNE A HUGO DE PAGANIS.

    ALCUNI LUSTRI OR SONO FECI LA MIA PRIMA CONCENTRAZIONE, BEN COSCIENTE CHE AVEVO FINALMENTE TROVATO IL SENSO E LO SCOPO DELLA MIA VITA.
    MA QUANTO TEMPO MI C’E’ VOLUTO SOLO PER COMINCIARE A DIVIDERE QUELLO CHE IN ME ERA COME UN CAOS INFORME,MISTO DI DESIDERI,ILLUSIONI, SENTIMENTI E PENSIERI SMORTI DETTATI DAI DESIDERI E SENTIMENTI LEGATI AGLI OGGETTI ESTERIORI O CHE CREDEVO MIEI, MA CHE PROVENIVANO DA ALTRI.
    DICE IL SAGGIO : “SE UNA MANO TI INDICA LA LUNA, TU NON GUARDARE LA MANO”….. QUELLA MANO NON HA MAI SMESSO DI INDICARMI LA LUNA, E QUESTO PER ME E’ GARANZIA CHE QUELLA MANO NON HA MAI VOLUTO NIENTE PER SE’, MA MI ESORTAVA SEMPRE A CERCARE LA VERITA’ E LA LIBERTA’ INTERIORE, PER REALIZZARLE IN ME STESSA E QUINDI NEL MONDO, PER GLI ALTRI FRATELLI , PER GLI DEI CHE QUESTO SI ASPETTANO DA NOI.
    MI HA INSEGNATO CHE “IN REALTA’ L’ IO NON PENSA, NON SENTE, NON VUOLE, PERCHE’ E’ L’IO : OGNI VOLTA DOVREBBE SPERIMENTARE SE STESSO FUORI DEL PENSARE, DEL SENTIRE E DEL VOLERE, NON IDENTIFICANDOSI CON ESSI, MA AVENDOLI COME VEICOLI DI VISIONE, COSI’ COME PER LA PERCEZIONE SENSIBILE, PER ESEMPIO, HA L’OCCHIO” ( M. Scaligero , “La logica contro l’uomo “)
    HO IMPARATO CHE LA STRADA E’ LUNGA, MA CHE IL FUOCO PERENNE DI QUESTA RICERCA INTERIORE NON SI SPEGNERA’ MAI SE OGNI VOLTA CHE DECIDIAMO DI FARE ANCORA UNA CONCENTRAZIONE,INSTANCABILMENTE, CI CONSACRIAMO A QUESTA RICERCA DI VERITA’ E DI LIBERTA’ INTERIORE, PERCHE’ CONTRO DI ESSE LA GUERRA DELLE FORZE DELLA MENZOGNA E DELLA MALVAGITA’ E’ ENORME ED E’ FATTA DI PENSIERI, DI ESSERI-PENSIERO : STA A NOI DECIDERE QUALI PENSIERI FARE, E NESSUNO PUO’ PENSARE PER NOI.
    E INFINE A LIVELLO MICROCOSMICO HO SPERIMENTATO DI PERSONA CHE LA CONCENTRAZIONE NON FA AFFATTO MALE ALLA SALUTE, ANZI, FA MOLTO BENE ALL’ IO, ALL’ASTRALE E FINO AL CORPO FISICO DI CHI LA PRATICA !

    ANAGARIKA

    • Benvenuta ANAGARIKA.

      “QUELLA MANO NON HA MAI SMESSO DI INDICARMI LA LUNA, E QUESTO PER ME E’ GARANZIA CHE QUELLA MANO NON HA MAI VOLUTO NIENTE PER SE’…”
      Queste tue parole indicano a perfezione quella certezza che si avverte allorquando ci viene proposto, donato qualcosa con sincerita’.
      Cosi’ che non si puo’ non guardare, non desiderare con Forza e Fede, quella verita’ che viene indicata.
      Gioia nel cuore dell’Indicatore e merito nello stesso tempo di colui che sa ascoltare e sa guardare. Forza e fede che chiamano altrettanta Forza e altrettanta Fede prima nascoste nel piu’ profondo dell’anima.

