IL CORAGGIO E LA PAURA.
Ovvero, dell’avversione alla Via del Pensiero e dell’antipatia verso la Concentrazione.
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La Via dello Spirito è una Via eroica, e come tale non è, e non può essere, un via borghese.
Ma perché la Via dello Spirito è una Via aristocraticamente eroica e perché non può essere, né può diventare, a meno di una sua degradante e plebea snaturazione, una via borghese?
La Via dello Spirito è una Via aristocratica, eroica, perché è una Via di Sapienza e d’Amore. Ovvero è un sentiero di conoscenza che vuole condurre l’audace cercatore spirituale, il dantesco pellegrino d’Amore, alla contemplazione della Divina Sapienza ed un cammino di volontà che vuole condurre all’unione con l’Amore Sovrano. Ma Conoscenza e Sapienza, Volontà e Amore, sono appunto quel che il nostro Dante, nel Canto III dell’Inferno, evoca con le parole: « la divina podestate, la somma sapienza e ’l primo amore», e che Tommaso Campanella, nel commento ad un suo madrigale, a sua volta chiama: «Possanza, Senno, Amore», mentre altrove, sempre il nostro eroico calabrese, così lo esprime nella sua luminosa visione: «Io credo in Dio, Possanza, Senno, Amore».
Ma per conseguir Conoscenza della Sapienza e realizzare Volontà d’Amore, ovvero per – esprimendosi sempre dantescamente – far nascere in se stessi un Intelletto d’Amore, l’«angelica intelligenza del cuore», occorre coraggio: molto coraggio, anzi moltissimo coraggio. Occorre per percorrere un tal sentiero «alto e silvestro», l’audacia dell’Ulisse dantesco di voler «seguir virtute e canoscenza». Perché non può esservi Amore senza coraggio, e non può esservi Conoscenza senza coraggio.
E solo una coraggiosa volontà di Conoscenza può far nascere a sua volta una coraggiosa volontà d’Amore. Se Leonardo da Vinci audacemente usava dire: «Un grande amore è figlio della grande conoscenza: chi tutto conosce tutto ama», noi vogliamo ancor più temerariamente affermare che: «La grande Conoscenza è figlia del grande Amore: chi tutto ama, tutto conosce». Ma essendo il Tutto, l’Uno-Tutto, infinito, per conoscere l’Infinito occorre un Amore infinito.
Infatti, Massimo Scaligero affermava senza infingimenti che «la misura di amare è di amare senza misura». Porre una misura all’amare è cosa vilissima e plebea; porre un limite, una misura all’amare, amare prudentemente, amare con riserva, non è amore bensì vile commercio: come direbbe il mio amico C. (un coraggiosissimo paganaccio impenitente con un cuore grande così, e i cui difetti sono uno meglio dell’altro), è cosa da «mercanti di birra e da venditori di trippa». Ossia è cosa turpemente vilissima.
Porre un limite alla volontà di conoscere è, al tempo stesso, porre un limite alla volontà di amare: porre una misura e un limite alla volontà di conoscere il Tutto, alla volontà di amare l’Uno-Tutto, l’Uno Unissimo dei più temerari sapienti neoplatonici.
La via borghese, invece, è la via egoica, è la via del calcolo,la via della dedizione calcolata, la via della donazione limitata, ossia con la segreta ed inespressa riserva: «Arriverò sino a quel limite, e più oltre non andrò: più oltre non voglio andare». Il che è lo stesso che dire: più oltre non voglio conoscere e – se è necessario a un tale limitato conoscere – più oltre non voglio amare. Anzi, se è possibile amare solo illimitatamente, allora non voglio amare punto, ossia se l’amare richiede il sacrificio di ciò che limita la mia donazione, allora rinuncio vilmente ad amare.
