Da molti anni sedicenti “antroposofi” si dilungano sui pericoli arimanici di computer e reti internet, salvo poi essere i primi a rimanere affascinati ed intrappolati nella cosa.
Io vi vorrei proporre un articolo apparso nel 1994 sulla rivista “2600”, un magazine di hacker. Non è dichiaratamente antroposofo ma e sicuramente pensato.
Prendetevi il tempo di leggerlo se vi va. Io non lo commento.
ONDATE DI CRIMINALITÀ
Un decennio è molto per fare una cosa. Quando abbiamo avviato questo progetto nell’estate 1983 nessuno avrebbe potuto prevedere la nostra crescita od anche la nostra sopravvivenza nel 1994 (sopravvive tutt’oggi ndr). È abbastanza strano ripensare a quei primi giorni quando letteralmente ci infiltravamo negli uffici per far stampare i primi numeri. Mentre oggi ci trovi nelle catene (catene di distribuzione ndr). La realtà è sempre stata strana con noi.
Certo, se avessimo fatto la stessa cosa per dieci anni saremmo degli sfigati. Per fortuna il mondo hacker è tale che puoi starci dentro un sacco senza provare la noia che invece è parte fondamentale della vita dell’americano medio. Succede sempre qualcosa in questo mondo, qualcosa di nuovo da esplorare e da scoprire, nuovi saperi da condividere, altri amici da conoscere. I dieci anni passati sono stati pieni di risate e divertimento ma anche di tristezza e rabbia, paura e determinazione. Non sono stati però una perdita di tempo.
Sappiamo che ogni pagina contiene un rischio. Tutte le volte che condividiamo il sapere. Rischiamo di vederci rovinare la vita da chi ci accusa, che grossi energumeni armati ci portino via gli strumenti del sapere, di essere messi al bando da amici e famigliari perché siamo diversi ed ostracizzati, Di essere accantonati a scuola perché non facciamo le domande giuste o non mandiamo a memoria le risposte giuste.
Chi siamo e cosa facciamo comporta rischi evidenti. Molti di noi li hanno capiti. Ma c’è un rischio assai più grande nel quale incapperanno molti di noi se non verranno avvertiti.
Negli anni abbiamo cercato di sfatare il mito degli hacker come criminali. È stato difficilissimo. La stampa ama strillare che gli hacker possono entrare nel tuo conto corrente, possono fare migliaia di dollari di interurbane, possono entrare in sistemi informatici delicati in tutto il mondo. Non dicono che le falle che permettono la cosa sarebbero ancora lì se non ci fossimo noi.
Quello che la stampa non capisce è la distinzione tra hackerare per puro spirito di avventura e piratare per profitto. Per loto è la stessa pappa. Uno che vende codici telefonici è la medesima persona che manipola la rete telefonica in maniera immaginifica e scatenata. Definirli la stessa cosa significa che rischiamo di essere spinti ad un comportamento criminale a causa di quello che gli altri s’aspettano da noi.
Sapendo ciò, la massiccia crescita della comunità hacker è motivo di preoccupazione. Tanta gente arriva a noi a causa della stessa percezione che hanno i media. È arrivata tanta gente ai nostri incontri convinta che fossimo lì per vendere o comprare codici. Una quantità inquietante di persone impegnata nelle frodi con carta di credito, cioè furto di roba tangibile, cerca di insinuarsi nella comunità. Non è affatto strano. Potrebbero anche coinvolgere qualche hacker, imparando pure qualche nuovo trucco. E, definendosi hacker, giustificare quello che fanno. Cosa buffa, spesso la loro competenza tecnica non va oltre il saper usare una redbox (semplice meccanismo a toni in uso in America per non pagare il telefono pubblico ndr) od inserire un codice.
Questo genere di cose era inevitabile data la recente consapevolezza che ha la gente normale, e quindi anche il normale mondo criminale, dell’esistenza degli hacker. Ci stanno sventolando la carota davanti al naso. C’è d’un tratto una grande richiesta dei nostri cervelli. Potremmo dire che la società ha finalmente un ruolo per noi.
Quindi la cosa più importante come individui è capire perché facciamo quello che facciamo. Vogliamo scoprire cose e spargere conoscenza? Oppure vogliamo riavere quello che, secondo noi, il mondo ci deve? Stiamo cercando di sopravvivere ed entrare in un mondo chiuso? Oppure vendiamo il nostro sapere al più alto offerente?
Le risposte sincere a queste domande sono preziose al massimo. Una volta capite le nostre motivazioni potremo almeno essere onesti con noi stessi. Quelli che usano il sapere hacker per intraprendere una vita criminale potranno almeno ammettere con sé stessi di essere dei criminali, guadagnando un minimo di rispetto. Noialtri avremo un’idea su dove sta la linea di distinzione.
Ma come facciamo a sapere cos’è un comportamento criminale e cosa no?
Purtroppo la legge non sembra una discriminante precisa, non più. In questo caso è una buona idea fidarsi dei propri istinti.
Essere hacker significa che la tua meta primaria dev’essere imparare per il solo gusto di farlo, solo per scoprire cosa succede se fai una certa cosa in un particolare momento ed in condizioni specifiche. Un buon modo per sapere se sei un vero hacker è guardare la reazione dei non hacker attorno a te. Se quasi tutti pensano che tu stia perdendo tempo facendo cose incomprensibili che solo tu apprezzi, benvenuto nel mondo degli hacker. Se invece sei assillato da un sacco di smaniosi sbavanti con una lista di piani per “monetizzare” quello che sai, probabilmente stai per diventare un criminale, lasciando noialtri nell’età dell’innocenza.
Ovviamente iniziare questo viaggio in massa significherebbe la fine del mondo hacker. Faremmo il gioco dei nostri nemici e criminalizzeremmo l’essere hacker per definizione, più che per legge. Nulla sarebbe meglio per le lobby.
Curiosa nota a marcine, in più di un caso la gente che ha aiutato il governo a perseguire gli hacker è stata beccata mentre incoraggiava attivamente un comportamento illegale fra gli hacker stessi. Sarebbe da porsi qualche domanda.
Noi piratiamo perché siamo curiosi. Diffondiamo quello che troviamo perché il nostro nemico comune è il sapere segregato. Significa che qualche opportunista si farà una corsa gratis e che correremeo il rischio di una pessima reputazione. L’unico modo strasicuro per impedire che succeda è fare come le compagnie telefoniche e limitare la diffusione del sapere.
Improponibile.
Non è il nostro lavoro beccare i criminali, però è nostro dovere morale impedire che le nostre nobili, anche se ingenue, aspirazioni siano rovesciate da chi non capisce.
(Articolo Anonimo)
a loro modo anche gli uomini votati allo spirito sono hacker se ci si pensa in quanto si tratta di decriptare i numerosi misteri del creato, anche li c’è poi chi usa questo a proprio vantaggio e chi invece cerca di salire sempre più su, la differenza secondo me è che mentre l’hacker fisico tratta con leggi fisiche definite, l’hacker spirituale è lui stesso parte della ricerca in quanto si muove con le stesse leggi di quel pensiero che vuole decriptare, e quindi deve essere maggiormente scaltro
🙂