      Grazie Anagarika per essere qui tra noi.
      Con l’occasione saluto, salutiamo e ringraziamo tutti gli iscritti, il cui numero non visualizziamo appositamente sulla home page, esso cresce di giorno in giorno: ci seguite quotidianamente facendoci sentire responsabilita’ e rispetto per cio’ che cerchiamo di condividere, di veicolare con questo semplice strumento di comunicazione del web.

  3. Sono abruzzese…..
    Solo col tempo mi sono accorta di essere fiera, senza volere, del mio nobile conterraneo.

    Ho passato il ponte di Ognissanti in zona Pescara, nella natura e alta collina, alle falde del Gran sasso e della Maiella.
    Uno strano clima ibrido in quei giorni, l’estate che si avvinghiava all’autunno non volendo cedere il passo.
    Un precoce S.Martino…. Improvvise brume tra fitti boschi subito fugate dal vento e dal sole.
    Cibo di pastori e contadini.
    Notti silenziose e di pace profonda.

    Da raggazzuola rifiutavo l’esteriorita’ dannunziana dei poemi e dei gesti eclatanti del vate narrati dai libri di storia.
    Da grande poi mi accorsi di amarlo il D’Annunzio.

    Il suo genio non potro’ mai negarlo.

  4. Che la figura di Gabriele D’Annunzio sia tragica nella sua grandezza, è certo. Ma proprio per questo essa non dovrebbe essere accostata con sguardo ristretto: necessita di essere affrontata con un pensare profondo e un cuore ampio. La figura spirituale di D’Annunzio ha moltissimi aspetti, talvolta difficili da penetrare e, se indubbiamente alcuni suoi aspetti possono apparire problematici, al tempo stesso sarebbe ingenuo e ingiusto negare altri aspetti coraggiosi e luminosi. Bisogna conoscere molte cose della storia di quell’epoca, e non è sufficiente limitarsi a poche fonti, talune per noi importanti e illuminanti, perché troppe sono le componenti degli eventi che determinarono gli eventi tragici, che misero fine alle illusioni del “siècle stupide” ed aprirono la strada alle devastazioni del secolo scorso. La “storia occulta” è ancora molto poco nota, anche a coloro che si nutrono della letteratura antroposofica. Qualche aspetto, forse poco noto ai più, verrà mostrato in un prossimo articolo.

    Hugo, che senza alcuno rimorso
    della torta si pappa ogni morso.