Perciò la via egoica è la via della turpe viltà, è la via del più bieco egoismo. Turpe viltà e bieco egoismo, che naturalmente – con grande spreco di forbita dialettica e sentimentalità a buon mercato – possono essere spacciati per «buon senso», per «equilibrio», per « umiltà», per «altruismo». Salvo poi – per quella che abbiamo chiamata invidia metafisica – pretendere che coloro che, sia pure spesso in maniera convulsa e oltremodo agitata (sono dei ragazzacci esuberanti e un po’ discoli, ma di gran cuore: con loro ci vuole un pochino di pazienza e lasciare, aspettando, che – col tempo e con la paglia – come le sorbe e la canaglia, adeguatamente maturino…), si dànno all’ascesi del pensiero con intensa energia e appassionata dedizione, si spengano, onde il loro ardore spirituale, ancorché un po’ scomposto forse nelle sue forme di manifestazione, non sia cocente rimprovero nei confronti della loro eccessiva prudenza (leggi: vigliaccheria), della loro neghittosa accidia (leggi: animalesca e torpida inerzia).
Gli «assennati» e i «prudenti» non si tirano indietro neppure di fronte alla calunnia e alla diffamazione, con l’adoperare sacrilegamente parole di Massimo Scaligero, capovolgendo senso ed intenzione, affermando che «la Via del Pensiero può diventare la via del sublime egoismo», che «fare troppa concentrazione fa malissimo», che «non sono i secchioni che arrivano all’Iniziazione e all’esperienza spirituale». Naturalmente, nel profondo della loro anima, costoro sanno bene di «barare» alla trucida, di mentire a se stessi e agli altri, di mentire ben sapendo di mentire.
Nei decenni trascorsi dalla morte di Massimo Scaligero, abbiamo avuto modo di vedere – purtroppo molte, anzi troppe, volte – come una tale insinuante «prudenza» perbenistica ed un tale rugiadoso e velenosamente edulcorato «moralismo» abbiano portato prima all’infiacchimento e alla deviazione delle comunità spirituali dal sentiero originariamente scelto, poi alla dissoluzione di tali comunità, e alla dispersione dei suoi membri.
Per cui si viene a proporre una sedicente «via dell’anima», spacciata al credenzone popolo catecumeno come per «più sicura» e «meno pericolosa» della «temeraria» Via del Pensiero, e addirittura come «assolutamente necessaria» per guarire delle inevitabili «unilateralità» nelle quali cadrebbero i troppo entusiasti cultori dell’ascesi pensante, per guarire del «sublime egoismo» del quale sarebbero ammalati (poveretti…) coloro che troppo frequentemente e troppo intensamente praticano la concentrazione.
Molto «altruisticamente» i seguaci di una tale «via dell’anima» si ostinano ad indicare ripetutamente, ancorché non richiesti, gli esercizi «terapeutici» delle «unilateralità» e del «sublime egoismo», dei quali avrebbero estremo bisogno – a loro dire – gli ostinati praticanti dell’«algida» Via del Pensiero. Di una cotale petulante e invadente insistenza ne abbiamo fatta personale esperienza.
Conciosiacosaché, poi, di fronte al nostro rifiuto – noblesse oblige… – di piegarci ad una simile plebea omologazione per la quale tutti devono uniformarsi ad un unico e decretato «modello di comportamento», e di fronte al nostro birbonissimo irridere ai dogmi di una tale novella contortodossia, i rappresentanti (nel senso di agenti di commercio che devono piazzare le loro merci…) della sublime via dell’anima, hanno dato prova pratica e vissuta (sull’altrui pelle…) delle efficaci virtù della suddetta «prassi per il sentire», e di quanto diligentemente e bene essi pratichino i relativi esercizi, coprendo di insulti i «refrattari», diffondendo le più improbabili e fantasiose dicerie a loro carico, decretando l’ostracismo nei loro confronti, attuando – sempre nei confronti degli eretici «refrattari» – un cordone sanitario «caritatevolmente» che eviti che l’«infezione» si propaghi in maniera indesiderata.