  5. Salve a tutti. Questo è il mio primo post, quindi farò una premessa, semplice e concisa. Ho conosciuto l antroposofia anni fa, ma ciclicamente ho interrotto e poi ripreso la lettura di alcuni testi (fra i quali i fondamentali di Steiner e alcuni di Scaligero. In altri termini, so di “non sapere” o comunque di conoscere ben poco a confronto di altri frequentatori del forum. Per questo sono ben consapevole che alcune mie domande potrebbero apparire ad alcuni banali. Oltre ciò devo ammettere che ho praticato la concentrazione in maniera scostante, resistendo a causa del dubbio di “non farla bene” e di stare perdendo tempo, e di non percorrere la strada “tecnicamente ” giusta. In tal senso la lettura dei post è stata illuminante, per svelare la vera natura di tali “tentazioni”. Ciò permesso vi pongo i miei quesiti in merito all esercizio: dopo aver descritto dialetticamente l oggetto, come se lo stessi descrivendo ad un alieno, e quindi in modo semplice, preciso ma essenziale, e aiutandomi con l immagine mentale dello stesso, procedo con la descrizione della sua “nascita” materiale, poi ne immagino i diversi “aspetti” , quindi l uso o gli usi possibili. Alla fine provo (con grande sforzo) a tenere queste “immagini” tutte di fronte, come in un grande quadro. Nel fare ciò interrompo ogni flusso dialettico. Provo semplicemtne (ma con molta difficoltà) a mantenerle in quel “quadro mentale” e , nel silenzio aspetto. Cosa aspetto? Quella che Scaligero chiama l immagine sintesi, in qualunque forma essa appaia. Naturalmente non l ho mai conseguita (mi stupirei forse del contrario visto il poco tempo che ho dedicato all esercizio) tuttavia il problema è che, quando giungo a quel punto, cioè al tentare di avere di fronte tutte quelle immagini, subentra una forte stanchezza, o meglio quel senso di “torpore” che si prova quando ci si sta per addormentare. Non cado nel sonno, provo quel senso di “svuotamento” che si ha prima di addormentarsi. Temo di stare facendo qualcosa di sbagliato. Vorrei le vostre opinioni a riguardo. Oltre ciò vi pongo una domanda. Potrà sembrare banale ma è già da un po che mi faccio una domanda: Scaligero indica nella concentrazione lo strumento per stringere al pensiero vivente. Anzi mi sembra che lo descriva come l unico mezzo, per l uomo attuale. Ciò che mi chieodo è: ma tutti coloro che non hanno mai sentito parlare della concentrazione o (peggio) si dedicano ad altre, e piu “suggestive” meditazioni newage, come giungeranno all esperienza del pensiero vivente, alla caduta del velo, al risveglio della Sophia dormiente? A quanto ho capito, questo passaggio prima o poi (non so fra quante vite) riguarderà gran parte dell umanità (o meglio l umanità che coltiva l impulso Cristico) ma non potrà essere dono degli Dei, come nel passato, ma conquista necessariamente volontaria. Ma per quale strada? Le cose son due, o un giorno tutti conosceranno e praticheranno la concentrazione, oppure all uomo si prospettera anche un altro “sentiero”, pur sempre volontario, per entrare in contatto col divino. Mi chiedevo insomma quale potrebbe essere questa via. Sia ben chiaro che la mia domanda non ha assolutamente l intenzione di supporre che esista un’ altra strada, piu “comoda” , della concentrazione e degli altri esercizi. Potrei ipotizzare che l incontro col Cristo avverrà anche da parte di coloro che pur non avendo mai sentito parlare di pensiero vivente, lavorino comunque con la stessa “forza” richiesta dalla concentrazione, ma orientata nel dominare gli “istinti”. Solo in questa chiave di lettura potrei quindi spiegarmi il senso dello “sballottamento” animico che ci domina, di questo costante oscillare fra sentisenti, e del “potere” di crescita e trasformazione che porta con sè il comune sentimento del dolore. Forse queste mie considerazioni non hanno alcun valore, forse son solo inutili congetture, ma di sicuro esprimono un mio bisogno di conoscere e capire. E naturalmente di confrontarmi, con l umiltà di chi ben sa di “non conoscere”.

      • Caro amico, benvenuto!
        Qui nessuno è mai “l’ultimo arrivato” e la questione che esponi è (o è stata) la più difficile del mondo.
        Questo perché? Perché è troppo facile, è troppo semplice e la normale attività di pensiero fa di tutto per ingarbugliarla.
        Un amico, sull’Archetipo, ha scritto per l’ennesima volta qualche riga che, nel’72 Scaligero inviò nel nostro gruppetto. Te la riscrivo: “La concentrazione deve essere una operazione assolutamente semplice, initellettuale, indialettica (pur servendosi della mediazione delle parole, la più parsimoniosa possibile): è una concentrazione di forza e nient’altro. Ho notato che amici non intellettuali, semplici operai, riescono nella concentrazione, perché ne fanno solo una pratica di intensità di pensiero o di attenzione portata al massimo, e questo è invero tutto!”
        Sempre di Scaligero a dei discepoli: ” E’ inizialmente come fare un tema di seconda/terza elementare su qualcosa di molto semplice”.
        L’esercizio ha molti gradini, comunque dopo aver “ricostruito” l’oggetto (chiodo, bicchiere, tappo, ecc.) con poche parole e immagini, concentra l’attenzione sull’immagine finale o su di una che hai evocato durante l’esercizio. Lei sfugge…e tu rievocala più volte che puoi. E’ invece importante che il filo degli elementi non venga spezzato (e questo è già un lungo lavoraccio). L’immagine sintesi è un momento qualitativo. E’ pensiero raccolto in un punto di assoluta, totale attenzione interiore. NON E’UN CALEIDOSCOPIO di immagini. Anzi, può essere un niente. Ma ce ne vuole. L’errore che fanno quasi tutti è costruire tali cose con i pensieri, mentre il risultato è il superamento dei pensieri in un più-che-pensiero. A questo si giunge con sforzo proprio (qui nessuno ti dà nulla), imparando a farsi i muscoli (dell’anima): per questo occorre, normalmente, molto: molto tempo, molto sforzo, molta dedizione, molta ripetitività dell’esercizio. Inizia con almeno 2 volte al giorno, su base assolutamente regolare. Se ti viene sonno o altro, ripeti l’esercizio più tardi, se le difficoltà permangono, l’unica via è essere più insistente e cocciuto delle stesse difficoltà.
        Ti consiglio di lasciar perdere le illazioni sulle cose che non sperimenti: sono quasi sempre la morte del tentativo.

        Altre vie? Un giorno Scaligero mi disse che conosceva altre individualità umane portatrici del Pensiero Vivente che nemmeno conoscevano chi fosse lo Steiner: vi sono molti misteri, nel mondo. E spesso, rimangono fuori di ogni portata. Inutile produrre pensieri inutili.
        Auguri! 🙂

  6. Aggiungo: si può essere a lungo incerti sul come si fa l’esercizio. E’ un pensiero che sembra del tutto legittimo, ma è il diavolo travestito da prete o filosofo. La concentrazione è AUTOCORRETTIVA: si inizia come iniziano tutte le cose concrete: si inizia senza sapere. Conta molto di più l’impulso, l’energia, la disperazione che la “formula” più esatta. Certo, rileggi cento volte le indicazioni di Scaligero…ma poi dimentica tutto e impara a DOMINARE il pensiero: vinci tu o vince lui. Vie di mezzo non esistono!!

  7. “In antico religioni e filosofie non vissero se non di silenzio: conobbero ed osservarono la necessità del silenzio. Quelle che a tale necessità si sottrassero, quelle furono sempre mal comprese, difformate, profanate, avvilite.”, scrive il Vate soldato.
    Così come dopo gli ultimi 2000 anni di storia incredibili distese di pappagalli intonano ancora “O felice colpa, che ci meritò di avere un così grande Redentore”, si può dire(riportando alla memoria i mirabili scritti di Hugo “Libertà e Liberazione” e “Liberazione o Libertà?”) che “quelle che a tale necessità si sottrassero, quelle furono sempre mal comprese, difformate, profanate, avvilite” in quanto “tale necessità” più che una Libera Volizione dello Spirito era un residuale dono divino?

    • Gentile Enzo Martino,
      domanda difficile la Sua, non perché difficile o non ben comprensibile ne sia il contenuto, bensì perché aspra – almeno per me – ne deve essere la risposta.

      La mia orsolupesca animaccia – che viene da varie parti, con intenti ingiuriosi, definita “pagana”, ingiuria che mi fa troppissimo onore e che cercherò di meritare sempre più – sente fortemente il fascino delle antiche misteriosofie eleusine, orfiche, pitagoriche, platoniche, mitriache, isiache e osiriane, etrusche e romane. E di quelle antiche misteriosofie – oramai per sempre trascorse, come la “irremeabilis unda” del mio amato Virgilio, nella traseunte espressione formale e storica, ma NON certo nel contenuto di eternità – ho molto amato il SILENZIO sacro!

      Il motto – eleusino, orfico e pitagorico – “Sygè kài Alètheia”, ossia “Silenzio e Verità”, è valido oggi come 2000 anni fa, e un grande Maestro d’Oriente, un Saggio molto amato da Massimo Scaligero, Ramana Maharshi, diceva che il Silenzio è l’Upadesha, l’Insegnamento, più elevato, e delle varie “forme” d’Iniziazione che il Guru può donare – quella silente, quella per toccamento, quella verbale, quella rituale – quella del Silenzio è la più elevata ed efficace, della quale purtroppo pochissimi discepoli son tanto maturi da giovarsene. E questo mi ricorda i lunghi silenzi, narratimi da chi lo conobbe, di Giovanni Colazza, o i lunghi, ermetici, silenzi di Massimo Scaligero nei quali immergeva alcuni di noi.