Si è giunti persino su «infernet», su blog e in gruppi di vari social forum, a proporre una «misura» (una «misura» ovviamente «ragionevole»…) di tempo alla concentrazione, superato il limite della quale l’esercizio diventerebbe – sempre a loro dire – «troppo pericoloso». In verità, a tal proposito, i pareri sono seriamente divisi: si va da un minimo prudenziale di 3 (diconsi, pensate, tre!) minuti sino ad un temerario 5 (diconsi ben cinque) minuti!
Se l’opra dell’Ascesi è un’opra di Conoscenza e d’Amore, bisogna proprio concludere che nel caso della sucitata via dell’anima, si tratta proprio di una «conoscenza» ben limitata, dall’orizzonte ben ristretto, e che come opra d’amore mostra d’esser un amore ben avaro, e meschinamente egoistico.
Inscindibile alla via egoica, più o meno travestita da «via dell’anima», è la dimensione della paura.
È la paura che suggerisce di porre un limite di intensità e di durata all’esecuzione della concentrazione. È la paura che spinge ad avversare la Via del pensiero nella sua stellare purezza, e a sostituirvi una via più comoda, meno letale nei confronti dell’ego, che sente come dissolvente per sé e per la natura inferiore l’imperiosa pressione dello Spirito.
È una tale paura che porta ad interrompere l’esercizio, proprio nel momento nel quale esso comincerebbe a funzionare, nel momento nel quale la «natura» comincia a gemere e a temere la forza trasformatrice che infrange i limiti nei quali essa è racchiusa.
È dalla paura che nasce l’avversione nei confronti della radicalità della Via del Pensiero, l’odio nei confronti di coloro che – sia pure molto imperfettamente – vogliono percorrere una tale Via, essere ad essa fedeli in maniera unicitaria, indicarla a coloro che hanno sete dell’Assoluto.
Oltre che sulla «rete», ci è capitato di leggere stampate su una rivista delle affermazioni oltremodo incredibili per chiunque sia un autentico praticante interiore, tanto sono contraddittorie rispetto alla realtà della Via.
Ci capitò, anni addietro, di leggere su una rivista che «l’esperienza del pensiero puro-libero dai sensi è un’esperienza spontanea, ma non cosciente, e quindi egoistica». Ci veniva in mente, quando Massimo Scaligero ci indicò la pagina dell’edizione del 1932, edita dalla barese Laterza, della Scienza Occulta, ove viene descritta la natura assolutamente spirituale – e fondamentale – del pensiero libero dai sensi, del pensiero puro, e come proprio la lettura di quella pagina fosse stata per lui decisiva per la scelta definitiva del sentiero ascetico da seguire.
Secondo diretta esperienza, è assolutamente certo che l’esperienza del pensiero puro, l’esperienza del pensiero libero dai sensi è tutt’altro che una «esperienza spontanea», perché deve essere espugnata con una durissima lotta contro la natura inferiore, la quale non intende affatto essere messa fuori giuoco, anzi resiste con una abile ed avversa, antichissima, velenosa «sapienza».
È menzogna che il pensiero puro sia una esperienza «non cosciente», perché anzi – come apertamente è affermato nel Trattato del Pensiero Vivente – solo nel moto dinamico del pensiero puro l’Io è veramente cosciente. Solo nell’intensità volitiva del pensiero puro, libero dalla passiva adesione ai contenuti sensori, la coscienza si strappa veramente al sonno del servaggio corporeo, ossia si svincola dalla narcosi che lo lega impotente alla condizione della mediazione del sistema nervoso e degli organi di senso corporei.
Ed è ancor più menzogna che tale esperienza sia «egoistica»: è menzogna perché solo partendo dal pensiero puro un’azione è veramente libera, un’azione che muove dall’Io, ossia dallo Spirito, e non a partire da una sognante natura animica, inevitabilmente manovrata dalle forze contrarie all’Io, e alla sua libertà spirituale.