      Religioni e filosofie che a tale silenzio si sottrassero degenerarono nella dialettica – la grande traditrice dello Spirito – e nell’intellettualismo – il grande assassino di ogni forma di spiritualità – ed accompagnarono sovente tale tradimento e assassinio con quella sciropposa, edulcorata sentimentalità, spacciata per “via dell’anima”, conseguenza della rinuncia all’autentica impresa spirituale e al coraggio di voler essere liberi, nonché patetico surrogato, assieme all’attivismo, della consacrazione allo Spirito.

      Questo, e non un “residuale dono divino” sono quelle forme di spiritualità sfaldata, e la stessa Antroposofia, nella misura in cui cada nella dialettica, nell’intellettualismo, nell’attivismo e nel sentimentalismo, non è certo migliore, anzi è sicuramente molto peggiore delle varie forme di spiritualità sfaldata che oggi si fanno concorrenza in quel mondo di “mercanti di birra e venditori di trippa”, che è l’attuale, mediocre e bottegaio, immondo mercato esoterico!

      Meglio tacere.

      Hugo de’ Paganis

      • 🙂 “Infatti, il corpo nasce e fatalmente – per ora, muore; l’anima nasce e – purificatasi – non muore; lo spirito dell’uomo non nasce e non muore ma eternamente è.”
        “Lungo le tortuose vie del tempo – ausilio donato dall’Assoluto all’uomo, e ignoto persino agli Dèi – l’essere umano, duramente lottando e operando, avrà trasformato totalmente in spirito sia l’anima che il corpo: Ossia egli sarà un Se spirituale, trasformatore di un’animale vitalità biologica in Spirito vitale, il quale trasformando interamente il corpo fisico, plasmerà l’Uomo spirituale.”
        Mi par di capire che è un privilegio esclusivo dell’essere umano, “corona della creazione”.
        Minerali, vegetali, animali sono finiti, compiuti in loro stessi: eppure(accantonando i primi due, nei confronti dei quali è operazione immane per l’uomo moderno accettare la propria misconoscenza), nei confronti degli animali viene esercitata una violenza diabolica da parte di moral-ismo, intellettual-ismo, sentimental-ismo, una cieca violenza bumerang che si ripercuote sui più piccoli della propria specie, minando non solo alla mèta umana, ma già alla sua conservazione-sopravvivenza(mi contraddico: come se fosse legittimo scindere le due!). Più masochisti di così…. SI MUORE!
        È volatile chiederselo(mai come oggi non si tratta più di volontà-dono-luciferica – “Dio è morto” – ma solo e soltanto di scelte…. più o meno irreparabili), ma come sarebbe il mondo oggi se, da ormai quasi un secolo, fosse stato reso obbligatorio in tutte le scuole del mondo “La conoscenza della costituzione umana come base della pedagogia”(Ciclo di conferenze tenuto a Stoccolma dal 21 agosto al 5 settembre 1919 in occasione dell’apertura della Scuola libera Waldorf. Pubblicato da M. Steiner von Sivers sulla scorta di uno stenogramma non riveduto dall’autore)? L’ho potuto consultare in “toccata e fuga” nella misera biblioteca di Reggio Calabria…. L’asciuttezza, la Potenza, la Visione nelle parole del Dottore sono…. strepitose, celestiali, spirituali appunto!
        Nella sua O.O. Egli ne tratterà certamente in maniera diffusa e dettagliata, come sto iniziando a constatare in “Teosofia”, “La scienza occulta”, “L’Iniziazione”.
        Indubbiamente, sarà succulentissimo un super scritto di Hugo e Isidoro al riguardo: “Storia della costituzione umana”. 🙂

        …Possa graziare questo giovine nessuno!
        Grazie!!!

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