Anni fa, ci fu pure detto oralmente, dalla stessa persona che è all’origine delle su riportate insane e improvvide affermazioni scritte circa la natura «spontanea, non cosciente ed egoistica» del «pensiero puro-libero dai sensi», come la Via indicata da Massimo Scaligero sia – a suo dire – una «via incompleta e superata». Una tale veramente “originale” affermazione nei confronti di un Maestro senza pari, col quale il Cielo e i Numi ci concessero l’immeritato aristocratico privilegio di compiere lunghe concentrazioni ( alquanto più lunghe di 5 risicati minuti) e profonde meditazioni, ci stupì, perché ritenevamo – allora come ora – che possa essere superato solo ciò che è stato conosciuto, dominato e realizzato, e francamente non conosciamo nessuno che si sia pure da lontano avvicinato alla sua altissima e profondissima realizzazione. Mi sorse subito nel cuore, la certezza che chi fa simili affermazioni su un tale Maestro sia segretamente mosso da meschinità piccolo-borghese, paura, invidia metafisica, avversione, ingratitudine, e soprattutto mai ha avuto la travolgente esperienza del pensiero puro. Che è un’esperienza d’Amore.
Che dire.. potrei condividere tutto ‘a orecchi aperti’ ma.. non essendo propriamente nè ‘seguace’ nè ‘discepolo’ di Massimo,(e.. di alcun altro Maestro), al quale arrivai condotto da J.Evola (peraltro, prima, anche a Rudolph Steiner, e a molti troppi altri), ma un semplice ‘cercatore di Verità, ‘Che s’asconde sotto ‘l velame delli versi strani’, illustre e variegata Chimera, venerata da Oriente a Occidente e, essendomi accorto proprio in questi giorni prossimi al mio 70° anno che non ho capito proprio niente, (hai hai.. avessi continuato negli anni ’70 a seguire lo Zen.. ora potrei, forse?, starmene zitto zitto e.. ascoltare.. senza sentire.. ), questo scritto, che apprezzo assai, mi aiuta a com-prendere, al di là del Maestro a cui si riferisce che parla un linguaggio Universale non facile, ma attualissimo nei nostri tempi, per chi ha ‘orecchi per ascoltare e bocca per tacere’, esistito prima di Lui ed ‘esistente’ dopo Lui, non agevole a chiunque e, viste le variegate elocubrazioni di ‘seguaci’ mi ‘costringo’, purtroppo con molte, tante riserve, a rifugiarmi presso la fonte di Lete all’ingresso dell’ Ade e cercare di dimenticare Tutto.. Mi piacerebbe ma… possibile??? O dovrei attendere?
O.. forse.. affidarmi alle acque di Mnemosine e.. cercar di ricordare ciò ch’al cuor necessita ricordar..
Sicuramente, Alex Viator, le fresche acque della austera fonte di Mnemosyne, posta a destra del bivio che mena all’Ade, son da lungi da preferirsi a quelle che a sinistra del medesimo offre la fonte presso il cipresso bianco. Per chi giunge laggiù – per tutti a dir il vero – le acque della fonte del Lete son letali, cancellando esse la memoria spirituale. Mentre per il discepolo dell’Orfismo, che sia “figlio della Terra e del Cielo Stellante” – di Gea e di Urano- e quindi di stirpe divina, la fresca fonte di Mnemosyne, madre delle Muse dalle amabili trecce, “rinfresca” la memoria e – attuando la distruzione dell’oblio letèo – permette il disvelamento – aletheia – della Verità, il sorgere di quel rammemorarsi – anamnesis – che permette la contemplazione del Mondo delle Idee. Tutto questo dona la fedele pratica della concentrazione indicataci da Massimo Scaligero.
🙂
Se vuoi ti cedo il mio passato alla mercé di Crowley 😀 facciamo cambio?
Grazie… Manco ci penso
🙂